domenica 22 maggio 2011

Lucia alla Fenice di Venezia

Accade, talvolta, che quelli del Corriere della Grisi partano sperando di assistere ad uno spettacolo interessante e contrariamente alle dicerie, che li circondano tornino veramente soddisfatti. Veramente non significa né completamente né interamente. Significa, però, che talvolta siano ancora possibili entusiasmo e soddisfazione, tali da giustificare, ante recita, la massiccia presenza dei grisini e, post recita, il consiglio di andare ad assistere allo spettacolo.

Veramente e non completamente perché Lucia non può reggersi sulla sola coppia protagonistica. Richiede anche un valido baritono per il fratello ed antagonista, la guida direttoriale e per l’edizione integrale o quasi, pure un buon basso per Raimondo. Tutto ciò mancava o latitava. Nel dettaglio: Claudio Sgura, a parte la presenza scenica, che si riassume nel detto “altezza mezza bellezza” è verista nel gusto e, prima ancora, nella tecnica. Esibisce una voce gonfia e artificialmente scura al centro, indietro e dura negli acuti, sicchè il sol acuto della puntatura “se ti colpisse un fulmine” è piccolo ed al tempo stesso berciato, mentre la voce nei duetti e negli assieme è coperta dal suono sonoro e proiettato dei due protagonisti Jessica Pratt e Shalva Mukeria. Episodio questo particolarmente evidente alla sfida. Il paragone, a suo tempo fonte di polemica altrove con Domenico Viglione Borghese è offensivo per il defunto baritono piemontese, indiscusso interprete del verismo ed al tempo stesso documentato esempio di canto sul fiato e, quindi, di grandeur e aulicità, che mancano al Lord ( e non compare!) Enrico veneziano.
Ancor più censurabile la direzione di Antonino Fogliani: gesto costantemente confuso, incapacità di creare atmosfere, proponendo ora sonorità pesanti e fragorose (sfida e concertato delle nozze, massime) o, peggio ancora, marcette paesane come all’attacco di “spargi d'amaro pianto” che ha provocato l’ilarità di un nutrito gruppo di giovani ascoltatori a me prossimi. Antonino Fogliani, poi, viene pervicacemente e ostinatamente applicato al repertorio belcantistico e protoromantico. Mi sfugge la ragione perché ai difetti sopra detti aggiungerei che manca e di cognizione filologica e di capacità di concertare lo spettacolo. Almeno, tanto per riprendere un’antica polemica l’ultima qualità non mancava ai direttori tipo Serafin, Votto, Santini, additati quali nemici del melodramma belcantistico e protoromantico.
Esemplifico limiti del filologo: nel momento in cui si esegue il da capo della cabaletta di Enrico non c’è motivo e di tagliarne le cosiddette code o di omettere varianti. Allora è più coerente l’esecuzione di una sola strofa. Non è migliore, preciso è coerente.
Ancora limiti del concertatore: davanti ad un esecutore di Raimondo, che infarcisce di varianti il da capo di “al ben dei tuoi” ricavandone solo suoni malfermi e in odore di stecca l’autentico concertatore deve intervenire con opportuni accomodi, altrimenti il taglio riaperto, affidato ad un cantante di limitata ampiezza e sonorità, si riduce ad un’aria del sorbetto da titolo comico di Rossini. Il concertatore sostiene e soccorre i cantanti, non li affossa!
Sono Shalva Mukeria e Jessica Pratt, che sostengono e suffragano il “veramente soddisfatti”. E date la riconosciute difficoltà delle parti non è poco. Anzi! Non solo talvolta vi sono cantanti che invitano a riflettere ben oltre l’esito della recita, come accade per Mukeria.
