Studente liceale nell’incontro con la lirica monodica non provai nessun interesse per Saffo ed Alceo, in vetta alle preferenze degli studenti, pure quelli “somari”. La mia preferenza andava a Solone in particolare al frammento Diehl n°22 , che contiene il pentametro ”invecchio sempre imparando molte cose”.
Non ho la presunzione di avere imparato alcunchè, solo di averci provato. Anche troppa presunzione, qualcuno puntuale replicherà. Nella vita si deve, almeno, provare ad imparare.
Imparare è un imperativo morale dalle molte ricadute ed applicazioni pratiche come:
a) Imparare dai giovani. Frequentano, miseri loro, una scuola scalcinata trascorrendovi molte ore in più di quante causa scioperi, collettivi ed occupazioni non facessimo noi (seconda parte degli anni ‘70 Milano nel cosiddetto primo liceo della città). Eppure l’altra sera in Scala al concerto di Dudamel ho imparato come ascoltino la musica, come si preparino per un avvenimento con ascolti comparati, ricerca delle grandi esecuzioni, disamina di ciascuna, ovvio partitura alla mano.
b) Imparare, quindi, ad essere autodidatti. Non possono che essere autodidatti perché i loro insegnanti, studenti ai miei tempi e che passeggiavano per i corridoi, non possono insegnare loro. Servono, invece, a questi ragazzi, in grazia di pesanti tomi, surrogati , che non sono né il sapere (sarebbe pretendere troppo) né tanto meno nozioni su cui, una volta ben informati, essere in grado di concepire autonome riflessioni, ovvero di discutere le altrui. Autodidatti lo siamo stati tutti, vittime di professori liceali che si autodefinivano “democratici” e poi di blasonati docenti universitari, che non affrontavano mai i punti essenziali dei corsi, persi in bizantine dissertazioni, solo e sempre ad essere in cattedra ed a parlare ex cathedra. Imparare da soli era indispensabile perché, poi, al momento della verifica erano pignoli, fiscali e pretendevano in maniera inversamente proporzionale a quanto offerto a lezione. L’imparare ad essere autodidatti diviene poi:
c) Impararare per sopravvivere. Nella scuola per potersi creare una minimale professionalità spendibile e “campare” nel mondo del lavoro e magari anche per sopravvivere nel mondo dell’hobby, dove nessuno insegna alcunchè e dove se provi a ragionare (ovvero ascoltare!) con la tua testa, divieni il destinatario di commenti, che, solo per non regalare pubblicità gratuita a chi sistematico e costante ci denigra, non riportiamo, ma che hanno troneggiato ed in siti virtuali e sulla carta (questa almeno di qualità!) stampata.
Imparare per sopravvivere assume una propria peculiare accezione
d) imparare a far da soli ed a viso aperto, ovvero a dire apertamente quale che si pensa e rispondere ed evitare infantili ed inutili ricorsi agli amici, che come accade nelle storielle d’amore ginnasiali riferiscano, riportino messaggi d’amore, blandizie e minacce. Comportamenti che si esauriscono con l’età che dovrebbe essere adulta. Anzi che dovrebbero esaurirsi visto che continuiamo a vedere persone che non ammettono errori e che se li hanno commessi accampano scuse degne di Gatto Silvestro sugli specchi.
Nel dettaglio dell’hobby operistico perché sono, comunque, ospite del Corriere della Grisi, che è un blog che si occupa di melodramma:
- Imparare ad ascoltare vale per tutti. In primo luogo per la critica togata, che, come abbiamo dimostrato poc’anzi, invece di imparare a riconoscere le voci dei brutti e cattivi sparvieri, che calano in gruppo per fischiare, dovrebbero imparare a riconoscere un suono decente, un’orchestra ben condotta e tenuta, l’approfondito esame della partitura.
- Imparare che come il bello ed il meno bello non esistono o meglio ancora che, come insegnavano le vecchie maestre (anche quelle estinte) spiegando le addizioni, non si possono “sommare” le patate con le carote ossia non posso comparare Wagner con Handel. Posso valutare i titoli della produzione handeliana, posso compararli a quelli della produzione di Hasse o i Porpora, perché stiamo sempre operando fra carote e carote.
