venerdì 12 marzo 2010

Fervidi pensieri 3

Sfogliando più o meno distrattamente l'ultima versione dell’ingombrante volume di Elvio Giudici dedicato all’opera in cd e video, mi sono imbattuto in una curiosa e rivelatrice “antinomia” tra l’edizione del 1999 e l’aggiornamento del 2007. Il Giudici, occupandosi della Zelmira di Rossini ne recensisce (a distanza di alcuni anni) due incisioni: quella diretta da Scimone nel 1989 e quella pubblicata da Opera Rara nel 2003. Entrambe le edizioni includono l’aria “Ciel pietoso, ciel clemente”, composta dall’autore a Vienna, per Fanny Eckerlin, che interpretava il ruolo di Emma. Ebbene il critico (dalle velleità giustinianee di chiudere in un suo codex l’intero universo delle incisioni liriche) pare colto da dislessia di giudizio, non solo circa la bontà delle due interpretazioni, ma anche circa il valore artistico del brano: e la cosa ha del sorprendente.

Infatti nel paragrafo dedicato alla Zelmira dell’89 si legge: “appena accettabile l’Emma di Bernarda Fink, per la quale viene riesumata l’aria “Ciel pietoso” (…) anche se il gioco non valeva la candela, sia per il valore del brano, sia per quello dell’esecutrice”; di contro si legge dell’edizione Opera Rara: “Posto a sé si ritaglia Manuela Custer nella parte di Emma. Parte piccola (…) non fosse il ripristino di un’aria di altissima ispirazione quale “Ciel pietoso, ciel clemente” (…) questo brano è uno dei vertici dell’incisione”. Ma che è successo? Quale illuminazione ha condotto il critico a mutare radicalmente idea circa la validità artistica del brano? Come ha fatto un’aria il cui valore non valeva certo la pena di un ripristino, a tramutarsi in un decennio circa, in un pezzo di altissima ispirazione? Forse il gradimento dipende dalle simpatie nei confronti dell’interprete (eppure la Custer non è la Freni o la Bartoli – per le quali il nostro ha una vera e propia “cotta” e non si risparmia mai nel tributare loro affettuosi e commoventi atti di fede e d’amore, anche a costo di manipolare il vero e umiliare l’intelligenza del lettore – né la Fink è la Horne o la Olivero – artiste bistrattate da Giudici aldilà di ogni onestà e ragionevolezza: ma si sa, al cuor non si comanda)? Forse tra i tanti ripensamenti tardivi (dai baroccari all’opera contemporanea, dai controtenori al teatro di regia) vi è pure quello relativo alla splendida aria di Rossini? Forse, ancora, una nuova incisione del brano – diversa da quella della Fink – permette al recensore di concentrarsi sul pezzo e non sulle sue idiosincrasie personali? Oppure è il banale corso del tempo a mutare la mano all'estensore? Molte domande. Quali risposte? Forse bisognerà attendere una terza edizione del volume, e una nuova incisione dell’opera (magari in chiave baroccara, magari cantata dalla Bartoli) per avere una sintesi (dopo tesi e antitesi). Che Giudici sia più ferrato nella dialettica hegeliana che nella critica d'opera?

Post scriptum: di esempi di tal genere, se ne contano a iosa nelle pagine dell'ingombrante volume. Vale la pena soffermarsi su altri due.
1) Nella recensione dell'edizione di Khovanshchina diretta da Gergiev, il buon Giudici lamenta (a pag. 877) il fatto che il direttore d'orchestra reintegri nel testo dell'opera un brano più tardi espunto dallo stesso autore. Eppure lo stesso critico ci aveva poc'anzi "scassato i cabasisi" (come direbbe Montalbano) sulle Carmen che non seguono la Choudens (e non includono i brani ESPRESSAMENTE tagliati da Bizet), sui Don Carlo in 4 atti (pure Karajan diviene ottuso retrogrado culturale, per il sol fatto di seguire le volontà verdiane), persino sui tagli al Guglielmo Ratcliff e ai Cavalieri di Ekebù! Perchè, dunque, in questo caso il reintegro è criticato? Ma è ovvio signori miei: Abbado, nella sua incisione, lo taglia, ergo il taglio è giusto, corretto, sacrosanto, bello, efficace etc... Ma Abbado può tutto (e Giudici non si azzarderebbe a criticare le scelte del Divo). Per Giudici i tagli sono sempre censurabili, tranne quando li fa il suo Abbado...
2) Nella recensione al Barbiere di Siviglia edito dalla NAXOS nel 1992, Giudici ha la spudoratezza di plaudire all'inserimento di ogni sorta di caccola, parlottio, risatazza, aggiunta parlata, battuta scurrile, rumore, starnuto etc.. arrivando a scrivere che si tratta di divertentissimi inserti pilotati da una regia sempre azzeccata e che il loro cospicuo numero e la loro contagiosa comunicativa, li rende immuni da cadute di gusto (pag. 1189). Ma come? Le caccole di Merrill e Corena sono ignobili mistificazioni e quelle della Ganassi e di Servile sono una specie di poema???? Ma che ci fai fessi Giudici? Siamo alle solite: due pesi e due misure, pratica di cui il critico è accreditato maestro!

