Quando leggiamo recensioni, siano esse pubblicate da quotidiani o da stampa cosiddetta specializzata, avremmo il pio desiderio di non mettere a dura prova pazienza, cistifellea e salvezza dell'anima, trasformati, come siamo, in Capaneo.
Quindi:
a) vorremmo ci venissero risparmiate prolusioni sui titoli rappresentati e/o recensiti ora didascaliche (del tipo la predica agli animali di francescana memoria), ora assolutamente plagiata da quei testi, che pure noi caproni ed ignoranti abbiamo consultato ( e parlo della cosiddetta Garzantina, non della storica Bompiani), ora ostentantamente freudiane o strutturaliste.
b) vorremmo evitare l'impatto con una prosa ed un costrutto sintattico, che rendono lisiano Demostene, che creano problemi di intellezione agli accademici della Crusca, ovvero ad un grondare superlativi assoluti all'indirizzo di un certo esecutore, perchè ormai, anche se rozzi ed illettarati, abbiamo chiaro che le scelte linguistiche sono strumentali a celare mancanza totale ed assoluta di opinioni. Spesso è, coi tempi che corrono, una dote apprezzata.
c) vorremmo, tutte le volte che leggiamo, evitare di ripassare varie geografie, politica, umana, di orientamenti sessuali e religiosi, unico modo per svelare l'arcano del successo costante degli spettacoli o allestiti dal teatro, posto nella medesima città in cui il quotidiano ha la sede, o pensati dal direttore artistico, che condivide molte delle passioni del critico, o interpretati da chi acquisti patinate pagine di pubblicità sulla rivista, o delle registrazioni editate dalla mayor discografica, che alloggia e soddisfa ogni umano desiderio dell'ipotetico recensore.
d) vorremmo leggere recensioni motivate. Se la recensione ha da essere una stroncatura o una santificazione deve, comunque, essere motivata. In difetto l'autore è poco professionale e si deve dubitare della sua preparazione. Qualcuno, forse, potrebbe suggerire, anche in considerazione di quanto al punto precedente la dubitativa circa onestà ed obiettività.
E' inutile discutere sulla qualità di Andrea Chénier, si deve, invece, spiegare la qualità dell'allestimento.
e) vorremmo leggere recensioni corrette sui fatti accaduti in teatro. Ossia i nomi dei cantanti realmente esibitisi sul palcoscenico e non di quelli previsti in locandina e poi infirmatisi, ossia che i destinatari di applausi e riprovazioni venissero esattamente indicati, specie se l'opera non sono i Maestri Cantori, ma un lavoro del Settecento.
f) vorremmo cultura e senso della storia tali, poiché talune damnatio memoriae, che altri dei soggetti del mondo dell'opera propiziano e desiderano per le celebrazioni degli attuali protagonisti, sono facili da ammannire e sostenere ad un pubblico tenuto nella dimenticanza e riprovazione del passato. Recente o remoto. Moda e cultura hanno un rapporto conflittuale.
g) Vorremmo ricordarci, leggendo cronache e recensioni, che il critico e magari noi con lui abbiamo assistito alla rappresentazione dell'opera, creata all'epoca della composizione da un librettista ed un musicista e che i cantanti, oggi, portano sulla scena, non già ad una creazione unica del regista demiurgo alla cui opinione tutto e tutti devono prostarsi. Adoranti.
h) Vorremmo una critica libera, che eviti di correre ed affannarsi dopo una serata di quelle nate male e finite peggio a "fischiare il pubblico", insultarlo come tupamaros, pasionarie e oranghi del loggione, precisando, prona, che alla seconda i pochi facinorosi erano spariti e l'afflato fra pubblico e teatro (o meglio dirigenza del teatro) di nuovo cementato e tetragono.
i) Vorremo una critica capace di autocritica, ossia di vedere che tutti quei comportamenti che abbiamo in modo sommario ed incompleto descritto, hanno contribuito ad arrivare all'attuale situazione da tutti definita nefasta.
Voglio dedicare questa meditazione ad una loggionista scaligera (l'Agnese) che, dopo uno spettacolo riprovato duramente nella stagione 1981-'82, che presenta molte analogie con la corrente, invitò il critico della massima testata milanese a dire "LA VERITA'" sull'edizione del giorno successivo.
