domenica 8 agosto 2010

Mese di agosto III: castrati, falsettisti e surrogati

Castrati, falsettisti, controtenori, sopranisti, contraltisti, oltre a mezzo soprani, soprani e contralti sembrerebbe, stando a tutti gli interessantissimi interventi di questi giorni una autentica farragine dalla quale arduo uscire. Tento un chiarimento, benché privo della cultura di Semolino o di Duprez.

Una certezza: oggi in circolazione non ci sono più castrati, ovvero individui di sesso maschile sottoposti, anteriormente l’età dello sviluppo, all’operazione di orchiotomia, che impediva la cosiddetta muta della voce e, fra gli effetti secondari, portava ad una anomala capacità polmonare. Quella che consentiva le gare voce – strumento, tramandate dalle cronache del tempo, riferite ora al Farinelli ora al Senesino. Il castrato, quindi, esattamente come i soprani di sesso femminile cantava nella zona della voce che l’intervento gli aveva lasciato quale zona naturale della voce. Il castrato era merce rara e costosa, di produzione italiana, tanto rara che esaminando i cast della rappresentazioni dei titoli di Handel e Porpora raramente ne compaiono più di uno, al massimo due. Anche allora venivano sostituiti con voci femminili. Questa scelta non era una surroga, come ironicamente e con chiaro riferimento ai surrogati del periodo bellico abbiamo detto nel post dedicato a Rodelinda, ma vicarianza o meglio ancora alternatività. Alternatività che si fece molto praticata, quando coeva alla fama rossiniani, la voce del castrato andava sparendo e furono mezzosoprani di fatto, contralti di nome come Giuditta Pasta e Carlina Bassi Manna ad affrontare i ruoli composti per Crescentini e Velluti. Ma che si trattasse di alternatività è confermato dalla circostanza che a Londra nel 1825 Giovan Battista Velluti fu Arsace di Semiramide, ruolo pensato per contralto donna: Rosa Mariani.
Due notazioni:
Leggere Stendhal nella Vita di Rossini quando assume che gli eredi di Velluti furono la Pisaroni e David figlio, la prima contralto dal registro grave e medio sonoro e maschile, il secondo tenore estesissimo sino al sol sovracuto ( che è poi il sol acuto del contralto, vero la nota più alta che Rossini scrive per questa voce), entrambi capaci, per documentazione ricavata dalle parti scritte per loro e dalla fama degli inserimenti, di agilità mirabolanti.
Riflettere sulla circostanza che Luisa Tetrazzini venne definita, per sonorità e purezza del timbro l’ultimo castrato.
Ora, senza scomodare il Tosi ed il Mancini, non possiamo che concludere come un individuo di sesso maschile, integro fisicamente, che canti su una tessitura che, nella migliore delle ipotesi è superiore di una quinta rispetto a quella della voce maschile, potrà anche applicare quella che è la respirazione corretta del cantante, potrà anche immascherare i suoni, ossia farli risuonare nella parte alta del volto, ma resterà sempre e solo un surrogato di quello che furono i castrati, ossia la loro unica alternanza ossia le voci femminili che hanno praticato quel repertorio sino alle solite Horne, Valentini, Dupuy, Podles.
Per amor di precisione e completezza gli uomini, precipuamente quelli educati nelle cappelle musicali quali pueri cantores, erano in grado di emettere suoni dolci, morbidi, ma pure timbrati e potenti con il cosiddetto falsettone ossia con un’emissione che sfrutti soprattutto le risonanze superiori e che consente di reggere tessiture per certo astrali, ma non certo da contraltista e men che meno da sopranista. Un siffatto suono è documentato vuoi a 78 giri con Slezak, Urlus, sino a Gigli e in tempi a noi recenti con Merritt, Matteuzzi ed il criticatissimo Giuseppe Morino.
Ancora l’operazione di accreditare i falsettisti artificiali è ancora più antistorica e subdola perché per accreditare le prestazioni di autentici dilettanti del canto professionale parte dalla interpretazione capziosa e stravolta di quanto hanno scritto Tosi e Mancini e di quanto attraverso castrati come Girolamo Crescentini è pervenuto alla Colbran e al bistrattato Garcia padre, che appena approdato in Italia corse, proprio, da Crescentini a studiare canto.
La circostanza, poi, che gli odierni falsettisti non cantino ruoli femminili quale fonte di ulteriore differenziazione fra questi, in generale, principianti ed impostori del canto è questione men che di lana caprina. E per due motivi. I castrati quasi esclusivamente a Roma dove vigeva il divieto in capo alle donne di cantare non solo in chiesa ( escluse le consacrate), ma anche in scena comportò che i castrati cantassero ruoli femminili. Verificare non solo i cast di Handel e Porpora, ma anche quelli dell’opera veneziana di mezzo secolo precedente.
Inoltre un’arte assolutamente ideale dove di frequente le melodie scritte per i personaggi seri (eroe, eroina ed antagonista) transitavano dall’uno all’altro personaggio vuoi nella stessa opera, vuoi da una all’altra, non si può certo ravvisare allora e, quindi, oggi, una differenza tale da avallare classificazioni e sottocategorie.
Come sempre per esemplificare queste osservazioni domenicali e non certo nuove, i soliti, necessari, eloquenti e, magari, odiosi ascolti.










