Il viaggio a Trieste per assistere ad una nuova apparizione di June Anderson in Norma ci è parso doveroso data l’affezione del pubblico per questa grande protagonista della belcanto renaissance e personalmente motivato dalla curiosità di vederla riapprocciare un ruolo che, nell’ultima performance italiana a Parma, nel 2001, era stato molto criticato.
Il rientro sulle scene della Anderson qualche anno fa ci ha consegnato una cantante per alcuni aspetti diversa rispetto al passato, sia nei modi del canto che nell’interpretazione. Complice l’età che distilla decenni di esperienze maturate, di astuzie del mestiere e che, soprattutto, porta maggiore consapevolezza interpretativa, il grande cantante, in carriera avanzata, tende a conferire ai suoi personaggi una maggiore espressività e pienezza drammaturgica. Un esempio per tutti, la Semiramide di Joan Sutherland a Sydney, ricantata nel 1983 a 57 anni dopo una pausa di 12 anni, fu una piena realizzazione della vocalità tragica alla Colbran, dove un accento ed un fraseggio mai uditi in precedenza in quel ruolo da parte della Grande Australiana, ad onta di alcune mende vocali legate all’età, andavano a dar vita ad un personaggio profondamente diverso da quello origianario, meno suonato ma di potenza tragica impressionante.
Per questa ragione siamo andati sino a Trieste: per vedere miss Anderson alle prese con il must del belcantismo tragico alla bella età di 56 anni, a confrontare se stessa ed i normali acciacchi della sua età con un ruolo difficilissimo e da cui in passato aveva ottenuto anche qualche sofferenza.
Potrei sinteticamente dirvi che in un contesto fatto di niente, di cantanti al meglio inadeguati stilisticamente per non dire sprovveduti, con una bacchetta incapace di concertare e di non farci cascare le orecchie per il modo in cui ha fatto suonare l’orchestra triestina, miss Anderson ha retto l’opera da sola, cantando e portandosi per il palcoscenico come se venisse da un altro mondo e facesse altra e diversa professione rispetto ai suoi colleghi di avventura.
Il modo in cui ha reso il personaggio e la lucidità con cui ha amministrato risorse e difficoltà vocali della parte mi hanno impressionato e fanno di lei, a conti fatti e ad onta del silenzio che ha circondato questa sua apparizione italiana, la migliore Norma oggi in circolazione ( merito di miss Anderson ma anche grande demerito delle giovani che hanno la metà dei suoi anni e ciò nonostante non hanno capacità ed intelligenza per starle appresso…) . E sottolineo, la Norma migliore, e non una Norma perfetta.
Resta poi da domandarsi quanto la frustrazione derivata dagli ascolti correnti mediamente oggi nei nostri teatri non contribuisca a farci sentire anche qualcosa di più della realtà oggettiva allorquando ci compaiano davanti cantanti di altro livello professionale, altra esperienza, altra preparazione rispetto alla media corrente, perché già ascoltare qualcuno che mostra di avere idea di ciò che deve fare e di come lo si dovrebbe fare pare oramai una vera conquista. Questo è fatto che, però, inerisce la psicologia dell’ascolto, se mi si permette l’espressione, ed esula dalla presente recensione.
Il personaggio di Norma è coturnato e sempre inequivocabilmente nobile: e questo è stato reso con bella qualità di emissione ed un fraseggio scanditissimo, ricco di accenti e varietà di colori come raramente ho sentito da questa cantante. E con grande portamento scenico, complice il bell’aspetto, che davvero la metteva in risalto sul contorno. Nel pieno dei suoi mezzi vocali ( salvo gli acuti troppo spesso scroccati o indietro ) Laura Polverelli, che davvero preferisco per emissione alle varie Bacelli, Prina, Barcellona, Ganassi etc..., pareva una graziosa Lola piuttosto che la stilizzata vergine Adalgisa e del tutto estranea all’opera. In scena assieme, le due donne parevano appartenere a mondi diversi e cantare pure due opere diverse.