- Imparare che “la mia persona conta niente” ovvero che su un foro operistico sono uno che ascolta ed esprime motivando la mia propria opinione, non uno, che anche senza rivelare la propria già pubblica identità e professione, la continui ad esercitare. Questo lo insegnava Rossini allorchè -si narra- raccomandava ad Enrico Tamberlick di lasciare in anticamera il suo famoso do diesis4, che costituiva il “titolo accademico” più sonante del tenore.
- Imparare a guardare l’opera per quella che è senza aggiungervi elementi estranei, sopravvenuti nel tempo e senza i quali o senza le forme ed i modi in cui proposti, il melodramma, comunque, vive.
- Imparare a dire la propria opinione senza l’ausilio dell’insulto, donde posso scrivere, comparando Leo Slezak e Placido Domingo, che solo il primo pratica il canto professionale, tanto da poter smorzare, addolcire, legare, eseguire messe di voce in tutta la gamma vocale, tutta omogenea, mentre il secondo non lega, suona povero di smalto ed anche di polpa vocale e non rispetta i segni di espressione previsti dall’autore, che non sono un feticcio, ma un’utile indicazione. Tutto questo solo per spiegare e dialogare o provarci, almeno, perché in realtà l’ascolto comparato non necessita di commento. Questo lo abbiamo imparato da Rossini che trasformò la cabaletta di Romeo Montecchi in una summa di canto e di sapienza di scrittura vocale partendo da un brano, che nell’ottica della primadonna (l’ottica giusta, quindi) era robetta. Mi spiace non disporre dell’esecuzione di un’altra riscrittura rossiniana, ossia il Tancredi di Nicolini. Sarà per la prossima volta.
Scusate ho dimenticato l’ultimo:
Imparare: Domenico Donzelli è un formidabile rompiscatole! Compatite e perdonate!
Gli ascolti
Bellini
I Capuleti e i Montecchi
Atto I
La tremenda ultrice spada - Martine Dupuy (1986)
Non ho la presunzione di avere imparato alcunchè, solo di averci provato. Anche troppa presunzione, qualcuno puntuale replicherà. Nella vita si deve, almeno, provare ad imparare.
Imparare è un imperativo morale dalle molte ricadute ed applicazioni pratiche come:
a) Imparare dai giovani. Frequentano, miseri loro, una scuola scalcinata trascorrendovi molte ore in più di quante causa scioperi, collettivi ed occupazioni non facessimo noi (seconda parte degli anni ‘70 Milano nel cosiddetto primo liceo della città). Eppure l’altra sera in Scala al concerto di Dudamel ho imparato come ascoltino la musica, come si preparino per un avvenimento con ascolti comparati, ricerca delle grandi esecuzioni, disamina di ciascuna, ovvio partitura alla mano.
b) Imparare, quindi, ad essere autodidatti. Non possono che essere autodidatti perché i loro insegnanti, studenti ai miei tempi e che passeggiavano per i corridoi, non possono insegnare loro. Servono, invece, a questi ragazzi, in grazia di pesanti tomi, surrogati , che non sono né il sapere (sarebbe pretendere troppo) né tanto meno nozioni su cui, una volta ben informati, essere in grado di concepire autonome riflessioni, ovvero di discutere le altrui. Autodidatti lo siamo stati tutti, vittime di professori liceali che si autodefinivano “democratici” e poi di blasonati docenti universitari, che non affrontavano mai i punti essenziali dei corsi, persi in bizantine dissertazioni, solo e sempre ad essere in cattedra ed a parlare ex cathedra. Imparare da soli era indispensabile perché, poi, al momento della verifica erano pignoli, fiscali e pretendevano in maniera inversamente proporzionale a quanto offerto a lezione. L’imparare ad essere autodidatti diviene poi:
c) Impararare per sopravvivere. Nella scuola per potersi creare una minimale professionalità spendibile e “campare” nel mondo del lavoro e magari anche per sopravvivere nel mondo dell’hobby, dove nessuno insegna alcunchè e dove se provi a ragionare (ovvero ascoltare!) con la tua testa, divieni il destinatario di commenti, che, solo per non regalare pubblicità gratuita a chi sistematico e costante ci denigra, non riportiamo, ma che hanno troneggiato ed in siti virtuali e sulla carta (questa almeno di qualità!) stampata.
Imparare per sopravvivere assume una propria peculiare accezione
d) imparare a far da soli ed a viso aperto, ovvero a dire apertamente quale che si pensa e rispondere ed evitare infantili ed inutili ricorsi agli amici, che come accade nelle storielle d’amore ginnasiali riferiscano, riportino messaggi d’amore, blandizie e minacce. Comportamenti che si esauriscono con l’età che dovrebbe essere adulta. Anzi che dovrebbero esaurirsi visto che continuiamo a vedere persone che non ammettono errori e che se li hanno commessi accampano scuse degne di Gatto Silvestro sugli specchi.
