Buon compleanno, caro Puccini! In questo giorno, Vostro centocinquantesimo genetliaco, il Corriere della Grisi si unisce a tutto il mondo musicale nel ricordare il Vostro nome e soprattutto la Vostra opera. E lo fa, naturalmente, con un concerto, affidato in esclusiva a due autentiche Divine del canto: Magda Olivero ed Eleanor Steber. Voi non aveste la possibilità di udirle e vederle in scena, ma queste due gigantesse della scena lirica Vi hanno servito e onorato nel migliore dei modi, dai primi agli estremi anni delle loro carriere.
Difficile immaginare due percorsi più diversi: la regina incontrastata del repertorio decadente e verista fra Otto e Novecento, dalla carriera letteralmente interminabile, fra le scene di provincia e i grandi teatri internazionali, fino all'approdo, avvenuto nel 1975 a sessantacinque anni, al Met, e colei che per venticinque anni del Met fu l'eclettica ed elettrica principessa, alternando Mozart e Wagner a Verdi e Richard Strauss. Così come è difficile comparare la voce ricca, ambrata e cremosa di miss Steber allo strumento in natura meno attraente della signora Magda. Ma la tecnica ferrea e l'intelligenza interpretativa sono gli elementi che queste cantanti condividono e profondono a piene mani nelle loro interpretazioni delle figure pucciniane. E sono gli stessi elementi che latitano in tante esecuzioni correnti, in cui la musica Vostra, caro Sor Giacomo, si riduce, quando va bene, a ricettacolo di non sfogate buone intenzioni.
Ascoltiamo per esempio l'ingresso di Butterfly cantato dalla Steber. La voce della cantante americana è l'ideale per esprimere la giovinezza del personaggio, ma la brillantezza del timbro e la facilità in alto sono esaltate dal perfetto controllo del fiato, un fraseggio morbido e aderente alle Vostre richieste, Maestro: le indicazioni di "sostenendo", le smorzature, i crescendo, fino all'esaltante re bemolle sovracuto coronato in chiusa, il tutto con accento al tempo stesso castigato ed esaltato, il più adatto alla sposa, per quanto non americana e quindi agli occhi di Pinkerton piuttosto succedanea, che si accosti al talamo nuziale. La capacità di cantare legando i suoni a qualunque altezza, di variare la dinamica passando nello spazio di poche note da un pianissimo a un piano, a un forte capace di sovrastare l'orchestra, è identica nell'esecuzione della grande romanza del secondo atto, carica in eguale misura di malinconia e febbricitante attesa. La non perfetta padronanza della lingua italiana limita un poco l'effetto delle note ribattute al momento dell'approdo della Abramo Lincoln, ma la cavata che miss Eleanor sfoggia alle parole "Ei torna e m'ama" è tale da giustificare l'applauso a scena aperta che le tributa il pubblico.
Identici applausi, o meglio boati, suscita la signora Magda. "Un bel dì vedremo" è cantata con la consueta maniacale attenzione alle indicazioni dinamiche. Non Ve ne adombrate, Maestro, ma la signora introduce un paio di idee che, lungi dallo stravolgerla, migliorano la Vostra scrittura, ad esempio il pianissimo improvviso sulle parole "un picciol punto", a esprimere lo scarto fra l'irrisorietà di quel puntino che s'avvia per la collina e la felicità insostenibile che l'evento suscita nel cuore della protagonista, o la smorzatura sui do consecutivi di "per la collina", in modo da rafforzare la tensione del racconto. Tutta la sezione successiva è sussurrata in un pianissimo impalpabile ma perfettamente appoggiato sul fiato, in modo che il crescendo sulle parole "e un po' per non morire" e il successivo forte risuonino con un'intensità degna di una voce dotata di ben altra potenza rispetto a quella della Olivero. Altro momento altissimo è la scena della morte, in cui l'ascolto smentisce l'assunto, da tanti adottato, che vede nella cantante piemontese nient'altro che un'esecutrice bieca e sgangherata, verista nel senso più deteriore del termine. La spettrale declamazione delle parole incise sul pugnale, la smorzatura su "fior di giglio e di rosa", la messa di voce su "muore Butterfly", un non certo comodo la acuto, in cui l'indicazione "con voce di pianto" non ha nulla di naturalistico, e infine l'Andante sostenuto in cui la dinamica mutevolissima rende l'abbattimento e la commozione di Butterfly in maniera straordinariamente efficace. Insomma il bagaglio tecnico serve a rendere eloquente la voce, nel repertorio verista come in qualunque altro: non è un'alternativa all'espressività, bensì ne costituisce la precondizione, la base e il sostegno.
