Quarant'anni or sono vedevo la mia prima opera. La richiesta del bambino neppure decenne nasceva dalla curiosità di sapere che accadesse dopo l'ouverture, che ascoltavo, e come si realizzasse quel dramma il cui testo, in un italiano un poco desueto, leggevo sui libretti, che trovavo per casa. Per esaudire il desiderio fu prescelto il titolo in quel momento rappresentato in Scala. Assedio di Corinto.
Sì, il famoso Assedio passato alla storia, rimasto esperienza isolata di Rossini tragico nella storia del teatro milanese dove, in piena Rossini renaissance, i titoli tragici del pesarese fecero anticamera sino al 1992 quando fu ripresa La donna del lago.
Il ricordo più vivo è ancora oggi il trionfo riservato in ogni momento solistico alle due irripetibili protagoniste. La voce sul "lampadario" della Sills in "Dal soggiorno degli estinti", la Horne che brandiva, nella grande aria del III atto, la spada trasformata in croce, l'irruzione di Maometto fra i fumi dell'incendio e il crollo del muro, naturalmente, di cartapesta.
Ho perso il conto di quanti a quello spettacolo siano seguiti. Potrei anche dire che sin da quella rappresentazione fossero già delineati i miei gusti di ascoltatore verso i titoli del Rossini tragico. Sarebbe un'idiozia suprema. Gli ascoltatori della mia generazione, o almeno buona parte di essi, ove dotati di media cultura e medio gusto, sono stati attratti dal Rossini tragico per il banale motivo che la riproposizione di quei titoli è stato il fenomeno più pregnante e significativo degli ultimi 40 anni. Oggi siamo in piena Rossini décadence. Avessimo sentito dal vivo il Rigoletto di Galeffi o il Werther di Schipa, avremmo, e con fondamento, altri gusti.
E' forse un esercizio inutile andare con la memoria agli spettacoli di questi 40 anni. Trionfi oggi impensabili come il debutto come Borgia della Caballè in Scala, la rentrée della divina Magda in Jenufa, l'addio a Scala e palcoscenico di Renata Tebaldi, Leyla Gencer Paolina nei Martyrs veneziani, cui bastava un gesto per essere, al di là delle condizioni vocali, la santa, invasata, matrona di Corneille, l'acrobatica Marilyn Horne, quasi sempre in vesti virili nonostante il fisico boteriano, i divi della Rossini renaissance che oggi ci vorrebbero imporre di dimenticare, ma anche il timbro aureo ed unico di Maria Chiara ed il sublime fraseggio di Raina Kabaivanska, anche fuori ruolo come Elisabetta del Roberto Devereux.
E ci sono anche i tonfi. La Favorita scaligera, dove un attuale e costante plaudente si prese il lusso di apostrofare con l'epiteto "Cappone!" il do diesis, diciamo spoggiato, di Luciano Pavarotti, la declinata Caballè, giustamente punita dal pubblico scaligero non perchè alla frutta della voce ma perchè palesemente impreparata nei panni di Anna Bolena, Renata Scotto, sbeffeggiata Duchessa Elena dei Vespri, rea di lesa Divina (la Maria naturalmente), sino ad un tenore, ne taccio il nome, che in una bella pomeridiana di Sonnambula al Margherita di Genova venne commentato con il ligurissimo "Belàn, ma l'è un can!" e dal gesto del Maesshtro che, stizzito, gettò la bacchetta perchè, il solito sesto piano, aveva educatamente rilevato che con l'Attila di Samuel Ramey si sentiva un cantante da Scala.
I 40 anni di opera sono anche 40 anni di amore per le ristampe dei 78 giri, acustici od elettrici che siano, nato per sentire i cantanti (Gigli, Caniglia, Stignani, Muzio, Pasero) coevi a chi - una zia - mi aveva insegnato ad amare l'opera. Perchè le ristampe costavano assai meno degli LP "di fresco dati fuori" e perchè consentivano pagine che rappresentavano la mitologia, il Mito e dell'Opera e dell'interpretazione. La prima "rivelazione" da un 78 giri la devo a Pol Plançon nel couplet di Vulcano di Philemon et Baucis. Col passar del tempo ho capito, grazie al 78 giri, frusciante e tagliato per il tempo tiranno, il fascino evocativo, il viaggio nel tempo, che quei cimeli consentivano nel mondo dell'opera.