La voce del tenore georgiano è limitata quanto a dote naturale, con opacità nella zona grave e talora evidenzia l’artificio del passaggio di registro superiore, come accadeva, fra i cantanti sentiti dal vivo con Alfredo Kraus e come documentano i primi cinquant’anni di registrazioni fonografiche. Al pari di tutti questi cantanti Mukeria controlla alla perfezione la respirazione ed esegue correttamente il passaggio di registro, che della corretta respirazione è la logica e fisiologica conseguenza sicché una voce in natura modesta si espande e sale con irrisoria facilità particolarmente nella scomoda zona del passaggio dove l’eroe romantico è chiamato a fraseggiare. E allora abbiamo ascoltato un “verranno a te sull’aure” morbido e sicuro, una spavalda irruzione di Edgardo alla scena del matrimonio, l’autentica esplosione nella maledizione, una sfida proterva, dove la voce di Mukeria sovrastava quella in natura assai più dotata dell’antagonista. Infine una scena finale dove frasi come “io della morte”, che eleva il suono sino al si bem, il “rispetta almen le ceneri” il “ di chi moria per te” sino al “bell’alma innamorata” sono state risolte sempre con un suono librato sul fiato, controllato e calibrato. Assolutamente di altri tempi. Quei tempi che documentano universalmente diffuso un controllo ed un possesso tecnico, oggi dimenticati, e nei cantanti e nella cognizione del pubblico, disabituato a percepire il suono professionale e per questo pronto a facilonerie e partigianeria. Un solo appunto alla prestazione: una maggior varietà di colori al cantabile “fra poco a me ricovero” farebbero di questo Edgardo non solo un unicum nel deserto attuale del canto e del gusto, ma una realizzazione del personaggio di assoluto rilievo. Non credo che Mukeria abbia problemi ad essere sentito anche sonorità più ridotte, come ha documentato in recita un “ah Lucia” detto a mezza voce e sonorissimo in tutto il teatro.
Anche Jessica Pratt è cantante, che ragiona ed agisce come i cantanti delle generazioni che l’hanno preceduta, tanto che la sua Lucia per nulla bambola, ma solo debole intimamente ha saputo aumentare le invenzioni coloristiche e le risoluzioni vocali sicchè oggi le manca poco per ricoprire il ruolo che, nei teatri italiani, è stato di Mariella Devia. Il suono appare al centro ed in zona grave di limitato volume, ma tondo e ben emesso alla sortita, segue un “verranno a te sull’aure” alitato e sognante e nella chiusa di questo duetto la robusta Lucia, annessasi la linea vocale di Edgardo, interpola un mi bem 5 squillante e lucente. Una di quelle uscite, che, un tempo, avrebbero fatto scattare ex abrupto l’applauso del pubblico. Nel duetto con Enrico la Pratt è dolente e sfumata a conferma di una cresciuta attenzione interpretativa ed alla prima sezione “il pallor funesto” esegue anche le agilità cromatiche, che vanno perfezionate se oltre che Lucia di rilievo miss Pratt vuole essere una belcantista di assoluto riferimento. La stessa perfezionistica attenzione meritano la agilità in moto discendente della cabaletta della pazzia.
Più volte abbiamo detto che la cadenza di Paolantonio, scritta per la Toti e benedetta dalla Maria, è per soprani coccodè nel senso deteriore del termine. Jessica Pratt l’ha anche eseguita bene, ma per lei ci vuole altro. E quindi le dedichiamo l’ascolto. A lei l’ascolto. Ai nostri detrattori, già attivissimi nel denigrare i cantanti che stimiamo, con il solo stupido fine di denigrare noi, la cui persona conta niente l’augurio di onestà nell’ascolto e l’auspicio di una replica sensata e congrua.