E sempre con l'ausilio della tecnica le signore danno vita a due letture di Tosca che più diverse non potrebbero essere, ma che hanno entrambe, caro Giacomo, un plausibile fondamento nella Vostra musica. Miss Eleanor coglie della cantatrice romana soprattutto il lato della Diva, forse in questo idealizzando un poco oltre il necessario un personaggio in realtà più pratico e per certi versi spiccio che poetico e distaccato. Però il duetto del primo atto è di un fascino irresistibile, l'Allegro moderato "Non la sospiri la nostra casetta" vario e sfumato, elegantissimo, un gioco sopraffino di rubati e accelerati, in cui la voce importante e nel registro acuto addirittura imperiosa è sempre dolcissima e può arrivare non solo a risolvere tutte le indicazioni richieste dallo spartito, ma a togliersi lo sfizio di eseguire la sestina a imitazione di un trillo su "ammolliscono i cuori", che nella Vostra bontà, Maestro, avete segnato come "oppure"... ben conscio, come certo eravate, di non aver certo lesinato in difficoltà e pensando al dopo-Darclée!! La perizia, l'intelligenza, lo charme della bella Eleanor sono tali, in questa pagina, che il suo Cavaradossi, non certo l'ultimo arrivato, si vede a mal partito e sembra perdere la testa, contentandosi di cantare su un solido mezzoforte, spianando le acciaccature per lui previste e osando qualche prudente mezzavoce e smorzatura solo nell'ultima sezione del duetto, in cui, per inciso, la Steber riesce a sopraffarlo nelle frasi cantate all'unisono. La sicurezza in alto è anche la cifra caratteristica della scena della tortura al secondo atto, in cui, se proprio vogliamo trovare un difetto alla cantante americana, dovremo ricercarlo nel registro basso, un poco troppo aperto e comunque non al livello dei centri, questi saldissimi e imprescindibili nel canto di conversazione da Voi condotto, in questa pagina, a vertici assoluti. Il perfetto controllo del fiato, che consente arcate sonore di grande compattezza, e il timbro luminoso rendono a "Vissi d'arte" tutto il suo carattere di preghiera, per quanto preghiera di una primadonna, e in quanto tale più simile alla perorazione teatrale che alla solitaria meditazione della credente, sia pure preda, a più riprese, di tentazioni blasfeme.
Tutt'altra sobrietà dimostra la signora Olivero, ancora una volta in ispregio all'immagine di strillona e becera che alcuni poco accorti censori hanno voluto di lei costruire. Basti sentire il raccoglimento della voce e le abbondanti sfumature profuse in "Ed io veniva a lui tutta dogliosa" per scorgere una Tosca affatto stanca e disillusa, ma non per questo meno nobile o composta. Al parlato (scritto, superfluo a Voi ricordarlo) di "Giuro!" segue infatti il più estatico dei pianissimi, prontamente scortato da un'incantevole filatura. Ecco il pianto nella voce, l'effetto alieno da ogni grossolanità ma sommamente efficace da Voi prescritto. Certo la signora Magda trova in pagine come questa la più alta espressione della propria arte. Il "Vissi d'arte" è tutto giocato su piani e pianissimi, un sussurro che però in nessun punto risulta diafano o evanescente, ed è ancora una volta la voce perfettamente appoggiata sul fiato a produrre quello che oggi parrebbe un vero miracolo, mentre un tempo era ordinaria amministrazione o poco più, ché se l'arte era, come sempre è stata, privilegio di pochi, il possesso dei ferri del mestiere era ben altrimenti diffuso. Qui come nella Butterfly, poi, l'accorta amministrazione dei mezzi vocali permette il rispetto letterale, anzi a tratti persino più accentuato che nella Vostra lettera, delle forcelle, conferendo alla voce, di per sé non irresistibile, una nota mesta e abbattuta che la rende unica e, mai come in questo momento drammatico, necessaria. Il finale del secondo atto, altro momento in cui molti attenderebbero, dalla cantante attrice quale la signora Olivero è, un eccesso di temperamento e un difetto di canto, la voce è sempre presente all'appello, l'intonazione non conosce vezzi od ondeggiamenti e l'unica licenza è costituita dalla resa parlata della celebre frase "E avanti a lui tremava tutta Roma", da Voi scritta come una serie di do diesis gravi. Come sentirete, Maestro, la soluzione non manca d'effetto, e credo che la divina Magda abbia a sperare nella Vostra approvazione.
