venerdì 17 giugno 2011

Stagioni 2011-12, la Quaresima perpetua. Stazione dodicesima: Royal Opera House, Covent Garden


Altro feudo storico del teatro lirico internazionale, la “Royal Opera House”, meglio conosciuta, per traslazione sineddochica, come “Covent Garden”. Un teatro identificato dunque con il nome del quartiere che lo ospita. E a ragione, se proviamo a scorrerne la cronologia. Peccato che oggi, subìto il contrappasso – si risentano le ultime Aide e Adriana – in compagnia di altre scene oltreconfine, abbia assunto le fattezze di un’arena in cui si consumano i più efferati eccidi. In luogo dei gladiatori, il canto di scuola.

Se il pacchetto dei titoli è noto da tempo, la composizione dei cast per la stagione 2011-2012 non è ancora definitiva, almeno ufficialmente. I rumors in rete danno però un’idea approssimativa – oltre che lacunosa – di chi saranno gli “artisti” scritturati. Considerata la variabilità con cui il resto dei teatri – sia nostrani che non – sono soliti sorprenderci con aggiustamenti dell’ultim’ora, mi affiderò senza troppe remore alle suddette “indiscrezioni”, che con ogni probabilità saranno a breve confermate, per poi essere puntualmente riviste, e poi ancora…
Se luci e ombre si proiettano sulla triade di teatri della Parigi lirica, su Londra è buio pesto. Due i motivi. Soliti. Da una parte le poche lungimiranza e fantasia nella scelta dei titoli, tanto da spingere il pubblico melomane – senza alcun sintomo di crisi egolatrica – a sentirsi una falange di Pizie o di altre, più generali figure oracolari. Dall’altra il bacino di pescaggio dei cast e la conseguente retorica della combinazione star-systemica: un parterre di “cantanti” già visto e sentito più volte negli stessi ruoli – per la maggior parte mal interpretati – idonea giusto a negare e l’effetto propulsivo del ricambio artistico – se pur si fatica a trovarlo, almeno lo si cerchi… – e il salutare ingresso di repertori più congeniali alla diffusa minidotazione delle maestranze del palco. Riveliamo in primis le eccezioni, tali più per l’originalità della proposta che per le qualità intrinseche degli esecutori: si tratta del debutto alla Royal Opera House di Rusalka, per cui incuriosisce la direzione di Nézet-Séguin ma non il cast (Camilla Nylund e Bryan Hymel) e una nuova edizione dei Troyens (McVicar) con a capo Pappano. Grottesca, se ci affidiamo alle previsioni, la partecipazione di Jonas Kaufmann quale Enea, parte che prevede una magistrale capacità di sostegno del fiato nelle ardue salite dei pezzi più noti. Completano il cast Anna Caterina Antonacci e Eva-Maria Westbrock…
Desta più di una perplessità la presenza di Aleksandrs Antonenko in ruoli del tutto speculari alle sue peculiarità vocali, di un cabotaggio insufficiente per sostenere le tessiture di Luigi del Tabarro e soprattutto di Otello (in scena in questi giorni anche a Parigi), peraltro quando la riprova (il suo recente Cavaradossi al Piermarini), sulla carta molto più abbordabile, è sotto gli occhi – e le orecchie – di tutti. La recente esecuzione di Pappano nel verismo kaufmanniano mi porta a scommettere qualcosa in più su Otello che sul Trittico. Stessa previsione anche per Anja Harteros, più a suo agio con Puccini (nella fattispecie, Suor Angelica) che con l’ibrido Verdi di Desdemona. Per finire, ancora Eva-Maria Westbroek, che ci risparmia il suo Wagner in onor a Giorgetta.
Il cartellone prosegue una volta in più col Verdi maturo di Falstaff, con Ambrogio Maestri, uno tra i… meno convincenti baritoni italiani in circolazione – e quindi ospite fisso in Scala, laddove è riuscito nell’impresa di volgarizzare pure Canio dei Pagliacci – nel title role e Ana Maria Martinez – soprano dall’acuto ghermito – che nel giro di un paio di mesi alterna Puccini, Verdi, Rossini e Mozart manco fosse una Eleanor Steber rediviva. Sul podio, Daniele Gatti, reduce da un Falstaff di successo a Zurigo ma – a dispetto dei filosofanti e petizionari del bene in musica – da sempre incompatibile con le partiture del genio di Busseto. Nuova produzione firmata Robert Carsen.