Nel dettaglio dell’hobby operistico perché sono, comunque, ospite del Corriere della Grisi, che è un blog che si occupa di melodramma:
- Imparare ad ascoltare vale per tutti. In primo luogo per la critica togata, che, come abbiamo dimostrato poc’anzi, invece di imparare a riconoscere le voci dei brutti e cattivi sparvieri, che calano in gruppo per fischiare, dovrebbero imparare a riconoscere un suono decente, un’orchestra ben condotta e tenuta, l’approfondito esame della partitura.
- Imparare che come il bello ed il meno bello non esistono o meglio ancora che, come insegnavano le vecchie maestre (anche quelle estinte) spiegando le addizioni, non si possono “sommare” le patate con le carote ossia non posso comparare Wagner con Handel. Posso valutare i titoli della produzione handeliana, posso compararli a quelli della produzione di Hasse o i Porpora, perché stiamo sempre operando fra carote e carote.
- Imparare che “la mia persona conta niente” ovvero che su un foro operistico sono uno che ascolta ed esprime motivando la mia propria opinione, non uno, che anche senza rivelare la propria già pubblica identità e professione, la continui ad esercitare. Questo lo insegnava Rossini allorchè -si narra- raccomandava ad Enrico Tamberlick di lasciare in anticamera il suo famoso do diesis4, che costituiva il “titolo accademico” più sonante del tenore.
- Imparare a guardare l’opera per quella che è senza aggiungervi elementi estranei, sopravvenuti nel tempo e senza i quali o senza le forme ed i modi in cui proposti, il melodramma, comunque, vive.
- Imparare a dire la propria opinione senza l’ausilio dell’insulto, donde posso scrivere, comparando Leo Slezak e Placido Domingo, che solo il primo pratica il canto professionale, tanto da poter smorzare, addolcire, legare, eseguire messe di voce in tutta la gamma vocale, tutta omogenea, mentre il secondo non lega, suona povero di smalto ed anche di polpa vocale e non rispetta i segni di espressione previsti dall’autore, che non sono un feticcio, ma un’utile indicazione. Tutto questo solo per spiegare e dialogare o provarci, almeno, perché in realtà l’ascolto comparato non necessita di commento. Questo lo abbiamo imparato da Rossini che trasformò la cabaletta di Romeo Montecchi in una summa di canto e di sapienza di scrittura vocale partendo da un brano, che nell’ottica della primadonna (l’ottica giusta, quindi) era robetta. Mi spiace non disporre dell’esecuzione di un’altra riscrittura rossiniana, ossia il Tancredi di Nicolini. Sarà per la prossima volta.
Scusate ho dimenticato l’ultimo:
Imparare: Domenico Donzelli è un formidabile rompiscatole! Compatite e perdonate!
Gli ascolti
Bellini
I Capuleti e i Montecchi
Atto I
La tremenda ultrice spada - Martine Dupuy (1986)
26 commenti:
Eh no, caro Donzelli, non ci siamo proprio. Io mi sento tirato in causa dalle tue parole come persona che manda messaggi minatori, si mette in cattedra etc. Io, dopo che la Signora Grisi ha vergato due interventi di volgarità incredibile sulla mia professione, dicendo che io faccio parte di un'istituzione corrotta, che sono un trombone, che lavoro in una fogna a cielo aperto, che non rispondo a nessuno del mio lavoro ed altre simili piacevolezze, ho chiesto ad un amico che tutti conoscete di farle avere un messaggio, perché io non conoscevo la sua mail e non ho neppure la minima idea né di come si chiami né di quale mestiere faccia né di quale età abbia. In questo messaggio io ho rivendicato la mia alta professionalità (riconosciuta da qualunque studioso del settore in qualunque parte del mondo) e il fatto che ho studiato e lavoro in una delle migliori università del mondo, da cui esce, certe volte va detto, la crème de la crème degli studiosi italiani.Io per delicatezza queste cose in pubblico non le avrei mai dette ma in privato sì, davanti ad assurdità come quelle che mi venivano rimproverate. Volevate sentirle dire anche in pubblico? Benissimo, eccovi serviti. Così completerò anche il risultato delle indagini che tanto vi piacciono e che fate con solerzia degna di miglior causa. Del resto sull'editoriale con le nuove regole della Signora Grisi avevo scritto quello che pensavo ma, in omaggio a queste stesse nuove regole, non mi aspettavo di essere pubblicato, cosa che è puntualmente avvenuta. Se la Signora Grisi desidera farlo, può pubblicare il mio messaggio privato quando e come vuole, perché io non ho nulla da nascondere; e così si potrà giudicare anche se contenga minacce.
