Ieri sera è andata in scena a Bologna la Rondine di Puccini.
Spiace che il Teatro Comunale sia stato costretto dai tagli a cancellare la prevista produzione del Sogno di una notte di mezz'estate.
Spiace che il sovrintendente e direttore artistico Marco Tutino non abbia pensato di proporre l'opera Britten in forma di concerto, eliminando così i costi legati all'allestimento (allestimento peraltro importato dall'estero, quindi, supponiamo, a costi più contenuti rispetto a una nuova produzione).
Spiace che uno spettacolo della stagione lirica sia stato rimpiazzato da uno spettacolo di studenti (la Scuola Italiana dell'Opera, l'accademia per giovani cantanti del Comunale, già distintasi quest'anno per una discutibile "edizione parallela" di Puritani) senza che i prezzi dei biglietti fossero ritoccati al ribasso, come sarebbe apparso logico, giusto ed opportuno.
Spiace che si sia scelto un titolo come Rondine, pensato e scritto per grandi artisti "già fatti" e non "da fare" (per Magda Puccini aveva pensato nientemeno che a Rosa Raisa, la prima interprete monegasca fu Gilda Dalla Rizza, accanto a Tito Schipa, e alla prima italiana, che ebbe luogo proprio a Bologna, Ruggero fu Aureliano Pertile mentre Toti Dal Monte vestiva i panni di Lisette), e questo perché, a onta di scritture vocalmente non impossibili, le parti protagonistiche e in certa misura anche quelle di fianco richiedono interpreti scafati nell'arte della declamazione musicale non meno che in quella della recitazione tout court.
Spiace che, per un titolo già più volte allestito a Bologna, si sia imbastita una nuova produzione, sia pure "di emergenza" e senza sfarzo (il coro era in abito da concerto, le scenografie anni Venti davvero essenziali), che risulta gradevole ma anche un po' troppo "già vista" e a tratti persino scolastica, tanto da non giustificare la spesa, per quanto modesta, affrontata.
Spiace infine che la sovrintendenza bolognese tenti, dalle pagine del programma di sala, nonché da quelle dei giornali, di spacciare per sperimentalismo, che dico, pionierismo quello che è a tutti gli effetti un ripiego. Ripiego che, difatti, non basta a riempire la sala del Bibiena che per metà, e questo nonostante il prestigio legato al nome del direttore d'orchestra, nonché a quello del soprano che, per tre recite su nove totali, veste i panni di Magda de Civry.
Ciò premesso, entriamo nel merito dell'esecuzione.
E diciamo subito che il meglio è venuto dalla buca. José Cura, che ben poco ci ha persuaso, massime ultimamente, quale tenore lirico spinto, ha retto con piglio e competenza le fila del discorso musicale. Alla sua lettura, vivace e a tratti veemente nei primi due atti e giustamente onirica al terzo, faceva difetto quel tocco di levità parigina che della commedia lirica di Adami costituisce uno degli ingredienti fondamentali, mentre all'inizio del secondo atto l'entrata del coro è risultata un poco caotica. Si è trattato comunque di una prova onestissima, a tratti brillante, soprattutto per la capacità di reggere e sostenere un cast di belle speranze ma scarsa esperienza, per giunta ostacolato, in taluni casi, da evidenti problemi tecnici.
Nella folla di comprimari merita la menzione la generosa Anna Malavasi, il cui canto aperto al centro e l'accento sempre veemente, focoso ed estroverso sia nei panni della mondana di scarso lustro sia in quelli della fanciulla di strada, nonostante le affermazioni televisive dell'interessata, attribuitasi la missione di "svecchiare" l'opera richiamano, invece, vizi e vezzi del peggior verismo. Senza che la voce abbia le auree doti di certe generose veriste.
Davide Bartolucci quale Rambaldo ha dato prova di una voce più da tenore che da autentico basso, per giunta ingolata e fioca, con plausibile effetto senescente (in fondo il banchiere deve essere ben più anziano della sua protetta) ma scarsa autorevolezza e peso tanto al primo atto, in cui la sua presenza in scena scivola via quasi inosservata, quanto allo scontro con Magda al finale secondo.
Il Prunier di Gabriele Mangione è il solito tenorino di mezzo carattere, con voce piccola e tutta nel naso, il che dà luogo a frequenti stonature sul passaggio e oltre. Discreta la verve scenica, tuttavia. Suo degno contraltare Francesca Pacileo, microbica soubrettina che guadagna un po' di volume solo sugli acuti, di norma fissi.
