giovedì 8 maggio 2008

June Anderson in concerto ad Aix en Provence

Ho deciso di spingermi sino ad Aix en Provence per pura curiosità, cioè sentire dopo tanti anni la più giovane delle tre “signore” dell’opera tuttora attive, June Anderson. Già, perché continuavo a domandarmi come mai si parli sempre delle altre due e dei loro impressionanti ruolini di marcia, dimenticando che anche la bella americana, ex vera superstella dello star system, si è rimessa in pista da qualche anno, sebbene con ritmi diversi e circondata da una specie di….aura solitaria. Mi incuriosiva sentirne lo stato vocale e soprattutto i modi di gestire il suo autunno professionale, che sono, poi, la vera meraviglia delle nostre amatissime e stimatissime signore “da corsa”. Vi dirò subito che il viaggio ha riservato sorprese inaspettate, cancellando anche il mio scetticismo di fondo verso una cantante che ho molto apprezzato agli esordi della sua carriera, ma meno nella fase matura. Il resoconto e le considerazioni sono passatiste, anzi….sfacciatamente passatiste.

Negli anni aurei, quando June Anderson era una star di prima assoluta grandezza, richiesta nei più grandi teatri del mondo, non mi pareva esente da difetti, tutt’altro. Straordinaria nelle parti di lirico di coloratura come nell'opera francese, nelle parti tragiche da lei amatissime, come quelle di Rossini scritte per la Colbran, la cantante risultava forzata nella zona centrale della voce ed inerte, per non dire assente nell’accento. Peculiarità, quest’ultima, anche di certi personaggi, come Lucia ed Amina, per certo più consoni ai mezzi della cantante americana, che spesso prediligeva tempi lenti anche negli allegri, col risultato di privarli spesso della loro più autentica carica. Certo la voce era eccezionale, per estensione e brillantezza della zona medio alta oltre che per penetrazione ed espansione in teatro, impressionante nella Lucia fiorentina dietro la Gruberova, o nella Fille du Regiment a Parma. In virtù di tanta grazia vocale, la Anderson si è sempre considerata un soprano drammatico, con risultati vocali, e soprattutto interpretativi, che facevano storcere il naso a chi del soprano drammatico aveva una concezione ortodossa. Del resto nessuna, ma davvero nessuna altra cantante sua coetanea poteva vantare le doti naturali ( unite ad una bellissima presenza scenica ). Insomma una superdotata cui si poteva sospettare facessero difetto ora una esatta cognizione tecnica, ora una completa e coerente definizione del personaggio. Eppure….regolarmente trionfatrice, col consenso anche della critica e dei discografici, fin tanto che non si spinse sul periglioso terreno del Verdi drammatico, da cui uscì sfiancata e con la voce rotta. La Norma di Parma e la Lucia di Milano furono la prova eclatante, tra Trovatori, Lombardi, Miller, del modo in cui da anni sforzava la sua voce sfidandone la resistenza. Questi i pensieri di chi, viaggiando verso Aix, rimuginava sul dove avrebbe arrivare la signora se solo avesse avuto di se stessa una concezione….semplicemente diversa, quale quella che guidò, temporibus illis, una Sutherland, anziché procurarsi da sola motivi di autodistruzione vocale.

Il programma scelto per questo concerto con orchestra all’auditorium di Aix è stato robustissimo, degno di un grande soprano d’agilità all’apice della forma: aria di Semiramide, cavatina di Norma; finale di Sonnambula compreso il rondò; grande scena finale della Desdemona di Verdi inclusa l’Ave Maria; finale di Pirata, recitativo e rondò inclusi. Un programma da anni verdi, di quelli monumentali, cui erano abituati i belcantisti della sua generazione, oltre che lei stessa, specie se potevano usufruire dell’orchestra. E per quanto mi sia sforzata di resistere a qualunque effetto tipo flash back non ho potuto fare a meno di essere catapultata indietro, in una dimensione del canto che mai come ieri l’altra sera ho percepito diversa da quella attuale, e in modo totale, dalla sostanza ai dettagli.
Over 55 June Anderson entra in scena ed è ancora una bellissima ed elegante signora, da non credere, nemmeno stando nelle prime file di platea, che abbia la sua età. Incede e si muove con semplicità aristocratica, sempre nella misura, sorridente come da ragazza.