Si parlava del dosaggio dei mezzi vocali attuato dal soprano americano: la Anderson ha cantato un primo atto con minor volume di voce rispetto al secondo, tra l’altro pesantissimo anche per la lentezza dei tempi, risparmiandoci con ciò lo spettacolo straziante, già visto altre volte, di Norma che resta senza benzina alla fine del primo atto e grida malamente tutto il secondo. La “Casta diva” è andata via senza alcuna durezza o incrinatura, meglio dell’esecuzione del concerto di Aix cui avevamo assistito, eseguita in modo raccolto e con un legato ragguardevole, soprattutto dati gli anni di carriera.
Il registro basso, un tempo vuoto e fuor di maschera e che le impediva di essere un vero soprano drammatico, è oggi diverso, più coperto e sonoro, tanto che la Anderson può finalmente accentare in modo convincente anche in zona centro bassa. Alla recita cui ho assistito, il 28 di febbraio, il “Sediziose voci” come pure il “Dormono entrambi” e tutta l’introduzione al grande finale da “ Ei tornerà pentito..” sono stati quelli della tragédienne che per tutta la carriera la Anderson ha cercato di essere. Sono questi i momenti dell’opera che tagliano fuori tutti i soprani leggeri o lirico leggeri che cantano Norma in un presente in cui quella dell’adeguatezza della voce al ruolo è regola continuamente violata. Al tempo stesso il canto di agilità, che la parte ampiamente prevede, a meno di un “Ah bello a me ritorna” non fluido come mi sarei attesa, è stato gestito con una facilità ed una scioltezza ancora ragguardevoli e di altra qualità rispetto agli standard attuali delle Norme avvezze al repertorio verista etc..Quanto al settore acuto della voce, resta ancora il modo antico di eseguire il passaggio superiore, talora stonato, mentre alcuni acuti sono arrivati davvero tirati o calanti, in particolare al 2 atto. Tempi meno lenti e qualche patteggiamento in fatto di vigore drammatico credo che le avrebbero consentito ancora, ad esempio, di emettere dei do migliori rispetto a quello che ho udito nel “sangue roman scorreran torrenti” e frasi simili, anche perché in altri momenti della serata gli acuti sono arrivati facili e timbrati. Ciò nonostante tutto il finale è stato davvero efficace per accento e forza drammatica, senza scadimenti nell’effetto gratuito o verista. E credo che a 56 anni non sia davvero cosa da poco.
Non posso fare a meno di riconoscere a miss Anderson di avermi stupito, perché ad onta dell’età, del repertorio e dei ritmi di lavoro praticati in passato nonchè dell’usura vocale, ha compiuto un efficace “restyling” ad un ruolo tanto gravoso, riuscendo a farci assistere non ad un cimento vocale contro l’attacco del tempo, come altre sue colleghe coetanee o quasi, ma a… Norma. E questo mi ha fatto davvero piacere.
Quanto agli altri, che devo dire? Che la signora Polverelli, avendo la voce, poteva almeno darsi pena di dare all’ingresso di Adalgisa un qualche elemento di grazia, di virginale emozione….qualche sfumatura che ci potesse far pensare ai turbamenti del suo personaggio? E invece niente, o poco: superato l’impatto anche con il suo incedere così poco adatto alla giovane Adalgisa, abbiamo udito una bella facilità di canto al duetto con Pollione, ed una compitazione piuttosto deludente nei duetti con Norma, complice il confronto con la protagonista: il racconto della giovane nell’ ”Oh rimembranze” meriterebbe uno straccio di coinvolgimento emotivo, un qualche tentativo di cantare in modo evocativo…..giusto per onorare Bellini in uno dei suoi momenti più ispirati. Ed invece il suo “tirar via” interpretativo ha dominato sovrano la scena ed il suo personaggio. E’ un peccato non sfruttare a dovere il proprio mezzo vocale, soprattutto se di buona qualità.
Il Pollione di Jovanovich è il solito personaggio stentoreo vocalmente e scenicamente, impossibilitato ad emettere anche solo un primo acuto e che canta piattamente tutta sera senza alcun intento intepretativo. Che fosse una parte dei Donzelli, da variare almeno al da capo della cabaletta ( tagliato come negli anni ‘40)…beh, lasciamo perdere, perché sono concetti troppo astrusi per tenori e bacchette come queste.
