Dialogo tra regista e cantante, tra modernismo e passatismo:
Eravamo in coda per la ripresa, ripulita, del brutto Idomeneo del regista Luc Bondy più di un anno fa quando da New York giugeva l’eco del megaflop al Met della nuova produzione di Tosca, firmata dal medesimo regista e coprodotta anche dal nostro teatro milanese.
Un‘ondata “passatista” si riversò sul teatro americano a favore della trentennale produzione zeffirelliana e per la dismissione del nuovo prodotto d’avanguardia. Pare che la direzione del Met avesse pure indetto una conferenza stampa per spiegare al pubblico la novità dell’incompreso spettacolo, ma senza ottenere effetto. Grande polverone mediatico, con tanto di dichiarazioni di fuoco di Franco Zeffirelli…..insomma, uno degli spettacoli più discutibili e perciò criticati di cui si sia mai sentito parlare.
E noi ci domandammo se era proprio il caso di continuare nell’impresa facendo arrivare fino a qui una Tosca, che si diceva all’insegna della volgarità, a tratti anche del ridicolo, contraria alla poetica dell’opera pucciniana. Decisi a non farci mancare nulla, nessuna delle chicche registiche à la page che gravano pesantemente sui bilanci dei teatri d’opera, abbiamo compiuto anche ieri sera il rito modernista, in uno spettacolo pure questo “limato “ e “accomodato”, depurato dal sommo gesto registico della fellatio ad inizio del secondo atto e da altre “novità” affini, ma comunque sempre brutto, volgare, nel migliore dei casi insignificante. Anzi, anche insensato, come il cambio d’abito che Tosca compie dopo avere ammazzato Scarpia, presentandosi all’esecuzione di Castel Sant’Angelo diversamente vestita dal secondo atto. Ieri sera la gente ha riso nel momento della morte di Scarpia, come pure al terzo atto, quando il soprano viene costretta a mimare la morte di Cavaradossi sulle parole “ E cadi bene- Come la Tosca in teatro-così—così” perché a volte il riso è consolatorio. Una parola speciale, però, và anche spesa per lo “scenografo-muratore” (perdonatemi la battuta ma…) Richard Peduzzi, che da trent’anni “mura” ripetitivamente ogni produzione con i suoi fondali in mattoni: è dal Lucio Silla del 1984 che vediamo queste quinte, sempre la medesima variazione sul tema, fattesi un po’ troppo frequenti in questi anni di Tristano ed Isotta, Carmen, ed ora Tosca. Questa l’ha pure murata male, tra l’altro, dato che il soggetto dell’opera non si presta affatto ad essere trasferita in un non-luogo dal sapore industriale. Ieri, il primo atto, più che la chiesa di Sant’Andrea della Valle pareva un brutto scorcio, troppo buio, della metafisica Chandigart di L. Kahn e il secondo atto l’ufficio di un questurino di un paese dell’agro romano degli anni ’30, arredato modestamente con gusto vintage.
Roma è dappertutto nella Tosca, è nella musica, Puccini la crea e la pretende anche in scena, dato che questa è la poetica dell’opera, che non può e non deve essere annientata, perché sennò si annienta l’autore, che fino, a prova del contrario, è il protagonista, colui che detta la cifra del testo. E Tosca, da questo punto di vista, è opera determinatissima, che lascia assai poco spazio alla novità, che non sia registica. Zeffirelli, Ronconi, De Ana, Bolognini, loro si che han messo in scena “la Tosca”. Ieri sera abbiamo sopportato una bruttura gratuita ed incongrua.
Ha sopportato il pubblico, ma hanno sopportato anche i cantanti, che oggi più che mai hanno bisogno di essere aiutati, coadiuvati, corroborati in ciò che fanno, perché non sono in grado di andare lontano con le proprie gambe.
Alla produzione sciagurata si è unita la prova mediocre del maestro Wellber, che udivamo per la prima volta. Al signor Wellber è mancato semplicemente una minimale conoscenza ed aderenza al titolo, non alla sola tradizione, fondamentale per opere come questa, il suo colore romano, l’atmosfera grandiosa e perversa del Te Deum, come quella dell’agro romano ad inizio del terzo atto (ma che fracasso quelle campane fuori scena!). E’ mancata anche certa tensione drammatica al secondo ( alludo alla scena della tortura, ove l’orchestra non era in grado di suonare il ritmo incalzante dei “ Più forte - più forte…” di Scarpia e Tosca ), ma anche al duetto del terzo, dove assieme a lui sono mancati pure i cantanti, visibilmente stanchi. Insomma, una direzione che non ha mai preso il pubblico né creato la dovuta atmosfera, che sarebbe stata tanto necessaria al cast. Già, perché nel teatro accade anche che quando il cast canta poco, il direttore si faccia “ cantante”, e la Tosca a questo si presta moltissimo. Ma ieri sera non è stato proprio così.