Abbiamo lasciato per ultima la Fanciulla del West. Forse non lo sapete, Maestro, ma la signora Olivero considerava la parte di Minnie una delle più affascinanti del repertorio, per la gamma di emozioni teatrali che permette di dispiegare. Ovviamente a condizione che l'interprete sia in pari misura dotata di perizia e fantasia. E siccome la signora a nessuna era (è???) seconda in queste doti, pensiamo di non poterci esimere dal proporre un'ampia selezione di una produzione dell'opera che la vide protagonista accanto a un senescente ma non certo finito Giacomo Lauri-Volpi (in fondo aveva solo sessantacinque anni e cantava in teatro da trentotto!). L'assolo "Laggiù nel Soledad" è l'ennesima dimostrazione del talento e anche dell'accortezza della signora Magda: un pianissimo ininterrotto, impreziosito da filature che sembrano ricama, il che, oltre a esprimere splendidamente l'incanto dell'infanzia rievocata, permette alla cantante di risparmiare la voce e arrivare fresca e riposata alla frase "S'amavan tanto", in cui la voce ha da salire al do coronato. Ovviamente su "e certo l'amerei" la Olivero sdegna il comodo "oppure" in fascia centrale e opta per la soluzione acuta, che porta ancora una volta la voce al la naturale, anche questo con corona. Certo passare la Vostra turgida orchestra, caro Maestro, non è una passeggiata... ma nel successivo duetto del primo atto tenore e soprano non faticano a svettare, malgrado la voce di Lauri-Volpi accusi oscillazioni più che scusabili, per l'età e per la drammaticità di una parte del genere, arduo cimento anche in più freschi dì. Ciò detto il si naturale su "bella m'appar" testimonia ancora una volta la grandezza del tenore di Lanuvio e giustifica pienamente l'applauso a scena aperta tributatogli dal pubblico. A questo risponde la signora Magda con l'assolo "Io non son che una povera fanciulla", in cui è l'accento incantato e pudico a farla da padrone, il che prepara splendidamente, per contrasto, lo sfolgorante passaggio sulle parole "su, su, su come le stelle", che porta la voce a due luminosi si naturali. Prodezze come queste, sia chiaro, si integrano perfettamente nel discorso musicale, così che non solo l'orecchio del pubblico, ma l'arte Vostra ne ricava il massimo giovamento.
E dato che non possiamo certo deludere alcuni nostri simpatici lettori, che dalla stigmatizzazione dei monumenti del canto ricavano un sottile godimento, proponiamo anche la scena della partita a poker, certi che chi vorrà sghignazzare alle spalle delle risate previste in partitura e rese con foga nevrotica dalla signora Olivero, avrà l'agio di farlo. Gli altri potranno ammirare la magnificenza del legato della suddetta, interrogandosi magari su come possa una cantante da più parti ritenuta vocalmente reprensibile eseguire in scioltezza le tremende frasi acute che coronano il secondo atto.
Ma, con tutto il rispetto per la signora Olivero, chi meglio dell'americana Steber può dare vita e soprattutto voce all'ardita saloon girl della California? Per dimostrare una volta di più che l'arte del canto non è una proprietà transitoria né un attributo della gioventù, abbiamo scelto di proporre Miss Eleanor in pagine estratte da due differenti esecuzioni dell'opera, a dodici anni di distanza l'una dall'altra. La prova del 1966, per inciso, costituisce l'addio alle scene della cantante. Ebbene la voce, nell'arco di quei dodici anni, ha certo perso smalto, soprattutto nelle note centrali e nel registro basso che si è fatto più sordo, ma l'intonazione e soprattutto il mordente, indice di una voce perfettamente proiettata, sono identici nei due nastri, il più recente dei quali invero fortunoso. E se nel 1954 la divina Eleanor sfoggia un canto a fior di labbro e al tempo stesso appassionato, umiliando un partner dalla voce imponente, ma interprete monocorde e stentato in acuto, l'ascolto più impressionante rimane il finale ultimo, in cui Minnie non solo ha da svettare su coro e orchestra a suon di la e si naturali, ma deve persuadere, intenerire e commuovere, e ciò non può essere fatto che attraverso un canto privo di ogni durezza e fatica, un canto ideale... il canto, in una parola! E la buona Steber in questo non avendo problemi, riesce a bersi con sorridente agio le difficoltà di cui è costellato il ruolo.