Per quanto attiene alla scuola, io ho avuto dei professori che per la più gran parte erano splendidi sia al liceo che all'università (e non sono nato nell'Ottocento). Anzi, io ho fatto l'Univsità proprio attorno al Sessantotto a Pisa, in uno dei centri della rivoluzione. Proprio allora nella mia sede i professori erano uno migliore dell'altro, da Garin a Contini a Pugliese Carratelli a Colli a Badaloni etc.Ma questo non è importante, è pura cronaca. Mi dite che mi sono messo in cattedra? Al contrario. Io ho uno stile molto ironico e beffardo, che riservo a me stesso, a chi è giovane e a chi è vecchio. Ma rispetto tutti, anche se molti non se ne accorgono. Rispettare per me significa considerare tutti in quello che dicono, controbattere quello che dicono, arrivare a considerazioni su quello che dicono. Ma questo naturalmente passa in cavalleria e si pone l'accento solo sull'"haiku" ironico. Troppa suscettibilità c'è in questo blog, troppa paura di confrontarsi seriamente, troppa ridicola permalosità. E' per questo che io non ho mai, dico mai, posto l'accento sulla gioventù dei miei interlocutori, come hai fatto anche tu, Donzelli, scusando certe affermazioni con l'impeto e l'intemperanza giovanili. Questo a me non interessa. Io prendo sul serio tutti e tutti nello stesso modo, giovani o vecchi che siano, e non pretendo di impormi su nessuno. Tanto ti dovevo.
Marco Ninci
quoto :-D
intendevo quoto donzelli:-D
Grandissima stima per Donzelli e concordanza in toto su quanto dice.
Come ogni cosa nella vita, non è SOLO quello che si dice che è importante, ma anche COME si dice. Un certo utente petulante ha una maniera indisponente di dire le cose, fatto che a me urta.
Ancora saluti al carissimo e illuminatissimo Donzelli.
PS cari amministratori, dovreste seriamente aprire un post agiografico per questo sopracitato utente poiché ormai entrato nel "perpetuo infinito" di << Non voglio parlare di me >> ma alla fine << Sempre parlare di me >> e mi aspetto che tra qualche puntata racconti i suoi miracoli dispensati al volgo; cosa veramente attinente a questo blog!
Una cosa però la ammetto: che invidia ad aver avuto quegli illustri professori!
non voglio entrare nel merito delle affermazioni sia di Donzelli,che del professore Ninci,io penso che se in qualsiasi discussioni ci sia un rispetto di fondo reciproco non ci sarebbe bisogno di arrivare al punto di scrivere questi post,le offese vanno censurate da qualsiasi parte arrivano a cominciare da Cesco.
Col quale ho già avuto una accesa discussione nei mesi scorsi,anche se l'ho difeso su un altro sito,se solo avesse il senso della misura..
può anche essere che tra giovani e anziani non ci debba essere differenza,ma un giovane di certo non può avere l'esperienza e la vita vissuta di una persona avanti negli anni specie quando si hanno idee cosi assolutiste.
Per farsi un idea sugli ascolti ci vanno anche anni di ascolti ed esperienze per potere dare giudizi credibili,eppoi sempre partire dal principio di rispettare anche i giudizi degli altri.Su Domingo(per fare un esempio) a qualcuno può non piacere,ma milioni di altri si.
Allora cosa vuol dire che quei milioni non capiscono un c..
Io per natura cerco sempre di imparare da persone che ritengo che ne sappiano di più,certo che se Ninci è un insegnante,e professore vada rispettato anche per questo a cominciare da Cesco che è solo uno studente.
Riguardo a Duprez alla luce degli ultimi scritti lo ritengo piu vicino al mio modo di pensare.
Spero che il prossimo post Donzelli si parli di musica non di queste cose.L'unica cosa da imparare è il rispetto reciproco di tutti,e certa gioventù porti rispetto per persone che hanno gia molta piu esperienza,e magari in gioventù hanno commesso gli stessi errori di presunzione,per poi maturare..