Cedo la parola alla mia cara collega Giuditta, donna dai 4 alfabeti:

20 მაისს ვენეციის ლა ფენიჩეს თეატრში შედგა დონიცეტის “ლუჩია დი ლამერმურის“ პრემიერა. დღევანდელ დღეს ევროპულ თუ ამერიკულ, დიდ თუ პატარა საოპერო აფიშებზე ქართული სახელების ამოკითხვა აღარ არის არაჩვეულებრივი მოვლენა. ამდენად, გუშინდელი “ლუჩიას“ განსაკუთრებულობაც მდგომარეობდა არა იმ გარემოებაში, რომ ედგარდოს როლს ასრულებდა ქართველი ტენორი შალვა მუქერია, არამედ იმ ფაქტში, რომ, უცნობ, ცნობილ, ვარსკვლავ და მეგა-ვარსკვლავ თანამემამულე მომღერლებს შორის, ეს ქართველი ტენორი ისეთ ვოკალურ სიმაღლეზე დგას, როგორსაც ვერც რომელიმე სხვა ქართველი მომღერალი მიუახლოვდება და - ვერც რომელიმე სხვა თანამედროვე ლირიული ტენორი. შალვა მუქერია, შეიძლება ითქვას, დღეს ერთადერთი და უკანასკნელი წარმომადგენელია ჭეშმარიტად ბელკანტოსეული, რომანტიკული ტენორის კატეგორიის.
მას ნამდვილად არ აქვს დამადლებული განსაკუთრებული ტემბრალური სიმდიდრით, ფართო დიაპაზონითა და სიმძლავრით გამორჩეული ინსტრუმენტი. მაგრამ სწორედ ამიტომაა დასაფასებელი მისი ტექნიკური მზაობა და დიდი გამომსახველობითი უნარი. დღეს ბატონი მუქერია ერთადერთი ტენორია, რომელიც ფლობს იტალიური სკოლის იმ ძველთაძველ და უმთავრეს საიდუმლოს, რაც ხმის პროექციის ტექნიკაა. ამაში მისი ბადალი დღეს მხოლოდ სოპრანოს რეპერტუარში-ღა თუ მოიძებნება არც თუ ახალგაზრდა მარიელა დევიას და ედიტა გრუბეროვას სახით, რომლებიც, მიუხედავად ბუნებით პატარა ხმებისა, ახერხებენ ბევრად უკეთ ჟღერდნენ დიდი ზომის თეატრებშიც კი, ვიდრე ნებისმიერი სხვა მომღერალი, რომელიც უფრო მდიდარი ინსტრუმენტის პატრონია. შალვა მუქერიას სიმღერა ადასტურებს, რომ ამ აკუსტიკური მოვლენის, საბოლოო ჯამში, უმარტივესი, მაგრამ დღეს მეტწილად დავიწყებული მიზეზი სუნთქვის განვითარებული ტექნიკაა. ქართველი ტენორის ყოველი ბგერა დაფუძნებულია მყარ სუნთქვის სისტემაზე, რისი მეშვეობითაც ისედაც“წინ“ ნაფიქრი ბგერა სრულიად თავისუფლად მოძრაობს დარბაზის ყველაზე ღრმა კუნჭულშიც კი.
შალვა მუქერია იმიტომაცაა უმაღლესი დონის ხელოვანი, რომ, გარდა ზემოხსენებული წმინდა ტექნიკური ოსტატობისა, იგი დიდი მუსიკალურობით ავსებს და ნათელ საზრისს სძენს თითოეულ ფრაზას და ედგარდოსგან ქმნის ვოკალურად დასრულებულ, ძლიერი გამომსახველობის პერსონაჟს. ვოკალური ხელოვნების ამ ორი საფუძველმდებარე ელემენტის გაერთიანების გამოა, რომ წარმოდგენის ბოლოს პირადად მას იშვიათი სიუხვის ოვაცია ერგო. და ამაში ვგულისხმობთ არა იმ ინდიფერენტულ ენთუზიაზმს, რომლითაც დღეს თითქმის ყველანაირი დონის შესრულებას ეგებებიან საოპერო თეატრებში, არამედ იმ უჩვეულო ჟღერადობის ხმაურს, რომელშიც დიდია სწორედ კომპეტენტური, მელომანი მსმენელის ცხადი პოზიტიური განაჩენის და აღფრთოვანების წილი. შალვა მუქერიას ფენომენი კიდევ ერთხელ ადასტურებს იმ ჰიპოთეზის სისწორეს, რომ კარგი მომღერლობისთვის, განსაკუთრებით კი, კარგი ბელკანტისტობისთვის, არ კმარა მდიდარი ხმა ან, უფრო მეტიც, რომ მატერიალური ხმა შეიძლება სიღარიბის უდაბლეს ზღვარსაც უახლოვდებოდეს. შალვა მუქერიას სიმღერა არის ნაფიქრი სიმღერა და (ალფრედო კრაუსის ან იგივე ტიტო სკიპას მსგავსად) - მისი მუსიკალური მგრძნობიარობისა და გამჭრიახობის გამარჯვება ბუნებრივი მონაცემების სიმწირეზე.
ქალბატონი გრიზი და მისი კურიერის დამქაშნი მადლობას უხდიან ბატონ მუქერიას იმისთვის, რომ არტუროს, ელვინოს და ტონიოს ბრწყინვალე შესრულებების შემდეგ, მან დონიცეტისეული ედგარდოს სახით კიდევ ერთხელ დაამტკიცა მისი, როგორც მომღერლის, უნიკალური სტატუსი და ღირებულება დღევანდელ საოპერო სივრცეში.