Per tutte queste ragioni, caro Maestro, abbiamo scelto le due signore per omaggiarVi, e insieme con loro Vi rinnoviamo gli auguri di felice compleanno. Centocinquanta ancora di questi giorni... e centocinquanta (ma bastano anche cento... dieci... o una soltanto!!) di queste magnifiche Primedonne!
Gli ascolti - Giacomo Puccini
Tosca
Atto I
Mario! Mario! Mario! - Eleanor Steber & Carlo Bergonzi (1959)
Ed io veniva a lui tutta dogliosa - Magda Olivero (1957)
Atto II
Ed or fra noi parliam da buoni amici - Eleanor Steber & George London (1959)
Vissi d'arte - Eleanor Steber (1959), Magda Olivero (1957)
Vedi, le man giunte io stendo a te - Magda Olivero & Scipio Colombo (1957)
Madama Butterfly
Atto I
Ancora un passo or via - Eleanor Steber (1948)
Atto II
Un bel dì vedremo - Magda Olivero (1961), Eleanor Steber (1948)
Il cannone del porto! Una nave da guerra - Magda Olivero (1961), Eleanor Steber (1948)
Atto III
Con onore muore...Tu, tu, piccolo Iddio - Magda Olivero (1961)
La Fanciulla del west
Atto I
Laggiù nel Soledad - Magda Olivero (1957), Eleanor Steber (1954)
Mr Johnson, siete rimasto indietro - Eleanor Steber & Mario del Monaco (1954), Magda Olivero & Giacomo Lauri-Volpi (1957)
Atto II
Una partita a poker - Magda Olivero & Gian Giacomo Guelfi (1957)
Atto III
Non vi fu mai chi disse: "Basta!" - Eleanor Steber (1966)
Difficile immaginare due percorsi più diversi: la regina incontrastata del repertorio decadente e verista fra Otto e Novecento, dalla carriera letteralmente interminabile, fra le scene di provincia e i grandi teatri internazionali, fino all'approdo, avvenuto nel 1975 a sessantacinque anni, al Met, e colei che per venticinque anni del Met fu l'eclettica ed elettrica principessa, alternando Mozart e Wagner a Verdi e Richard Strauss. Così come è difficile comparare la voce ricca, ambrata e cremosa di miss Steber allo strumento in natura meno attraente della signora Magda. Ma la tecnica ferrea e l'intelligenza interpretativa sono gli elementi che queste cantanti condividono e profondono a piene mani nelle loro interpretazioni delle figure pucciniane. E sono gli stessi elementi che latitano in tante esecuzioni correnti, in cui la musica Vostra, caro Sor Giacomo, si riduce, quando va bene, a ricettacolo di non sfogate buone intenzioni.
Ascoltiamo per esempio l'ingresso di Butterfly cantato dalla Steber. La voce della cantante americana è l'ideale per esprimere la giovinezza del personaggio, ma la brillantezza del timbro e la facilità in alto sono esaltate dal perfetto controllo del fiato, un fraseggio morbido e aderente alle Vostre richieste, Maestro: le indicazioni di "sostenendo", le smorzature, i crescendo, fino all'esaltante re bemolle sovracuto coronato in chiusa, il tutto con accento al tempo stesso castigato ed esaltato, il più adatto alla sposa, per quanto non americana e quindi agli occhi di Pinkerton piuttosto succedanea, che si accosti al talamo nuziale. La capacità di cantare legando i suoni a qualunque altezza, di variare la dinamica passando nello spazio di poche note da un pianissimo a un piano, a un forte capace di sovrastare l'orchestra, è identica nell'esecuzione della grande romanza del secondo atto, carica in eguale misura di malinconia e febbricitante attesa. La non perfetta padronanza della lingua italiana limita un poco l'effetto delle note ribattute al momento dell'approdo della Abramo Lincoln, ma la cavata che miss Eleanor sfoggia alle parole "Ei torna e m'ama" è tale da giustificare l'applauso a scena aperta che le tributa il pubblico.
