Domenica 22 abbiamo assistito alla recita pomeridiana della Traviata allestita al Teatro Filarmonico di Verona, vera prima di questa serie di recite dopo la cancellazione della recita di venerdì 22 causa sciopero.
L'allestimento, con la regia di G. Sepe, puntava per i tre ruoli principali su tre giovani cantanti perlopiù già abbastanza noti al grande pubblico ossia Irina Lungu, Gianluca Terranova e Gabriele Viviani.
L'allestimento di G. Sepe è risultato abbastanza spoglio e tetro, in sostanza privo di vere idee, lasciando molto spazio all'iniziativa dei cantanti, la scenografia era infatti perlopiù vuota salvo la presenza di qualche elemento scenico (divani, tavoli, uno scrittoio, il letto di Violetta), poche le luci che hanno lasciato la scena quasi sempre nell'oscurità. Non si sa se attribuire alla regia l'atteggiamento capricciosetto di Violetta al primo atto, piuttosto inadeguato alla situazione e al ruolo, o se imputarlo ad una scelta della cantante, che alla Scala invece era risultata decisamente più elegante.
Il tenore Terranova ha cantato la parte di Alfredo disimpegnandosi con onore, cantanto quasi tutto sul forte senza però fare alcun disastro come spesso può capitare a chi prediliga un canto essenzialmente a squarciagola. Va rilevato però che nel III atto ha mostrato qualche segno di cedimento nell'attacco di alcune frasi del Parigi o cara, forse a causa della stanchezza.
Gabriele Viviani, dopo i Puritai di Bologna e la Lucia di Parma, affronta un ruolo da grande baritono verdiano, di cui non sembra però essere all'altezza al momento. La linea vocale infatti non è mai limpida, il canto è quasi sempre sul forte e l'interprete piuttosto incolore (nel duetto con Violetta Valery per esempio), mostrando segni di fatica alla fine della sua cabaletta, in cui la voce a tratti è sparita. Per un ruolo come papà Germont sarebbe auspicabile perlomeno un fraseggio e una dinamica più sfumati nel II atto, elementi senza i quali la parte risulta piuttosto monotona e perde in credibilità drammaturgica.
Protagonista era Irina Lungu, reduce dal debutto in Fiorilla nel Turco in Italia, e già Violetta alla Scala nei due passati allestimenti. Irina Lungu è stata una Violetta alterna, dopo un primo atto piuttosto impacciato, con qualche stonatura nel canto di agilità del duetto e nella sua grande aria, l'interprete è notevolmente migliorata nel II atto, dove ha interpretato molto bene il duetto con papà Germont, in cui ha esibito delle belle intenzioni interpretative e una linea di canto piuttosto varia (salvo qualche incertezza di intonazione alla fine del Dite alla giovine), facendo così del duetto il momento migliore della serata. In generale la sua prova è stata convincente per quanto concerne il II e III atto, dove l'interprete può farla da padrona sulla cantante, mentre nel I atto le difficoltà sono state più di una, simili a quelle già mostrate nel recente Turco in Italia di Genova. Rispetto alla Traviata della Scala, dove nel I atto era possibile rilevare qualche stonatura nell'aria, ora certi cali d'intonazione sono diventati molto più presenti e sparsi lungo tutto il primo atto nei momenti, specie di tessitura medio acuta, di canto squisitamente tecnico e belcantistico, cali d'intonazione che peraltro erano presenti in egual misura nel Turco in Italia, opera belcantista per eccellenza. Il pubblico le ha tributato un grande successo alla fine dello spettacolo, ma non possiamo non rilevare come la voce sembri aver perso in spessore e proiezione soprattutto al centro (dei protagonisti era certamente la voce meno sonora), dati che rendono alcuni impegni futuri annunciati, come la Donna Anna, piuttosto dubbi.
La direzione di Gianluca Martinenghi non è stata molto varia, piuttosto monocorde e accademica nella prima parte dell'opera, ha saputo tirare fuori un pò di nerbo solo nel finale II, l'unico momento della sua direzione realmente vivo. Alcune slentatezze poi possono essere attrubuite al tentativo di non perdere alcuni solisti, compito in cui è sostanzialmente riuscito con onore. Non ci sono state grandi sbavature in orchestra e si deve riconoscere al direttore il merito di riuscire a non perdere nessuno e di adottare in genere tempi abbastanza vivi che hanno aiutano i cantanti a non affaticarsi troppo.
Pessimi i comprimari, con punte di eccellenza per Flora e Annina.
Uno spettacolo in sintesi che il pubblico del Teatro Filarmonico ha apprezzato, nonostante un allestimento piuttosto anonimo, con dei giovani interpreti e un direttore che hanno cercato di essere all'altezza del loro compito in modo piuttosto onorevoli.
Gli ascolti
Verdi - La traviata
Atto I
Un dì, felice, eterea - Lella Cuberli & Marek Torzewski (1987)
E' strano...Ah, fors'è lui...Sempre libera - Maria Chiara (1976)
L'allestimento, con la regia di G. Sepe, puntava per i tre ruoli principali su tre giovani cantanti perlopiù già abbastanza noti al grande pubblico ossia Irina Lungu, Gianluca Terranova e Gabriele Viviani.