Gli ascolti

Rossini - Zelmira


Atto II

Ciel pietoso, ciel clemente - Anna Maria Rota (1965)

33 commenti:

Andrea Dellabianca ha detto...

Mamma mia: vivisezionare La Sacra Bibbia ed il suo Autore! Vi siete spinti su di un terreno molto scottante, direi.
Ho posseduto tutte e tre le edizioni del libro in questione, ma ad ogni sua nuova riedizione mi liberavo della precedente per ragioni di spazio e devo dire che non mi ero mai cimentato in tali raffronti: complimenti a voi, quindi per l'arguto post.
Il critico (inteso in generale) si sa, non è mai obiettivo; ma a proposito delle "adorazioni" del nostro Giudici, vorrei sottolineare quella per la svociatissima Natalie Dessay: chissà cosa ne scriverebbe ora, ridotta com'è ad un'esagitata iper-attrice che grida qualsiasi sovracuto ed emette aria calda dal registro centrale in giù...
E per parlare della Sutherland: cosa gli fa sembrare tanto lodevole l'Anna Bolena dell'87 e contemporaneamente tanto orribile e vergognose sia l'Ernani coevo che l'Adriana Lecouvreur dell'88? Voi direte la scelta del differente repertorio, ma a me non convince del tutto.
Vi siete mai attardati, invece, a confrontare la sua recensione del Rigoletto (Sutherland-Pavarotti 1971) e quella della Norma (Sutherland-Pavarotti 1984) con quanto ne scrive Rodolfo Celletti del suo "Il teatro d'opera in disco"? Per il Giudici tale Rigoletto è stantìo ed i sovracuti della Sutherland "note non certo sopraffine" mentre ben diversamente la pensa il Celletti. Mentre la Norma dell'84 viene osannata dal Giudici e liquidata come un vergognoso orrore dal Celletti...mi gira un poco la testa!

Gilbert-Louis Duprez ha detto...

Caro Andrea, un critico (qualunque critico) può e deve avere le proprie opinioni. Sicuramente i suoi giudizi saranno sempre, o quasi, condizionati da gusti, preferenze, orizzonti culturali. Ciò che diferenzia un critico da un altro è l'attendibilità: attendibilità che si conquista attraverso un metodo, un ragionamento, una motivazione che serve a dare sostanza e sostegno alle valutazioni. Quello che contesto in Giudici non è il merito, che spesso non condivido, ma il fatto che il suo metodo è viziato da personali idiosincrasie o adorazioni che nulla hanno di professionale e che gettano più di un dubbio sulla serenità delle sue critiche. Ciò che non mi piace è la mancanza di coerenza: il doppio peso e doppia misura che riserva ai suoi prediletti (lessi una critica "allucinante" all'orribile Sonnambula della Bartoli: Giudici scrisse malissimo di orchestra coro interpreti qualità della registrazione...ma diede 5 stelle perchè c'era la Bartoli, difesa ad oltranza e in piena malafede), le sgradevoli isterie, gli insulti inutili, le cantonate, la pretesa di pontificare. E poi gli errori grossolani: come quelli che ho elencato...e ce ne sono a bizzeffe!!!

Gilbert-Louis Duprez ha detto...

Dimenticavo. Riferendomi agli esempi che hai citato: non è scandaloso che la pensi diversamente da Celletti (o da altri) riguardo una certa incisione, ma è scandaloso che la pensi differentemente da sè stesso a seconda della convenienza.

germont ha detto...

sull'attendibilità avevo già dei dubbi, e questo post non fa che confermarlo. avevo anch'io rilevato la sua cattiva disposizione verso la horne della quale, ad esempio, tratta con sufficienza il tancredi, come prodotto marginale e sopravvalutato. gli esempi si sprecano...

siegfried ha detto...

E che dire della Cedolins, che nella prima edizione viene paragonata a una vecchieggiante Gencer, per diventare una grande Norma (!!!!) nella seconda??? Forse perché nel frattempo l'autore ha preso a scrivere per "L'Opera"?

Andrea Dellabianca ha detto...

Infatti non ritengo il confronto Giudici-Celletti scandaloso, ma soltanto estremamente divertente: opinioni tanto distanti riguardo alle performances della stessa cantante, pur venerata da entrambi.
Per quanto mi riguarda, il critico che dirà bene di Dame Joan sarà sempre e comunque quello di gran lunga più affidabile (...quanto sono sfacciato!). Saluti.

pietro bagnoli ha detto...