Identici applausi, o meglio boati, suscita la signora Magda. "Un bel dì vedremo" è cantata con la consueta maniacale attenzione alle indicazioni dinamiche. Non Ve ne adombrate, Maestro, ma la signora introduce un paio di idee che, lungi dallo stravolgerla, migliorano la Vostra scrittura, ad esempio il pianissimo improvviso sulle parole "un picciol punto", a esprimere lo scarto fra l'irrisorietà di quel puntino che s'avvia per la collina e la felicità insostenibile che l'evento suscita nel cuore della protagonista, o la smorzatura sui do consecutivi di "per la collina", in modo da rafforzare la tensione del racconto. Tutta la sezione successiva è sussurrata in un pianissimo impalpabile ma perfettamente appoggiato sul fiato, in modo che il crescendo sulle parole "e un po' per non morire" e il successivo forte risuonino con un'intensità degna di una voce dotata di ben altra potenza rispetto a quella della Olivero. Altro momento altissimo è la scena della morte, in cui l'ascolto smentisce l'assunto, da tanti adottato, che vede nella cantante piemontese nient'altro che un'esecutrice bieca e sgangherata, verista nel senso più deteriore del termine. La spettrale declamazione delle parole incise sul pugnale, la smorzatura su "fior di giglio e di rosa", la messa di voce su "muore Butterfly", un non certo comodo la acuto, in cui l'indicazione "con voce di pianto" non ha nulla di naturalistico, e infine l'Andante sostenuto in cui la dinamica mutevolissima rende l'abbattimento e la commozione di Butterfly in maniera straordinariamente efficace. Insomma il bagaglio tecnico serve a rendere eloquente la voce, nel repertorio verista come in qualunque altro: non è un'alternativa all'espressività, bensì ne costituisce la precondizione, la base e il sostegno.
E sempre con l'ausilio della tecnica le signore danno vita a due letture di Tosca che più diverse non potrebbero essere, ma che hanno entrambe, caro Giacomo, un plausibile fondamento nella Vostra musica. Miss Eleanor coglie della cantatrice romana soprattutto il lato della Diva, forse in questo idealizzando un poco oltre il necessario un personaggio in realtà più pratico e per certi versi spiccio che poetico e distaccato. Però il duetto del primo atto è di un fascino irresistibile, l'Allegro moderato "Non la sospiri la nostra casetta" vario e sfumato, elegantissimo, un gioco sopraffino di rubati e accelerati, in cui la voce importante e nel registro acuto addirittura imperiosa è sempre dolcissima e può arrivare non solo a risolvere tutte le indicazioni richieste dallo spartito, ma a togliersi lo sfizio di eseguire la sestina a imitazione di un trillo su "ammolliscono i cuori", che nella Vostra bontà, Maestro, avete segnato come "oppure"... ben conscio, come certo eravate, di non aver certo lesinato in difficoltà e pensando al dopo-Darclée!! La perizia, l'intelligenza, lo charme della bella Eleanor sono tali, in questa pagina, che il suo Cavaradossi, non certo l'ultimo arrivato, si vede a mal partito e sembra perdere la testa, contentandosi di cantare su un solido mezzoforte, spianando le acciaccature per lui previste e osando qualche prudente mezzavoce e smorzatura solo nell'ultima sezione del duetto, in cui, per inciso, la Steber riesce a sopraffarlo nelle frasi cantate all'unisono. La sicurezza in alto è anche la cifra caratteristica della scena della tortura al secondo atto, in cui, se proprio vogliamo trovare un difetto alla cantante americana, dovremo ricercarlo nel registro basso, un poco troppo aperto e comunque non al livello dei centri, questi saldissimi e imprescindibili nel canto di conversazione da Voi condotto, in questa pagina, a vertici assoluti. Il perfetto controllo del fiato, che consente arcate sonore di grande compattezza, e il timbro luminoso rendono a "Vissi d'arte" tutto il suo carattere di preghiera, per quanto preghiera di una primadonna, e in quanto tale più simile alla perorazione teatrale che alla solitaria meditazione della credente, sia pure preda, a più riprese, di tentazioni blasfeme.
