Maria Caniglia e Zinka Milanov rappresentano il modello del soprano Verdiano fra la fine degli anni trenta e il principio dei cinquanta.
Lauri Volpi, che abbiamo assodato non amava le voci femminili molto dotate al centro, parlando della Caniglia ricorre al termine “voce dominante, che lasciava alle altre le briciole”. Le altre si chiamavano, magari, Maria Pedrini e Gabriella Gatti.La definizione potrebbe valere uguale ed identica, trasferita al Metropolitan, per Zinka Milanov.
Dal 1937, quando vi debuttò come Leonora del Trovatore il soprano croato rimase nel massimo teatro americano (con la sola eccezione delle stagioni 1947 e 1948) sino al 1966 quando il concerto di chiusura del vecchio Met fu anche quello di addio alle scene dell’esausta Zinka.
Nei principali teatri italiani ossia Scala, San Carlo e, come lo si chiamava allora, il Reale dell’Opera la Caniglia fu dal 1935 la monopolista del repertorio spinto. Non affrontò, se non nel dopo guerra i titoli più pesanti come Gioconda e Fanciulla (e Norma che allora era un’opera da soprano drammatico) per la presenza, sino al 1946, di un’altra voce assolutamente torrenziale: Gina Cigna.
Va detto che i monopoli dei ruoli, allora a differenza di oggi, avevano fondamenti ed artistici e contingenti.
La qualità delle due voci nel ricordo di chi le abbia ascoltate è concorde si trattava di voci di grandissimo tonnellaggio ed anche molto belle in natura. Entrambe, per la situazione contingente,(il ritiro o il declino al Met della Ponselle e della Rethberg, in Italia della Raisa, della Scacciati e della Arangi-Lombardi e della Muzio si trovarono in tempo rapido (anche se la Milanov a Zagabria fra il 1928 ed il 1937 aveva cantato un repertorio vastissimo) a cantare sistematicamente opere pesanti per le quali la voce, forse, la tecnica, per certo, non erano del tutto adatte. La Milanov soprattutto il tardo Verdi e la Tosca, la Caniglia un repertorio ben più vasto, che comprendeva il tardo Verdi ( in condominio, però, con la Cigna e la Pacetti), Puccini, Giordano, Mascagni (che per la voce della Caniglia aveva una assoluta predilezione) ed anche Wagner (Lohengrin e Tannahauser), Spontini (Vestale), Gluck (Ifigenia), Meyerbeer (Africana), il primo Verdi (Luisa Miller ed Oberto) e persino il Donizetti di Poliuto nel 1955 a Caracalla.
Per il dettaglio la Milanov era anche un po’più rifinita tecnicamente e quanto meno castigata nel gusto come l’esecuzione della Casta diva o della scena di Leonora testimoniano. E come testimonia il fatto che fu lei e non la Caniglia o la Cigna a rimanere al Metropolitan quando il teatro cercava fra il 1937 ed il 1938 le sostitute dei due soprani spinti Ponselle e Rethberg.
La Milanov era, e qui lo testimoniano il maggior numero di registrazioni live alterna perché talune esecuzioni degli anni ‘50 ( Gioconda e Trovatore al Met rispettivamente 1953 e 1955) sono ancora di gusto, mentre altre come il Boccanegra o la Cavalleria sono decisamente infelici e inficiati da un gusto verista che, neppure, Mitropoulos riesce a frenare.
Neppure la Caniglia, testimonianza discografiche alla mano brillava per costanza di rendimento perché lo Chenier del 1941 o il Ballo del 1943 mostrano, sotto il profilo vocale una cantante più provata e tecnicamente discutibile che quella della Francesca del 1951 o di taluni stralci di un Trovatore sud americano del 1946.
Entrambe avevano il loro tallone di Achille negli acuti estremi, con la differenza che, talora, la Milanov (vedi il d’amor sull’ali rosee) cantando piano o mezzo forte evitava scivoloni. Oltre tutto nessuna delle due era una musicista rifinitissima, come testimonia ad esempio un don Giovanni della Milanov o come l’episodio della Messa da Requiem, famosissima, di Santa Maria degli angeli dove era la Stignani a dare l’attacco alla collega.
Il difetto è ovvio sia la Caniglia che la Milanov disponevano in natura di una dote eccezionale (per essere chiari poche se ne sono sentite tali negli anni successivi, nessuna oggi) di colore splendido, femminili e dolci, però, il gusto dell’epoca richiedeva accento drammatico e l’accento drammatico del tempo imponeva sonorità del mezzo forte in su ed un registro basso ampio e sonoro, ossia di petto. Le note di petto eseguite senza un adeguato sostegno ( chi avesse voglia di sentire una nota di petto ben sostenuta deva andare alle registrazioni di una Onegin o di una Stignani, fra i mezzo soprani, o una Leider e una Destinn o una Russ fra i soprani) comportano come logica conseguenza una voce scissa in due tronconi, difetto che nature straordinarie come la Milanov o la Caniglia riescono anche a mascherare per vent’anni e l’impossibilità di una dinamica sfumata e del cosiddetto “riposo per la voce” come lo chiama Lauri Volpi il cantar piano riferito, proprio alle voci femminili alle prese con Aida o Ballo in maschera. Eppure le cantanti delle generazioni immediatamente precedenti fossero la Rethberg, la Arangi Lombardi o coeve ed attive in altra area, come la Lemnitz, avevano praticato un gusto più meditato e lasciato esecuzioni che ancor oggi non sono affatto datate.