Caro Papageno, sbirciando sul post di Salminen ho appreso che anche Rodolfo Celletti e Fedele D'Amico erano spesso dei cafoni...Bene. Io vivo fra i giovani, questi giovani sono arroganti, assolutisti, impegnati a farsi largo, impigliati in mille difficoltà; nulla mi è più caro che parlare con loro. Per una ragione molto semplice, mio caro uccellatore: hanno tutti la luce dell'intelligenza.
Marco Ninci
Pasquale tu parti, mi par di capire, dall'identità "esperienza = saggezza". Ma quei loggionisti scaligeri, che ieri biasimavano (magari giustamente) i capponeschi acuti di Pavarotti e Bergonzi, e oggi si estasiano per Villazon che giocherella con la maglietta, sono la più eloquente smentita dell'assunto, e quindi delle conclusioni.
Rispetto si deve a tutti, ma chi lo esige, può cominciare a dare il buon esempio non trasformando le discussioni in vuoti sfottò. Neppure il più piccolo, il meno esperto degli interlocutori merita la derisione fintamente compassionevole, il dileggio pseudomorale, l'ipocrita condiscendenza con la quale il tema della discussione si deforma e passa dalla musica alle persone che ne discutono.
Se Papageno non ha (ma è tutto da dimostrare) la luce dell'intelligenza, a te, Ninci, manca il conforto della modestia. A ciascuno il suo.
Come al solito, mi viene fatto dire quello che io non dico. Io ho parlato dei ragazzi con i quali mi trovo a vivere e discutere. Non di altri. Le tue parole lasciano trasparire una gigantesca coda di paglia. E poi, Antonio, lascia che Papageno si difenda da solo; che bisogno ha di avvocati d'ufficio? Io mi arrabbierei moltissimo se qualcuno prendesse le mie difese al posto mio. Ma vorrei dire ancora una cosa ai miei giovani amici Papageno e Cesconegre. Tira via prendersela con me. Ma definire Fedele D'Amico un cafone è una cosa che non avevo ancora mai sentito dire. Scambiare il suo bellissimo umorismo, così umano, così appassionato, così stupendamente giovane con la cafoneria significa non aver capito niente. E non solo questo. Dire rabbiosamente cafone, maleducato a qualcuno che si pensa ti manchi di rispetto è proprio tipico della vecchiaia, di chi invecchia e, per di più, invecchia male. Dai giovani mi aspetterei un'allegra insolenza, la giusta aggressività di chi vuole sostituire qualcuno che gli è d'ingombro; non c'è da meravigliarsi di questo. Ma per una curiosa inversione di ruoli la parte dell'allegro insolente tocca farla a me, mentre i miei giovani interlocutori si rifugiano in un'impettita permalosità, che ricorda quella di un preside stizzito. E' per questo che la nostra discussione, che io continuo a trovare estremamente interessante, mi sembra avere dei tratti contro natura.
Marco Ninci
Seguo dall´inizio questa querelle e mi sto facendo delle matte risate. Non entro nel merito e non intendo prendervi parte ma, da osservatore esterno e assiduo lettore di blog non solo musicali, non posso fare a meno di rilevare una cosa.
È la prima volta che leggo un post espressamente dedicato a un commentatore, e questo mi fa riflettere...
Oh, non cercate sensi reconditi o significati nascosti un questa affermazione, perchè intendevo dire esclusivamente questo.
Saluti
a ma pare un post dedicato a più di un utente.
dopodichè, rilevo che nel pezzo le parti dedicate a ciascuno sono proporzialmente estese e commisurate all'ego di ciascun destinataqrio
Giulia,
a me sembra invece dedicato a un utente solo, ma forse sbaglio io...
Comunque, visto quanto scritto nel post, una considerazione la devo fare.
Se tu e don Domenico siete stati sfigati con gli insegnanti, mi dispiace molto ma sono problemi vostri.
Io, come altri del resto, ho avuto esperienze totalmente opposte. A Venezia ho studiato con Ugo Duse, Giovanni Morelli e Francesco Orlando, gente che si fermava oltre l´orario delle lezioni per discutere quanto spiegato prima e addirittura si portava gli studenti a casa.