L'allestimento di G. Sepe è risultato abbastanza spoglio e tetro, in sostanza privo di vere idee, lasciando molto spazio all'iniziativa dei cantanti, la scenografia era infatti perlopiù vuota salvo la presenza di qualche elemento scenico (divani, tavoli, uno scrittoio, il letto di Violetta), poche le luci che hanno lasciato la scena quasi sempre nell'oscurità. Non si sa se attribuire alla regia l'atteggiamento capricciosetto di Violetta al primo atto, piuttosto inadeguato alla situazione e al ruolo, o se imputarlo ad una scelta della cantante, che alla Scala invece era risultata decisamente più elegante.
Il tenore Terranova ha cantato la parte di Alfredo disimpegnandosi con onore, cantanto quasi tutto sul forte senza però fare alcun disastro come spesso può capitare a chi prediliga un canto essenzialmente a squarciagola. Va rilevato però che nel III atto ha mostrato qualche segno di cedimento nell'attacco di alcune frasi del Parigi o cara, forse a causa della stanchezza.
Gabriele Viviani, dopo i Puritai di Bologna e la Lucia di Parma, affronta un ruolo da grande baritono verdiano, di cui non sembra però essere all'altezza al momento. La linea vocale infatti non è mai limpida, il canto è quasi sempre sul forte e l'interprete piuttosto incolore (nel duetto con Violetta Valery per esempio), mostrando segni di fatica alla fine della sua cabaletta, in cui la voce a tratti è sparita. Per un ruolo come papà Germont sarebbe auspicabile perlomeno un fraseggio e una dinamica più sfumati nel II atto, elementi senza i quali la parte risulta piuttosto monotona e perde in credibilità drammaturgica.
Protagonista era Irina Lungu, reduce dal debutto in Fiorilla nel Turco in Italia, e già Violetta alla Scala nei due passati allestimenti. Irina Lungu è stata una Violetta alterna, dopo un primo atto piuttosto impacciato, con qualche stonatura nel canto di agilità del duetto e nella sua grande aria, l'interprete è notevolmente migliorata nel II atto, dove ha interpretato molto bene il duetto con papà Germont, in cui ha esibito delle belle intenzioni interpretative e una linea di canto piuttosto varia (salvo qualche incertezza di intonazione alla fine del Dite alla giovine), facendo così del duetto il momento migliore della serata. In generale la sua prova è stata convincente per quanto concerne il II e III atto, dove l'interprete può farla da padrona sulla cantante, mentre nel I atto le difficoltà sono state più di una, simili a quelle già mostrate nel recente Turco in Italia di Genova. Rispetto alla Traviata della Scala, dove nel I atto era possibile rilevare qualche stonatura nell'aria, ora certi cali d'intonazione sono diventati molto più presenti e sparsi lungo tutto il primo atto nei momenti, specie di tessitura medio acuta, di canto squisitamente tecnico e belcantistico, cali d'intonazione che peraltro erano presenti in egual misura nel Turco in Italia, opera belcantista per eccellenza. Il pubblico le ha tributato un grande successo alla fine dello spettacolo, ma non possiamo non rilevare come la voce sembri aver perso in spessore e proiezione soprattutto al centro (dei protagonisti era certamente la voce meno sonora), dati che rendono alcuni impegni futuri annunciati, come la Donna Anna, piuttosto dubbi.
La direzione di Gianluca Martinenghi non è stata molto varia, piuttosto monocorde e accademica nella prima parte dell'opera, ha saputo tirare fuori un pò di nerbo solo nel finale II, l'unico momento della sua direzione realmente vivo. Alcune slentatezze poi possono essere attrubuite al tentativo di non perdere alcuni solisti, compito in cui è sostanzialmente riuscito con onore. Non ci sono state grandi sbavature in orchestra e si deve riconoscere al direttore il merito di riuscire a non perdere nessuno e di adottare in genere tempi abbastanza vivi che hanno aiutano i cantanti a non affaticarsi troppo.
Pessimi i comprimari, con punte di eccellenza per Flora e Annina.
Uno spettacolo in sintesi che il pubblico del Teatro Filarmonico ha apprezzato, nonostante un allestimento piuttosto anonimo, con dei giovani interpreti e un direttore che hanno cercato di essere all'altezza del loro compito in modo piuttosto onorevoli.
Gli ascolti
Verdi - La traviata
Atto I
Un dì, felice, eterea - Lella Cuberli & Marek Torzewski (1987)
E' strano...Ah, fors'è lui...Sempre libera - Maria Chiara (1976)
1 commenti:
Grazie per i due ascolti proposti. Non ho mai assistito a La Traviata cantata da maria Chiara, ma me ne hanno parlato molto e con termini lusinghieri diversi amici. La Cuberli a Bruxelles invece la vidi alla prima e mi piacque molto. grazie ancora:-)
Posta un commento