Caro Gilberto,
perché deve essere per forza "convenienza" e non invece, poniamo, un normale cambiamento di idee dettato dall'età, dai gusti, da altri ascolti, da altre esperienze?
Perdonami, ma io penso che solo una ben determinata categoria di esseri umani non cambi mai idea.
E' ben vero che il buon Elvio - al cui volumone tutti ci siamo abbeverati, e a cui dobbiamo riconoscenza per l'importanza documentaria della lista, pur non condividendone spesso i giudizi - sembra spesso monotematico allorquando parla di determinati artisti a lui molto cari.
Ma io personalmente non ci vedo nulla di male nel cambiare idea e punto di vista: è un atteggiamento da persona intelligente che gli fa onore. E in ciò comprendo la sua attenzione sempre acutissima per tutte le nuove tendenze sia di "hardware" (orchestre barocche, cantanti specializzati), che di "software" (le nuove opere di autori americani o del nord Europa).
E poi: sai che palle a dire sempre le stesse cose?...
Un abbraccio,
Pietro

PS Congratulazioni in anticipo per il traguardo ormai imminente del mezzo milione di accessi!

Marianne Brandt ha detto...

"Particolarmente bella la scena della camera nuziale, centrata su di un letto immenso, le due piazze aperte come ali che sembrano fatte solo di piume di cigno SULLE QUALI IL SANGUE DI TELRAMUND ALLARGHERA' ALLA FINE IL PROPRIO PURPUREO ORRORE, COME UN'OSCENA DEFLORAZIONE"
Recensione video "Lohengrin" Hofmann, Armstrong, Connell, Roar, Vogel, Weikl - Nelsson. Bayreuth 1982. Pagina 1735

Questa è la scena incriminata:

http://www.youtube.com/watch?v=P3rXXbGgjh4&feature=related

Mi dite esattamente ove il sangue di Telramund insozza il letto piumato come in una oscena deflorazione?

Recensione del video monacense del RING diretto da Sawallisch con la regia di Lehnoff:

"La geometria metallica di molti spazi, come LA BRUTTA DOPPIA RAMPA DI STRETTI SCALINI D'ACCIAIO CON PIANEROTTOLINO IN CIMA, SU CUI, NEL CREPUSCOLO SI ARRAMPICANO PER CANTARE IL GIURAMENTO SULLA LANCIA;"

Ecco, tutto questo nel Ring monacense non c'è.
La scena che descrive avviene nel video del Ring di Kupfer, Bayreuth 91-92, non a Monaco con Lehnoff, il quale, nel II atto, piazza una bella passerella che porta verso gli appartamenti di Gutrune e dove si fermano le donne del seguito.
E ancora: parla della "Maschera funebre di Wagner come tana di Fafner, quando in realtà è il luogo dove dimorano Erda e le Norne; parla di Kurt Moll come "Hunding e Fafner eccezionali, MA COME HAGEN FATICA PARECCHIO NEL REGISTRO ACUTO, SENZA RIUSCIRE A ESPRIMERE LE RAGIONI INTERNE DELLA PROPRIA CUPA ANGOSCIA ESISTENZIALE, UNA VOLTA DI PIù SACRIFICATA ALLA VECCHIA CONCEZIONE DEL CATTIVO PER INVIDIA"
Bene, tutto molto analitico... peccato che nel video Hagen sia interpretato dal grandissimo Matti Salminen(!!!) e che sia l'interprete che la regia vadano da tutt'altra parte rispetto a quanto scritto da Elvio!!!
Ma insomma il video l'ha visto o no? Capisco che è una roba bruttissima, ma un pò d'onestà!

Leggete la premessa a "Don Giovanni" e poi la recensione all'edizione di Gardiner... rimarrete così O_O!!!

E dire che quando è coerente lo adoro!!!

Marianne Brandt

Marianne Brandt ha detto...

Caro Pietruccio, ma ben vengano i cambiamenti di idee soprattutto se ben aromentati e coerenti con la nuova sensibilità!
Poi Giudici, che ha tutta la mia stima e la mia gratitudine, perchè il suo volume è in molti casi ben scritto e ricchissimo di notizie, ha una grande esperienza e frequentazione con l'opera, ovvio che abbia cambiato idea millanta volte, ci mancherebbe, capita a chiunque!
Qui sembra, però, che il buon Elvio voglia dire: "Se l'aria A, o l'opera B, la canta il cantante X, l'aria o l'opera, è una roba immonda e trascurabile; se la stessa aria o opera, la canta un cantante Y (che mi piaciucchia) diventa mirabilmente scritta, un pezzo d'arte!".
Lo trovo anche molto ambiguo nel modo di porsi verso il Baroccò e l'uso degli strumenti antichi, per non parlare dei cantanti verso i quali, a leggere certe cose, mi viene il mal di testa...
Sul fatto che si pone in maniera anche problematica e intelligente nei confronti di opere neglette, desuete o poco rappresentate nulla da dire, gli fa solo onore e tanto di cappello alla preparazione.
Sul fatto che è poco oggettivo verso i suoi "amici" è un fatto risaputo.