Tutt'altra sobrietà dimostra la signora Olivero, ancora una volta in ispregio all'immagine di strillona e becera che alcuni poco accorti censori hanno voluto di lei costruire. Basti sentire il raccoglimento della voce e le abbondanti sfumature profuse in "Ed io veniva a lui tutta dogliosa" per scorgere una Tosca affatto stanca e disillusa, ma non per questo meno nobile o composta. Al parlato (scritto, superfluo a Voi ricordarlo) di "Giuro!" segue infatti il più estatico dei pianissimi, prontamente scortato da un'incantevole filatura. Ecco il pianto nella voce, l'effetto alieno da ogni grossolanità ma sommamente efficace da Voi prescritto. Certo la signora Magda trova in pagine come questa la più alta espressione della propria arte. Il "Vissi d'arte" è tutto giocato su piani e pianissimi, un sussurro che però in nessun punto risulta diafano o evanescente, ed è ancora una volta la voce perfettamente appoggiata sul fiato a produrre quello che oggi parrebbe un vero miracolo, mentre un tempo era ordinaria amministrazione o poco più, ché se l'arte era, come sempre è stata, privilegio di pochi, il possesso dei ferri del mestiere era ben altrimenti diffuso. Qui come nella Butterfly, poi, l'accorta amministrazione dei mezzi vocali permette il rispetto letterale, anzi a tratti persino più accentuato che nella Vostra lettera, delle forcelle, conferendo alla voce, di per sé non irresistibile, una nota mesta e abbattuta che la rende unica e, mai come in questo momento drammatico, necessaria. Il finale del secondo atto, altro momento in cui molti attenderebbero, dalla cantante attrice quale la signora Olivero è, un eccesso di temperamento e un difetto di canto, la voce è sempre presente all'appello, l'intonazione non conosce vezzi od ondeggiamenti e l'unica licenza è costituita dalla resa parlata della celebre frase "E avanti a lui tremava tutta Roma", da Voi scritta come una serie di do diesis gravi. Come sentirete, Maestro, la soluzione non manca d'effetto, e credo che la divina Magda abbia a sperare nella Vostra approvazione.
Abbiamo lasciato per ultima la Fanciulla del West. Forse non lo sapete, Maestro, ma la signora Olivero considerava la parte di Minnie una delle più affascinanti del repertorio, per la gamma di emozioni teatrali che permette di dispiegare. Ovviamente a condizione che l'interprete sia in pari misura dotata di perizia e fantasia. E siccome la signora a nessuna era (è???) seconda in queste doti, pensiamo di non poterci esimere dal proporre un'ampia selezione di una produzione dell'opera che la vide protagonista accanto a un senescente ma non certo finito Giacomo Lauri-Volpi (in fondo aveva solo sessantacinque anni e cantava in teatro da trentotto!). L'assolo "Laggiù nel Soledad" è l'ennesima dimostrazione del talento e anche dell'accortezza della signora Magda: un pianissimo ininterrotto, impreziosito da filature che sembrano ricama, il che, oltre a esprimere splendidamente l'incanto dell'infanzia rievocata, permette alla cantante di risparmiare la voce e arrivare fresca e riposata alla frase "S'amavan tanto", in cui la voce ha da salire al do coronato. Ovviamente su "e certo l'amerei" la Olivero sdegna il comodo "oppure" in fascia centrale e opta per la soluzione acuta, che porta ancora una volta la voce al la naturale, anche questo con corona. Certo passare la Vostra turgida orchestra, caro Maestro, non è una passeggiata... ma nel successivo duetto del primo atto tenore e soprano non faticano a svettare, malgrado la voce di Lauri-Volpi accusi oscillazioni più che scusabili, per l'età e per la drammaticità di una parte del genere, arduo cimento anche in più freschi dì. Ciò detto il si naturale su "bella m'appar" testimonia ancora una volta la grandezza del tenore di Lanuvio e giustifica pienamente l'applauso a scena aperta tributatogli dal pubblico. A questo risponde la signora Magda con l'assolo "Io non son che una povera fanciulla", in cui è l'accento incantato e pudico a farla da padrone, il che prepara splendidamente, per contrasto, lo sfolgorante passaggio sulle parole "su, su, su come le stelle", che porta la voce a due luminosi si naturali. Prodezze come queste, sia chiaro, si integrano perfettamente nel discorso musicale, così che non solo l'orecchio del pubblico, ma l'arte Vostra ne ricava il massimo giovamento.