25 commenti:

Anonimo ha detto...

Premetto che non ho ancora letto il post. Pubblico qui il mio commento ma consideratelo come ultima risposta del post precedente.

Ringrazio prima di tutto Donna Giulia per la disponibilità.

Poi, so già che, alla luce dei miei vent'anni, mi guarderete tutti dall'alto al basso, considerando le mie opinioni di poco conto, perché dovute solo al "fuoco dell'età". Non è certo un atteggiamento simpatico, ma probabilmente io stesso farei così, quindi lo capisco e lo accetto senza problemi. E d'altronde non pretendo certo di venire qui a 'sdottorare' con voi che siete più esperti e preparati di me, semmai sono qui per cercare di capire e imparare qualcosa di più. Se non vi dispiace, io semplicemente mi permetterei di intervenire qualora avessi qualcosa di rilevante da dire o domandare, come ad esempio in questo caso, per quanto è nelle mie possibilità.

Detto questo, pure a me pare che occorra chiarire alcune cose, anche se credevo di averle già sviscerate abbastanza nei miei lunghi interventi precedenti.

Circa il problema dei falsettisti in generale, mi pare che siamo d'accordo.

Io qui facevo un'analisi del singolo cantante, Fagioli per l'appunto, alla luce della prestazione in cui abbiamo avuto moto di sentirlo, e alla luce del video pubblicato su youtube.

Premesse tutte le questioni di ordine storico e filologico, nonché quelle inerenti la credibilità vocale e la resa musicale, per le quali abbiamo appurato quanto sia inadeguata la voce di falsetto a rendere le parti da castrato, io non trovo sbagliato, una volta che dette questioni si siano messe convenzionalmente da parte, provare a cimentarsi nell'ascolto di questi falsettisti, e provare ad esprimere una critica che, tralasciando la loro naturale e fisiologica inadeguatezza, esprima perlomeno una valutazione sulla base delle possibilità espressive offerte dal falsetto, possibilità che un buon interprete saprà sfruttare come si deve, e che invece uno meno buono disattenderà in tutto o in parte. Su questo deve basarsi una critica che voglia convenzionalmente sorvolare sui problemi genetici di inadeguatezza che pone l’uso di queste voci.

Queste premesse mi sembrano necessarie perché capiate che la mia posizione non vuole essere quella di chi giudica a prescindere, ed esclusivamente sulla base di pregiudizi nei confronti della categoria. Penso sia pacifico che l’uso del falsetto comporta inevitabilmente notevoli limiti, limiti fisiologici, inerenti al falsetto stesso, non alla bravura del falsettista. Quello che si deve giudicare è appunto la bravura del falsettista, non il suo essere falsettista. Poi io sono libero di dire che l’unica funzione per la quale vedrei ben impiegato un falsettista è quella di parodiare il vero canto all’italiana (vedi Michael Aspinall), ma come ho già detto qui si vogliono convenzionalmente ignorare tali questioni. Facciamo un atto di fede, accettiamo pattiziamente i falsettisti, e giudichiamoli sulla base delle loro naturali possibilità; possibilità naturali che ovviamente non possiamo pretendere eguaglino quelle di un mezzosoprano naturale. Tecnica a parte, il potenziale di una voce naturale sarà sempre maggiore di quello di un falsetto, per cui mi sembra ingiusto aspettarsi da un falsettista la stessa proiezione, lo stesso colore, le stesse possibilità espressive di una voce naturale di donna. E’ tutto chiaro? Spero di sì…

CONTINUA...

Anonimo ha detto...

CONTINUO...