Grazie per gli auguri del nostro nuovo traguardo e per il tuo intervento.

Marianne Brandt

pietro bagnoli ha detto...

Mariandel, me lo sto sognando o mi stai dando (parzialmente) ragione? :-)
Va bene che la ragione la si dà ai matti, ma mi accontento!
Il Nostro lo conosciamo da anni, perché da anni ci fa compagnia con i suoi articoli e le sue considerazioni. Schernirlo perché tenta di schematizzare una materia così vasta e complessa mi sembra particolarmente cattivo: ha i suoi difetti, va bene, ma è documentato e soprattutto parla di ciò che ha visto ed ascoltato. Va bene, anche lui fa sfrondoni e svarioni (chi non ne fa, santa pace?), ma ci può stare, non credi? Io mi sono documentato tantissimo sul suo librone e, col tempo, mi sono affrancato anche dai suoi giudizi e dalle sue predilezioni: lui non ha ancora superato la Mirella, Bergonzi e Pertusi, io invece sì e in tante cose.
Quanto alle congratulazioni, mi sembrano particolarmente doverose e fatte da un vostro "nemico" (si fa ovviamente per dire e ridere) dovrebbero farvi particolarmente piacere: è un dato di fatto che non condivida praticamente nemmeno la sintassi di quello che scrivete, ma è anche vero che avete un successo notevole, perché siete bravi e ve lo meritate!
Un abbraccio a te e una vigorosa stretta di mano a Gilberto,
con stima, Pietro

Marco ha detto...

Giudici non mi è mai piaciuto,un critico insopportabilmente barocco e verboso. Celletti, di cui per altro non condividevo moltissime valutazioni, era di una statura superiore; superiore senza confronti.
Marco Ninci

Antonio Tamburini ha detto...

Le rivalutazioni e le svalutazioni sono lecite, ma i criteri non devono cambiare dall'uno all'altro artista, e soprattutto non devono cambiare per ragioni estranee all'arte: si può capire e fino a un certo punto anche condividere la rivalutazione di una Welting o di una Peters di fronte alla miseria di una Dessay o di una De Niese, ma quando per inneggiare alla suddetta miseria - sempre ben sponsorizzata - si cerca di far apparire ridicola e superata l'esperienza di una Sutherland, la critica perde ogni residuo di credibilità e soprattutto di onestà. E il discorso vale a maggior ragione per il barocco, territorio in cui la miseria odierna è così nera da rendere assolutamente necessaria la demolizione, che dico, la damnatio memoriae di una Berganza e di una Horne.

Marianne Brandt ha detto...

Pietruccio, nessuno schernisce Giudici, critico che come ho scritto stimo, anzi, Duprez sottolineava solo l'incoerenza del suo pensiero ed l'utilizzo della politica del due-pesi-due-misure quando più conviene e su certi sfondoni che fanno dubitare sulla sua buona fede, come quelli elencati da Duprez o quelli ad esempio che ho riportato anche io più su.
Questo è un concetto che sposo e che mi trova pienamente d'accordo.
Concordo con te solo sul fatto che si può cambiare idea su una materia così vasta fatta di tanti o troppi particolari per cristallizzarsi su un concetto solo.

Nemico? Tu, ma no, abbiamo vedute diverse su uno stesso argomento (anche io se per questo non condivido nemmeno i vostri punti e le vostre virgole), e poi quando siamo entrati in collisione abbiamo chiarito i nostri punti di vista, quindi accetto ben volentieri a nome di tutti i tuoi auguri ^_^ ed i tuoi complimenti.

Marianne Brandt

Antonio ha detto...

Sono contento che si sia aperto una specie di dibattito circa Giudici. Mi chiedevo quando si sarebbe cominciato a parlare di questo argomento. Vorrei partecipare anch'io ma non so se questo mio intervento vi arriverà perchè ho appena fatto l'iscrizione e (essendo un neofita di stè cose) non so se funzionerà.
Ho scoperto questo sito (si dice così?) da poco tempo e, pur essendo molte volte non d'accordo con voi, lo trovo interessante, anzi direi istruttivo per la competenza con cui trattate gli argomenti. Se ricevete questo messaggio vi sarei grato se me lo segnalaste per cui potrei continuare la mia partecipazione.

Antonio ha detto...