Intendiamoci bene oggi ascoltare il timbro veramente sontuoso della Milanov nel finale primo di Gioconda, o una esecuzione dell’allegro “Ah bello a me ritorna” con una voce che forse solo la Caballé sfoggiava più belle o lo slancio (poi possiamo discutere se sia o meno autenticamente verdiano) di Leonora di Vargas che giunge al convento della Madonna degli Angeli sono esperienze che fanno saltare sulla sedia l’ascoltatore. Come all’ascolto sorgerà il sospetto, che, persino, la vituperata Caniglia sia stata modello per soprani spinti per trent’anni nell’eseguire arie come l’”Ebben ne andrò lontana” di Wally.
Gli ascolti
Maria Caniglia
Catalani - La Wally
Atto I - Ebben ne andrò lontana (1936)
Cilea - Adriana Lecouvreur
Atto IV - Poveri fiori (1943)
Verdi - La traviata
Atto II - Madamigella Valéry?...Dite alla giovine...Morrò, la mia memoria (con Mario Basiola - 1939)
Verdi - La forza del destino
Atto II - Son giunta!...Madre pietosa Vergine (1941)
Verdi - Otello
Atto IV - Era più calmo...Mia madre aveva una povera ancella...Ave Maria (1938)
Zandonai - Francesca da Rimini
Atto III - Benvenuto signore mio cognato (con Giacinto Prandelli - 1950)
Zinka Milanov
Bellini - Norma
Atto I - Sediziose voci...Casta Diva...Ah! Bello a me ritorna (1944)
Bellini - Norma
Atto II - In mia man alfin tu sei (con Frederick Jagel - 1944)
Ponchielli - La Gioconda
Atto I - Angele Dei (con Anna Kaskas - 1939)
Verdi - Rigoletto
Atto III - V'ho ingattato, colpevole fui (con Leonard Warren - 1944)
Verdi - Il trovatore
Atto IV - D'amor sull'ali rosee (1954)
Verdi - Aida
Atto III - Pur ti riveggo mia dolce Aida (con Giovanni Martinelli - 1943)
Lauri Volpi, che abbiamo assodato non amava le voci femminili molto dotate al centro, parlando della Caniglia ricorre al termine “voce dominante, che lasciava alle altre le briciole”. Le altre si chiamavano, magari, Maria Pedrini e Gabriella Gatti.La definizione potrebbe valere uguale ed identica, trasferita al Metropolitan, per Zinka Milanov.
Dal 1937, quando vi debuttò come Leonora del Trovatore il soprano croato rimase nel massimo teatro americano (con la sola eccezione delle stagioni 1947 e 1948) sino al 1966 quando il concerto di chiusura del vecchio Met fu anche quello di addio alle scene dell’esausta Zinka.
Nei principali teatri italiani ossia Scala, San Carlo e, come lo si chiamava allora, il Reale dell’Opera la Caniglia fu dal 1935 la monopolista del repertorio spinto. Non affrontò, se non nel dopo guerra i titoli più pesanti come Gioconda e Fanciulla (e Norma che allora era un’opera da soprano drammatico) per la presenza, sino al 1946, di un’altra voce assolutamente torrenziale: Gina Cigna.
Va detto che i monopoli dei ruoli, allora a differenza di oggi, avevano fondamenti ed artistici e contingenti.
La qualità delle due voci nel ricordo di chi le abbia ascoltate è concorde si trattava di voci di grandissimo tonnellaggio ed anche molto belle in natura. Entrambe, per la situazione contingente,(il ritiro o il declino al Met della Ponselle e della Rethberg, in Italia della Raisa, della Scacciati e della Arangi-Lombardi e della Muzio si trovarono in tempo rapido (anche se la Milanov a Zagabria fra il 1928 ed il 1937 aveva cantato un repertorio vastissimo) a cantare sistematicamente opere pesanti per le quali la voce, forse, la tecnica, per certo, non erano del tutto adatte. La Milanov soprattutto il tardo Verdi e la Tosca, la Caniglia un repertorio ben più vasto, che comprendeva il tardo Verdi ( in condominio, però, con la Cigna e la Pacetti), Puccini, Giordano, Mascagni (che per la voce della Caniglia aveva una assoluta predilezione) ed anche Wagner (Lohengrin e Tannahauser), Spontini (Vestale), Gluck (Ifigenia), Meyerbeer (Africana), il primo Verdi (Luisa Miller ed Oberto) e persino il Donizetti di Poliuto nel 1955 a Caracalla.
Per il dettaglio la Milanov era anche un po’più rifinita tecnicamente e quanto meno castigata nel gusto come l’esecuzione della Casta diva o della scena di Leonora testimoniano. E come testimonia il fatto che fu lei e non la Caniglia o la Cigna a rimanere al Metropolitan quando il teatro cercava fra il 1937 ed il 1938 le sostitute dei due soprani spinti Ponselle e Rethberg.
