giovedì 24 gennaio 2008

Il tenore prima di Caruso e del Verismo, parte III: Tamagno e De Negri


I tenori drammatici italiani Francesco Tamagno e Giovanni de Negri.
Il pubblico odierno, quando pensa al tenore drammatico o di forza (ammesso e non concesso, che, oggi, rappresentanti della categoria calchino la scena) pensa a voci scure, baritonali, limitate in estensione e dinamica per lo sfoggio di turgidi centri sopra pesanti orditi orchestrali e l’insistenza della scrittura vocale nella scomoda zona del passaggio superiore della voce.

E’ l’immagine delle registrazioni di Caruso dopo il 1915. Basta ascoltare il famosissimo arioso di Eleazaro piuttosto che il breve estratto del duetto di Africana. Il problema è che Caruso applicava anche a Nemorino questa vocalità. Vedasi il duetto di Elisir con Giuseppe de Luca.
Una siffatta scelta vocale, propiziata dalla vocalità verista ha seminato in circa un secolo molte e molte vittime. Il cantare in una tessitura centrale è possibile senza una particolare cognizione tecnica e se, poi, la carriera dura cinque dieci anni è logico. Spesso con riferimento a questo fenomeno si parla di epigoni di Mario del Monaco, ma credo che l’origine rimonti a molto prima ossia al tentativo di imitare Caruso stante l’indubbio fascino che la voce del tenore napoletano esercitò sulle generazioni successive.
Anche qui, poi, Caruso fu in realtà il massimo rappresentate di una mutata poetica e di una mutata scrittura vocale, che connota, in parte, il tardo Verdi e, al massimo grado, il Verismo. E siccome quello era il repertorio imperante i tenori del post Caruso a quel modello si rifecero.
Sulle scene, però, prima della fama planetaria di Caruso, le cose andavano diversamente. Ai tenori cosiddetti di forza, che si contrapponevano a quelli di grazia, si richiedeva accento scandito, nobile ed epico, squillo e penetrazione negli acuti, ma al tempo stesso dinamica sfumata, senso della poetica del personaggio, dedito tanto alla conquista guerresca che femminile, martire della Fede e martire d’amore, al tempo stesso.
L’esempio di contrapposizione fra tenore di grazia e tenore di forza è esemplificato dagli ascolti di Alessandro Bonci, da un lato, e Francesco Tamagno (1851-1905) dall’altro.
Gli ascolti del tenore piemontese sono molto interessanti per chi voglia praticare un po’ di storia del gusto e della vocalità. Tamagno, si sa, deve la propria fama all’essere stato il primo interprete di Otello. Tamagno non piaceva o quanto meno destava perplessità in Verdi, che lo riteneva un cantante piatto, stentoreo, poco espressivo e con difetti musicali.
Chi oggi ascolti le registrazioni di Tamagno deve considerare che incise ultracinquantenne, di fatto ritirato e dopo aver affrontato un repertorio massacrante dove Profeta, Guglielmo Tell, Norma, Poliuto ed Ugonotti erano i titoli più ripetuti oltre ad Otello. Scarsissimi i rapporti con il nascente verismo, se si esclude Andrea Chenier, personaggio che per il suo connotato fortemente tribunizio ben si presta alla vocalità di un tenore come Tamagno.
Con queste premesse nelle registrazioni effettuate nel 1903, oltretutto nella villa di Tamagno a Varese e con mezzi di assoluta fortuna dovremmo sentire un rudere di tenore. Sentiamo un cantante musicalmente approssimativo, disponibile ai patteggiamenti con i fiati, ma che sfoggia un timbro argentino, dizione scolpita ed accento scandito quando il testo lo richieda, acuti facili, e dinamica sfumata. Molto maggiore della media dei tenori a lui successivi, che abbiano inciso nel pieno della carriera. Non solo nella cosiddetta pastorale del Profeta abbondano anche le smorzature perfino sulle note acute e le messe di voce sempre in zona acuta.
Le stesse modalità esecutive emergono nell’inno del Profeta, nell’andante dell’aria di Arnoldo (credo abbassato di mezzo tono, però) e, naturalmente, nell’entrata di Otello, il famoso “Esultate”, che Tamagno in teatro regolarmente bissava o trissava, a seconda dell’atmosfera della serata. Dopo Tamagno l’ultimo tenore che si attenne ad una simile esecuzione ed interpretazione di Arnoldo è stato Giacomo Lauri-Volpi. In fondo il tenore anticarusiano per eccellenza.
L'"Ora e per sempre addio” ha uno stile nobile, un tempo largo, che Tamagno regge nonostante gli acciacchi del tempo ed allontana Otello da qualsivoglia notazione passionale verista e ne fa il condottiero della Serenissima di Shakespeare, terrorizzato dalle corna più che dai Turchi, ma pur sempre figura fortemente idealizzata.
Nel finale di Otello Tamagno senza sfoggiare mezze voci paradisiache è sulla medesima lunghezza d’onda. Cosa facesse dal vivo all’epoca del debutto è difficile immaginarlo, visto il ventennio o quasi fra registrazione e debutto.
Lo stesso dubbio sorge ascoltando le registrazioni di Giovanni Battista De Negri (1850-1923), l’altro grande Otello, che registrò due brani (il “Niun mi tema” e l'"Ora e per sempre addio”) del capolavoro verdiano praticamente ritirato e, per giunta, dopo un intervento alle corde vocali.
La differenza fra i due protagonisti è nella qualità vocale, il timbro di De Negri è, infatti, più scuro di quello di Tamagno e molto bello al centro, che doveva essere morbido e rotondo, la dinamica è sfumata, l’interprete è molto sobrio e misurato, pur con una voce, che si intuisce usurata. L’idea di un personaggio assai parente di Raoul o di Jean de Leyda e non già di Canio o di compare Turiddu (che fra l’altro nei primi anni del 900 cantavano i tenori cosiddetti di grazia e non quelli di forza) è evidente.
Due Otelli così differenti ed entrambe distanti da qualsivoglia vezzo verista, sia pure per quel che emerge dai reperti archeologici delle registrazioni del primo decennio del secolo XX, smentiscono, in maniera abbastanza evidente, la sfruttatissima, quanto infondata giustificazione, opportuna soprattutto per gli Otelli del dopo guerra, tutti inferiori al personaggio ed alle sue esigenze vocali ed esecutive, che i primi interpreti non sono mai quelli ideali per un personaggio.



Francesco Tamagno
Meyerbeer - Le prophète - Sopra Berta
Meyerbeer - Le prophète - Re del Cielo
Rossini - Guglielmo Tell - O muto asil del pianto
Verdi - Otello - Esultate
Verdi - Otello - Ora e per sempre addio
Verdi - Otello - Niun mi tema

Giovan Battista de Negri

Verdi - Otello - Ora e per sempre addio
Verdi - Otello - Niun mi tema

Enrico Caruso
Donizetti - L'elisir d'amore - Venti scudi (con Giuseppe de Luca)
Halévy - La Juive - Rachel, quand du Seigneur
Meyerbeer - L'Africaine - Deh! Ch'io ritorni alla mia nave

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