Ora, riguardo a Fagioli, forse a voi sarò sembrato esagerato, ma da parte mia invece ho trovato esagerata la vostra bonarietà.
Voce piena o falsetto, l’emissione si basa sempre sull’appoggio del fiato e sulla proiezione in maschera. Ho avuto modo anche di confrontarmi con maestri, con chi più anziano di me ha studiato di più, con i trattati, e da queste esperienze ho trovato conferma di quelli che dovrebbero essere i principi intoccabili del canto, in ogni epoca e in ogni luogo. Le smorfie orribili di Fagioli, la sua spaventosa innaturalezza, i suoni sporchi, la voce fosca, palesemente disomogenea lungo la gamma, le sue forzature, non sono semplici difetti, sono veri e propri affronti al concetto di canto. E al di là dei principi e delle regole, basta solo guardarlo e sentirlo per rendersi conto che non è quello il modo di cantare: anche un bimbetto, un profano, uno che di canto non sa niente troverebbe Fagioli improponibile.
Il fatto poi che le agilità siano tutte ben quadrate ritmicamente, non vuol dire assolutamente niente: prima viene il suono, poi si può lavorare sulle agilità. Fagioli non sa risolvere le agilità sul fiato, e difatti abbisogna di tutti quei contorcimenti con la bocca per sgranare le note senza i quali farebbe fatica anche a solo a glissare. L’uso di questi mezzi deplorevoli (non dico ‘trucchi’ perché i trucchi, se trucchi sono, non si vedono) comporta all’ascolto quello spiacevole effetto tossito (questo dovuto alla voce ingolata), e quel “vavavava” che uguale identico ritroviamo in cantanti come Cecilia Bartoli o Vivica Genaux. La coloratura deve essere liquida, fluida, scorrevole, astratta, pulita, omogenea, libera: questi invece sono rantoli vischiosi e tossicchiati che con la meraviglia barocca non hanno niente a che vedere.
Taccio poi sui gravi indecentemente ruttati e sugli acuti vistosamente oscillanti, per affrontare invece l’aspetto del volume.
Io penso che la buona udibilità, soprattutto a partire dalla zona medio acuta, di Fagioli sia dovuta al fatto che lui non utilizza semplicemente il falsetto, ma adotti invece una sorta di alchimia detta “stop closure damping”, con cui si accorcia la lunghezza della corda vibrante con la possibilità quindi di emettere frequenze più acute senza falsettare. Questa tecnica, unita anche ad un innato talento di urlatore, fa sì che in teatro avesse il doppio del volume della Ganassi. Ne derivano suoni pieni e voluminosi soprattutto in alto, ma duri, tesi, fissi, innaturali, foschi lungo tutta la gamma.
Alla luce di queste considerazioni, io preferisco un controtenore come Scholl, il quale sicuramente non può vantare lo stesso volume, ma almeno sfrutta il proprio gradevole falsetto adottando una tecnica molto più ortodossa, molto più sciolta e naturale, con risultati, all’ascolto, decisamente migliori. Probabilmente in teatro si sentirà pochissimo, ma questo non possiamo biasimarglielo: un falsetto è già tanto che si senta in una stanza.

Io la vedo così. Mi sembra di aver argomentato più che a sufficienza. Poi non parlatemi del fatto che in Fagioli voi troviate “buone intenzioni musicali”… ma per carità, proprio voi venite a farmi questi discorsi, quando siete i primi a sostenere, giustamente, che senza la giusta emissione la nave delle buone intenzioni è destinata inevitabilmente ad incagliarsi sugli scogli di una tecnica malsana.

Infine, per Immenso Ftha, non è vero che i controtenori cantano con tutta la corda. Al massimo, se ne sono capaci, e con esiti per me raccapriccianti, utilizzano la stop closure damping. Rarissimi sono i casi di controtenori naturali, l’unico che io conosca è Russell Oberlin. Il quale, per inciso, canta un Vivi Tiranno veramente bello, pronuncia a parte.

Ora leggo il nuovo post.

Saluti,
Francesco

P.S. evviva, grazie Semolino, finalmente qualcuno mi dà ragione!

Immenso Ftha ha detto...

Carissimo, le assicuro che sbaglia, confonde il controtenore cl contraltista.

L'analisi del signor Donzelli è molto ben fatta, ma. ahinoi, parte ad analizzare da un periodo storico in cui i controtenori erano già in disuso, dimenticando di analizzare i secoli precedenti, ci sono tantissimi ruoli in Monteverdi, Purcell, Handel stesso, scritti per uomo, non castrato, in tessitura acutissima aderente a quella contraltile.

Adolphe Nourrit ha detto...

Mi permetto di intervenire in questa spinosa discussione per chiedere ad Immenso Fthà, o a chiunque voglia rispondere, quali siano le opere e i ruoli scritti espressamente per controtenore o contralista. Sarei curioso inoltre di sapere quali siano le differenze fra un falsettista e un sopranista, perchè a memoria ricordo, dal libro "Angeli controvoglia", una storia un pò diversa in merito a queste due categorie.

Grazie,
A. N.

Immenso Ftha ha detto...

per contraltista nessuna che io sappia.
per controtenore tante.
Contraltista e controtenore NON è la stessa cosa
contraltista è un falsettista come il sopranista
il controtenore NON è un falsettista, canta con al sua voce naturale.

e questa è storia.

Immenso Ftha ha detto...

facendo ordine:

i registri naturali sono 4

basso
baritono
tenore
contraltino ( che può sfociare nel tenore leggero o nel controtenore, a seconda di timbro, corposità della voce, predilezione stilistica, volume etc etc.. )


i falsettisti poi sono:

contraltista
sopranista

a seconda dell'estensione.
questi in genere di nascita NON sono contraltini
BENSì bassi o baritoni o più raramente tenori e usano per cantare il loro registro di testa non quello centrale come il controtenore, registro di testa che viene in italia e solo in italia confuso col falsetto o chiamato falsetto da qui la parola impropria ma ormai diffusa "falsettisti"

Adolphe Nourrit ha detto...