Ma poi, per dire, io nella mia vita ho avuto diverse pessime esperienze con gli avvocati, però non mi permetterei assolutamente mai di dire che sono tutti mascalzoni...per mentalità mia, preferisco sempre non generalizzare e questo post, secondo me, generalizza molto.
Ciao
Io non sono convinto che le generalizzazioni portino buoni frutti, meno che mai quelle programmatiche. Che i giovani siano preventivamente degni di stima è dato tutt'altro che pacifico: piaccia o meno, tutti dobbiamo dimostrare il nostro valore, quale esso sia, se abbiamo la pretesa che le nostre parole siano degne di essere ascoltate. Si potrà poi discutere proficuamente sugli insegnamenti che dai giovani si possano trarre. Attualmente - specie in questo blog - pare che i giovani siano divenuti latori di certezze inarrivabili e vertiginose, che vengono scaricate su noi poveri "anziani" come perle ai celebri suini. Ciò potrebbe non essere privo di qualche utilità, e certo i suini ricettori delle perle di saggezza potrebbero trarne ampio giovamento; quel che mi lascia perplesso, tuttavia, è la modalità di tale trasmissione di sapere: l'imposizione priva di qualunque capacità di argomentativa - postulati impressi con la violenza sulle fronti dei miscredenti (un po' come facevano alcuni imperatori iconoclasti a beneficio degli iconoduli).
Il difetto che origina tutto ciò, a parer mio, è una sovrana mancanza di dialettica; un'incapacità di confronto delle idee che non è frutto (o non soltanto), come il generoso Donzelli vorrebbe, delle mende di fantomatici insegnanti: no, essa è il portato di un'intera epoca (tipicamente italiana) di confronti basati sull'urlo e sulla capacità di picchiare i pugni sui tavoli, a scapito dello scambio (e della rigenerazione) del pensiero. Ora, io temo che questi "giovani", sicuramente sostenuti in tale atteggiamento da persone ben più agées di loro, abbiano raggiunto a poco più di vent'anni l'incapacità argomentativa di un nonagenario bizzoso. Ma se quest'ultimo è giunto a un simile vicolo cieco comunicativo (che riduce all'"io" e al "perché sì" ogni forma dialettica) al termine di un'esistenza impegnata da studio, esperienze, confronti, i "giovani" - poveri loro - paiono invece giunti alla fine della propria esistenza intellettuale prima ancora di averla iniziata (e costruita). L'atteggiamento che si è manifestato così spesso nei confronti di un (ormai noto) lettore di questo blog dimostra chiaramente come, a fronte di tesi ben sostenute (ancorché non sempre condivisibili) e a fronte di una dialettica normalmente limpida e lineare, si sia preferito menar colpi alla cieca (anche da parte di signori e signorine non più ventenni) contro opinioni - e usi linguistici - sostanzialmente troppo ardui per essere affrontati in modo intellettualmente corretto.
Ciò mi sembra molto triste. Non si contribuisce alla conoscenza (e non si incrementa la propria) attraverso l'ingiuria, né raffazzonando qualche informazione avventizia e rigurgitandola goffamente, nella convinzione di avere scoperto i dogmata del canto, della musica o della cultura. L'esubero di certezze, di norma, è sintomo di insipienza, e l'aggressività - così come l'offesa - è indice di incapacità di comprendere e di accettare le diversità. Non mi pare un buon punto di partenza per chi - si spera - dovrebbe costituire anche il nostro futuro.
Saluti.
CAro Mozart,
capisci male. Ci sono almeno 4 tipi di utenti differenti cui il post è rivolto.
Quanto alle esperienze didattiche ne abbiamo avute di diverse pure noi, ma la deriva del sistema scuola è tutta lì da vedere.
Se poi si viene qui ad attaccare tutto e tutti ex cathedra, è chiaro che si ricevono risposte proporzionate al modo in cui si attaccano le persone, ossia dal basso ...del banco di scuola.
saluti
CAro Escamillo,
che il ben noto utente, che onè affatto povero dato che in fatto di insulti qui come altrove non mi pare in difetto di fianco a nessuno, argomenti finemente mentre gli altri menano colpi alla cieca non è affatto assodato nè dimostrabile. A me pare che in nessun luogo come qui le persone argomentino con conocenza di causa ciò di cui parlano.
Il problema è quando si ritiene, anche a fronte di posizioni vecchie come quella della selettività attiva del giudizio estetico propugnata da Ninci, che le prorprie opinioni valgano e pesino maggiormente perchè arrivano da chi ha status accademico tra l'altro estraneo alla materia del contendere.