Viaggio nel tempo, conoscere il tempo (passato, naturalmente), una certa epoca, la sua poetica ed il suo gusto, rivivere le emozioni del pubblico, questo è per me, andare all'Opera. Come cantassero Rubini piuttosto che la Borghi-Mamo non lo sapremo mai, tanto meno come concertassero Donizetti, Franco Faccio o Cleofonte Campanini. Ma il "vivo lampo" di Marilyn Horne-Tancredi, piuttosto che il "Deh tu bell'alma" di Martine Dupuy-Romeo Montecchi o il monologo di Elektra, ghermito e declamato dalla voce gelida di Birgit Nilsson, danno la meravigliosa possibilità di capire perchè in un certo luogo, in un certo anno, un certo pubblico, staccasse cavalli e trascinasse carrozze, facesse a botte davanti ad un teatro, implorasse, non bis, ma tris di un brano, banale e volgarotto come "La donna è mobile", ricevendone dal divo di turno per premio, fra l'altro, almeno tre cadenze differenti. Scusate la nostalgia.
Gli ascolti
Gounod - Philémon et Baucis
Atto I - Au bruit des lourds marteaux - Pol Plançon (1904)
Verdi - Nabucco
Parte IV - Dio di Giuda - Carlo Galeffi (1914)
R. Strauss - Elektra
Atto unico - Allein! Weh, ganz allein - Birgit Nilsson (1967)
Rossini - L'Assedio di Corinto
Atto III - Celeste Provvidenza - Beverly Sills, Marilyn Horne & Franco Bonisolli, dir. Thomas Schippers (1969)
Donizetti - Lucrezia Borgia
Prologo - Tranquillo ei posa...Com'è bello, quale incanto - Montserrat Caballé (1970)
Janacek - Jenufa
Atto II - Nechám ještu dveue - Magda Olivero & Grace Bumbry (1974)
Donizetti - Les Martyrs
Atto IV - Il nous faut des jeux et des fêtes - Leyla Gencer, Ottavio Garaventa & Renato Bruson (1978)
Donizetti - Anna Bolena
Atto II - Coppia iniqua - Montserrat Caballé (1982)
Rossini - Tancredi
Atto II - Ah se de' mali miei...Il vivo lampo - Chris Merritt & Marilyn Horne (1983)
Rossini - La Donna del lago
Atto I - Viver io non potrò - Lella Cuberli & Martine Dupuy (1986)
Verdi - Attila
Atto I - Mentre gonfiarsi l'anima...Oltre quel limite - Samuel Ramey (1991)
Sì, il famoso Assedio passato alla storia, rimasto esperienza isolata di Rossini tragico nella storia del teatro milanese dove, in piena Rossini renaissance, i titoli tragici del pesarese fecero anticamera sino al 1992 quando fu ripresa La donna del lago.
Il ricordo più vivo è ancora oggi il trionfo riservato in ogni momento solistico alle due irripetibili protagoniste. La voce sul "lampadario" della Sills in "Dal soggiorno degli estinti", la Horne che brandiva, nella grande aria del III atto, la spada trasformata in croce, l'irruzione di Maometto fra i fumi dell'incendio e il crollo del muro, naturalmente, di cartapesta.
Ho perso il conto di quanti a quello spettacolo siano seguiti. Potrei anche dire che sin da quella rappresentazione fossero già delineati i miei gusti di ascoltatore verso i titoli del Rossini tragico. Sarebbe un'idiozia suprema. Gli ascoltatori della mia generazione, o almeno buona parte di essi, ove dotati di media cultura e medio gusto, sono stati attratti dal Rossini tragico per il banale motivo che la riproposizione di quei titoli è stato il fenomeno più pregnante e significativo degli ultimi 40 anni. Oggi siamo in piena Rossini décadence. Avessimo sentito dal vivo il Rigoletto di Galeffi o il Werther di Schipa, avremmo, e con fondamento, altri gusti.
E' forse un esercizio inutile andare con la memoria agli spettacoli di questi 40 anni. Trionfi oggi impensabili come il debutto come Borgia della Caballè in Scala, la rentrée della divina Magda in Jenufa, l'addio a Scala e palcoscenico di Renata Tebaldi, Leyla Gencer Paolina nei Martyrs veneziani, cui bastava un gesto per essere, al di là delle condizioni vocali, la santa, invasata, matrona di Corneille, l'acrobatica Marilyn Horne, quasi sempre in vesti virili nonostante il fisico boteriano, i divi della Rossini renaissance che oggi ci vorrebbero imporre di dimenticare, ma anche il timbro aureo ed unico di Maria Chiara ed il sublime fraseggio di Raina Kabaivanska, anche fuori ruolo come Elisabetta del Roberto Devereux.