Atalla Ayan ha voce assai bella e anche potente, ma sfortunatamente la parte di Ruggero insiste sul passaggio di registro e lì il canto del giovane tenore brasiliano si fa spesso forzato e duro, mentre i lodevoli tentativi di sfumare e variare danno luogo a suoni indietro, quando non stimbrati. Faticosissimo il quartetto al secondo atto, le cose sono andate molto meglio nel terzo, forse anche in virtù di una minore tensione. Confidiamo che, data la giovane età, l'artista abbia tempo e modo di migliorarsi con lo studio e l'esercizio, perché la dote di natura è notevole.
Resta da dire della protagonista. Svetla Vassileva ha voce corposa e di bella grana al centro, ma povera nei gravi, che tende a gonfiare oltre misura (davvero grottesca la scena della lettera al terzo atto, che in tale registro prevalentemente si sviluppa), e fin troppo portata al grido in acuto. Nella celebre canzone di Doretta la voce si è spezzata due volte sugli estremi acuti, peraltro ghermiti, e analoghe difficoltà abbiamo riscontrato nella melodia "Fanciulla è sbocciato l'amore" e soprattutto nell'atto del Bullier, con evidente afonia alla fine del quartatto e nella successiva scena con Rambaldo. Scarsa la qualità del legato in generale, ma segnatamente al finale ultimo, scena in cui in massimo grado la protagonista dovrebbe essere in grado di colorare ogni frase, ogni parola, ogni nota. La Vassileva è invece risultata assolutamente inerte sotto il profilo espressivo, e la snella figuretta faceva pensare a una Mimì o una Micaela travestite da demi-mondaine, con un rovesciamento speculare alla situazione del ballo al Bullier e senza traccia della grandiosa primadonna verista (appassionata e ardente sì, ma anche femme fatale e diva) che la parte impone. E a fortiori una lettura ingenua ed angelicata del personaggio avrebbe richiesto un canto ben più sorvegliato e meditato.
Il cast
Magda - Svetla Vassileva
Lisette - Francesca Pacileo
Ruggero - Atalla Ayan
Prunier - Gabriele Mangione
Rambaldo - Davide Bartolucci
Périchaud - Mattia Campetti
Gobin/Un giovane - Swan Piva
Crébillon/Rabonnier/Un maggiordomo - William Corrò
Yvette/Georgette - Anna Kraynikova
Bianca/Gabriella - Anna Malavasi
Suzy/Lolette - Silvia Beltrami
Un cantore - Giuseppina Bridelli
Direttore - José Cura
Progetto regia, scene e costumi - Allievi della Scuola dell'Opera Italiana
Tutor regia - Walter Le Moli
Puccini - La Rondine
Atto I
Chi il bel sogno di Doretta - Ileana Cotrubas (1985)
Spiace che il Teatro Comunale sia stato costretto dai tagli a cancellare la prevista produzione del Sogno di una notte di mezz'estate.
Spiace che il sovrintendente e direttore artistico Marco Tutino non abbia pensato di proporre l'opera Britten in forma di concerto, eliminando così i costi legati all'allestimento (allestimento peraltro importato dall'estero, quindi, supponiamo, a costi più contenuti rispetto a una nuova produzione).
Spiace che uno spettacolo della stagione lirica sia stato rimpiazzato da uno spettacolo di studenti (la Scuola Italiana dell'Opera, l'accademia per giovani cantanti del Comunale, già distintasi quest'anno per una discutibile "edizione parallela" di Puritani) senza che i prezzi dei biglietti fossero ritoccati al ribasso, come sarebbe apparso logico, giusto ed opportuno.
Spiace che si sia scelto un titolo come Rondine, pensato e scritto per grandi artisti "già fatti" e non "da fare" (per Magda Puccini aveva pensato nientemeno che a Rosa Raisa, la prima interprete monegasca fu Gilda Dalla Rizza, accanto a Tito Schipa, e alla prima italiana, che ebbe luogo proprio a Bologna, Ruggero fu Aureliano Pertile mentre Toti Dal Monte vestiva i panni di Lisette), e questo perché, a onta di scritture vocalmente non impossibili, le parti protagonistiche e in certa misura anche quelle di fianco richiedono interpreti scafati nell'arte della declamazione musicale non meno che in quella della recitazione tout court.
Spiace che, per un titolo già più volte allestito a Bologna, si sia imbastita una nuova produzione, sia pure "di emergenza" e senza sfarzo (il coro era in abito da concerto, le scenografie anni Venti davvero essenziali), che risulta gradevole ma anche un po' troppo "già vista" e a tratti persino scolastica, tanto da non giustificare la spesa, per quanto modesta, affrontata.