Giacomo Prestia ha fatto di Oroveso una sorta di veggente fanatico, complice una regia da cui tutti avrebbero dovuto dissociarsi, non solo la diva Anderson. La voce è importante, ma di quelle belle basse comuni al giorno d’oggi, ballante e non poco, al primo atto in particolare.
Della bacchetta, Julian Kovatchev, posso solo dire, al di là dei tempi ora velocissimi ora lentissimi, che mi pareva assai in difficoltà a far le chiusure in accordo col canto. O in ritardo o in anticipo, senza il senso di quel che facevano i cantanti. Eppoi fracassone, con un “Guerra guerra” da antologia dell’orrore…..
A lui và la colpa di non aver saputo far girare la serata, sempre ferma e senza alcun pathos o magia. Direttori come questi riescono a compiere imprese straordinarie, perchè distruggere la Norma, che non mi pare nemmeno sia questa cosa mostruosa da concertare, è davvero impresa da record.
Quanto allo spettacolo, l’allestimento di Tiezzi lo conoscete già e non vale la pena parlarne. Oscilla tra buone invenzioni e paccottiglia, tra citazioni archeologiche della scultura classica e salottini ottocenteschi…… Mi ha colpito la gestualità, che non so qual finalità avesse, ma in conservatori passatisti come me, suscita solo il riso. E Bellini non credo lo gradirebbe.
http://www.youtube.com/watch?v=deBNu5mTP6o
Il rientro sulle scene della Anderson qualche anno fa ci ha consegnato una cantante per alcuni aspetti diversa rispetto al passato, sia nei modi del canto che nell’interpretazione. Complice l’età che distilla decenni di esperienze maturate, di astuzie del mestiere e che, soprattutto, porta maggiore consapevolezza interpretativa, il grande cantante, in carriera avanzata, tende a conferire ai suoi personaggi una maggiore espressività e pienezza drammaturgica. Un esempio per tutti, la Semiramide di Joan Sutherland a Sydney, ricantata nel 1983 a 57 anni dopo una pausa di 12 anni, fu una piena realizzazione della vocalità tragica alla Colbran, dove un accento ed un fraseggio mai uditi in precedenza in quel ruolo da parte della Grande Australiana, ad onta di alcune mende vocali legate all’età, andavano a dar vita ad un personaggio profondamente diverso da quello origianario, meno suonato ma di potenza tragica impressionante.
Per questa ragione siamo andati sino a Trieste: per vedere miss Anderson alle prese con il must del belcantismo tragico alla bella età di 56 anni, a confrontare se stessa ed i normali acciacchi della sua età con un ruolo difficilissimo e da cui in passato aveva ottenuto anche qualche sofferenza.
Potrei sinteticamente dirvi che in un contesto fatto di niente, di cantanti al meglio inadeguati stilisticamente per non dire sprovveduti, con una bacchetta incapace di concertare e di non farci cascare le orecchie per il modo in cui ha fatto suonare l’orchestra triestina, miss Anderson ha retto l’opera da sola, cantando e portandosi per il palcoscenico come se venisse da un altro mondo e facesse altra e diversa professione rispetto ai suoi colleghi di avventura.
Il modo in cui ha reso il personaggio e la lucidità con cui ha amministrato risorse e difficoltà vocali della parte mi hanno impressionato e fanno di lei, a conti fatti e ad onta del silenzio che ha circondato questa sua apparizione italiana, la migliore Norma oggi in circolazione ( merito di miss Anderson ma anche grande demerito delle giovani che hanno la metà dei suoi anni e ciò nonostante non hanno capacità ed intelligenza per starle appresso…) . E sottolineo, la Norma migliore, e non una Norma perfetta.
Resta poi da domandarsi quanto la frustrazione derivata dagli ascolti correnti mediamente oggi nei nostri teatri non contribuisca a farci sentire anche qualcosa di più della realtà oggettiva allorquando ci compaiano davanti cantanti di altro livello professionale, altra esperienza, altra preparazione rispetto alla media corrente, perché già ascoltare qualcuno che mostra di avere idea di ciò che deve fare e di come lo si dovrebbe fare pare oramai una vera conquista. Questo è fatto che, però, inerisce la psicologia dell’ascolto, se mi si permette l’espressione, ed esula dalla presente recensione.