E i ruoli espressamente scritti per queste voci?

Anonimo ha detto...

Rispondo ad Immenso Ftha.

Non riesco a capire francamente la classificazioni delle voci che lei propone.

Quando si parla di "falsettisti" non si fa riferimento alla tessitura, ma al registro di falsetto che detti cantanti necessariamente impiegano per sostenere tessiture contraltili, mezzosopranili o sopranili.

Un uomo che, castrato o falsettista, canti in tessiture femminili si dice contraltista se canta nella tessitura contraltile, mezosopranista se canta da mezzosoprano, o sopranista se canta da soprano.

Naturalmente queste sono classificazioni puramente ideali, nella pratica non ci sono differenze così nette.

Un uomo se non è castrato abbisogna inevitabilmente del falsetto per sostenere quelle tessiture. Si dice controtenore appunto colui che, pur non essendo castrato, canta o da contralto o da mezzosoprano o da soprano.

Normalmente per fare ciò i controtenori impiegano il falsetto (Scholl senza ombra di dubbio è un falsettista, un falsettista contraltista direi). Alcuni poi al semplice falsetto accompagnano oggi la tecnica c.d. stop closure damping.

Esistono anche, non lo nego, controtenori naturali, cioè tenori super leggeri e super acuti che, senza bisogno del falsetto, sostengono naturalmente la tessitura bassa di un contralto (esempio: Oberlin, il quale reincarna la figura tipica del controtenore antico). A questo proposito possiamo immaginare che anche Matteuzzi volendo avrebbe potuto fare il controtenore naturale. Questo fa anche capire quanto le classificazioni che noi facciamo non siano altro che mere convenzioni.

Altra cosa sono quegli scherzi della natura che crescendo, per scompensi endocrini, non fanno la muta della voce, e mantengono così anche da adulti la voce bianca. Ma qui si parla di malattie, non possiamo trarre la regola da queste rare eccezioni.

Io la faccenda dei controtenori/falsettisti l'ho sempre pensata e capita a questo modo. Diverso ovviamente è il significato che la figura del controtenore assume storicamente nel periodo rinascimentale. Ma io faccio riferimento a cosa OGGI i 'controtenori' sono e fanno.

Correggetemi se trovate che abbia torto.

Saluti,
Francesco

Gilbert-Louis Duprez ha detto...

Una piccola precisazione a Immenso Ftha: non vorrei che nella sua classificazione, Lei finisse per confondere la voce di controtenore con l'haute-contre...ossia un tenore dalla voce acutissima, in uso nel periodo barocco in Francia (ove i castrati - e quindi gli eventuali e sostitutivi mezzosoprani/contralti en travesti - non venivano utilizzati). Oggi per controtenore si intende il falsettista tout court...ossia il surrogato di un castrato. Confondere le due voci è peccato non veniale, giacchè la prima è estensione naturale di una corda già esistente (e per cui sono stati composti ruoli anche importanti: tra tutti l'Orphée et Euridice di Gluck), la seconda un escamotage, un artificio fondato su emissione innaturale e con evidenti e oggettivi problemi di compatibilità con qualsivoglia scrittura non espressamente prevista per tale voce. Quianto ai ruoli espressamente scritti per falsettista, essi si riducono a pochissime parti in un paio di oratori di Handel (il quale non faceva mistero di detestare tali voci), ed in alcuni ruoli del periodo prebarocco. Ergo il loro "sbarco" in ruoli scritti per castrati, o peggio, espressamente composti per mezzosoprani/contralti donne (come spesso certi "cialtroni baroccari" ci hanno servito), è un arbitrio bello e buono... A volte gradevole (come il caso di Fagioli), più spesso osceno...

Lele B. ha detto...

Mio Dio, cosa mi tocca leggere.

Anonimo ha detto...

Duprez... Fagioli gradevole?!?!?! Non ho parole... l'ho già detto e lo ripeto, piuttosto che Fagioli, meglio addirittura Scholl.

Tra le parti scritte per falsettisti annovererei anche oratori e cantate sacre bachiane. Nella Germania di Bach, perlomeno nei luoghi dove lui visse e lavorò (Turingia, Sassonia), le donne non erano ammesse nelle cantorie delle chiese (è famoso l'aneddoto che racconta come Bach ad Arnstad o a Mulhausen, non ricordo, fosse stato ripreso dal borgomastro per aver introdotto una fanciulla nella cantoria...). I suoi cori e le sue arie solistiche erano eseguite, a quanto ne so, da giovani studenti, chi con voce bianca e chi no, e appunto anche dai falsettisti. Ad esempio, mi risulta che il padrone di casa di Bach, un certo Weldig, fosse proprio un falsettista che cantava nella cappella di corte di Weimar (il famoso Himmelsburg), cappella per la quale Bach lavorò prima come organista e poi come Konzertmeister, componendo ogni mese diverse cantate (se le interessa la fonte è il libro di Wolf).