Spiace infine che la sovrintendenza bolognese tenti, dalle pagine del programma di sala, nonché da quelle dei giornali, di spacciare per sperimentalismo, che dico, pionierismo quello che è a tutti gli effetti un ripiego. Ripiego che, difatti, non basta a riempire la sala del Bibiena che per metà, e questo nonostante il prestigio legato al nome del direttore d'orchestra, nonché a quello del soprano che, per tre recite su nove totali, veste i panni di Magda de Civry.
Ciò premesso, entriamo nel merito dell'esecuzione.
E diciamo subito che il meglio è venuto dalla buca. José Cura, che ben poco ci ha persuaso, massime ultimamente, quale tenore lirico spinto, ha retto con piglio e competenza le fila del discorso musicale. Alla sua lettura, vivace e a tratti veemente nei primi due atti e giustamente onirica al terzo, faceva difetto quel tocco di levità parigina che della commedia lirica di Adami costituisce uno degli ingredienti fondamentali, mentre all'inizio del secondo atto l'entrata del coro è risultata un poco caotica. Si è trattato comunque di una prova onestissima, a tratti brillante, soprattutto per la capacità di reggere e sostenere un cast di belle speranze ma scarsa esperienza, per giunta ostacolato, in taluni casi, da evidenti problemi tecnici.
Nella folla di comprimari merita la menzione la generosa Anna Malavasi, il cui canto aperto al centro e l'accento sempre veemente, focoso ed estroverso sia nei panni della mondana di scarso lustro sia in quelli della fanciulla di strada, nonostante le affermazioni televisive dell'interessata, attribuitasi la missione di "svecchiare" l'opera richiamano, invece, vizi e vezzi del peggior verismo. Senza che la voce abbia le auree doti di certe generose veriste.
Davide Bartolucci quale Rambaldo ha dato prova di una voce più da tenore che da autentico basso, per giunta ingolata e fioca, con plausibile effetto senescente (in fondo il banchiere deve essere ben più anziano della sua protetta) ma scarsa autorevolezza e peso tanto al primo atto, in cui la sua presenza in scena scivola via quasi inosservata, quanto allo scontro con Magda al finale secondo.
Il Prunier di Gabriele Mangione è il solito tenorino di mezzo carattere, con voce piccola e tutta nel naso, il che dà luogo a frequenti stonature sul passaggio e oltre. Discreta la verve scenica, tuttavia. Suo degno contraltare Francesca Pacileo, microbica soubrettina che guadagna un po' di volume solo sugli acuti, di norma fissi.
Atalla Ayan ha voce assai bella e anche potente, ma sfortunatamente la parte di Ruggero insiste sul passaggio di registro e lì il canto del giovane tenore brasiliano si fa spesso forzato e duro, mentre i lodevoli tentativi di sfumare e variare danno luogo a suoni indietro, quando non stimbrati. Faticosissimo il quartetto al secondo atto, le cose sono andate molto meglio nel terzo, forse anche in virtù di una minore tensione. Confidiamo che, data la giovane età, l'artista abbia tempo e modo di migliorarsi con lo studio e l'esercizio, perché la dote di natura è notevole.
Resta da dire della protagonista. Svetla Vassileva ha voce corposa e di bella grana al centro, ma povera nei gravi, che tende a gonfiare oltre misura (davvero grottesca la scena della lettera al terzo atto, che in tale registro prevalentemente si sviluppa), e fin troppo portata al grido in acuto. Nella celebre canzone di Doretta la voce si è spezzata due volte sugli estremi acuti, peraltro ghermiti, e analoghe difficoltà abbiamo riscontrato nella melodia "Fanciulla è sbocciato l'amore" e soprattutto nell'atto del Bullier, con evidente afonia alla fine del quartatto e nella successiva scena con Rambaldo. Scarsa la qualità del legato in generale, ma segnatamente al finale ultimo, scena in cui in massimo grado la protagonista dovrebbe essere in grado di colorare ogni frase, ogni parola, ogni nota. La Vassileva è invece risultata assolutamente inerte sotto il profilo espressivo, e la snella figuretta faceva pensare a una Mimì o una Micaela travestite da demi-mondaine, con un rovesciamento speculare alla situazione del ballo al Bullier e senza traccia della grandiosa primadonna verista (appassionata e ardente sì, ma anche femme fatale e diva) che la parte impone. E a fortiori una lettura ingenua ed angelicata del personaggio avrebbe richiesto un canto ben più sorvegliato e meditato.
