sabato 23 luglio 2011

Il soprano prima della Callas, diciottesima puntata. Kirsten Flagstad

Parlare di Kirsten Flagstad è, nella storia della vocalità, quasi una tautologia in quanto chiunque si occupi un poco di storia del canto conosce il soprano norvegese come una della più grandi e storiche esecutrici del repertorio wagneriano. Il dovere è, in questa sede, non già quello di ripetere il noto, ma cercare talune peculiarità della carriera di Kirsten Flagstad.

In primo luogo la notorietà giunta solo a quarant’anni fuori della sacra collina, dove pure la cantante si era esibita, ma nel tempio del Wagner cantato ovvero al Metropolitan dove la Flagstad debuttò il 2 febbraio 1935 come Sieglinde, restandovi stabilmente per sette stagioni a formare con Lauritz Melchior una della coppie più celebri del canto wagneriano. Va precisato che vi sono grandi cantanti che con la sacra collina ebbero rapporti o saltuari o conflittuali, ma la peculiarità della Flagstad è che la fama planetaria prescindeva non solo da Bayreuth, ma da tutti i teatri di lingua tedesca, perché Metropolitan e Covent Garden furono i suoi teatri, cui si aggiunsero, nel dopoguerra, quelli sud americani ed italiani. Non poteva accadere differentemente e per ragioni artistiche e, credo, per ragioni politiche anche se, inopinatamente, la Flagstad venne contestata alla propria rentrée al Met nel 1951 con il Tristano ed Isotta. Preciso: la cantante aveva lasciato nel 1941 l’America per tornare in patria, occupata dalle truppe naziste, ma non si era mai esibita nel periodo dell’occupazione, se non nella neutrale Svizzera.
Altra peculiarità della carriera di Kirsten Flagstad: la notorietà legata solo a Wagner in alternativa al quale, una volta divenuta la Flagstad, affrontò solo Rezia dell’Oberon e Leonore del Fidelio. Per quei tempi questa scelta di repertorio rappresentò una novità assoluta. I soprani spinti o drammatici sino alla generazione precedente (Leider, Larsen-Todsen), ma a partire dalla Nordica o dalla Lehmann avevano cantato, quando non il repertorio italiano del primo ottocento, almeno il Verdi dal Trovatore in poi, Donna Anna, Donna Elvira, Pamina e Contessa, magari Puccini (almeno Tosca) e talune parti di Strauss e alcune di loro con pari fama in Verdi e Wagner. Dopo la Flagstad ancora Birgit Nilsson e Gertrud Grob-Prandl ebbero stabilmente in repertorio autori differenti da Wagner. Ma furono le ultime.
Quindi la Flagstad fu il primo soprano drammatico specializzato in Wagner. Ma il "ma" è molto grande perché quella della Flagstad fu una specializzazione dettata dalla circostanza che nei teatri, dove era chiamata ad esibirsi altre ed altrettanto valide cantanti cantavano Verdi e Puccini. Basta pensare a Ponselle, Rethberg e poi Milanov al Met ad Eva Turner e alle apparizioni di Maria Caniglia e Gina Cigna al Covent Garden.
Per le specializzate wagneriane di oggi Wagner, invece è la scelta forzata per chi non sia in grado di reggere tessiture acute, legato e forcelle del repertorio italiano e francese. Quale più quale meno la wagneriana del dopo guerra dalla Varnay sino alla Stemme si appella a regole, nate sulla collina e che con il canto nulla hanno in comune e che giovano solo alla principiante del canto medesimo.
Questo vizio spacciato quale virtù, invece, non venne mai praticato da Kirsten Flagstad. Anzi l’esatto contrario e non solo perchè nei primi quindici anni di carriera in patria avesse cantato di fatto l’intero repertorio e perché oltre alle tipiche parti della “generosa” wagneriana la Flagstad ebbe eguale arte in quelle liriche come Elisabeth, Elsa e Senta, ma perché sino alle ultime apparizioni la Flagstad ha sempre e solo “cantato” Wagner. Adesso va pure di moda dire che lo abbia cantato troppo e, per contro, mai interpretato. Si tratta di una bugia e detta in perfetta malafede. Se la Flagstad aveva un difetto erano gli acuti estremi lanciati di forza e tenuti. Basta ricordare che nel finale del Sigfrido ed alla chiusa del duetto del prologo del Götterdämmerung sempre omise il do acuto (e non solo alla Scala o nel dopo guerra) o anche la salita al si nat alla chiusa del duetto con l’Olandese, che, anche nel 1937 a Londra, suona un po’ fisso e stimbrato. Per contro i do dell’Hojotoho, che sono toccati, non hanno mai presentato vizi capitali e credo, con l’esclusione delle solite Nilsson e Grob-Prandl nel dopo guerra non si sia sentito di meglio sotto il profilo della qualità dell’emissione. Salvo la Brunilde che trilla di Frida Leider, ma frau Leider vale il motto “cosa umana non sono”.
Oltre tutto le esecuzioni della Flagstad si giovavano di una voce di una bellezza e di un calore, che pur nel distacco e delle figure mitiche ed idealizzate ha pochi confronti nella storia dell’opera e mai in area nordica o tedesca, ma al più mediterranea. Il controllo magistrale del fiato e la distribuzione senza difficoltà dello stesso le consentivano un legato anch’esso dal sapore italiano per non dire belcantistico. La Flagstad è come molte cantanti della propria generazione prima di tutto una cantante. Significa che anche nelle scritture di Wagner, che per la densità orchestrale, l’andamento marcatamente declamatorio mettono in difficoltà molte organizzazioni vocali, non si appalesano segni di cedimento. Tutti conoscono l’olocausto di Brunilde e la necessità di conservare energia per le ultime frasi taglienti piuttosto che la grande scena dell’attesa di Isotta all’incipit del secondo atto dove, a parte certi scatti bruschi dal registro grave agli acuti estremi, il soprano deve anche fare i conti con un duetto seguente della durata di circa quaranta minuti e dove (al pari di certe strutture dell’opera italiana) la vocalità passa ancora da tesa a legata per poi ritornare a tesa e di slancio alla sezione conclusiva. Del pari tutti conoscono le esecuzioni -anche del dopo guerra- della Flagstad dove non si sente mai alcun segno di cedimento e di fatica. Dalla prima all’ultima frase, qualità del timbro (forse resosi un poco chioccio nella fase conclusiva di carriera in zona centrale), slancio, esecuzione musicalmente impaccabile rimangono intatti. Tutti questi elementi concorrono ad esprimere quella che, a torto o a ragione, era la visione interpretativa della cantante: ossia Isotta è una regina, Brunilde, sempre e comunque una figura divina, dea, figli di dei e le figure liriche, i loro amori, le loro sofferenze sono sublimate ed oggettive, prive di qualsivoglia legame terreno.
L’ascolto della cosiddetta profezia di morte del secondo atto di Valchiria ritrae una Brunilde solenne ed ieratica, annunzia la morte, ma annunzia al tempo stesso la deductio nel Walhalla, trattamento post mortem riservato agli eroi: è chiaro che siffatta concezione esclude qualsivoglia tono sinistro e da fattucchiera in Brunilde a maggior ragione se il timbro è solare e mediterraneo. E’ sufficiente l’ascolto della prima frase “Siegmund sieh auf mich”. Ancora nel duetto con l’Olandese la Flagstad sembra cantare Donizetti o Meyerbeer, il timbro è dolce e femminile al tempo stesso. Non per nulla alla domanda di chi fosse la più grande belcantista da lei sentita Joan Sutherland rispose senza esitazione “Kirsten Flagstad”. E’ molto difficile non condividere tale alta opinione.