Il personaggio di Norma è coturnato e sempre inequivocabilmente nobile: e questo è stato reso con bella qualità di emissione ed un fraseggio scanditissimo, ricco di accenti e varietà di colori come raramente ho sentito da questa cantante. E con grande portamento scenico, complice il bell’aspetto, che davvero la metteva in risalto sul contorno. Nel pieno dei suoi mezzi vocali ( salvo gli acuti troppo spesso scroccati o indietro ) Laura Polverelli, che davvero preferisco per emissione alle varie Bacelli, Prina, Barcellona, Ganassi etc..., pareva una graziosa Lola piuttosto che la stilizzata vergine Adalgisa e del tutto estranea all’opera. In scena assieme, le due donne parevano appartenere a mondi diversi e cantare pure due opere diverse.
Si parlava del dosaggio dei mezzi vocali attuato dal soprano americano: la Anderson ha cantato un primo atto con minor volume di voce rispetto al secondo, tra l’altro pesantissimo anche per la lentezza dei tempi, risparmiandoci con ciò lo spettacolo straziante, già visto altre volte, di Norma che resta senza benzina alla fine del primo atto e grida malamente tutto il secondo. La “Casta diva” è andata via senza alcuna durezza o incrinatura, meglio dell’esecuzione del concerto di Aix cui avevamo assistito, eseguita in modo raccolto e con un legato ragguardevole, soprattutto dati gli anni di carriera.
Il registro basso, un tempo vuoto e fuor di maschera e che le impediva di essere un vero soprano drammatico, è oggi diverso, più coperto e sonoro, tanto che la Anderson può finalmente accentare in modo convincente anche in zona centro bassa. Alla recita cui ho assistito, il 28 di febbraio, il “Sediziose voci” come pure il “Dormono entrambi” e tutta l’introduzione al grande finale da “ Ei tornerà pentito..” sono stati quelli della tragédienne che per tutta la carriera la Anderson ha cercato di essere. Sono questi i momenti dell’opera che tagliano fuori tutti i soprani leggeri o lirico leggeri che cantano Norma in un presente in cui quella dell’adeguatezza della voce al ruolo è regola continuamente violata. Al tempo stesso il canto di agilità, che la parte ampiamente prevede, a meno di un “Ah bello a me ritorna” non fluido come mi sarei attesa, è stato gestito con una facilità ed una scioltezza ancora ragguardevoli e di altra qualità rispetto agli standard attuali delle Norme avvezze al repertorio verista etc..Quanto al settore acuto della voce, resta ancora il modo antico di eseguire il passaggio superiore, talora stonato, mentre alcuni acuti sono arrivati davvero tirati o calanti, in particolare al 2 atto. Tempi meno lenti e qualche patteggiamento in fatto di vigore drammatico credo che le avrebbero consentito ancora, ad esempio, di emettere dei do migliori rispetto a quello che ho udito nel “sangue roman scorreran torrenti” e frasi simili, anche perché in altri momenti della serata gli acuti sono arrivati facili e timbrati. Ciò nonostante tutto il finale è stato davvero efficace per accento e forza drammatica, senza scadimenti nell’effetto gratuito o verista. E credo che a 56 anni non sia davvero cosa da poco.
Non posso fare a meno di riconoscere a miss Anderson di avermi stupito, perché ad onta dell’età, del repertorio e dei ritmi di lavoro praticati in passato nonchè dell’usura vocale, ha compiuto un efficace “restyling” ad un ruolo tanto gravoso, riuscendo a farci assistere non ad un cimento vocale contro l’attacco del tempo, come altre sue colleghe coetanee o quasi, ma a… Norma. E questo mi ha fatto davvero piacere.