Comunque sia... Fagioli gradevole... insomma, solo a me fa venire il mal di pancia?? Mi mettete in crisi, mi fate dubitare delle mie orecchie voi Grisini!

Un saluto, e mi scusi Duprez se le sembro irruente.

Francesco

Semolino ha detto...

In epoca rinascimentale si faceva la differenza fra il sopranista nautale e il sopranista artificiale così come fra il contraltista naturale e quello artificiale. Il mezzosopranista non esisteva poichè la differenza era fra soprano e contralto. Il mezzosoprano nasce colla fine dell'ottocento e l'ultimo Verdi, così come il baritono nasce con Donizetti.

Erano definiti naturali quando erano castrati poichè possedevano naturalmente il registro acuto. Venivano considerati artificiali coloro che non avendo subito l'operazione dovevano utilizzare il falsetto o voce di testa pura per realizzare il registro acuto. I falsettisti imperversarono nei cori delle Cappelle e delle Chiese, mai nel teatro d'opera, finché non arrivarono i castrati. E si giunse a tale atrocità proprio per disfarsi degli orribili falsettisti la cui vocalità era diventata invisa e insopportabile alle orecchie degli intenditori dell'epoca (come lo è a quelli di oggi!). Basterebbe leggere cosa ne pensavano Monteverdi, Caccini e il Della Valle (solo per citarne tre fra le personalità più famose dell'epoca) dei falsettisti per rendersi conto che il loro uso da parte dei baroccari non solo è un falso storico ma è anche un insulto all'arte del canto e alla volontà stessa degli autori, poichè il vero canto si basa sulla fusione dei registri di petto e di testa e poichè il falsettista non opera la fusione della vera voce mista, fusione petto-testa, dal loro modo di cantare, come disse il Caccini "non può nascere vero canto" e questo basta per chiudere tutte le inutili diatribe e pretese sul canto falsettaro, l'argomento falsettisti è chiuso : che se ne vadano fuori dalle scatole, che se ne vadano a scheccare altrove!!!

E ora passiamo alla terminologia :

In Francia si definiva haute-contre quel tipo di voce maschile che in Italia veniva chiamata tenore contraltino, tenore contraltino era il Rubini e Nourrit era definito come haute-contre. Ambedue usavano la voce mista e mai la voce di testa pura cioè il falsetto poichè gia il De Bacilly, nel suo trattato di canto del 1679, definiva il falsetto come una cosa da evitare perchè esecrabile. Nonostante questo i baroccari francesi abbondano di falsettisti! altro falso storico!

In Inghilterra il tenore contraltino veniva chiamato countertenor che col falsettista nemmeno lui c'entrava niente essendo semplicemte il termine inglese con cui veniva definita la voce del tenore contraltino.

Il termine italiano di controtenore, in francese contreténor, è la traduzione della parola inglese countertenor ed è stata appliccata impropriamente dai primi baroccari a coloro che cantavano in falsetto.
Quindi i controtenori di oggi niente hanno a che vedere col countertenor della musica elisabettiana o del barocco inglese, dovrebbero essere solo chiamati col loro nome : falsettisti punto e basta.

Immenso Ftha ha detto...

sono pienamente d'accordo...
ma quei controtenori veri non falsettisti che fanno i contralti usando la loro voce di contraltino naturale come li chiamiamo allora se controtenori sono i falsettisti?

è qui l'inghippo..

Semolino ha detto...

In risposta a Immenso Ftha :
un tenore contraltino dovrebbe emettere senza problemi almeno il fa sopracuto e senza ricorrere al falsetto. Mi pare che un tenore contraltino è stato Matteuzzi, lo è stato anche Morino. Oggi penso che nessun tenore sia in grado di emettere il Fa sopracuto senza ricorrere al falsetto cioè la voce di testa pura. Comunque Matteuzzi e Morino erano definiti tenori punto e basta. Quale comopositore dopo Bellini compose ancora sopracuti per il tenore? Il tenore contraltino come la haute-contre e il countertenor sparirono.
Lauri-Volpi penso fosse un contraltino. La critica definì persino il giovane Pavarotti contraltino, ma in realtà non lo era poichè nei Puritani colla Sutherland esegue il fa sopracuto ricorrendo ad un ridicolissimo falsetto. I pochi contraltini del novecento erano semplicemnte definiti come tenori.

Gilbert-Louis Duprez ha detto...

Le parole di Semolino, credo, possono definire una volta per tutte l'affaire dei falsettisti ed il loro arbitrario uso (rectius, abuso) nell'odierna pratica "baroccara". Circa la terminologia, è evidente come il "controtenore" di oggi sia in realtà un falettista puro e semplice e nulla ha a che fare con il countertenor o l'haute-contre... Gli attuali controtenori (pur erroneamente così chiamati) cantano ruoli NON scritti per loro: ossia ruoli per castrati o - ancora peggio - ruoli per contralto o soprano donna. Tale scempio è, innanzitutto, scempio filologico...la grande truffa degli ideologi "baroccari" è quello di aver fatto credere che il loro (ab)uso, au contraire, sia il massimo della filologia applicata al barocco. Per tacere, poi, della sgradevolezza di tali voci e della trasformazione - nel loro malcanto - delle più sublimi e ardite melodi di Handel, ad esempio, in ridicoli solfeggi...
Del resto, Immenso Ftha, se il controtenore fosse voce naturale (e corrispondente all'haute-contre o al countertenor o al tenore contraltino), perchè non affronta ruoli sclritti per tali voci come Arturo dei Puritani? Sarebbe assurdo...è evidente. Questo fa crollare la classificazione di voci che comprende i surrogati.