Il cast
Magda - Svetla Vassileva
Lisette - Francesca Pacileo
Ruggero - Atalla Ayan
Prunier - Gabriele Mangione
Rambaldo - Davide Bartolucci
Périchaud - Mattia Campetti
Gobin/Un giovane - Swan Piva
Crébillon/Rabonnier/Un maggiordomo - William Corrò
Yvette/Georgette - Anna Kraynikova
Bianca/Gabriella - Anna Malavasi
Suzy/Lolette - Silvia Beltrami
Un cantore - Giuseppina Bridelli
Direttore - José Cura
Progetto regia, scene e costumi - Allievi della Scuola dell'Opera Italiana
Tutor regia - Walter Le Moli
Puccini - La Rondine
Atto I
Chi il bel sogno di Doretta - Ileana Cotrubas (1985)
7 commenti:
Mi fa piacere sapere che non sono l'unico a pensare che questo spettacolo sia stato più che mediocre vergognoso per il teatro Comunale di Bologna.
Aspettavo qualche parole in più sulla regia (del tutto banale) e sopratutto sulla "microbica soubrettina" Pacileo che a mio parere dovrebbe più che cantare opera lirica dedicarsi alla canzone napoletana nei peggio bar di Napoli. Voce non a fuoco, indietro, e canta come se le facesse schifo farlo nonchè una patata assoluta in scena.
Non sono d'accordo su quello che si scrive di Davide Bartolucci che magari scenicamente non rende al meglio la parte del "protettore" data la sua giovine età ma che di tenore io sinceramente sento ben poco.
Sono pienamente d'accordo che la Signora Vassileva era del tutto vergognosa però devo ammettere che era l'unica presenza "professionale" sul palco e questa esperienza, indipendentemente da se brava o meno vocalmente, si faceva sentire.
Le tre ragazze comprimarie a me sono sembrate più che dignitose tranne il soprano russo (Anna Krenikova) che non solo ha steccato parecchie volte ma mi sembra del tutto priva di musicalità, bella per carità ma se per questo dovrebbe dedicarsi a fare la modella e non la cantante.
Quello che mi ha deluso tantissimo era la assoluta assenza del loggione..i fischi ci sarebbero stati a pennello in una produzione del genere. Io purtroppo non l'ho fatto perchè seduto in platea altrimenti mi avreste sentito fischiare non poco!
Mi auguro solo che il secondo cast sia meglio..almeno a livello musicale e vocale!!
A mio avviso Bartolucci è la classica voce "inscatolata": sembra un basso perché... la voce non va in alto, non sfoga! E' per questo motivo, e non per la scarsa esperienza scenica, che risulta evanescente.
La Kraynikova era al livello (assai basso) delle sue due comari, davvero un bel terzetto... se non fosse stato per il "brio" della Malavasi, sai che pizza!!!
Per contro non definirei la Vassileva vergognosa... diciamo interpretativamente molto, ma molto esile e vocalmente in chiara difficoltà, ma non più della tanto osannata (da altri) Cedolins in Venezia. La vergogna, semmai, è del pubblico che premia con un'ovazione a scena aperta, sia pur fulminea, un sogno di Doretta come quello di ieri sera... e del resto... si fischia forse all'Antoniano???
[E comunque niente vieta di fischiare dalla platea... a meno di non trovarsi, per caso e per disgrazia, vicino ai parenti degli artisti ;) ]
Si chiamerà anche scuola dell'opera ma dal momento che si paga un biglietto di pari prezzo di uno spettacolo in stagione i signori allievi (che cmq hanno la faccia per presentarsi in titoli di una certa importanza e in un teatro che finora era uno tra i più importanti d'Italia) devono essere trattati al pari dei loro colleghi professionisti. Chi ha il coraggio di calcare un palcoscenico come quello è giusto che ne respiri la magia ma che se ne assuma anche le conseguenze: non sono degli sprovveduti.
Ma é vero,come mi é stato riferito,che a Bologna il Comunale regalava i biglietti perché il teatro era vuoto?Comunque,almeno era uno spettacolo diretto con Cura...
Caro Mozart, di questo nulla so... ma non mi stupirebbe. In fondo anche in occasione di una recente serata organizzata dal Comunale per raccogliere fondi, serata costituita dal Liederabend di un noto, notissimo baritono britannico, il prezzo dei biglietti, inizialmente di 150 (diconsi centocinquanta) euro, è rapidamente sceso a 40... e la sera dell'Evento si entrava gratis, o per lo meno a offerta libera... il teatro è rimasto semivuoto... mah!!!!!
Ovviamente relata refero...
Da quanto io so il biglietto l'ho pagato le 3 volte che sono andato a vedere lo spettacolo.
quando ha cantato il secondo cast (quello del 21) il teatro era pieno pieno con questo cast:
Magda: Rowley
Ruggero: Sepe
Prunier: Arnò
Lisette: Ballotta
Rambaldo: Zaupa
Quella sera il teatro era pieno e da quanto io so il biglietto l'ho pagato...e devo aggiungere che dalle 3 recite che ho visto fin'ora è stata la migliore, voglio vedere anche quella del 28.
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