Di nuovo Verdi, con due terzi della trilogia popolare. Per Traviata, che verrà allestita da ottobre a gennaio, è previsto un triplo cast, direttore compreso. Si alternano, nei panni dei due protagonisti: Marina Poplavskaya – che ha fatto scempio della parte lo scorso gennaio al Met nella nuova produzione di Willy Decker – e James Valenti, “specialista” mannequin dell’amoroso da grosso pubblico; Piotr Beczala e Ailyn Perez, regina dell’ingolfatura calante; e infine Anna Netrebko – in ulteriore alternanza con Ermonela Jaho, forse la meno problematica del quartetto di tisiche, seppur penalizzata da qualche ferrosità di troppo – con la stella (dalla voce) gonfiata Vittorio Grigolo. Autentici Gérmont, più per anagrafe che per attitudini vocali, Leo Nucci – finalmente in una parte meno onerosa – e Simon Keenlyside. Il terzetto di direttori è composto dal patrio Jan Latham-Koenig, Patrick Lange e Maurizio Benini, da sempre più avvezzo al melodramma romantico pre-verdiano. Si cavalca il ritorno dell’identico anche per Rigoletto, con Grigolo e la problematica – in termini di timbratura del suono – Ekaterina Siurina, mentre la bacchetta di John Eliot Gardiner non spazza certo via lo spettro di un Verdi barocchizzato.
Altra trilogia, in questo caso completa, quella dapontiana, che potrebbe essere ben riassunta con un’headline debitrice a Klimt: “Le tre età del cantante”. A fronte di un Così fan tutte in cui spunta il solo nome di Tom Allen (!), troviamo in Don Giovanni (doppio cast) l’essenza tutta British del tenore votato all’"Eterno Femminino" – Matthew Polenzani e Pavol Breslik come Don Ottavio – l’addome scolpito ma soprattutto statico di Erwin Schrott e il bass-baryton Gerald Finley, entrambi nel ruolo del seduttore. Dirige la sempre interlocutoria bacchetta di Colin Davis, mentre Antonio Pappano sarà ancora sul podio per Le nozze di Figaro. Sul palco si esibirà invece il classico cast da spedizione punitiva: Aleksandra Kurzak, Kate Royal, Simon Keenlyside e Ildebrando D’Arcangelo.
Lasciate alle spalle una Sonnambula con i problematici portamenti e l’approssimata coloratura di Eglise Gutierrez, una Bohème – di totale disinteresse – con Roberto Alagna e una Fille du Régiment da riciclo con la Marie di Patrizia Ciofi e il Tonio di Clin Lee, tenore dalle non poche difficoltà con l’attacco sul passaggio (non a caso Edgardo l’ha cantato una sola volta in carriera), balza all’occhio una vera produzione all star (più cadenti che nascenti): Faust. Se stupisce la presenza di Dmitri Hvrostovsky – oramai “verdiano” doc – in un ruolo pressoché secondario quale è Valentine, il resto del cast traccia di nuovo il sentiero del cliché da scrittura: il Mefistofele di René Pape, la Marguerite da Arena di Angela Gheorghiu e il Faust di Vittorio Grigolo, vero padrino della stagione, in una parte decisamente più abbordabile rispetto al Duca di Mantova. Il sedicente esperto dell’Ottocento romantico Evelino Pidò terrà insieme le fila della ripresa.
Latitano invece i titoli di area germanica: fatti salvi i Maestri cantori – titolo senza ragione dimenticato dai cartelloni nostrani – diretti da Pappano, con un cast che compendia il peggior vecchio e nuovo dei tempi wagneriani che corrono (Emma Bell, John Tomlinson, Simon O’Neill, Wolfgang Koch), e fatto salvo un Olandese volante con la durezza di emissione e il legato opzionale di Anja Kempe, oltre all’anonimia di Ensrik Wottirch e Falk Struckmann (sul podio, Jeffrey Tate), l’unica produzione è il solito Strauss di Salome con l’ennesima Denoke. La bacchetta è del giovane lettone Andris Nelsons, amante di ritmi – come dire – poco sbrigativi.
Per finire, un tocco di macabro londinese. Nella cornice cupa e brumosa di fine ottobre, il concerto di Placido Domingo – canterà gli ultimi atti di Rigoletto, Boccanegra e Otello – richiama il frame di una celebrazione funeraria, mentre il dinner gala che lo segue ha tutta l’aria di un banchetto post esequie. Roba d’altri tempi, appunto. Per questo, e un po’ per l’intera stagione tout cout, la nuova opera – in programma per marzo 2012 e al debutto sul palco di Bregenz il prossimo mese – sottende una speranza che va ben a di là della forza dei mezzi (e pure delle preghiere). Il titolo è Miss Fortune




Gli ascolti

Mozart - Don Giovanni

Atto I - Fuggi, crudele, fuggi - Maria Cebotari & Richard Tauber (1947)


Berlioz - Les Troyens

Atto IV - Chasse royale et orage. Pantomime - Sir Thomas Beecham (1947)


Verdi - Rigoletto

Atto I - Caro nome - Lina Pagliughi (1938)


Verdi - Traviata

Atto I - Follie, follie!...Sempre libera - Maria Caniglia (con Beniamino Gigli - 1939)


Verdi - Otello

Atto IV - Ave Maria - Nellie Melba (1926)


Gounod - Faust

Atto III - Ah! Je ris de me voir si belle - Nellie Melba (1907)





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