lunedì 14 settembre 2009

Diana Damrau in concerto alla Scala

Grande successo ieri sera alla Scala per Diana Damrau in concerto. Un programma liederistico di brani molto celebri di Strauss, Faurè e Debussy, presentato in modo originale con accompagnamento d’arpa anzichè di pianoforte. Ad accompagnare la grande cantante tedesca Xavier de Maistre, che ha eseguito anche due intermezzi solistici, uno da Faurè l’altro da Debussy, riscuotendo un successo pari a quello della Damrau.
Una serata di buona musica eseguita con grande eleganza e gusto.


Che dobbiamo dirvi di più?
Che la signora Damrau è musicista di classe e che su questa qualità organizza la sua performance, limitando al massimo quella maniera in cui spesso i soprani leggeri di scuola tedesca incorrono e che le collocano spesso lontane dal nostro gusto. Pur restando fedele alla sua tradizione, esibisce un canto scevro da ogni stucchevolezza o affettazione e gli effetti che ricerca sono raggiunti con apparente semplicità e facilità.
Diana Damrau ha dalla sua uno strumento di modesto volume ma composto ed argentino, sicchè il suono arriva quasi sempre omogeneo e stilizzato, anche laddove la cantante fa uso di suoni non ben immascherati, nei piani soprattutto. E’ molto attenta la Damrau a mantenere l’emissione composta ed uniforme, ed in questo gioca a suo favore la scrittura dei brani prescelti, tanto che le mende tecniche, ben udibili allorquando esegue l’opera italiana o certo Mozart, sono state del tutto attutite ier sera. Abbiamo apprezzato la cura con cui ha ricercato colori e nuances, fidando poco sullo strumento di accompagnamento, l’arpa, che, per quanto suggestiva ed insolita, resta uno strumento privo di cavata e, perciò, limitato nelle possibilità espressive. Insieme ad altri ci siamo domandati le ragioni di questa scelta che, per quanto originale ed interessante, alla lunga non ha aiutato il canto per limiti intrinseci. Abbiamo goduto delle belle trascrizioni dei brani come degli intermezzi offerti dal bravo ed applauditissimo de Maistre, ma la scelta alla fine ci è parsa più che altro un vezzo di buona suggestione.
Non a caso la Damrau ha collocato a fine serata i brani più celebri ed emozionanti del programma, e proprio in quelli ha toccato maggiormente il pubblico, Die nacht in particolare. Ma proprio in quelli, forse perché li abbiamo vivi nel ricordo eseguiti da molte grandissime cantanti del passato, il soprano tedesco ci ha ricordato i suoi limiti vocali: i piani piuttosto fissi e falsettati, i primi acuti attaccati sempre piano, flautati e talora “da sotto”, la difficoltà a dare volume vero alla voce senza scomporre il suono. Il pensiero va a quel “mostro” di tecnica udito poco tempo fa nella stessa sala, Edita Gruberova, ancor oggi capace di produrre sul centro un suono cristallino ampio e proiettato, che è stato per trent’anni il baricentro della sua linea di canto. La sua tecnica è quella antica, della grande tradizione italiana, dei leggeri dei 78 giri, delle somme esecutrici di Morgen come la Schumann, ed è la sola che consenta di dare alla voce maggiore sonorità e di avere più colori di quelli che la Damrau ieri sera aveva di certo nella mente ma non nella voce. L’eccesso di parlato di Morgen ( che solo un paio d’anni fa eseguiva con ben maggiore legato, si ascolti l’audio su You Tube ) o i falsetti del bellissimo Die Nacht si dimenticano in una serata di lied, ma sussitono per emergere con peso diverso quando il soprano tedesco pratica il repertorio, come nella recente Lucia del Metropolitan. Solo riallacciandosi a quella tradizione di tecnica vocale la Damrau può pensare di dare alla sua voce chiara ed argentina la proiezione, l’espansione e la dinamica necessari per abbordare Lucia, Rigoletto o Traviata senza difficoltà alcuna.