E dato che non possiamo certo deludere alcuni nostri simpatici lettori, che dalla stigmatizzazione dei monumenti del canto ricavano un sottile godimento, proponiamo anche la scena della partita a poker, certi che chi vorrà sghignazzare alle spalle delle risate previste in partitura e rese con foga nevrotica dalla signora Olivero, avrà l'agio di farlo. Gli altri potranno ammirare la magnificenza del legato della suddetta, interrogandosi magari su come possa una cantante da più parti ritenuta vocalmente reprensibile eseguire in scioltezza le tremende frasi acute che coronano il secondo atto.
Ma, con tutto il rispetto per la signora Olivero, chi meglio dell'americana Steber può dare vita e soprattutto voce all'ardita saloon girl della California? Per dimostrare una volta di più che l'arte del canto non è una proprietà transitoria né un attributo della gioventù, abbiamo scelto di proporre Miss Eleanor in pagine estratte da due differenti esecuzioni dell'opera, a dodici anni di distanza l'una dall'altra. La prova del 1966, per inciso, costituisce l'addio alle scene della cantante. Ebbene la voce, nell'arco di quei dodici anni, ha certo perso smalto, soprattutto nelle note centrali e nel registro basso che si è fatto più sordo, ma l'intonazione e soprattutto il mordente, indice di una voce perfettamente proiettata, sono identici nei due nastri, il più recente dei quali invero fortunoso. E se nel 1954 la divina Eleanor sfoggia un canto a fior di labbro e al tempo stesso appassionato, umiliando un partner dalla voce imponente, ma interprete monocorde e stentato in acuto, l'ascolto più impressionante rimane il finale ultimo, in cui Minnie non solo ha da svettare su coro e orchestra a suon di la e si naturali, ma deve persuadere, intenerire e commuovere, e ciò non può essere fatto che attraverso un canto privo di ogni durezza e fatica, un canto ideale... il canto, in una parola! E la buona Steber in questo non avendo problemi, riesce a bersi con sorridente agio le difficoltà di cui è costellato il ruolo.
Per tutte queste ragioni, caro Maestro, abbiamo scelto le due signore per omaggiarVi, e insieme con loro Vi rinnoviamo gli auguri di felice compleanno. Centocinquanta ancora di questi giorni... e centocinquanta (ma bastano anche cento... dieci... o una soltanto!!) di queste magnifiche Primedonne!
Gli ascolti - Giacomo Puccini
Tosca
Atto I
Mario! Mario! Mario! - Eleanor Steber & Carlo Bergonzi (1959)
Ed io veniva a lui tutta dogliosa - Magda Olivero (1957)
Atto II
Ed or fra noi parliam da buoni amici - Eleanor Steber & George London (1959)
Vissi d'arte - Eleanor Steber (1959), Magda Olivero (1957)
Vedi, le man giunte io stendo a te - Magda Olivero & Scipio Colombo (1957)
Madama Butterfly
Atto I
Ancora un passo or via - Eleanor Steber (1948)
Atto II
Un bel dì vedremo - Magda Olivero (1961), Eleanor Steber (1948)
Il cannone del porto! Una nave da guerra - Magda Olivero (1961), Eleanor Steber (1948)
Atto III
Con onore muore...Tu, tu, piccolo Iddio - Magda Olivero (1961)
La Fanciulla del west
Atto I
Laggiù nel Soledad - Magda Olivero (1957), Eleanor Steber (1954)
Mr Johnson, siete rimasto indietro - Eleanor Steber & Mario del Monaco (1954), Magda Olivero & Giacomo Lauri-Volpi (1957)
Atto II
Una partita a poker - Magda Olivero & Gian Giacomo Guelfi (1957)
Atto III
Non vi fu mai chi disse: "Basta!" - Eleanor Steber (1966)
2 commenti:
Questo web è assolutamente maravillosa.No sono sufficienti le parole di ringraziamento per il suo lavoro di alto livello
Questa la potevi risparmiare, è una semplice eresia:
"E se nel 1954 la divina Eleanor sfoggia un canto a fior di labbro e al tempo stesso appassionato, umiliando un partner dalla voce imponente, ma interprete monocorde e stentato in acuto"
Ma quando mai, evidentemente non hai mai sentito il grande Del Monaco dal vivo in teatro e non sai nemmeno ascoltare la registrazione che hai proposto. VERGOGNATI!!
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