Quanto agli altri, che devo dire? Che la signora Polverelli, avendo la voce, poteva almeno darsi pena di dare all’ingresso di Adalgisa un qualche elemento di grazia, di virginale emozione….qualche sfumatura che ci potesse far pensare ai turbamenti del suo personaggio? E invece niente, o poco: superato l’impatto anche con il suo incedere così poco adatto alla giovane Adalgisa, abbiamo udito una bella facilità di canto al duetto con Pollione, ed una compitazione piuttosto deludente nei duetti con Norma, complice il confronto con la protagonista: il racconto della giovane nell’ ”Oh rimembranze” meriterebbe uno straccio di coinvolgimento emotivo, un qualche tentativo di cantare in modo evocativo…..giusto per onorare Bellini in uno dei suoi momenti più ispirati. Ed invece il suo “tirar via” interpretativo ha dominato sovrano la scena ed il suo personaggio. E’ un peccato non sfruttare a dovere il proprio mezzo vocale, soprattutto se di buona qualità.
Il Pollione di Jovanovich è il solito personaggio stentoreo vocalmente e scenicamente, impossibilitato ad emettere anche solo un primo acuto e che canta piattamente tutta sera senza alcun intento intepretativo. Che fosse una parte dei Donzelli, da variare almeno al da capo della cabaletta ( tagliato come negli anni ‘40)…beh, lasciamo perdere, perché sono concetti troppo astrusi per tenori e bacchette come queste.
Giacomo Prestia ha fatto di Oroveso una sorta di veggente fanatico, complice una regia da cui tutti avrebbero dovuto dissociarsi, non solo la diva Anderson. La voce è importante, ma di quelle belle basse comuni al giorno d’oggi, ballante e non poco, al primo atto in particolare.
Della bacchetta, Julian Kovatchev, posso solo dire, al di là dei tempi ora velocissimi ora lentissimi, che mi pareva assai in difficoltà a far le chiusure in accordo col canto. O in ritardo o in anticipo, senza il senso di quel che facevano i cantanti. Eppoi fracassone, con un “Guerra guerra” da antologia dell’orrore…..
A lui và la colpa di non aver saputo far girare la serata, sempre ferma e senza alcun pathos o magia. Direttori come questi riescono a compiere imprese straordinarie, perchè distruggere la Norma, che non mi pare nemmeno sia questa cosa mostruosa da concertare, è davvero impresa da record.
Quanto allo spettacolo, l’allestimento di Tiezzi lo conoscete già e non vale la pena parlarne. Oscilla tra buone invenzioni e paccottiglia, tra citazioni archeologiche della scultura classica e salottini ottocenteschi…… Mi ha colpito la gestualità, che non so qual finalità avesse, ma in conservatori passatisti come me, suscita solo il riso. E Bellini non credo lo gradirebbe.
http://www.youtube.com/watch?v=deBNu5mTP6o
16 commenti:
Divina Giulia,
Il 28 febbraio c'ero anch'io, e sono d'accordo con la sua recensione. June Anderson ha avuto qualche difficoltà ma si è riscattata (direi ottimamente) con l'interpretazione, che a mio avviso ha riservato momenti davvero commoventi. Peccato per le lievi imprecisioni d'intonazione all'inizio di "Casta diva", ma cavolo... iniziare con un'aria del genere! Bellini un po' sadico lo era!! Per il resto del cast concordo, anzi ricordo benissimo la sensazione che mi ha dato il tenore: voce a mio parere molto bella, ma con degli acuti un po' strani, forse era quello che si definisce stimbratura? Perdoni la domanda un po' naive, ho vent'anni e queste sono le prime frequentazioni dell'opera dal vivo! Tanti saluti, buonanotte!P.S. io avevo un posto laterale in loggione, lei dov'era?
ho visto 1 atto in 1a galleria ed un atto in un palco di proscenio...
mentre dd è sempre rimasto in galleria...
a presto
Grandissima June... si è letteralmente coperta di gloria... Cantare così a quell'età (e dopo aver fatto il repertorio che ha fatto lei) è un miracolo!!!!
Divina Grisi, è un peccato non averla incontrata!!!
Scusate, l'ho già scritto sulla chat box. A me pare che abbia troppe difficoltà (ho sentito solo youtube, però). Grossi problemi vocali e un'interpretazione, secondo me, troppo lagnosa. Mi pare un ruolo che va oltre le sue possibilità, ormai.