Buon giorno a tutti,
premetto che ho scoperto il vostro sito da pochi mesi. Non sempre sono d'accordo con voi, però lo trovo comunque interessante e per uno come me che non sa niente di musica anche molto istruttivo. Sono un ex loggionista della Scala (dico ex perchè ormai la fatica di recarsi in quel luogo quasi sempre è ricambiata da spettacoli mediocri con cantanti anche peggio...)
Trovo interessante che abbiate aperto una discussione su Elvio Giudici perchè anche a me (che pure ho i suoi 2 volumoni di recensioni) questo critico molte volte è sembrato controverso e anche a volte irritante. Eppure, lo ammetto, non riesco a non essere in qualche modo un suo estimatore perchè i 2 volumoni di cui sopra sono stati (e sono) per me fonte di grande conoscenza (come lo furono a suo tempo del resto quelli del grande-per me-Celletti). Certo le idiosincrasie e soprattutte le amicizie (quelle per la Freni poi arriva, nei volumi di cui sopra, a livelli ridicoli)non depongono a favore di quella che dovrebbe essere l'obbiettività di un critico. Io credo che Giudici sia rimasto sostanzialmente (nonostante gli anni trascorsi, la sua conoscenza musicale, il suo sapere indubbiamente profondo)un loggionista anni 50/60 della Scala (io c'ero); in quegli anni il loggione del massimo (di un tempo!)teatro era ribollente di passioni, di esagerazioni, di fanatismi ma, proprio per questo, un luogo vivo e pulsante di dibattito, non una "casa di morti" come, secondo me, si è ridotto ora, soprattutto dopo la cura intensiva del "Maesctro", che in nome della "cultura" ha spento ogni dibattito e passione (salvo quella riservata a se medesimo...) Ebbene, ripeto, Giudici secondo me è ancora uno di quei loggionisti...Certo questo non depone a favore di colui che dovrebbe essere un critico musicale. Se poi ci siano sotto altri interessi io non so bene perchè non compro da molti anni riviste musicali avendo avuto, appunto, l'impressione che i giudizi in esse contenuti non fossero così "disinteressati".
Che ne pensate di tutto ciò? Forse ho scritto delle sciocchezze e alla fine Giudici potrebbe non essere un argomento così importante da suscitare un dibattito.
Riparliamone se invece ritenete sia interessante.
Intanto vi porgo il mio saluto e i mie complimenti per i vostri scritti e la vostra competenza...anche troppa a volte!!!
Antonio, neofita del sito

Antonio Tamburini ha detto...

Ciao Antonio.
Interessante la teoria secondo cui Giudici sarebbe in sostanza un "erede" dei loggionisti anni 50/60. La preciserei come segue: assomiglia a quei loggionisti anni 50/60 (o anche 70/80) che oggi, dopo essersi tolti la soddisfazione di "beccare" Pavarotti e Bergonzi e la Scotto (e magari anche con fondata ragione), si estasiano per Villazon e Kaufmann e la Gheorghiu perché "non c'è di meglio" e "bisogna voler bene alla Scala". Ovviamente sono anche i più solerti a stigmatizzare e isolare i "dissidenti", evocando con il loro comportamento una nota canzone di Fabrizio de Andrè.

Marco ha detto...

Per quanto riguarda l'intervento di Antonio, noto con un certo divertimento che da una parte (quella di Antonio) Muti è considerato il rappresentante accademico e pesante della "cultura". Ma da tanti altri è visto come una sorta di musicista tutto istinto e immediatezza, privo di qualsiasi "cultura", accademica o popolare, raffinata o da sanculotto. Chi sa...
Marco Ninci

Domenico Donzelli ha detto...

ciao a tutti,
concordo con Tamburini quella del nostro sembra la conversione ( retroversione?) di taluni loggionisti, il cui pedigree di ascoltatori è oggi deteriorato proprio dal volere applaudire per il gusto di applaudire.
I volumoni di Giudici, di cui mi regalarono il primo, depaurati della aggettivazione e della avverbializzazione da soprano di coloratura alle prese con Olympia e delle enfatiche iperboli dedicate alla signora Ghiaurov (poi che fatica quando deve recensire l'esausto consorte e non offendere la Venerata) sarebbero delle dimensioni del Bignami.
Io credo che Giudici e tutti i critici della sua generazione siano stati e lo siano ancora tormentati dal fantasma pesante ed ingombrante di Rodolfo Celletti. Consegue se un cantante piace a Celletti e sopratutto se l'imgobrante padre ne fa un modello (penso alla Flagstad) è un imperativo categorico farne vivisezione. Ripensare e rivedere chi ci ha preceduti è giusto farne il proprio metodo critico è, invece, isteria.
Quanto ai ripensamenti li ebbe -eccome- anche Rodolfo Celletti come accadde per le edizioni di Verdi degli anni '50 della Cetra e motivò i ripensamenti. Giudici quanto a motivazioni, che non siano essere a la page, invece, difetta.

saluti dd

siegfried ha detto...

Sono totalmente d'accordo con DD: i volumoni potrebbero esser molto più leggeri se si tagliassero tutte le ripetizioni e le svenevoli aggettivazioni (ma quante volte avrà usato "perlaceo" o "setoso"?). Per uno che avrebbe l'ambizione di scrivere la storia dell'opera tramite CD e DVD, la totale mancanza di oggettività verso alcuni cantanti e direttori svilisce la sua opera a livello cronachistico. E poi, davvero, non se ne può più di questi nipotini di Celletti che non san fare altro che criticarlo, per poi copiarlo a man bassa. Anch'io (che devo la mia, ahimé lontana, formazione vocalistica a due critici, Celletti appunto, a l'americano C.L.Osborne) ovviamente mi sono distaccato da alcune loro idee (vedi la sistematica demolizione della de Los Angeles): ma negare per partito preso...

