Con la scomparsa in età avanzatissima di Cornell MacNeil scompare uno dei cantanti, che nel corso di una carriera lunga e con molte luci e qualche ombra, dettata non certo da limiti vocali e tecnici, ha esemplificato un modello ed un gusto di canto di cui ogni giorno dobbiamo, nostro malgrado e con autentico cordoglio, osservare non solo la scomparsa, ma e più ancora il colpevole e determinato oblio.
Perché MacNeil, americano, soprattutto dai palcoscenici americani, Met in primis, rappresentò con Aldo Protti e pochi altri, l’ultimo baluardo dell’autentica vocalità verdiana fatta nel contempo di slancio, di acuti balenanti e squillanti, timbro sonoro e di ripiegamento intimista, varietà di colori. I requisiti tanto facili a dirsi, tanto difficili a trovarsi e che, ripeto, non trovandosi più si vuol far credere non servano e non rappresentino l’autentico canto verdiano. Chi volesse ascoltare non a 78 giri, ma dal vivo sul palcoscenico di un teatro che sia un padre verdiano offeso nell’onore e nel decoro e, giustamente, smanioso di vendetta DEVE ascoltare la realizzazione del baritono americano e di Leyla Gencer sul palcoscenico del Colón di Buenos Aires anno 1961. Staccano un tempo lentissimo all’andantino “Tutte le feste al tempio” e seguente “piangi fanciulla” ed anche la stretta è a tempo decisamente lento, dimostrando, sotto il profilo tecnico a che serva il controllo del fiato, e, sotto quello interpretativo, che sia l’ampollosa solennità che i proclami morali del personaggio – padre offeso in primis- impongono.
E lo stesso equilibrato contemperamento di accento e canto connota tutti i passi del Rigoletto frequentemente mal cantati perché la tessitura di Rigoletto non perdona e perché nel personaggio si tende, erroneamente a confonderla difformità fisica con quella vocale. Errore e mistificazione interpretativa.
Quanto era in forma MacNeil sfoggiava acuti facili e squillanti e reggeva con irrisoria facilità le scritture, malagevoli per il principiante, di Verdi. Bastano gli ascolti del Nabucco dove al “Dio di Giuda” nessun baritono del dopo guerra è stato capace di “cantare” come MacNeil o quello della Luisa Miller dove è esemplare sia la solennità nell’affermare i principi educativi del buon pater che la condivisione a fior di labbro delle sofferenze della delusa, offesa, disonorata Luisa. Ancor di più un personaggio che nel dopo guerra credo si possa identificare con l’esecuzione di MacNeil è il Renato del Ballo. Non solo nella registrazione ufficiale dove non è facile il confronto con lo splendore vocale della Nilsson ed il fraseggio di Bergonzi, ma in molte registrazioni dal vivo Renato è sempre misurato anche quando è, al pari di Rigoletto, deve gestire il peggior torto che possa accadere ad un marito e nelle frasi a fior di labbro delle rimembranze d’amore, senza evocare i fantasmi a 78 giri, è morbido, timbrato e facile anche se ogni tanto il sentore di qualche suono un poco falsettante è legittimo.
Ma sono difetti e limiti da poco perché MacNeil fu anche capace di un Olandese solenne e severo, e non poteva accadere differentemente visto che il maestro del baritono fu Schorr e uno Scarpia che regge l’impeto in ogni senso di Madga Olivero.
Gli ascolti
Cornell MacNeil
Verdi - Luisa Miller
Atto III - Pallida, mesta sei...La tomba è un letto sparso di fiori...Andrem, raminghi e poveri (con Adriana Maliponte - 1971)
Verdi - Rigoletto
Atto I - Pari siamo (1967)
Atto II - Parla: siam soli...Tutte le feste al tempio (con Leyla Gencer - 1961)
Atto III - Egli è là...Lassù in cielo (con Renata Scotto & Richard Tucker - 1967)
Verdi - Un ballo in maschera
Atto I - Alla vita che t'arride (1965)
Atto II - Odi tu come fremono cupi (con Margherita Roberti & Richard Tucker - 1965)
Atto III - Eri tu che macchiavi quell'anima (1965)
Puccini - Tosca
Atto II - Orsù, Tosca, parlate (con Magda Olivero e Luciano Pavarotti - 1979)
Perché MacNeil, americano, soprattutto dai palcoscenici americani, Met in primis, rappresentò con Aldo Protti e pochi altri, l’ultimo baluardo dell’autentica vocalità verdiana fatta nel contempo di slancio, di acuti balenanti e squillanti, timbro sonoro e di ripiegamento intimista, varietà di colori. I requisiti tanto facili a dirsi, tanto difficili a trovarsi e che, ripeto, non trovandosi più si vuol far credere non servano e non rappresentino l’autentico canto verdiano. Chi volesse ascoltare non a 78 giri, ma dal vivo sul palcoscenico di un teatro che sia un padre verdiano offeso nell’onore e nel decoro e, giustamente, smanioso di vendetta DEVE ascoltare la realizzazione del baritono americano e di Leyla Gencer sul palcoscenico del Colón di Buenos Aires anno 1961. Staccano un tempo lentissimo all’andantino “Tutte le feste al tempio” e seguente “piangi fanciulla” ed anche la stretta è a tempo decisamente lento, dimostrando, sotto il profilo tecnico a che serva il controllo del fiato, e, sotto quello interpretativo, che sia l’ampollosa solennità che i proclami morali del personaggio – padre offeso in primis- impongono.