Kirsten Flagstad (1895-1962)


Beethoven - Ah! Perfido, op. 65 (1937)


Beethoven - Fidelio

Atto I

Abscheulicher!...Komm, Hoffnung (1941)

Atto II

Er sterbe!...O namenlose Freude! (con Julius Huehn, René Maison & Alexander Kipnis - 1941)


Gluck - Alceste

Atto I

Divinités du Styx (1952)

Atto II

Ah! malgré moi (1952)


Purcell - Dido and Aeneas

Thy hand Belinda...When I am laid in earth (1951)


Strauss - Cäcilie, Op. 27 No. 2 (1937)


Strauss - Vier letzte Lieder

Im Abendrot (1954)



Wagner - Der fliegende Holländer

Atto II

Johohoe! Johohohoe! (1937)

Wie aus der Ferne (con Herbert Janssen & Ludwig Weber - 1937)


Wagner - Tristan und Isolde

Atto I

Wie lachend sie mir Lieder singen (1936)

Atto II

Hörst du sie noch?
(con Sabine Kalter - 1936)


Wagner - Die Walküre

Atto I

Schläfst du, Gast?...Der Männer Sippe...
Du bist der Lenz
- (con Paul Althouse - 1935)

Atto II

Siegmund! Sieh auf mich! (con Lauritz Melchior - 1940)


Wagner - Götterdämmerung

Atto III

Starke Scheite (1937)


Weber - Oberon

Atto II

Ozean, du Ungeheuer (1937)


3 commenti:

stefano martinella ha detto...

Sempre un gran bel sentire la Kirsten!!!!! Grazie

scattare ha detto...

Mille anni fa conobbi un signore tedesco di ottant'anni che aveva sentito la Flagstad tantissime volte.
Questo signore disse che insieme alla Tebaldi erano le voci più belle e più grandi del teatro lirico.
Diceva poi, "La Nilsson? Splendida e unica, senza dubbio, ma la Flagstad - intoccabile."
Immaginate!!

justsmile ha detto...

Da notare che Paul Althouse, tenore, fu poi l'insegnante, fra tanti, di Richard Tucker, Eleanor Steber, Astrid Varnay, Léopold Simoneau, et al.