Poi appena attacca la cavatina di Semiramide alquanto acrobatica nella scrittura persino della prima sezione si osserva che la voce è salda, non ha perso la brillantezza dell’ottava superiore e che la cantante, a differenza del passato, è attenta ad emettere suoni coperti ed oscurati nella zona bassa. La situazione si è ripresentata esattamente identica, sotto il profilo del controllo vocale, all’allegro “Dolce pensiero”, di scrittura piuttosto grave: la Anderson ha esibito le medesime variazioni di un tempo, nulla omesso ( compresi gli orribili staccati, assai poco rossiniani, da lei da sempre tanto amati ): il tutto con una grande (…ormai arcaica ) fluidità e suoni dolci e timbrati rispetto ad un tempo.
Nella cavatina di Norma, di cui la Anderson ha eseguito solo la sezione centrale del Casta diva, sono comparse un po’ delle sue note spinte del passato, ma la linea vocale era curatissima e precisa l’esecuzione delle difficoltà, in primis i la ribattuti, risolta in modo….elementare.
Il finale di Sonnambula poi, di tessitura centrale, è stato cantato con intenzioni interpretative che non ricordo proprie della giovane Anderson. Nell’Ah non credea mirarti le parole hanno preso altro e diverso significato da allora, il canto dolente e malinconico di una voce veramente corposa, mentre la coloratura del rondò, eseguito col da capo variato, è di nuovo arrivata facile e fluida, tanto diversa da quella delle moderne voci di soprano leggero, ossia imperiosa e monumentale. E la saldezza vocale era tale che, ad un certo punto, non avrei voluto sentire alcune fissità che qua e là si sentivano con evidenza, e questo perché, complice l’aspetto, non mi sentivo affatto di fronte ad una cantante di 56 anni, ma alla Anderson di allora.
Il vero stupore è, però, arrivato al secondo tempo, aperto della grande scena di Desdemona. Qui, a suo agio nella tessitura centrale e spianata, la Anderson ha saputo trovare accenti davvero inattesi, alternando, nella nenia della Canzone del salice, malinconia e tragici presagi di morte, mentre all’Ave Maria, cantato piano, il legato è parso di una freschezza davvero impressionante per un soprano cinquantaseienne.
Quindi il finale del Pirata, completo di recitativo e da capo variato della cabaletta. La voce esibita è suonata immascherata ed estesa in prima ottava ( e mai avevo udito questi suoni quando era nel pieno della sua carriera ), l’accento scandito, il fiato più lungo che non al primo tempo del concerto ed una colonna di suono veramente ampia, direi imponente per la media delle voci oggi correnti. Il brano ha ripreso così il senso drammaturgico che gli è proprio ( o meglio, si è molto avvicinata alla vocalità del drammatico d’agilità ), complice un finale dove la coloratura è stata eseguita con una facilità estrema, variazioni bellissime ( ….un remake di quanto scrisse Zedda tanto tempo fa, se non vado errata…), a ricondurre Imogene nella corretta prospettiva drammaturgica e stilistica .
Immaginerete da voi il trionfo che il pubblico le ha tributato, e non solo per affezione, ma per l’intensità emotiva creata. Dopo alcuni minuti di applausi ritmati, la bella June, di nuovo sorridente, ha spiazzato l’auditorium e, contro ogni previsione, ha bissato, alla maniera dei grandi soprani di coloratura con…….. Je veux vivre, seguito da Oh mio babbino caro!!! Le è bastato ridurre un poco il volume per volare sul grande valzer di Juliette con la leggerezza e la freschezza di una ragazza!

Così dopo tanti anni ho rivisto un soprano uguale e diverso al tempo stesso da quello che conobbi vent’anni fa. Uguale nei mezzi, certo ora meno smaglianti, nel modo di gestire la zona centro alta della voce, nella facilità della coloratura, con i suoi tipici suoni spessi, ora un po’ duri o anche fissi sul passaggio.
Diversa, invece, nel modo di cantare in prima ottava e, soprattutto, nel fraseggio, presente come non mai. Se certe fissità della voce sono il segno inequivocabile del tempo e dell’usura di una natura prodigiosa, certo resta veramente impressionante la colonna di suono che investe l’ascoltatore, la potenza e la facilità con cui il lato drammatico dei personaggi prende subito forma appena apre la bocca. Quello della sua voce è un altro e diverso ordine di grandezza rispetto a quelle che oggi si assumono gli oneri di questo repertorio, in particolare i ruoli Colbran e Pasta, ed appartiene ad una estetica vocale diversa da quella oggi corrente. Ed il pensiero ora và al debutto in Lucrezia Borgia l’anno prossimo, con quel rondò finale a tutte vietato in questo momento se lo si intende non come una sequenza di note ma come una vera scena di “coloratura drammatica”, ed ai ruoli mancanti che potrebbero ancora esservi in questo stato di freschezza, come la terribile Elisabetta Regina d’Inghilterra, qualora qualche direttore di teatro desiderasse, con un po' di fantasia, mettere in scena un 'opera scritta per un soprano drammatico, che non si intitoli Norma, con l'obbiettivo di restituirne la vocalità secondo prassi stilistiche proprie alla tradizione del belcanto.

Concerto tenuto al
Gran Théatre de Provence de Aix en Provence
martedì 6 maggio 2008

ORCHESTRE RÉGIONAL DE CANNES PROVENCE ALPES CÔTE D’AZUR
Philippe Bender, direction

G. ROSSINI
Semiramide : Sinfonia
Bel Raggio lusinghier

V. BELLINI
Norma: Sinfonia
Casta Diva

Pirata: Sinfonia

Sonnambula: Ah, non credea mirarti

G. VERDI
Giovanna d'Arco: Sinfonia

Otello: Canzone del Salice- Ave Maria

P. MASCAGNI
Cavalleria Rusticana:Intermezzo

V. BELLINI
Il Pirata: Col sorriso d'innocenza

2 commenti:

germont ha detto...

mi chiedevo, leggendo l'avventura provenzale della grisi, come si fa a trovare biglietti per tanti spettacoli anche lontani, senza che il viaggio non diventi un'odissea di giorni. spesso le vendite on-line sono malfunzionanti e eccessivamente care, e non sempre è possibile essere sul posto già di primissimo mattino... qualche consiglio da parte di melomani pendolari?

Antonio Tamburini ha detto...

Non posso rispondere per la Grisi, che ha ben altra esperienza in fatto di trasferte operistiche, ma devo dire che per i teatri esteri raramente ho avuto problemi. Le vendite on line aprono mesi (se non anni) prima dell'evento ma le date sono annunciate chiaramente sui rispettivi siti web e i prezzi sono abbordabilissimi. Per i teatri italiani c'è da sudare un po' di più, ma alla fine il biglietto si trova, vuoi su internet (a volte all'ultimo minuto si trovano posti per spettacoli ufficiosamente straesauriti da mesi) vuoi in biglietteria, e non sempre c'è da fare la coda per il loggione... coda che, per inciso, si fa di anno in anno sempre meno folta, tolti un paio di eventi di richiamo a stagione (vedi la Norma della Dessì)...