Giuditta Pasta


Gli ascolti


Donizetti - Lucia di Lammermoor

Atto I

Sulla tomba che rinserra - Hermann Jadlowker & Frieda Hempel (1908)

Atto III

Del ciel clemente un riso - Marcella Sembrich (1906), Maria Ivogün (1917), Amelita Galli-Curci (1917)

Tombe degli avi miei...Fra poco a me ricovero - Francesco Marconi (1908)


Verdi - Rigoletto

Atto II

Cortigiani, vil razza dannata - Domenico Viglione Borghese (1924)




17 commenti:

Giambattista Mancini ha detto...

Ero anche io in sala venerdì e concordo con la recensione di Donzelli per quanto riguarda direttore, baritono, basso (?) e tenore. Il soprano Jessica Pratt invece a mio giudizio non ha saputo eguagliare il livello del collega Mukeria. Parlo soprattutto di imposto vocale, sonorità e fermezza della voce, morbidezza, legato... Nel duetto con Enrico le voci di soprano e baritono erano entrambe confinate sul palco, lontane e piccole, e non trovo affatto che quella del soprano svettasse. Non si contano poi i suoni malfermi puntuti e stridenti che le mie orecchie hanno dovuto sopportare nel corso della serata, per non parlare poi di questa cattiva abitudine di abusare della messa di voce per attaccare le note acute... è un manierismo che non sopporto!

Insomma, se sono uscito soddisfatto dal teatro è solo grazie a Mukeria. E onestamente, penso che la Pratt prima di avvicinarsi al livello di una Devia di strada debba farne ancora molta. Una sufficienza per il rotto della cuffia, questo è il voto che le do. Un otto rotondo invece a Mukeria. Gli altri, cambino mestiere per cortesia.

mozart2006 ha detto...

Molto sofisticata ma forse troppo elitaria l´idea della recensione in georgiano. Suggerisco a Giuditta di scrivere la prossima in gotico!

Giulia Grisi ha detto...

Bene.
dopo il commento di Mancini è provato che non siamo un gruppo di fan.

silvio ha detto...

anch'io ero in sala venerdì e concordo su tutto. Anch'io sarei però un po' più severo con la Pratt che almeno durante tutto il primo atto è stata quasi inaudibile (dalla galleria) nei centri e nei gravi. Svettavano solo gli acuti, ed è stato magnifico e sognante il duetto con Edgardo, ma un po' poco... (anche perchè qualche trillo troppo roccioso e qualche problema di eccessiva durezza nell'aggredire la coloratura s'è percepito) Il secondo atto invece è stato splendido, una scena della pazzia di tutto rispetto, nonostante la cadenza sbagliata per lei ha saputo sconvolgere e rapire.... quanto a Mukeria, è stato molto bravo ma nel primo atto anche lui sembrava si trattenesse, accentava poco, suonava distante e quasi alla retroguardia... non capisco il senso di restaurare il duetto Enrico Edgardo al secondo atto, con un suono orchestrale del genere e l'orrore di Sgura davvero sarebbe stato meglio evitare.... Fogliani inqualificabile, l'orchestra sembrava una controfigura (suoni stinti, archi impastati, attacchi vaghi.... Di Mirko Palazzi sottolinerei però le intenzioni eleganti e l'emissione non stomacale, per quanto non sia un vero basso, sono cose d'altri tempi....

Elena ha detto...

Dico la mia: sono stata all'antegenerale, in terza fila della platea, ed effettivamente (le mie registrazioni me l'hanno confermato) a inizio primo atto la Pratt non si sentiva granché. Poi è stato un crescendo, fino alla scena di pazzia accolta da un'ovazione (e se la meritava tutta).
Mukeria per tutta la recita mi ha ricordato nello stile vocale un altro cantante (ma non sono riuscita a individuarlo, nella mia ignoranza), musicalmente bravo e corretto però vocalmente un po' tirato nel finale e in generale "poco Edgardo", non mi era sembrato molto credibile come personaggio.
Sgura probabilmente era la prima volta che lo sentivo dal vivo, ricordavo quanto era stato scritto di lui qui ma non mi è dispiaciuto, anche se il personaggio era troppo caricato.

Immagino comunque che muoversi in uno spazio completamente vuoto non abbia aiutato, la regia era inevitabilmente molto statica.
Per scenografia e costumi, rimando alle mie foto del curtain call: http://www.flickr.com/photos/xalira/sets/72157626752035554/

Sulla direzione dico solamente che al primo atto (dell'antegenerale!) a un certo punto sono andati tutti fuori tempo rispetto all'orchestra, e i cantanti sembravano guardare spesso verso il direttore, piuttosto spaesati...