E lo stesso equilibrato contemperamento di accento e canto connota tutti i passi del Rigoletto frequentemente mal cantati perché la tessitura di Rigoletto non perdona e perché nel personaggio si tende, erroneamente a confonderla difformità fisica con quella vocale. Errore e mistificazione interpretativa.
Quanto era in forma MacNeil sfoggiava acuti facili e squillanti e reggeva con irrisoria facilità le scritture, malagevoli per il principiante, di Verdi. Bastano gli ascolti del Nabucco dove al “Dio di Giuda” nessun baritono del dopo guerra è stato capace di “cantare” come MacNeil o quello della Luisa Miller dove è esemplare sia la solennità nell’affermare i principi educativi del buon pater che la condivisione a fior di labbro delle sofferenze della delusa, offesa, disonorata Luisa. Ancor di più un personaggio che nel dopo guerra credo si possa identificare con l’esecuzione di MacNeil è il Renato del Ballo. Non solo nella registrazione ufficiale dove non è facile il confronto con lo splendore vocale della Nilsson ed il fraseggio di Bergonzi, ma in molte registrazioni dal vivo Renato è sempre misurato anche quando è, al pari di Rigoletto, deve gestire il peggior torto che possa accadere ad un marito e nelle frasi a fior di labbro delle rimembranze d’amore, senza evocare i fantasmi a 78 giri, è morbido, timbrato e facile anche se ogni tanto il sentore di qualche suono un poco falsettante è legittimo.
Ma sono difetti e limiti da poco perché MacNeil fu anche capace di un Olandese solenne e severo, e non poteva accadere differentemente visto che il maestro del baritono fu Schorr e uno Scarpia che regge l’impeto in ogni senso di Madga Olivero.
Gli ascolti
Cornell MacNeil
Verdi - Luisa Miller
Atto III - Pallida, mesta sei...La tomba è un letto sparso di fiori...Andrem, raminghi e poveri (con Adriana Maliponte - 1971)
Verdi - Rigoletto
Atto I - Pari siamo (1967)
Atto II - Parla: siam soli...Tutte le feste al tempio (con Leyla Gencer - 1961)
Atto III - Egli è là...Lassù in cielo (con Renata Scotto & Richard Tucker - 1967)
Verdi - Un ballo in maschera
Atto I - Alla vita che t'arride (1965)
Atto II - Odi tu come fremono cupi (con Margherita Roberti & Richard Tucker - 1965)
Atto III - Eri tu che macchiavi quell'anima (1965)
Puccini - Tosca
Atto II - Orsù, Tosca, parlate (con Magda Olivero e Luciano Pavarotti - 1979)
9 commenti:
Fu il protagonista del primo Nabucco da me visto in teatro, a Verona nel 1971 accanto alla splendida Abigaille di Luisa Maragliano. Il suo Rigoletto e il suo Scarpia restano probabilmente i migliori che abbia ascoltato.
Rest in peace!
Grandissimo baritono, vocalità drammatica usata sempre con eleganza. Riposi in pace.
Cornell MacNeil... quanti bei ricordi!
L'ultima volta che l'ho visto era già in pensione e stava mangiando insieme a sua moglie in un delizioso ristorante vicino alla sua casa.
Non volevo disturbare, ma prima di uscire ho chiesto di poter disturbare. E' stato molto gentile.
Sentire la sua voce bella timbrata e calda nel parlato mi ha quasi commosso.
Ora sì, sono commosso.
Innanzitutto complimenti per il blog, sempre bellissimo e ricco di riflessioni e spunti estremamente interessanti.
Vorrei anch'io unirmi nel ricordo di questo grandissimo baritono.
mi spiace molto per la scomparsa di Mac Neil ;apprezzo l'accostamento a Protti come grandi baritoni verdiani;ho visto in teatro Mc Neil una sola volta a Parma in una serata burrascosa(inaugurazione stagione 1964 con Ballo in maschera):cantanti beccati(Labò e la Maragliano),battibecchi fra loggionisti a scena aperta; a un certo punto Mc Neil,mai beccato,all'ennesimo battibecco fra loggionisti proprio all'attacco di "eri tu"rovescia gli oggetti sul tavolo grida "basta cretini" al loggione e lascia il palco:sipario e fine della serata con strascichi giudiziari;purtroppo(per noi)a Parma non è più tornato. otello
Non so se il mio precedente commento sia stato registrato perché si è impallato tutto.
Dicevo: semplicemente immenso. Certa gente non dovrebbe morire mai.
Un'informazione: si trova in giro la Tosca del 1979? Se sì per quale etichetta?
http://www.amazon.com/Puccini-Tosca-Dallas-November-1979/dp/B0018TOCGA/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1311844719&sr=8-1
Grazie!!
non lo sapevo :((((
è il mio baritono preferito in assoluto. a me piace un sacco anche in puccini!!! nella fanciulla è il migliore :)
brutta notizia, ma per me ci sarà sempre finché la sua Voce verrà ascoltata.
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