domenica 8 febbraio 2009

Agiografia di Montserrat

Papa Giovanni XXIII di venerata memoria sosteneva la necessità di un lasso di tempo pari ad un secolo fra la morte di un pontefice ed il relativo processo di beatificazione. Analoga regola dovrebbe operare per la redazione e pubblicazione delle biografie dei cantanti d’opera, per evitarne la trasformazione in una agiografia.
Per i cantanti d’opera e per il pubblico l’agiografia è parimenti negativa in quanto non vengono offerti elementi di giudizio, ma soli spunti devozionali.

Davide Steccanella, che finalmente consegna alle stampe la propria ventennale riflessione, mi ha chiesto circa la propria fatica un’opinione. Eccolo accontentato!
Ed è un oneroso regalo perché Davide, devotissimo a Nostra Signora dei Catalani, è amico da cinque lustri ( e vorrei lo rimasse per molti e più ancora), anche se spesso in dissidio operistico e perché il mio giudizio sulla sua beniamina è, nel tempo, molto mutato. Ed in peggio. Per altro i dissidi operistici con Davide, in questi ultimi anni di autentica miseria, si sono di molto attenuati. La vecchiaia, cui siamo entrambi prossimi, porta saggezza e tolleranza.
Quindi le mie opinioni riguardano da un lato lo scritto, che, primo in lingua italiana, si occupa del famoso soprano e, poi, la cantante.
Lo scritto trasuda superlativi, di competenza, spiace dirlo della devozione e non già della critica e della storiografia. Sotto questo profilo dissento.
La cronologia, invece, che, non credo completa, e non per carenza dell’autore, ma per la quasi ubiquità del soprano, particolarmente quanto si trattava di concerti e concertini, insegna che solo grazie alla solidità tecnica si può tenere quel ritmo di lavoro per un decennio ed a quel livello. Se, poi, le scelte di repertorio fossero state quelle più idonee alla voce della Caballè ritmo e livello si sarebbero conservati per due decenni, almeno, come accadde ad altri fenomeni tipo Beniamino Gigli.
La scelta di riportare anche recensioni negative, come l’autentico capolavoro che Denis Gaita dedicò alla funesta Fiorilla del Turco in Italia, è un atto di grande onestà intellettuale ed attenua i vapori degli incensi devozionali.
Devozione, che fa dimenticare al Davide che esistono, per valutare un cantante, molti soprani anche prima della Callas. Insomma, caro Stecca, prima della Maria, che sembra essere per te l’unico soprano in carriera precedente la Montsy, ci furono, invece, fior di soprani di rilevanza storica, delle quali si deve tener conto per valutare e giudicare.
Serve a trasformare il superlativo assoluto in comparativo. Magari di minoranza.
Forse io del tempo precedente la Callas tengo anche troppo conto. E con il passato entro nel merito della rilevanza ed importanza della señora Caballé. Complice il fatto di aver cominciato ad andare all’opera nel 1969, sono uno dei pochi under cinquanta che ha ascoltato la grande Caballé, con conseguenti mani spellate e corde vocali arrossate dopo le Borgia, Norma, Aida, Luisa Miller, Amelia del Ballo e concerti di canto, dove trionfavano il timbro bellissimo, le aeree filature, l’espansione del suono nella sala del Piermarini, almeno sino ad un si nat acuto.
Poi mi è toccato sentire il lungo ostentato viale del tramonto a partire dalla Norma del gennaio 1977 (per la cronaca la Forza è una buona prestazione vocale, ma non può competere quanto ad integrità timbrica ed interpretazione con la Price, la Tebaldi e neppure con la Gencer e la Ponselle), dove il declino del mezzo vocale venne accentuato ed affrettato dalla foia di piazzare ubicumque sé ed i prodotti della prosperante agenzia Caballè e si congiungeva a poca o punta voglia di preparare lo spartito come nome e la fama Caballè avrebbero imposto. In questo senso nel loro declino la Sutherland, la Horne e la Gencer sono sempre state ben comprese del loro ruolo e della loro fama. Attenuante: la Caballé pagava lo scotto di avere cantato, propiziata da uno strumento straordinario, praticamente tutto il repertorio. Quanto Giacomo Lauri Volpi, livido di rabbia ed invidia, dedica alla memoria (sic!) di Beniamino Gigli, in "Voci parallele", calza alla Caballé.
E potrei e dovrei fermarmi anche perché due cartelle non possono compararsi con una pubblicazione di almeno centocinquanta. Però... A distanza di trent’anni dalla chiusura della parabola artistica il limite di Montserrat Caballé, credo, risiede proprio nell’aver cantato di tutto e di essere sempre stata, paradosso e colpa del timbro bellissimo e personalissimo, la Caballé.
Anche Madga Olivero e Joan Sutherland, per citare due dei miei "santuari", sono sempre state l’Olivero e la Sutherland, ma lo sono state in un repertorio, in un gusto in rapporto con un autore o un’epoca del melodramma a tal punto che in quel repertorio prescelto o eletto sono divenute STORIA dell’interpretazione. Questo con la Caballé non capita e, ti assicuro, nei due ascolti che ho scelto cantava proprio bene.

Naturalmente, dopo questo spunto di dibattito, ci parleremo ancora, non è vero? ...diversamente dirò che l'autore è lo pseudoDonzelli !!!


Davide Steccanella
Montserrat Caballé. Ultimo soprano assoluto
Azzali editori



Gli ascolti

Donizetti: Lucrezia Borgia

Era desso il figlio mio - Joan Sutherland (1972), Montserrat Caballé (1970)

Cilea: Adriana Lecouvreur

Io son l'umile ancella - Madga Olivero (1963), Montserrat Caballé (1976)

2 commenti:

corneliu murgu ha detto...

Onore alla fatica di Davide Steccanella, ed un saluto - a distanza di tanti anni - cordiale. Comprerò il libro, anche se forse sarò sulle posizioni di Donzelli...intanto, ricorderei quanto scritto da Celletti ne Il teatro d'opera in disco sull'incisione di Giovanna d'Arco e...ascoltate/ascoltiamo Sempre all'alba cantato da Montserrat Caballè....
ometto commenti o ricordi buffi, che trasformerebboer il blog in un circolo di (ahimè)45/50enni....

mozart2006 ha detto...

Verissimo,Murgu.Il disco della Giovanna d´Arco,diretta da Levine,appare ancor oggi straordinario e,quando apparve,segnó per noi che allora eravamo giovani melomani,un vero punto di svolta nell´interpretazione verdiana.