L'opera verrà trasmessa anche al cinema il 24 maggio: http://notizie.virgilio.it/notizie/cronaca/2011/05_maggio/20/lirica_dalla_fenice_lucia_di_lammermoor_in_diretta_nei_cinema,29699270.html?pmk=rss

Anonimo ha detto...

Leggerei con piacere una recensione in cinese, lingua che, a differenza del georgiano, domino almeno sommariamente, anche se male m'immagino come si possa rendere in cinese il gergo vocale.

Giulia Grisi ha detto...

lo faremo, magari per hui he.
l'italiano ti basti!

Giambattista Mancini ha detto...

Cari Silvio ed Elena, sono d'accordo con voi sul fatto che la Pratt abbia iniziato in sordina e sia poi cresciuta nel corso della recita. La scena della pazzia è stata più che dignitosa.

Poi bisogna dire che i cantanti non sono certo stati aiutati dalla direzione, di una pesantezza e di una rozzezza raccapriccianti. Per non parlare poi di quell'orchestra... pareva un tumulto infernale di dantesca memoria.

Ah, e aggiungo il particolare forse più terribile della serata, dopo l'osceno Enrico di Sgura: l'Alisa di Julie Mellor. Suoi sono alcuni tra i peggiori versi di gallina sgozzata di cui io abbia mai fatto esperienza.

Ancora un grande BRAVO a Mukeria, che davvero ci ha fatto sentire cosa vuol dire cantare. Forse si tratta di un unicum nel panorama tenorile odierno.

pasquale ha detto...

Mancini anche te come Semolino fai paragoni con gli animali da cortile spennati sgozzati strozzati
ah ah
Oggi la Lucia viene proiettata in diretta in molti cinema purtroppo qui a Torino niente

pasquale ha detto...

sbagliavo le proiezioni di Lucia nei cinema è domani 24 maggio,comunque per me a Torino cambia niente...

Mattia Battistini ha detto...

Caro Donzelli,
ieri c'ero anch'io...Era la prima volta che vedevo dal vivo sia la Pratt che Mukeria. Sono uscito molto contento. Concordo pienamente con l'analisi, anche del "resto". Ma il piacere di sentire CANTARE, almeno i protagonisti, ha avuto su di me il sopravvento.
E tutti e due, con le loro specifiche peculiarità, mi hanno finalmente emozionato. Lei è stata fantastica. Oltre al mezzo ed alla tecnica da vera virtuosa, mi è piaciuta l'interprete. Che, se mi posso permettere, trovo già molto matura.
Su di lui, l'eleganza della sua linea di canto, le mezzevoci, la sobrietà e la misura, ne fanno una vera eccezione per i nostri giorni. La voce, come detto da qualcuno, è vero, è piccola. Ma corre, ed è veramente ben emessa.

Sarà di certo vero che non bastano i protagonisti, ma...talvolta occorre pure accontentarsi un poco...

L'ultima Lucia vista dal vivo era stata, per me, quella al Comunale di Bologna con Meli, Rancatore etc... Fate voi il paragone...

Cari saluti, MB

Domenico Donzelli ha detto...

amara conclusione, mi pare.
ma stai tranquillo che altrove quella lucia è stata recensita come la lucia di riferimento in grado di ridicolizzare serra/gruberova-kraus anni 1983-'84 piuttosto che scotto/sutherland/sills- bergonzi/pavarotti /kraus disseminate per gli anni '60 e '70.

Marianne Brandt ha detto...

Mah, vi dirò: dopo aver ascoltato alcuni audio da youtube, a me nemmeno convince granchè. Non che canti male (anche se qua e la c'è qualche nota sporca, ma vabbé...), ma rispetto alle 2 Lucia che vidi dal vivo in questi audio c'è la metà di quello che aveva fatto non più tardi di due anni fa. Anche l'immedesimazione è meno convincente (vuoi per la bacchetta, vuoi per la regia, vuoi per la Pratt stessa). Si insomma una incarnazione "discreta".

Certo, se le alternative sono l'acida Rancatore, l'aerea Ciofi, la fuori parte e fuori stile Netrebko, gli amabili resti della Dessay con l'urlo, la discontinua Damrau, la piccola Forte, l'improponibile dalla Benetta, la "patatosa" Gutierrez, la cinguettante Peretyatko... cari miei...

Marianne Brandt

schaunard ha detto...

