martedì 12 gennaio 2010

Ildar Abdrazakov in concerto alla Scala

I concerti di canto proposti nel teatro milanese devono, nel pensiero del sovrintentente e direttore artistico, concorrere all'educazione ed all'elevazione culturale del pubblico milanese. Lo sappiamo ed è inutile continuare la polemica.Anche se un invito all'autocoscienza mai guasta.
Altra polemica, però, a mio avviso ha senso. Ossia domandarsi se e quali i cantanti oggi in carriera dispongano delle qualità tecniche, culturali e musicali per assurgere a grandi interpreti del repertorio cameristico. In qualsivoglia lingua cantato, intendiamoci bene.

Quindi le proposte di commento, prive d'ogni vis polemica nei confronti di Ildar Abdrazakov sono affidate ad un basso di lingua anche russa, come di lingua anche russa Abdrazakov e famoso per essere stato fra il 1920 ed il 1949 uno degli esecutori di riferimento di Verdi e Wagner, ossia Alexander Kipnis.
Ieri sera il programma prevedeva un incipit con Čajkovskij, l'autore russo più italiano e sempre nel primo tempo Rachmaninov. La voce di Abdrazakov, alto ed imponente come conviene ad un basso russo, in realtà è chiara e piccola. Un giovanissimo ascoltatore al mio fianco si domandava se fosse un baritono. Tralascio. Oggi sembra un diffuso gioco al massacro ritenere che un cantante canti fuori della propria corda. Anche se nel caso di specie sopratutto i primi anni di carriera hanno visto il cantante affrontare ruoli che, nominali di basso, potrebbero anche convenire a voci baritonaleggianti. A questo lo ha portato anche il limitato volume e la ridotta ampiezza (davvero poco da basso) della voce che ad esempio in Scala, rectius agli Arcimboldi nel ruolo protagonistico di Mosè era di tutta evidenza.
In Čajkovskij il nostro ha cantato con gusto, anche con una certa varietà di fraseggio. Appena la scrittura accenna a salire o scendere però si percepiscono suoni, che sempre il mio giovane vicino ha definito "grevi". Impressione giusta: sono i tipici suoni di chi non sostiene correttamente e non proietta la voce. Anche se Abdrazakov a differenza di molti cantanti slavi non emette suoni stomacali nelle filature e nei tentativi di addolcire il suono è ovattato.
Arrivato a Rachmaninov, che richiede una vocalità più russa ed altisonante soprattutto nell'aria di Aleko si capiscono bene i limiti del cantante.
Poi arriva il repertorio italiano o italianeggiante come i sonetti di Liszt (fra l'altro tutt'altro che facili anche per l'accompagamento pianistico, brava Mzia Bachtouridze) e la domanda dell'ideoneità e capacità dei cantanti oggi in carriera di essere concertisti ossia di colorire la parola, di dare senso a quello che cantano per cultura e preparazione musicale acquista una rilievo e rende necessaria l'interrogazione a chi offra al pubblico questi programmi. Identica osservazione l'ascolto del ciclo di Ravel dedicato a don Chisciotte dove abbiamo anche sentito anche un paio di suoni in pianissimo la cui ubicazione era discutibile e pure l'intonazione. Qualcuno potrà accusarci di pesare con il bilancino di dare rilievo alla singola nota. Sarà anche vero, però, se il cantante da camera non è in grado di padroneggiare la voce dal piano al forte e di superare le moderate difficoltà che la maggioranza delle pagine prevedono, per quale motivo canta musica da camera?
Poi accompagnato da un sorridente e con l'aria ironica suonatore di una sorta di flauto (Kurai) Abdrazakov ha proposto due canti. E allora la voce non è diventata quella strapotente di certi bassi russi, ma abbiamo visto l'utilizzo del sostegno e del fiato (erano passi di tessitura alta e diciamo vocalizzata) sentito suoni dolci e lucenti che sono quelli del cantante che canta sfruttando le risonanze della maschera. Non solo c'era anche l'anima dell'esecutore, prima piuttosto latitante o compressa dall'idea di far cultura. Per la cronaca se sento Lotte Lehmann, che canta un Lied sento cantare non tentare di far cultura, che viene da sè se il cantante è un professionista, prima ed un artista poi.
Quanto ai bis nella serenata di Don Giovanni c'era ancora il tentativo di cantare dolce e piano, ma intendiamoci bene i don Giovanni insinuanti ed a fior di lbbro sono a 78 giri e don Basilio era di limitata ampiezza e volume, tanto è che era coperto dal suono del piano e la pancia del signor Abdrazakov straordinariamente immobile.


Basso - Ildar Abdrazakov
Pianoforte - Mzia Bachtouridze
Kurai - Robert Yuldashev


Pëtr Il'ič Čajkovskij
Slesa drožit, op. 6 n. 4 / Una lacrima trema
Net, tol'ko tot, kto znal..., op. 6 n. 6 / Solo chi conosce la nostalgia
Blagoslavljaiu vas lesa, op. 47 n. 5 / Vi benedico, boschi
Kolibel'naja, op. 16 n. 1 / Ninna Nanna
Serenata di Don Giovanni, op. 38 n. 1

Sergej Rachmaninov
U vrat obiteli moei / Alla porta del sacro chiostro
Ne poj krasvica pri mne, op. 4 n. 4 / Non cantare, bella fanciulla, in mia presenza
Christos Voskres, op. 26 n. 6 / Cristo è risorto
Cavatina di Aleko, dall’opera Aleko

Franz Liszt
Tre sonetti del Petrarca
Benedetto sia ’l giorno
Pace non trovo
I’ vidi in terra angelici costumi

Maurice Ravel
Trois chansons de Don Quichotte à Dulcinée

Due canzoni popolari bashkire
Azamat per voce e kurai
Irandek per voce, kurai e pianoforte



Gli ascolti

Alexander Kipnis


Brahms - Vier ernste Gesänge: O Tod, wie bitter bist du (1936)

Schubert - Die Winterreise: Der Lindenbaum (1928)

Schumann - Mondnacht (1930)

R. Strauss - Zueignung (1930)

Wolf - Mörike-Lieder: Um Mitternacht (1933)

Kalinka (tradizionale) (1931)


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