martedì 25 maggio 2010

Waltraud Meier in concerto alla Scala

Waltraud Meier ritorna alla Scala con un concerto di canto dal bellissimo programma, brani celeberrimi di Schubert e Strauss. E il pubblico è accorso numeroso per una delle dive più amate dai milanesi negli ultimi 20 anni. Bel successo di canto, ma, anche e soprattutto, di affetto per una diva che non ha potuto nascondere uno stato di declino ormai evidente. Forse con un programma diverso…..


Premetto ciò che da sempre penso di questa cantante.
A mio modo di vedere, incarna il prototipo della cantante attrice di stampo tedesco: una carriera costruita su una grande presenza scenica, bellezza ed eleganza di donna nel portamento come nel look, intelligenza drammaturgica (perché sa sempre ciò che canta), carisma, preparazione musicale. Sul piano meramente vocale, cantante mediocre, per tecnica e timbro: voce dura, fibrosa, collocata in zona centro grave nella gola, ed in zona acuta all’attacco del naso. Suona ora gutturale e “chiusa”, ora nasale e fibrosa. Capacità di fraseggio limitata da oggettive difficoltà di manovra del mezzo, legato di scadente qualità, e natura della voce mai di fatto risolta, senza una vera zona centro grave da mezzosoprano, né capacità di canto in acuto per essere un soprano. Di qui le brutte prove nell’opera italiana a fianco delle eccellenti prestazioni quali Kundry e Venus, la ieratica (anche se urlacchiata) Ortrud, la bella, ma dura Isolde. Donna intelligentissima, perchè riesce sempre ad anteporre le qualità ai difetti, almeno ad un ascolto non…vociomane.

Ieri sera la signora Meier ha mostrato, senza alcun cerotto, lo stato vocale in cui versa, scegliendosi un programma stupendo che, però, richiede altra voce, altra tecnica, altra…. età.
Le intenzioni musicali ed interpretative erano chiarissime, esposte al pubblico in piena evidenza, ma senza modo di realizzarle pienamente, convincendo. Della sua vocalità abbiamo sentito l’amplificazione di ogni difetto, in un volume di voce in parte ridotto o forse solo in parte utilizzato, una zona acuta sempre indietro, fuori fuoco e frequentemente stonata, un centro tutto a scalini, le note sempre rotte e scollegate una dall’altra, qualche grave addirittura di petto aperto (esibito addirittura in Beim Schlafengehen se ben ricordo..!!). Avere dei colori in queste condizioni non è possibile.
Con Schubert il pubblico ha impattato con la durezza del suo canto, ove le stonature hanno cominciato a comparire in “Gretchen am Spinnrade”; poi la difficoltà nel canto morbido e legato a rendere l’atmosfera di “Nachtstück”, mentre in “Erlkönig” si è rifugiata in toni esageratamente spaventosi per trovare contrapposizioni sensibili al fraseggio che il brano impone, perchè le mezze tinte non erano realizzabili in quelle condizioni.
Con Strauss, poi, i guai vocali sono arrivati a pioggia, in particolare con un “Winterweihe” disastroso, dal canto sfumato in zona acuta sempre tutti sfuocato e stonato ed una esecuzione suicida di “Morgen”, lentissimo, quasi fermo, in cui le note arrivavano una alla volta, mai legate e spesso rotte, quasi a strappi, tanto da temere che non concludesse il pezzo.
Meglio, anche se non convincente, il secondo tempo con i “Vier”, dove ha abbandonato ogni intento di cantare piano o a fior di labbro, percorrendo numerose frasi anche in mezzoforte, a tempo sostenuto, come in Frühling. I difetti vocali si sono sentiti meno, ma la magia di queste straordinarie pagine va resa con altra voce, altro timbro ed altro modo di cantare: i “Vier” al pianoforte sono lussi concessi a mostri sacri di qualità timbrica e canto legato come la Flagstad, non voci di emissione dura e fibrosa, senza legato come questa.
Discreto il primo bis, “Urlich” di Mahler, come il primo di Wolf, “Gesans Weilas”, assai meno “Abschuss” sempre di Wolf e terribile la Ninna nanna di Brahms.

Devo ammettere che ieri sera non mi ha stupito tanto il canto, che è stato poi quello di sempre consumato dall’età, quanto la scelta di un programma poco oculato, che ha messo alla corda continuamente la protagonista, in alcuni momenti visibilmente incerta. Altre sceltel’avrebbero fatta meglio figurare. Nemmeno l’abito, bruttino e di cattiva fattura, mi è parso in stile con la Meier diva, notoriamente elegante ed aristocratica nel gusto.

Davvero stupendo, invece, il pianista che l’ha accompagnata, Joseph Breinl, per tocco, gusto, capacità espressive: ha “cantato”in parecchi momenti più e meglio della diva. Bravissimo.

Programma

Pianoforte Joseph Breinl

Franz Schubert
Wehmut D 772
Die Forelle D 550
Gretchen am Spinnrade D 118
Nachtstück D 672
Erlkönig D 328

Richard Strauss
Cäcilie op. 27 n. 2
Winterweihe op. 48 n. 4
Wie sollten wir geheim sie halten op. 19 n. 4
Morgen op. 27 n. 4
Die Nacht op. 10 n. 3
Befreit op. 39 n. 4
Zueignung op. 10 n. 1

Vier letzte Lieder
Frühling
September
Beim Schlafengehen
Im Abendrot

1 commenti:

Carlotta Marchisio ha detto...

Anch'io ero presente. La Meier è una grandissima interprete E anche iersera ne ha dato prova. Davvero peccato per le evidenti e abbondanti stonature. Per non parlare di un legato arrabattato alla bell'e meglio, comunque indice di consapevolezza e, come dice bene la Grisi, di intelligenza.
Trovo poi che l'esecuzione degli "ultimi lieder" al pianoforte perda considerevolmente di impatto emotivo. Li vorrei sentire sempre e solo suonati da un'orechestra (un "momento" su tutti, l'introduzione di "Im Aberndrot). E, sopratutto, cantati da una bella voce al pieno delle proprie risorse tecniche.