Gilbert-Louis Duprez ha detto...

Per Semolino: non c'entra nulla col discorso, ma quel FA nei Puritani con la Sutherland è abbastanza ridicolo (pur in un'esecuzione per il resto di riferimento). Più brutto, però è quello di Gedda con la Sills. Devo dire che il migliore FA sopracuto dei Puritani resta, a mio giudizio, quello di Kunde...intorno alla prima metà degli anni '90 (così come quell'altro prodigio che è la cabaletta della cavatina del Bianca e Fernando)

Immenso Ftha ha detto...

io trovo che quello di gedda sia meraviglioso

Anonimo ha detto...

Devo correggere Semolino:
Il Garcia riporta per il tenore contraltino:
re2-do4 di petto
re3-do#4 di falsetto
re4-fa# di testa
a cui bisogna apporre la lettura moderna dei registri del Garcia!

Anonimo ha detto...

Scrivo un commento sul tema caldo dei “Castrati&Falsettisti” in seguito alla lettura di un articolo su www.handel.it. Il rimando http://www.haendel.it/interpreti/falsettisti.htm.


Innanzitutto, definiamo i termini falsettista, controtenore, sopranista e contraltista.

Il falsettista è un cantante di genere maschile che utilizza la voce di testa o falsetto per cantare (accetto i due termini come sinonimi per il canto antico). Questi erano utilizzati nelle cantorie delle Chiese in seguito al monito paolino “Mulieres in Ecclesiis taceant” e quindi soprattutto utilizzati a Roma nella Cappella Pontificia nel secolo XVI sennonché con l’ammissione - “per la gloria di Dio” - dei castrati Rosini e Folignato ad opera di Clemente VIII nel 1599, i primi si chiamarono “falsettisti artificiali” ad i secondi “falsettisti naturali” (impropriamente). Col tempo, i falsettisti artificiali soprani furono sostituiti dai castrati soprani, mentre i falsettisti artificiali contralti rimasero fino alla fine del secolo XVII poi sostituiti dai castrati contralti.

Il termine controtenore nasce dai “glee composers”, compositori di musiche vocali per falsettisti maschi, famosi in Gran Bretagna nel secolo XVIII. Il termine risulterebbe improprio per indicare il falsettista artificiale, considerando che il Garcia identifica il controtenore con il tenore contraltino, ma alla definizione del cantante inglese Alfred Deller quale controtenore da parte di un critico (il cantante si considerava un “alto”), per estensione si considerano sinonimi odiernamente,

I termini sopranista e contraltista sono le due classi vocali, alle quali si dovrebbe aggiungere il termine “mezzo sopranista” per indicare alcuni falsettisti odierni.

Per ultimo, il castrato o musico in ambiente musicale era un uomo che in tenera età aveva subito castrazione per motivi artistici. Comprovata una certa attitudine alla musica, i pueri selezionati nelle cantorie venivano castrati dai 7 ai 12 anni come età estreme, e preferibilmente dagli 8 ai 10 anni, attraverso una operazione chirurgica che consisteva nell’asportazione totale dei testicoli e che avveniva in condizioni igieniche precarie, con una mortalità varia dal 10% all’80%, ed in seguito ad operazioni male eseguite (asportazione di un solo testicolo, presenza di un terzo testicolo, testicoli retrattili) si poteva incorrere nel parziale sviluppo e perdita della voce peculiare del castrato. Una prima differenza fisiologica tra un castrato ed un falsettista artificiale è quindi palese.

Anonimo ha detto...