La Milanov era, e qui lo testimoniano il maggior numero di registrazioni live alterna perché talune esecuzioni degli anni ‘50 ( Gioconda e Trovatore al Met rispettivamente 1953 e 1955) sono ancora di gusto, mentre altre come il Boccanegra o la Cavalleria sono decisamente infelici e inficiati da un gusto verista che, neppure, Mitropoulos riesce a frenare.
Neppure la Caniglia, testimonianza discografiche alla mano brillava per costanza di rendimento perché lo Chenier del 1941 o il Ballo del 1943 mostrano, sotto il profilo vocale una cantante più provata e tecnicamente discutibile che quella della Francesca del 1951 o di taluni stralci di un Trovatore sud americano del 1946.
Entrambe avevano il loro tallone di Achille negli acuti estremi, con la differenza che, talora, la Milanov (vedi il d’amor sull’ali rosee) cantando piano o mezzo forte evitava scivoloni. Oltre tutto nessuna delle due era una musicista rifinitissima, come testimonia ad esempio un don Giovanni della Milanov o come l’episodio della Messa da Requiem, famosissima, di Santa Maria degli angeli dove era la Stignani a dare l’attacco alla collega.
Il difetto è ovvio sia la Caniglia che la Milanov disponevano in natura di una dote eccezionale (per essere chiari poche se ne sono sentite tali negli anni successivi, nessuna oggi) di colore splendido, femminili e dolci, però, il gusto dell’epoca richiedeva accento drammatico e l’accento drammatico del tempo imponeva sonorità del mezzo forte in su ed un registro basso ampio e sonoro, ossia di petto. Le note di petto eseguite senza un adeguato sostegno ( chi avesse voglia di sentire una nota di petto ben sostenuta deva andare alle registrazioni di una Onegin o di una Stignani, fra i mezzo soprani, o una Leider e una Destinn o una Russ fra i soprani) comportano come logica conseguenza una voce scissa in due tronconi, difetto che nature straordinarie come la Milanov o la Caniglia riescono anche a mascherare per vent’anni e l’impossibilità di una dinamica sfumata e del cosiddetto “riposo per la voce” come lo chiama Lauri Volpi il cantar piano riferito, proprio alle voci femminili alle prese con Aida o Ballo in maschera. Eppure le cantanti delle generazioni immediatamente precedenti fossero la Rethberg, la Arangi Lombardi o coeve ed attive in altra area, come la Lemnitz, avevano praticato un gusto più meditato e lasciato esecuzioni che ancor oggi non sono affatto datate.
Intendiamoci bene oggi ascoltare il timbro veramente sontuoso della Milanov nel finale primo di Gioconda, o una esecuzione dell’allegro “Ah bello a me ritorna” con una voce che forse solo la Caballé sfoggiava più belle o lo slancio (poi possiamo discutere se sia o meno autenticamente verdiano) di Leonora di Vargas che giunge al convento della Madonna degli Angeli sono esperienze che fanno saltare sulla sedia l’ascoltatore. Come all’ascolto sorgerà il sospetto, che, persino, la vituperata Caniglia sia stata modello per soprani spinti per trent’anni nell’eseguire arie come l’”Ebben ne andrò lontana” di Wally.
Gli ascolti
Maria Caniglia
Catalani - La Wally
Atto I - Ebben ne andrò lontana (1936)
Cilea - Adriana Lecouvreur
Atto IV - Poveri fiori (1943)
Verdi - La traviata
Atto II - Madamigella Valéry?...Dite alla giovine...Morrò, la mia memoria (con Mario Basiola - 1939)
Verdi - La forza del destino
Atto II - Son giunta!...Madre pietosa Vergine (1941)
Verdi - Otello
Atto IV - Era più calmo...Mia madre aveva una povera ancella...Ave Maria (1938)
Zandonai - Francesca da Rimini
Atto III - Benvenuto signore mio cognato (con Giacinto Prandelli - 1950)
Zinka Milanov
Bellini - Norma
Atto I - Sediziose voci...Casta Diva...Ah! Bello a me ritorna (1944)
Bellini - Norma
Atto II - In mia man alfin tu sei (con Frederick Jagel - 1944)
Ponchielli - La Gioconda
Atto I - Angele Dei (con Anna Kaskas - 1939)
Verdi - Rigoletto
Atto III - V'ho ingattato, colpevole fui (con Leonard Warren - 1944)
Verdi - Il trovatore
Atto IV - D'amor sull'ali rosee (1954)
Verdi - Aida
Atto III - Pur ti riveggo mia dolce Aida (con Giovanni Martinelli - 1943)
2 commenti:
Siamo consapevoli che, al momento della pubblicazione, gli ascolti non sono disponibili causa problemi al server, su cui purtroppo non possiamo intervenire. Ci auguriamo che vengano risolti al più presto. Nel frattempo, godetevi l'articolo di Donzelli.
Gli ascolti sono ora disponibili.
Posta un commento