E ci sono anche i tonfi. La Favorita scaligera, dove un attuale e costante plaudente si prese il lusso di apostrofare con l'epiteto "Cappone!" il do diesis, diciamo spoggiato, di Luciano Pavarotti, la declinata Caballè, giustamente punita dal pubblico scaligero non perchè alla frutta della voce ma perchè palesemente impreparata nei panni di Anna Bolena, Renata Scotto, sbeffeggiata Duchessa Elena dei Vespri, rea di lesa Divina (la Maria naturalmente), sino ad un tenore, ne taccio il nome, che in una bella pomeridiana di Sonnambula al Margherita di Genova venne commentato con il ligurissimo "Belàn, ma l'è un can!" e dal gesto del Maesshtro che, stizzito, gettò la bacchetta perchè, il solito sesto piano, aveva educatamente rilevato che con l'Attila di Samuel Ramey si sentiva un cantante da Scala.
I 40 anni di opera sono anche 40 anni di amore per le ristampe dei 78 giri, acustici od elettrici che siano, nato per sentire i cantanti (Gigli, Caniglia, Stignani, Muzio, Pasero) coevi a chi - una zia - mi aveva insegnato ad amare l'opera. Perchè le ristampe costavano assai meno degli LP "di fresco dati fuori" e perchè consentivano pagine che rappresentavano la mitologia, il Mito e dell'Opera e dell'interpretazione. La prima "rivelazione" da un 78 giri la devo a Pol Plançon nel couplet di Vulcano di Philemon et Baucis. Col passar del tempo ho capito, grazie al 78 giri, frusciante e tagliato per il tempo tiranno, il fascino evocativo, il viaggio nel tempo, che quei cimeli consentivano nel mondo dell'opera.
Viaggio nel tempo, conoscere il tempo (passato, naturalmente), una certa epoca, la sua poetica ed il suo gusto, rivivere le emozioni del pubblico, questo è per me, andare all'Opera. Come cantassero Rubini piuttosto che la Borghi-Mamo non lo sapremo mai, tanto meno come concertassero Donizetti, Franco Faccio o Cleofonte Campanini. Ma il "vivo lampo" di Marilyn Horne-Tancredi, piuttosto che il "Deh tu bell'alma" di Martine Dupuy-Romeo Montecchi o il monologo di Elektra, ghermito e declamato dalla voce gelida di Birgit Nilsson, danno la meravigliosa possibilità di capire perchè in un certo luogo, in un certo anno, un certo pubblico, staccasse cavalli e trascinasse carrozze, facesse a botte davanti ad un teatro, implorasse, non bis, ma tris di un brano, banale e volgarotto come "La donna è mobile", ricevendone dal divo di turno per premio, fra l'altro, almeno tre cadenze differenti. Scusate la nostalgia.
Gli ascolti
Gounod - Philémon et Baucis
Atto I - Au bruit des lourds marteaux - Pol Plançon (1904)
Verdi - Nabucco
Parte IV - Dio di Giuda - Carlo Galeffi (1914)
R. Strauss - Elektra
Atto unico - Allein! Weh, ganz allein - Birgit Nilsson (1967)
Rossini - L'Assedio di Corinto
Atto III - Celeste Provvidenza - Beverly Sills, Marilyn Horne & Franco Bonisolli, dir. Thomas Schippers (1969)
Donizetti - Lucrezia Borgia
Prologo - Tranquillo ei posa...Com'è bello, quale incanto - Montserrat Caballé (1970)
Janacek - Jenufa
Atto II - Nechám ještu dveue - Magda Olivero & Grace Bumbry (1974)
Donizetti - Les Martyrs
Atto IV - Il nous faut des jeux et des fêtes - Leyla Gencer, Ottavio Garaventa & Renato Bruson (1978)
Donizetti - Anna Bolena
Atto II - Coppia iniqua - Montserrat Caballé (1982)
Rossini - Tancredi
Atto II - Ah se de' mali miei...Il vivo lampo - Chris Merritt & Marilyn Horne (1983)
Rossini - La Donna del lago
Atto I - Viver io non potrò - Lella Cuberli & Martine Dupuy (1986)
Verdi - Attila
Atto I - Mentre gonfiarsi l'anima...Oltre quel limite - Samuel Ramey (1991)
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