PROGRAMMA

Richard Strauss
Ich schwebe op. 48 n. 2
Efeu op. 22 n. 3
Nichts op. 10 n. 2
Winterweihe op. 48 n. 4
Allerseelen op. 10 n. 8

Gabriel Fauré
Impromptu op. 86
per arpa

Après un rêve op. 7 n. 1
Clair de lune op. 46 n. 2
Sérénade toscane op. 3 n. 2
Les berceaux op. 23 n. 1
Adieu op. 21 n. 3
Notre amour op. 23 n. 2

Claude Debussy
Nuit d’étoiles
Les lilas
Fleur des blés
Clair de lune
Mandoline
Beau soir

Arabesque n. 1
versione per arpa

Richard Strauss
Freundliche Vision op. 48 n. 1
All’ mein’ Gedanken op. 21 n. 1
Wiegenlied op. 41 n. 1
Die Nacht op. 10 n. 3
Morgen op. 27 n. 4
Kling! op. 48 n. 3

BIS
Richard Strauss
Staendchen
Vincenzo Bellini: Capuleti e Montecchi
Oh quante volte
Franz Schubert
Ave Maria

Gli ascolti

Strauss

Ich schwebe - Beverly Sills (1969)

Allerseelen - Dusolina Giannini (1929)

Fauré

Après un rêve - Magda Olivero (1980)

Les berceaux - Félia Litvinne (1902)

Debussy

Clair de lune - Erna Berger (1942)

Beau soir - Claudia Muzio (1934)

Strauss

Freundliche Vision - Eleanor Steber (1956)

All’ mein’ Gedanken - Elisabeth Schumann (1932)

Die Nacht - Leontyne Price (1984)

Morgen - Cloe Elmo (1947)

Bis

Schubert

Ave Maria - Elisabeth Rethberg (1924)



5 commenti:

Tripsinogeno ha detto...

Elegantissimo recital! Strabilianti gli assoli di De Maistre! Alla fine lei, con tutti i suoi limiti (l'ho trovata svariate volte calante e con qualche suono stimbrato...), è forse il meglio a cui possiamo aspirare di udire a teatro oggigiorno...

Domenico Donzelli ha detto...

caro trispinogeno
al concerto c'ero pure io.
Avrei preferito un bel concerto per arpa. era la cosa migliore.
quanto alla signora damrau di cui il tubo manda una esecuzione de le fille de cadix a dir poco spaventosa e per canto e soprattutto per gusto mi domando come possa pensare lei e chi la spaccia per diva pensare possa eseguire ad esempio la parte di isabella del robert le diable o più banalmente la traviata.
scusa, ma la signora proprio non mi è piaciuta
alla prossima dd

Tripsinogeno ha detto...

Donzelli, lungi da me esaltarla. La mia è una considerazione relativa, diciamo. Ci scandalizziamo a ragion veduta per la diffusione endemica di un canto sprofondato da anni sotto la soglia di guardia... La Damrau in quei lieder, soprattutto con Strauss, nella chiosa del concerto, mi è parsa tutto sommato accettabile (sempre in relazione ai tempi che corrono...). Non ho mai pensato che la signora potesse approcciare un'opera come il robert le diable o la traviata, tant'è che il tubo è lì a dimostrarci un tecnica non certo alle stelle (vedere Je veux vivre in concerto, per esempio). Per non parlare della sua Gilda a Dresda nel 2008. Ma considerando in moaniera isolata la performance dell'altra sera, beh, mi sembra non se la sia cavata malaccio...

Giulia Grisi ha detto...

a me è piaciuta invece.
credo che casi come il suo siano la dimostrazione che quello della tecnica del canto è un problema soprattutto culturale.
i modi in cui si canta, ossia si amministra la voce, sono cambiati e non in meglio. se passasse l'idea che occorre riprendere dalle questioni tecniche l'analisi di problemi dell'opera lirica, non avremmo lo spreco di voci belle e di qualità cui oggi assistiamo.
se la damrau mettesse la voce un pò più alta, a cominciare dal centro, avremmo una cantante più sonora e con maggiore repertorio di quello che così può praticare......

Emanuele Nitri ha detto...

Concordo con la G.Gr.: un maggiore riguardo al miglioramento della tecnica vocale darebbe alla Damrau maggior spessore e una sicurezza valida per repertorio più vasto. Ma è il problema di gran parte dei cantanti lirici di questi ultimi dieci, quindici anni almeno. Il programma della Damrau mi ha stimolato molto e mi è piaciuto, per le sue qualità timbriche, tecniche e stilistiche, soprattutto in Strauss, come era naturale. La parte francofona è meno adatta alla sua interpretazione, anzitutto stilisticamente. Wiegenlied di Strauss è stato il vertice, a mio parere. I bis: Bellini non mi ha dato emozioni, anche se non è stato eseguito men che dignitosamente (ma è proprio qui il punto: è stato eseguito, non interpretato!, era molto freddo e asciutto, scevro da pathos); l'Ave Maria è stata una proposta deludente e assolutamente eterodossa rispetto al concerto e al contesto, manco fossimo stati in Vaticano!