Giulia Grisi ha detto...

....non considererei Giudici un nipote di Celletti:
Celletti muoveva dall'idea che il teatro d'opera sia essenzialmente e soprattutto fatto di canto; Giudici vede il teatro d'opera come allestimento complessivo.
Dunque non può esserne nipote e pergiunta presume di essere ben più moderno.
Per parte mia mi limito ad osservare che ai tempi del Teatro d'Opera in disco era possibile aver ascoltato l'integrità delle edizioni discografiche di molti o quasi tutti gli autori. Al tempo di Giudici, con questa messe di edizionucole dvd di ogni cosa, capolavori e caccole, non è credibile che un solo autore possa avere ascoltato e riflettuto su tutto.
Il suo enciclopedismo è velleitario e scientificamente scorretto, poichè non può provare di avere visto e sentito tutto ciò che recensisce.
Celletti, al contrario, assai spesso dichiarava di rifarsi alle recensioni di altri, come ad esempio Osborn o TAylor, soprattutto su repertori che poco conosceva o amava, come Wagner. Questa è onestà intellettuale profonda e vera.

Semolino ha detto...

Concordo con la divina Grisi : quando ho avuto fra le mani per la prima volta il librone di Giudici mi sono detto che era umanamente IMPOSSIBILE che abbia veramente ascoltato tutto.

Poi ci si accorge che :

si spertica sulla Bartoli che in realtà è una ciarlatana della vocalità.

Definisce "lava incandescente in una coppa di cristallo" tutto quel vociare ingolato e ciabattone della Ganassi urlatrice nell'Ermione di Rossini.

Definisce "doratura" paragonabile a quella dell'orchestra di Dresda il suono duro fisso e secco delle Arts Florissants che è per giunta stonato

questo basta a squalificarlo come critico e come melomane.

Antonio ha detto...

Eccomi qua, ancora, Antonio.
Sono d'accordo la grande Grisi quando afferma che Giudici non può avere ascoltato e visto tutto ciò di cui fa le recensioni nei suoi 2 volumoni (pensate io sono così ingenuo, o forse meglio, così stupido che non ci avevo mai pensato). E' vero anche che Celletti nel suo libro segnalava quando non aveva ascoltato qualcosa e indicava altri recensori. La qualcosa a me dava anche un pò fastidio. Ma forse è vero che era più onesto.
Non capisco bene invece l'osservazione di Donzelli il quale
mi accredita una specie di retroversione del loggionista che vuole applaudire ad ogni costo. Se ho capito bene assicuro che non è così. Fin dagli anni 80 almeno io ho cominciato a contestare certe cosacce che vedevo, rimproverato da altri che si scandalizzavano e ai quali io rispondevo "Ma a lei va bene una roba così"? quasi sempre mi rispondevano di no ma che comunque alla Scala non stava bene contestare. Questo era il clima già allora. Con l'avvento di Muti la cosa, secondo me è peggiorata ulteriormente. Ad ogni modo la decadenza è venuta da lontano ed è cominciata dal potere delle multinazionali del disco(quelle contro le quali già si scagliava Celletti fin dagli anni 70) di imporre i loro cantati (che lasciavano fior di tangenti agli agenti preposti, salvo poi non pagare le tasse in Italia ed avere la residenza a Montecarlo...).Ma voi ricordate le ultime registrazioni del grande Karajan? Certe cose orrende di quegli anni a Salisburgo. E Abbado?...Questi grandi, "divini" della bacchetta accettavano tutto...e il pubblico giù a comprare e ad applaudire. Quindi io non ho la smania di applaudire ad ogni costo, tanto è vero che non vado quasi più alla Scala.
Per tornare a Giudici, diciamo che i suoi libroni sono ricchi di informazioni, musicologiche e no, e questo in qualche modo li rendono utili: basta fare la tara (come si dice) alle sue affermazioni. A distanza di due pagine definisce la Gheorghiu una cantante strordinaria oppure il più grande bluf degli ultimi vent'anni...andate andate a controllare. Incredibile! Io ho una mia teoria su tutto questo (avendo conosciuto di vista sia lui che qualcuno del suo entourage tanti anni fa) ma non si può scrivere su questo blog....
Saluti a tutti

Gilbert-Louis Duprez ha detto...