Buonasera amici del Corriere, sono di ritorno dalla Lucia di questo sabato pomeriggio, replica del primo cast, dove mi sono recato in compagnia di quattro amici. Concordo in toto con la vostra recensione. Shalva Mukeria è stato il vero diamante della recita, nonostante fosse partito anche stasera un po' in sordina. Jessica Pratt, nonostante l'annunciata indisposizione che ci ha fatto temere il peggio, ha dato prova di grande serietà, preparazione e sensibilità artistica. Qualche imprecisione c'è stata, ad esempio negli staccati all'unisono col flauto nella cadenza, ma va detto che il flauto in primis era ben lungi dall'essere perfetto. Entrambe le prove sono state estremamente comunicative e ben recitate, in particolare da parte della Pratt che definirei magnetica perlomeno in alcuni momenti (vedi la follia). Impressione positiva anche da parte di Leonardo Cortellazzi quale Arturo e Mirko Palazzi, entrambi a mio avviso garbati. Per Sgura si potrebbe dire "molto rumore per nulla", dato che ad urla, smorfie e ondeggiamenti della testa non corrispondeva un'effettiva espansione della voce. Anzi. Ciò che tuttavia ci ha lasciati stupiti è stata la direzione, sempre se si possa usare questo termine. Passi-anche se non so come sia possibile-la sequela di marcette, ma è intollerabile che sia stato completamente rovinato, anzi ammazzato, "verranno a te sull'aure"; ridicoli anche momenti della scena di follia quali i soli di flauto prima di "sparsa è di rose...". Il tutto chiosato da un atteggiamento sbruffone e vanaglorioso al momento dell'uscita sul palco, in risposta a buu non numerosi ma ben sonori e reiterati. Inqualificabile.
Nel complesso un pomeriggio di teatro palpitante e coinvolgente, con punte di vera commozione ed entusiasmo che ci ha portati a urlare e sentire le mani indolenzite dal tanto applaudire. Ciò che tuttavia ha fatto ancora più piacere è stato vedere come due dei componenti del nostro gruppo, mai stati all'opera prima, siano rimasti assolutamente estasiati dallo spettacolo. Si è trattato certamente del maggiore risultato che questi artisti-quelli bravi!-potessero ottenere, in quanto hanno dimostrato che il teatro d'opera è ben vivo e capace di galvanizzare e attrarre a sé nuovo pubblico, certamente a patto che lo spettacolo sia condotto con serietà e amore per l'arte.
Mi scuso per essermi dilungato e per lo stile non rifinito, ma ho preferito scrivere di getto. Grazie,
Enrico

Dorus Gras ha detto...

Salve,

c'ero anch'io in sala sabato pomeriggio e trovo che i cantanti siano stati abbastanza bravi chi piu chi meno. Fogliani terribile e si é beccato una valanga di "buh" e un "vergogna" di una signorina in stampelle che era seduta (o in piedi, a seconda) non lontano da me.
Questa signorina, quando é uscito Sgura, ha urlato "buh" (evidentemente non gli era piaciuto) ma ha borbottato un udibilissimo (sentito distintamente perché non ero lontano) "terrone".Di per se potrebbe essere una parola scherzosa, ma legata a quel "buh" é un vero e proprio insulto. Mi sono detto che magari questa persona magari conosce benissimo l'opera lirica, la storia, la teoria nei minimi dettagli é colta e interessata ma dicendo una cosa del genere dimostra di essere solo fredda, frustrata e inappagata.

Dorus Gras

Antonio Tamburini ha detto...

Degna di biasimo la spettatrice per quell'epiteto, anche perché buona parte del Gotha del canto in corda di baritono proviene dall'antico Regno delle due Sicilie. Voglio dire, chi avrebbe potuto apostrofare allo stesso modo, fra gli altri, don Pasquale Amato, Enrico celeberrimo?

Marianne Brandt ha detto...

Caro Dorus-Gras/WRossini/Roberto come ti ho risposto anche su OC devo purtroppo smentire le tue orecchie e le tue impressioni perchè c'è un video girato proprio quella sera che dimostra l'esatto contrario:

http://www.youtube.com/watch?v=iPgNuZ6dYiU

Come si sente infatti all'indirizzo di Sgura non c'è il minimo accenno alla parola "terrone" aggettivo che tutti noi, io per prima, reputiamo schifoso e che evitiamo proprio di utilizzare. Quindi la prossima volta ascolta meglio e verifica prima di arrivare a conclusioni affrettate e accusare più o meno velatamente gli altri di cose che non hanno detto o urlato e nemmeno scritto.

Marianne Brandt