Nell’articolo citato (punto 1), si pone come interessante punto il fatto che i falsettisti artificiali antichi fossero meno preparati di quelli odierni e ritengo questa affermazione abbastanza veritiera per il fatto che i primi cantavano principalmente musica corale e sacra, mentre i secondi si cimentano in un repertorio solistico e operistico. Purtroppo segue un salto brusco affermando che i tecnicamente capaci falsettisti moderni siano riusciti a ricreare ed avvicinarsi alla voce dei castrati, affermazione molto ardita sia per caratteristiche tecniche sia per caratteristiche espressive: i castrati erano dotati di corde vocali piccole (il femminile) e ampia cassa toracica (il maschile), con grande potenza respiratoria dovuta alla natura ed all’esercizio e le proprietà derivanti di leggerezza, duttilità, brillantezza e forza. Cantavano in registro di petto nella zona in cui le donne cantano già di testa e ciò permetteva loro di usare le risonanze toraciche, per poi salire con facilità oltre il passaggio all’acuto. Tutte queste differenze con la voce di testa o falsetto utilizzate dai moderni falsettisti rende chiaro che questi possono dare una idea del brano, ma non univocamente possono dare un esempio di tecnica. Senza contare i limiti espressivi della voce di testa dei falsettisti moderni che gli amministratori del Corriere hanno spesso riportato: suoni spesso fissi, messe di voce inesistenti in acuto, scarsa capacità e risonanza nella tessitura basse, pronuncia non sempre discernibile, senza contare i limiti timbrici di ogni cantante. Inoltre, la caratteristica per cui i castrati erano musicalmente più competenti rispetto alle altre voci sia antiche sia odierne (in generale) non è solo amputabile al fatto che iniziassero la loro educazione musicale da bambini, ma anche al rigore e alla disciplina appresi negli anni di studio nel conservatorio e sopratutto alla loro posizione sociale in carriera, che li vedeva ritenuti degli dei sul palco e dei “mostri” nella vita quotidiana, portando in generale a riversare completamente la loro vita nella musica.

Anonimo ha detto...

Nei punti successivi dell’articolo, si affrontano delle criticità sulla rappresentazione dell’opera barocca.

Primo (punti 3-4): la differenza che doveva esserci tra i diversi piani timbrici delle parti per castrato e per donna, chiaramente riconoscibili. Personalmente non saprei come risolvere questo punto perché da un parte c’è la monotonia di un cast totalmente femminile e dall’altra la parziale inadeguatezza tecnica ed espressiva dei falsettisti moderni nelle parti per castrato, che non possono che dare una idea dimidiata.

Secondo (punto 5): la presenza scenica del castrato, più alto e quindi meglio assimilabile al ruolo maschile. Personalmente, ho trovato pretestuosa tale considerazione e perché la presenza poteva variare a seconda del ruolo (maschile o femminile) affidato al castrato, e perché non pochi castrati avevano presenza, movimenti e gesti elefantiache sulla scena.

Terzo (punto 7): la meraviglia inusuale della voce del castrato può essere paragonata alla meraviglia inusuale della voce del falsettista odierno. Devo ammettere che la meraviglia è un buon argomento se non fosse che certi falsettisti moderni (vedere Christofellis e Manzotti) mi meravigliano oltremodo negativamente per l’asprezza e disomogeneità della voce.

Anonimo ha detto...

Seguono tre casi molto interessanti di falsettisti artificiali nella storia, esempi avvocati come riprova al fatto che un falsettista possa equipararsi ad un castrato:

Primo (punto8): la testimonianza di Domenico Mancini, falsettista artificiale, allievo del Moreschi, rifiutato nel corpo del coro della Cappella Sistina da Perosi poiché creduto da quest’ultimo castrato (si deve a Perosi e alla sua questione morale l’abolizione dei castrati nella Cappella Sistina per motu proprio di Leone XIII).

Propongo un’intervista fattagli negli anni ’50, ripresa in un articolo del Fussi da www.voceartistica.it/home.php?Lang=it&Item=Castrati:

“Da bambino avendo una buona voce, cantavo in chiesa a Civitacastellana. Una zia che era a Roma, venendo per le feste, ascoltandomi disse che avevo una bella voce. A Roma andava a messa a S. Pietro, e vedendo tutti quei cantori, avvicinò Moreschi, prese appuntamento e lui mi ascoltò e mi disse che con una preparazione mi avrebbe fatto portare alla scuola del maestro Perosi. Mi iniziò a dare delle lezioni, lui cantava e io dovevo imitarlo. […] Io lo imitavo con la voce perché, non avendo fatto il cambiamento della voce cantavo come lui di petto e poi prendevo la voce di testa (sempre in registro pieno). Ma poi sui quattordici anni si prende la voce da uomo e allora cantando come i falsettisti ho cominciato a prendere la voce di testa (il falsetto rinforzato stavolta), che tutti noi uomini abbiamo. Naturalmente bisogna esercitarla perché è una voce che si fa per esercizio, e con la musicalità; bisogna essere musicali per poterla adoperare. Perosi non mi volle nella scuola perché avevo studiato con Moreschi, e per questo pensava che io fossi castrato, e allora non mi volle perché era venuto il motu proprio che eliminava le voci dei castrati dai cori. Quelli che c’erano, erano tenuti ad esaurimento e maturazione della pensione, ma i giovani non venivano ammessi. Perosi, siccome cantavo nel modo di Moreschi, ebbe l’impressione che io fossi di quelle voci là, e allora mi mise a S.Salvatore in Lauro. Quella del Moreschi era una voce di soprano, di vero soprano, che si differenzia da tutte le altre in quanto voce naturale che canta tutto di petto, poi quando va in acuto prende la voce di testa, e allora si sente il cambiamento della voce dal petto a quella della testa, è come se fosse un tenore che dal mi bemolle passa alla testa. La tecnica era quella dei cantanti dell’epoca d’oro. Moreschi era stato a contatto dei grandi maestri di canto della sua epoca, un Mustafà, che è stato un grande cantante e maestro, o il Sebastianelli, nella Cappella Giulia e poi alla Sistina, che era un soprano acuto. Tra questi cantanti c’erano anche quelli che avevano l’”acutezza” del suono, potevano arrivare anche sino al do e oltre. Moreschi arrivava bene al si bemolle, ma era una voce grassa”.