Diversi i rilievi da fare a Giudici, sia come critico che come "scrittore". Li elenco ordinatamente, cercando di rispondere a tutti:

1) Caro Pietro, dici bene quando affermi la legittimità del cambio d'opinione. L'ostinazione è un difetto e una debolezza, ma lo è altrettanto - se non di più - il voltafaccia interessato e sospetto. Il problema non è solo di coerenza, ma di serietà: non si possono sposare con fervore sanculotto o bruciore giacobino certe tesi (legittimamente) e poi nel giro di una diecina d'anni affermare l'esatto contrario. Non dando alcuna contezza del percorso intrapreso e che ha portato ad un radicale ripensamento. Il cambiamento d'opinione non può essere così disinvolto, quantomeno sarebbe opportuno non sbilanciarsi così...per evitare figuracce. Io non contesto il diritto di Giudici al ripensamento, ne contesto le forme e gli intenti, il doppiopesismo, il disinvolto uso delle fonti, le falsificazioni. Non si può definire ritenere un brano una porcata se cantato da un artista sgradito e una meraviglia se eseguito da un protegé: si insulta il buon senso. O si confida nella dimenticanza. Purtroppo i fatti restano, aldilà delle suggestioni e delle convenienze, e chi ha buona memoria (o un archivio ben fornito) non può essere preso in giro.

2) il volume di Giudici è "ricco" di strafalcioni - Semolino ha fatto solo alcuni esempi dei tanti riscontrabili - di inesattezze, di disparità di giudizio. L'aggettivazione è pesante, sovrabbondante e inutile. Per tacere delle invettive (Giudici - soprattutto nell'appendice ultima - si lascia andare a personali elucubrazioni che nulla c'entrano con la materia trattata, prendendosela con chiunque), degli insulti, delle lamentazioni circa i presunti provincilismi italici, delle falsificazioni, degli insulti gratuiti, delle cantonate (le tante opere contemporanee di cui Giudici prevedeva magnifiche sorti e progressive...finite GIUSTAMENTE nell'immondizia), delle insoportabili invettive (fastidiose quelle contro la vedova Berg, o il Don Carlo in 4 atti, o Karajan, o la Horne, o il melodramma minore donizettiano, o il versimo).

3) le informazioni storiche contenute nel volume sembrano approfondide, ad una prima lettura, ma in realtà sono poco originali e quasi sempre di seconda mano (e spesso lacunose).

4) e che dire degli elogi preventivi, ottusi e incondizionati alla Freni e alla Bartoli? Anche aldilà di ogni dato di fatto? Giudici difende l'indifendibile, non da alcuna giustificazione ai suoi ragionamenti, maschera i suoi gusti personali per critica, e affoga un qualsiasi ragionamento in un mare di aggettivi roboanti e inopportuni.

4) ritengo Giudici uno dei peggiori critici in circolazione (così come Mattioli), soprattutto per il fatto di aver scientemente rinunciato ad esercitare la propria professione, preferendo dedicarsi al gossip, alla laude, all'isteria, all'invettiva gratuita. Non scrive più di musica, di canto o di opera, ma di fantasmi e visioni.

Domenico Donzelli ha detto...

caro antonio non mi riferivo a Te.
Ma a taluni loggionisti, che credo Tu conosca bene perchè sono sempre lì!!!
ciao dd

Domenico Donzelli ha detto...

caro antonio
scrivi quello che vuoi se motivato e provato!!!
non farTi problemi.
ciao dd

altobasso ha detto...

cari amici sono contento del dibattito sorto intorno al fantomatico librone e vorrei dire in modo più ampio intorno alla figura del critico musicale. concordo in pieno con chi mi ha preceduto sul fatto che non è matematicamente possibile che il nostro abbia ascoltato, e aggiungerei studiato, tutte le partiture e le esecuzioni delle quali con tanta sicurezza sentenzia. da musicista mi sentirei di esprimere giudizi tecnici su partiture o esecuzioni di esse che ho personalmente studiato e magari eseguito, giudizi diciamo amichevoli su cose che ho ascoltato e probabilmente sceglierei di tacere su cose che non conosco o conosco poco. non concepisco come si possa essere universalmente competenti su tutto dalle origini ai giorni nostri magari (forse non è il caso di Giudici) senza essere neppure in grado di leggere o analizzare una partitura. ma qui il discorso si complica e meriterebbe un capitolo a se stante di discussione. inoltre a discapito del valore della sua opera, va la assoluta mancanza di oggettività che emerge in modo evidente in diversi giudizi espressi su interpreti, esecuzioni ed autori. alcune opinioni contro o a favore di più di qualcuno, sono assolutamente indifendibili sul piano tecnico e della verità storica e, oltre a essere delle palesi menzogne, trovo che limitino di molto il valore del librone che si propone nei toni e nella sostanza come molto pretenzioso proprio sui piani della completezza, del rigore metodologico e della cosiddetta obiettività scientifica. non sono in grado di affermare se certi giudizi siano figli di una insensata partigianeria di loggione (inconcepibile in un critico musicale serio) o di interessi personali, ma certo che alcune incongruenze o palesi distorsioni del vero sono balzate agli occhi di molti.
un saluto
Francesco Giudiceandrea

altobasso ha detto...

p.s. scritto in fretta. scusate

Andrea Dellabianca ha detto...

...qualcuno di voi sa dove possa recuperare una copia (nuova od usata, non importa) de "Il teatro d'opera in disco" di R. Celletti?