Non sono d'accordo sulle critiche rivolte a June Anderson come Norma. Potrà non essere perfetta e di fatto non lo è (e mi pare che nella recensione questo sia molto chiaro!) ma a conti fatti resta oggi l'interprete più attendibile del ruolo. Dobbiamo fare l'inventario delle Norme attuali in circolazione? Spero non bisogni arrivare a tanto ma francamente non mi sento di preferire alla Anderson quanto proposto da una Theodossiou (urla o falsettini e tanta tantissima volgarità scenica ed interpretativa), da una Carosi (che farebbe bene a ripensare le proprie capacità prima di approcciare certi ruoli - per ora può atteggiarsi a Norma giusto su Facebook!), da una Dessì (certo più professionale delle sue giovani e sprovvedute colleghe ma a mio parere poco Norma per canto e interpretazione in quanto a latitare erano in primis le intenzioni prima ancora dei risultati, il Casta Diva era tirato via, non ho ritrovato nessuna cifra interpretativa ben definita), da una Gruberova (voce troppo leggera per natura, nonostante la tecnica le consenta sotto questo aspetto ancora di essere anni luce lontana dalle sue giovani colleghe, e interprete dal gusto troppo tedesco nel repertorio italiano).....e mi fermo qui, certo a difettare tutte queste signore (con l'eccezione forse della Gruberova dove difetta il mezzo e il gusto) è in primis l'emissione, pochissimo adatta al Belcanto e a Norma! Ribadisco poi che trovo migliore la compostezza scenica, la nobiltà interpretativa e vocale della Anderson a quanto proposto dalle altre sue colleghe che non hanno per giunta neanche la scusante dell'età o degli anni di carriera!
Quanto alla polemica in generale mi sembra gratuita ed evidentemente intenzionale. Come altri post dimsostrano.
Scusa Nourrit quale polemica intenzionale? Non da parte mia che non sono fan di nessuna delle signore che tu hai citato come le altre Norme di oggi. E come ho detto in chat che senso ha fare confronti con altre? Io non ero a teatro e quindi giudico da quello che ho sentito su youtube (mi pare che su questo blog non sia cosa rara giudicare da trasmissioni o quant'altro). Da quello che si sente la Anderson è stonata, l'emissione non mi pare da manuale (tutt'altro e mi pare siano dati oggettivi) e il fraseggio non emerge, secondo me, per chissà quale personalità (ma qui si rientra in una certa soggettività).
E a me parrebbe (uso il condizionale perchè non c'ero) che Norma non sia ruolo per lei nelle condizioni in cui è adesso. Che c'è di male a dirlo?
Aggiungo solo una cosa.
Questo sciorinare nomi di altre cantanti e certe battutine (tipo la storia di facebook) mi paiono alquanto infantili.
A me sembra gratuito e intenzionale questo.
O LucaR, ma hai letto si o no che ho scritto che stonava?
Sì Grisi. Ma mi riferivo più a chi ha risposto (Tamburini e Nourrit) piuttosto che a te per la difesa a oltranza con elenco di altre "interpreti" odierne di Norma.
Io ho assistito alla prima dell'opera dalla platea. è innegabile he la signora andersona abbia avuto un costante problema di intonazione , quello che si dice essere semre "un comma" sotto. e chi fa musica sa di che parlo. ma dobbiamo riconoscerle che ala syua età, possiede e sfoggia ancora una coloratura scintillante, tanto che nei passi di agilità sembrava proprio un'altra voce. e comunque io l'ho trovata più partecipe e interpretativamente e scenicamente, di quanto ricordassi. e vorrei dire anche che nel novembre 198 proprio a Trieste debuttò un'altra cantante nel ruolo di Norma, che fu aspramente criticata e fischiata, anche lei stonò non poco e fu bagarre per giorni e giorni.... in ogni caso, onore e gloria a June. grande professionista e di sicuro una delle ultime signore della scena al giorno d'oggi. saluti a tutti
Maometto II,a quella norma triestina c´ero e e mi ricordo che i loggionisti fecero stampare addirittura un ´epigrafe mortuaria sul decesso dell´opera per colpa degli interpreti...Comunque,se volete sentire una vera Norma,oggi per me l´unica attendibile é Catherine Naglestad.