Gli ascolti
Bellini - Norma
Atto I - Sediziose voci - Maria Callas (1955)
Quindi:
a) vorremmo ci venissero risparmiate prolusioni sui titoli rappresentati e/o recensiti ora didascaliche (del tipo la predica agli animali di francescana memoria), ora assolutamente plagiata da quei testi, che pure noi caproni ed ignoranti abbiamo consultato ( e parlo della cosiddetta Garzantina, non della storica Bompiani), ora ostentantamente freudiane o strutturaliste.
b) vorremmo evitare l'impatto con una prosa ed un costrutto sintattico, che rendono lisiano Demostene, che creano problemi di intellezione agli accademici della Crusca, ovvero ad un grondare superlativi assoluti all'indirizzo di un certo esecutore, perchè ormai, anche se rozzi ed illettarati, abbiamo chiaro che le scelte linguistiche sono strumentali a celare mancanza totale ed assoluta di opinioni. Spesso è, coi tempi che corrono, una dote apprezzata.
c) vorremmo, tutte le volte che leggiamo, evitare di ripassare varie geografie, politica, umana, di orientamenti sessuali e religiosi, unico modo per svelare l'arcano del successo costante degli spettacoli o allestiti dal teatro, posto nella medesima città in cui il quotidiano ha la sede, o pensati dal direttore artistico, che condivide molte delle passioni del critico, o interpretati da chi acquisti patinate pagine di pubblicità sulla rivista, o delle registrazioni editate dalla mayor discografica, che alloggia e soddisfa ogni umano desiderio dell'ipotetico recensore.
d) vorremmo leggere recensioni motivate. Se la recensione ha da essere una stroncatura o una santificazione deve, comunque, essere motivata. In difetto l'autore è poco professionale e si deve dubitare della sua preparazione. Qualcuno, forse, potrebbe suggerire, anche in considerazione di quanto al punto precedente la dubitativa circa onestà ed obiettività.
E' inutile discutere sulla qualità di Andrea Chénier, si deve, invece, spiegare la qualità dell'allestimento.
e) vorremmo leggere recensioni corrette sui fatti accaduti in teatro. Ossia i nomi dei cantanti realmente esibitisi sul palcoscenico e non di quelli previsti in locandina e poi infirmatisi, ossia che i destinatari di applausi e riprovazioni venissero esattamente indicati, specie se l'opera non sono i Maestri Cantori, ma un lavoro del Settecento.
f) vorremmo cultura e senso della storia tali, poiché talune damnatio memoriae, che altri dei soggetti del mondo dell'opera propiziano e desiderano per le celebrazioni degli attuali protagonisti, sono facili da ammannire e sostenere ad un pubblico tenuto nella dimenticanza e riprovazione del passato. Recente o remoto. Moda e cultura hanno un rapporto conflittuale.
g) Vorremmo ricordarci, leggendo cronache e recensioni, che il critico e magari noi con lui abbiamo assistito alla rappresentazione dell'opera, creata all'epoca della composizione da un librettista ed un musicista e che i cantanti, oggi, portano sulla scena, non già ad una creazione unica del regista demiurgo alla cui opinione tutto e tutti devono prostarsi. Adoranti.
h) Vorremmo una critica libera, che eviti di correre ed affannarsi dopo una serata di quelle nate male e finite peggio a "fischiare il pubblico", insultarlo come tupamaros, pasionarie e oranghi del loggione, precisando, prona, che alla seconda i pochi facinorosi erano spariti e l'afflato fra pubblico e teatro (o meglio dirigenza del teatro) di nuovo cementato e tetragono.
i) Vorremo una critica capace di autocritica, ossia di vedere che tutti quei comportamenti che abbiamo in modo sommario ed incompleto descritto, hanno contribuito ad arrivare all'attuale situazione da tutti definita nefasta.
Voglio dedicare questa meditazione ad una loggionista scaligera (l'Agnese) che, dopo uno spettacolo riprovato duramente nella stagione 1981-'82, che presenta molte analogie con la corrente, invitò il critico della massima testata milanese a dire "LA VERITA'" sull'edizione del giorno successivo.
Gli ascolti
Bellini - Norma
Atto I - Sediziose voci - Maria Callas (1955)
3 commenti:
bella riflessione... ormai sembra che ci sia un "Bignami" delle critiche..già pronte e confezionate, nella migliore delle ipotesi... mah.... saluti ... :-) p.s. scusate la curiosità... mi piacerebbe decifrare la dedica sulla locandina heheheh M II°.
Credo sia da leggersi così:
"A Ugo
in ricordo
di una "pesante"
'Pietra del paragone'
con ammirazione
Eduardo".
mille grazie, egregio Tamburini:-)
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