Lori ha detto...

Saluti a tutti; anch’io apprezzo molto che si sia aperto il dibattito su questo tema, e spero prosegua.
Devo ammettere che non vado a leggere quel libro come un reference, lo leggo, a volte aprendolo anche a caso, per distendermi un po’, per visitare virtualmente un negozio ben fornito – ormai ce ne sono molto pochi – quasi per intrattenere una conversazione con un amico melomane – anche di questi purtroppo ce ne sono pochi o nessuno! Con questo non voglio dire che ci siano solo chiacchiere della “Signora Italia”, ma non si spiegherebbe altrimenti il tono che prende, magari anche pomposamente dotto, ma colloquiale (“su un altro pianeta, quello dove abita...”; “che è poi l’ubi consistam...”) e le lodi sperticate che fa (chissà perché poi alla Freni, alla Dessay e alla Bartoli, non sempre alla Scotto o mai alla Kabaivanska).
Detto questo, ho scoperto tante belle cose e fatto anche qualche ottimo acquisto (la Regina di Blitzstein ad esempio) grazie a quei libri.
A riguardo, posso porvi tre domande che mi tormentano da anni e a cui sicuramente voi saprete rispondere??
1. Perché Giudici non recensisce l’operetta e il musical anche quando cantata da cantanti lirici (Vedova allegra, Show Boat della EMI, Opera da tre soldi con Lotte Lenya, On The town della DG, ecc.; tutte cose molto pregevoli a mio avviso)? E tutto Offenbach, a parte i Contes e Fate del Reno? Fatto 30, facciamo 31! D’accordo che nel titolo c’è “L’Opera”, ma piuttosto si trova un titolo diverso.
2. Il volume dedicato ai DVD uscirà o no?
3. E’ vero che c’è un punto in cui Giudici fa outing? Qualcuno lo sa ritrovare nelle immense pagine? Io credo di esserci passato un giorno ma poi l’ho perso; lo buttava lì come un objet trouvé e c’entrava una ipotetica nipote, credo nell’aggiornamento a proposito di un’opera americana...
Grazie!! ciao

altobasso ha detto...

caro andrea no, non saprei proprio come aiutarti e, anzi, anche io sarei molto interessato a procurarmi una copia del volume di celletti. se hai notizie ti prego di farmi sapere grazie

Gilbert-Louis Duprez ha detto...

Lori, non saprei rispondere alle tue domande: in effetti non capisco perchè non vengano recensiti certi autori. Manca quasi tutto Offenbach, vero, e non è il solo. Giudici dedica spazio a certi titoli e compositori privi di passato, presente e avvenire (ma che lui ritiene autori immortali, scagliandosi contro la solita provincia italica, ignorante e reazionaria, che non apprezza tali capolavori: l'opera contemporanea finlandese o americana ad esempio....roba che CHISSENEFREGA!) e ignora COMPLETAMENTE il più grande operista ancora vivente: Hans Werner Henze. Misteri...

Antonio ha detto...

Caro Duprez, circa le assenze di Giudici, ce n'è una che mi ha sempre incuriosito al punto che io la ritengo una svista (possibile, io credo, nella mole così grande del Volumone...); non viene recensita La damnation de Faust, mai, nessuna edizione. Forse perchè non è considerata un'opera?
Pensa che lui la cita recensendo, mi pare (vado a memoria) l'edizione RAI di "Les Troyens" con la Verrett e Gedda e la Horne, dove trova modo di lodare la RAI (a ragione io dico)di quegli anni che si imbarcava in produzioni di questa qualità, e a rimarcare questo impegno citava, appunto, un'altra realizzazione (spendida a suo dire) appunto de "La damnation..) con la Horne.
Poi però non ne fa la recensione alla voce Berlioz! Mah! Forse, ripeto,Giudici non considera questa composizione un'Opera. Eppure la dicitura sul libretto dice"Légende dramatique en quatre parties"...Forse "Légende dramatique" per Giudici non vuol dire "Opera". Voi sapete spiegarmi questo (piccolo)mistero. Io avrei voluto chiederlo a lui ma non so come fare.
Saluti cordiali, Antonio

Gilbert-Louis Duprez ha detto...

Credo se la sia dimenticata. In caso contrario - ossia se non l'avesse inserita proprio perchè tecnicamente non si tratterebbe di un'opera pensata per le scene - sarebbe l'ennesimo esempio del maldestro modus operandi di Giudici: il solito "due pesi e due misure". Non si capiscono, infatti, i motivi per cui Giudici "ammetta" nel suo volume Theodora, Hercules e Semele (che sono ORATORI e quindi destinati da Handel alla sala da concerto) e non la Damnation de Faust... Forse non c'era posto. Forse si è dimenticato di ascoltarla. Chi lo sa? Così pure non capisco perchè inserisce Candide di Bernstein e non West Side Story (e tutto Offenbach).