La critica a questo primo esempio è che Moreschi non poteva avere la tecnica dei castrati del secolo XVIII per un motivo temporale: l’ultimo grande castrato ad esibirsi in scena è stato il Velluti, ritiratosi nel 1830, ma già dagli inizi del secolo tutti i grandi avevano abbandonato; considerando che il Mustafà venne castrato tra il 1835-1837, e il futuro allievo Moreschi nel 1865, e che entrambi si riversarono in ambito ecclesiastico (alla Cappella Sistina), lo studio e le esigenze tecniche e di repertorio dovevano essere diverse dal periodo d’oro.

Anonimo ha detto...

Secondo (punto 9): il caso William Savage che cantò gli handeliani “Faramondo” e “Giustino” nel 1736 quale boy soprano, “Israel in Egypt” nel 1739 come alto, “Imeneo” e “Deidima” nel 1740 come basso (“powerful and not unpleasent” come riferisce un critico).

La critica a questo primo esempio è temporale: se si considera che il Savage nacque nel 1720, presterei molta attenzione all’arco temporale (16-19 anni) che per un basso è molto importante!

Risulta comunque indubbio che Gran Bretagna si utilizzassero i falsettisti artificiali al tempo di Handel ed oltre: alla sua commemorazione nel 1784 si utilizzò un coro con 45 altos (countertenors); ma si parla sempre di canto corale e non solistico.

Terzo caso (punto 10): il caso Balani, finto castrato.

Nato con lo scroto vuoto in seguito a testicoli retrattili e considerato per questo castrato naturale, ricevette un educazione musicale da sopranista. Diventato celebre sulla scena, un giorno i suoi testicoli discesero nello scroto a seguito del notevole sforzo fisico durante l’esecuzione di difficili vocalizzi. Si disse che perse la voce e rinunciò alla carriera del cantante.

La critica a questo esempio non può essere che parziale, in quanto il caso pone tanti problemi in merito: innanzitutto l’età del cantante quando avvenne il fatto (si può supporre ad un prepubertà avanzata); si potrebbe supporre che dotato di una buona voce acuta, avesse sfruttato appieno il registro di testa e fuso bene i registri. Meriterebbe un serio approfondimento, anche se sarebbe frettoloso poter affermare dall’esempio del Balani i falsettisti moderni possano eguagliare i castrati, sia per la formazione che il Balani ebbe sia perché in 300 anni di cantanti castrati è l’unico esempio riportato.

Anonimo ha detto...

Nell’ultimo punto dell’articolo (punto 12), si affronta la questione dei falsettisti moderni come eredi dei castrati ma a questo punto farò un esempio architettonico che rende bene il rapporto tra i due:

alla fine dell’Ottocento, in America si costruivano i grattacieli con la struttura portante di ferro, quindi un sistema moderno, leggero ed innovativo, e tutte le chiusure esterne e le parti decorative ad imitazione dei vecchi palazzi rinascimentali e barocchi, quindi ad esemplificare un sistema antico, pesante e storico.

Stessa cosa si ravvisa oggi negli edifici con struttura portanti in acciaio che vengano chiuse con elementi lapidei. Cosa nasce da tutto questo: una mistificazione, ossia una incoerenza ed una finzione logica e strutturale.

Lo stesso a mio avviso vale per i falsettisti artificiali riversati nel repertorio operistico e solistico: una mistificazione.


Questo commento vuole chiaramente essere un apporto costruttivo alla diatriba falsettisti-castrati nell’opera, in quanto ancora si aspetta uno studio serio e scientifico sulla questione, al quale pochi (e fuori dall’ambiente concertistico) sembrano interessarsi.

silvio ha detto...

Caro Francesco, anch'io trasecolo davanti alla pur tiepida approvazione riservata al signor Fagioi. Sceglierei nettamente il male migliore, ovvero Oberlin che anche tu proponevi, che per lo meno cerca di infierire un po' meno su Handel e dimostra di saper emettere suoni più gradevoli, se non perfetti.
Ho venticinque anni ma non ne farei una questione d'età, anche il caro Brunini immagino non sposerebbe la causa del Cecilio Bartolo in questione.
Sulla voce di castrato s'è disquisito molto ma penso sarebbe opportuno citare le uniche registrazioni disponibili di un tardo esponente, è vero, e neppur troppo opulento artisticamente, ma che da un'idea abbastanza convincente di come si dovesse comportare quel tipo di voce, specie in zona medio-alta, ovvero lì dove le incisioni di Moreschi suonano più interessanti.