Di lì nasce anche il non dialogo dei "vecchi" che ben siaffianca al "non dialogo" dei giovani assolutisti.
saluti
Cara Giulia,
avrei voluto replicare ma mi sono accorto che Escamillo, nel commento che segue il mio, ha già detto tutto quel che io avrei voluto dire.
Mi limito pertanto a sottoscrivere le sue parole, a cui aggiungo solo la più totale riprovazione per l´appellativo "cafone" usato nei confronti di Celletti e D´Amico.
Ciao.
Non mi risulta di aver definito "povero" quel lettore. Al contrario, ho osservato che le sue tesi non sono state smontate, anche ove prestassero il fianco a critiche di fondo. Ho invece notato spesso urla scomposte, anche da persone di età non esattamente prepuberale.
La stessa ansia che molti hanno palesato nei confronti di pretese blasonature accademiche mi è parsa in larga misura pretestuosa e infondata. Uno ha il diritto di presentarsi con il proprio nome e cognome, proprio come altri (me compreso) preferiscono trincerarsi dietro l'anonimato (vuoi perché gelosi della propria privacy, vuoi perché - a differenza di Alceo, citato in epigrafe al post - timorosi delle conseguenze della propria parrhesia).
Questo per tornare al punto di partenza: le argomentazioni del Ninci (che, lo dico per inciso e per non suscitare la sua stizza, non mi interessa difendere) sono ancora lì ad attendere uno smantellamento, mentre si è cercato, con poco successo, a parer mio, di mettere in discussione la sua persona, con attacchi in genere gratuiti, che hanno mostrato una vera incapacità di lettura, di autocontrollo e, in ultima analisi, di buon gusto.
Il sapere è conquista ardua, che spesso non giunge nemmeno con l'età; proprio per questo, prima di volersi scagliare contro quello altrui, bisognerebbe essere certi del proprio, oppure mantenere un dignitoso atteggiamento di distacco, evitando lo strepito incontrollato se manca l'elemento fondante la discussione: la capacità di leggere e comprendere quel che l'altro ha da dirci.
Senti Escamillo,
posto che circa l'anonimato non mi pare tu sia più noto degli utenti di questo sito, poichè Escamillo sta nell'opera lirica, mi permetto di farti osservare che nessuno ha criticato Ninci per l'uso del suo nome. E' lui che ha ritenuto una violazione alla sua privacy il fatto che,digitando il suo nome,alcuni siano arrivati al web dell'università. Che è sito pubblico, con informazioni pubblicissime. La "lesa privacy" accampata ha suscitato giustamente ilarità....doverosa ilarità. Datti un nick e nessuno si farà i fatti tuoi professionali.Ma lui al suo status di prof non ci rinuncia dunque...ecco fatto. Nessuno qui ha leso nulla...
Il problema dell'utente non è ciò che dice, ma il modo "trombone " in cui lo fa. Accompagnato dalla pretesa di potere insultare e restare....non insultato, perchè anziano ed... accademico Se litighi ed offendi, è chiaro che ti becchi risposte dello stesso tenore.
Inoltre, non vedo quale contributo alla dialettica della discssione possa portare uno che critica le opinioni altrui in fatto di spettacoli che non ha visto. La critica per partito preso, apriori, non ha alcuna valenza dialettica.
Ecco perchè il professore qui sta sul piano dei fanciulli, usi un nick e smetta di ricordare tutti che lui è per definizione più sapiente.