Saluti
la data citata nel mio post precedente è novembre 1986. saluti
beh caro Mozart, io ero alla prima della Norma citata nel 1986 e il teatro era pieno di manifesti con scritti ( in anticipo) i ringraziamenti alla signora protagonista, oltre a molti amici e fans che giravano in galòleria a dire d stare zitti ebuoni ma non riuscirono a zittire il tumulto che si scatenò dopo una " casta diva" addirittura imbarazzante. e i manifesti dei loggionisti fecero il giro del mondo:-), ma finiamola coi ricordi e occupiamoci del presente. che è triste, molto triste.
io ero alla prima con un amico non pratico ascoltatore di opera, e la sua impressione è stata quella di ascoltare una grande professionista: il confronto con i comprimari era significativo! devo dire che la polverelli l'ho trovata incapace nel canto di coloratura rispetto alla june, e nelle parti in duo si sentiva in maniera eclatante: forse si salva il timbro, c he non ricordo, ma la mtecnica, ahimé, non credo....
Io ero alla prima e devo dire che in molti punti quelle che alcuni di voi definiscono "stonature" sono in realtà il frutto di un'emissione cosiddetta "a cucchiaio", soprattutto nel passaggio, dovuta forse all'età non più fresca della cantante. Ma di stonature vere e proprie io non ne ho sentite: i si acuti erano quasi tutti ottimi (quello di "Qual cor tradisti" era stupendo; il video del tubo non gli rende giustizia!); meno qualche do (certamente un po' a lama di coltello quello del "Sangue roman", sicuramente strillacchiati quelli dell'"Oh! Non tremare!"), ma quello del duetto con Adalgisa mi è sembrato buono (da evitare ogni confronto con quello della Polverelli!!!). Devo dire che la recensione della Divina Grisi mi è sembrata in alcuni punti eccessiva per zelo di valutazione, di fronte ad una prestazione che, visto anche il contorno, non meritava un tale atteggiamento. La Anderson, nel deserto che la circondava, si è letteralmente coperta di gloria. La voce correva: era ampia, sonora, sentivi tutto, dal grave all'acuto, non c'erano buchi, e il centro e il passaggio non erano "appassiti" come quelli di una Devia. La coloratura l'ho trovata in alcuni punti un po' deficitaria (e la cosa mi ha stupito... Ho pensato alla sua Semiramide!!!!), ma nel desreto attuale è improponibile ogni confronto: vogliamo parlare della coloratura, nel medesimo ruolo, della Dessì o della Theodossiu? Ma per favore!!!
E poi l'interpretazione: non è vero che l'interpretazione sia soggettiva (queste sono bubbole da "Amici"!): la Norma della Anderson è scavata, una donna non più giovane e che sente il peso di questo, molto essenziale ma non algida. Vogliamo parlare del "Teneri figli", davvero emozionante? O del "Qual cor tradisti", perfettamente centrato (uno dei passaggi dell'opera più difficili da quadrare interpretativamente)? L'interpretazione era convincente perchè aderente a quello che la cantante voleva fare: e tu ascoltatore ti accorgi immediatamente se l'interprete fa tutto quello che VUOLE fare. Ciò è avvenuto perchè la Anderson canta con una tecnica ancora più salda rispetto a quando era giovane. E un ascoltatore attento si accorge di ciò solo vedendola cantare: nessuna postura "improponibile", nessuno strappo a livello del corpo: sempre dritta, sempre ben piantata a terra, respirazione intercostale, bocca che segue la linea ascendente o discendente del canto... Tutto ciò contribuiva a un canto sorvegliato, attento, aderente alla musica, ergo "espressivo"... Certo qualche nota non sarà stata perfetta, ma chi se ne frega!
Ne è valsa la pena andarla a sentire... Brava June!!!!
.................e caro Velluti, se avessi sommariamente recensito che era due spane su tutti mi avrebbero tacciato di passatismo....coem qualcuno ha fatto ugualmente....non ha letto la chat????
a presto
gg
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