Ritengo l'argomento ormai esaurito
ciao
ignori...rubando l'espressione al buon Donzelli, ripeto "Pace v'intimo..." Io, in codesto argomento, non voglio metterci "becco": il mio pensiero è contenuto altrove, così come le mie posizioni. Tali posizioni, che possono essere - e spesso lo sono - differenti da quelle di Giulia, Antonio e Domenico (in merito al ruolo del direttore d'orchestra, della regia, del melodramma italiano), non mi sono mai state censurate, né ho mai ricevuto - per esse - inviti a modificarle. Questo dimostra non solo la totale libertà, ma un'apertura all'opinione contraria che altrove non ricorre. Certo ognuno resterà della propria idea, alla fine, ma lo spazio per discutere è e resta aperto: naturalmente con civiltà ed educazione. E soprattutto nella convinzione di non pretendere di imporsi agli altri. E davvero qui, a cominciare dagli amministratori, nessuno parla ex cathedra! Se poi talvolta il parlar schietto o l'ironia o anche certa veemenza, paiono prendere il sopravvento...beh, si tratta della normale evoluzione di una dialettica passionale e appassionata (e del resto non siamo ad una conferenza). Questo non vuol dire "libertà d'insulto": ho criticato spesso un utente che faceva dell'assolutismo integralista una clava da sbattere in faccia a chi non aveva la (S)fortuna di pensarla come lui...ma rivendicando appieno la sua libertà ad esprimere ciò che volesse: con i dovuti modi, naturalmente. Lo giovinezza non scusa, certo, e la posizione o la cultura personale non giustificano: visto che tutti dobbiamo imparare, mi piacerebbe pure che si imparasse ad avere un atteggiamento più laico e "illuminista". Ma a parte questo, mi chiedo e vi chiedo, non sarebbe il caso di chiudere questa deriva prima che si tramuti in una sorte di "notte dei lunghi coltelli" virtuale?
Naturalmente, Duprez. Ringrazio Escamillo non perché mi ha difeso ma perché ha fatto un ragionamento complesso, senza scorciatoie. E sono contento anche del fatto che molte mie posizioni non gli sembrassero condivisibili; una serie di posizioni che suscitassero solo assensi non varrebbe nulla. Mi viene in mente un nome al di sopra di ogni sospetto, Claude Debussy. I primi due notturni gli erano stati sonoramente fischiati; al terzo i fischi erano stati un po' meno. Pare che Debussy abbia esclamato: "Aurais-je écrit une cochonnerie?" Anch'io considero l'argomento concluso, anche se non posso fare a meno di notare che tutto ciò che Giulia scrive su di me è una totale invenzione, dettata soltanto da una forte antipatia personale, per altro del tutto legittima e che io non ricambio di certo.
Marco Ninci
Vorrei chiedere un'informazione a Giulia. Siccome secondo lei sostengo una posizione vecchia come la "selezione attiva del giudizio estetico", vorrei sapere che cosa secondo lei questo significhi. E' la selezione nel senso del linguaggio di Word? Forse. Oppure è la selezione nel senso darwiniano? La caratterizzazione di "vecchia" potrebbe lasciarlo pensare. Chi sa. Per poter rispondere aspetto una spiegazione perché io, certo per mio difetto, non arrivo a capire. Ciao
Marco Ninci
caro ninci,
ammiro sempre il tuo protagonismo! Duolmi per Te e per chi accorso in Tuo soccorso, ma del pezzo non eri punto il destinatario, tanto meno in esclusiva. Forse l'opinione nasce da quel sentirsi per utilizzare la parafrasi di Giovanni XXIII dedicata al famoso ArciBeppe "tu es episcopus in aeterno".
ciao dd
Siamo alle solite. Io non ho mai detto né che il pezzo era destinato a me né che fosse destinato a me in esclusiva.C'erano alcune evidenti allusioni a me; a quelle ho risposto. Oppure con quella del "sentirsi in cattedra" io non c'entravo nulla? O con quell'allusione alle lettere fatte avere attraverso gli amici io non c'entravo nulla? Ma via... Una volta tanto mi vorrete far dire quello che dico oppure far fare quello che ho fatto? Oppure devo pensare che non siete capaci di capire quello che leggete? Se proprio devo dire la verità, caro Donzelli, il tuo post mi sembrava piuttosto allusivo, un po' gesuitico...Non un gran che. Sai, io sono abituato ad essere molto chiaro, con nomi, cognomi, indicazioni di situazioni precise. Tutta la tua nebbia francamente non mi sembra molto attraente. Ma adesso basta ché ho di meglio da fare. Alla prossima.
Marco Ninci
proprio non riesci a non dare il voto!!!!!! e tanto per ritornare ai latinucci "nondum matura est nolo acerbam sumere".......
Ecco, tutti abbiam di meglio da fare! Gesuiti, francescani e domenicani lasciamoli nei loro conventi... Che è quest'ansia di precisare, sottolineare, chiedere spiegazioni, prendere distanze, paventare censure e condizionamenti? Per dirla con Shakespeare "much ado about nothing"! Caro Ninci, la tua posizione è chiara, l'abbiamo capita, digerita e assimilata. Avere l'ultima parola non attribuisce meriti o demeriti alle idee professate. Quindi, per favore, si torni a parlare di musica. Grazie.
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