Quanto ai protagonisti, non si commentano le rocambolesche avventure del “virus” scaligero, perché, lo abbiamo già osservato altre volte, i virus nell’opera paiono gli esseri viventi, che brillano per tempismo e coordinamento con gli eventi e le difficoltà organizzative degli enti lirici. Fatto sta che il teatro si è aggrappato alla signora Radvanovsky, causa defezioni varie, ed ha rimediato un tenore, quello sì, imprevisto, il signor Antonenko, spiazzando tutte le chiacchiere sul tototenore, che preconizzava rimpiazzi con alcuni . Ed il pubblico ha apprezzato la loro disponibilità nel soccorrere la serata, il loro non tirarsi indietro di fronte ad una produzione, che li esponeva a dei rischi.
Parliamo di canto, quello vero.
Il cast vocale, in realtà, non è piaciuto al pubblico, che ha avuto parole positive per la sola qualità vera apprezzabile in campo: una serie di intenzioni musicali, di fraseggio, fatte udire dalla signora Radvanovsky, che, ad onta di una voce sgradevole al centro soprattutto per limiti tecnici, ha però avuto saputo porsi da cantante di rango, che deve “dire”, cioè esprimere.
Ha costruito un personaggio plausibile anche sul piano scenico, mai volgare ( qualche notaccia di petto al secondo atto, al momento dell’assassinio di Scarpia, ma come di prammatica….), con bel fraseggio nell’aria, che le è valso il solo applauso della serata. Abbiamo apprezzato la sua preparazione musicale, meno quella tecnica. La voce è importante per volume, estesa in alto, non certo bella di natura. Sopratutto e versiamo nei limiti tecnici al centro è fortemente tubata, vibrata e “di fibra”, “chevrotante” come dice il gergo francese. Al centro i suoni sono spesso presi “da sotto” e corretti nell’intonazione, con difficoltà di legato, causa un uso del fiato non di scuola. In un‘opera come Tosca, di scrittura centrale nei cantabili e che guizza all’acuto prevalentemente nei momenti drammatici, il difetto ha grande rilevanza, soprattutto in una voce di grande volume, ed il pubblico ha faticato ad accettare questa voce, giunta anche molto affaticata al terzo atto. Ed in fondo è Tosca, non Aida o Ballo.
Quanto ai due protagonisti maschili nulla di speciale. Il tenore, signor Antonenko, ha una voce spessa e non a fuoco. Ha cantato con solidità ma anche con cali di intonazione sensibili, fraseggiando pochissimo e portando a termine la sua serata con una “solidità” poco elegante ed inespressiva, ma che lo ha messo al riparo dalle reazioni suscitate dai protagonisti del dittico verista. Il secondo, signor Lucic, è stato uno Scarpia greve, anche volgare a tratti, dalla voce insufficiente in volume e dagli acuti sistematicamente indietro, tanto da essere in difficoltà nel Te Deum, ove ha faticato a farsi udire. Complice la regia, il suo Scarpia di baronale aveva assai poco, e più che elegantemente laido e perverso, è parso assai triviale e truculento. Le "limature" di regia quasi che il pubblico milanese sia moralista e facile allo scandalo hanno aggravato la situazione. Anche per lui l’efficacia di chi esegue il proprio compito al riparo dai disastri, ma anche lontano dal cantare con arte.
Leggiamo or ora le dichiarazioni di stampa e direzione del teatro, che meritano qualche chiosa anche da parte nostra.
Che la produzione sarebbe stata fischiata lo si sapeva da mesi, ha ragione il signor Lissner. Ma questo non per un progetto di deliberato danno al teatro, ma semplicemente perché si trattava notoriamente di uno spettacolo brutto, sbagliato in partenza, e contestatissimo ab origo, per giunta trasmesso nelle recite di Monaco anche dalla televisione. Sono state tolte le escursioni nel pornografico gratuito ma l’essenza è rimasta invariata. Al pubblico non spetta entrare nel merito della gestione delle cose, dei costi, dell’acquisto fatto molti mesi addietro, ma solo l’espressione del proprio apprezzamento. E così è stato:abbiamo dovuto vederla per forza? L’opinione è stata quella espressa ieri sera, controversa.
In fatto di cantanti, non la penso però come la maggior parte del pubblico di ieri sera.
La Scala ha peccato di leggerezza al momento della dipartita della signora Serafin dalla produzione, per motivi personali, avventurandosi in una promozione al primo cast di una cantante che forse andava meglio soppesata nelle sue qualità. I milanesi ben sapevano del Trovatore comasco in cui era incappata la signora Dyka non molto tempo fa e gli audio disponibili in internet proprio di Tosca suggerivano una maggiore prudenza. Il teatro, però, è corso ai ripari, anche con fortuna, recuperando una protagonista, originariamente chiamata per supplire solo alcune recite, che è comunque la massima Tosca oggi presente sul mercato. O meglio, sul mercato dei “divi”, perché, ad onta di alcuni miei vecchi compagni di loggione, la signora Radvanovsky ha fior di carriera e curriculum professionale e non è, come alcuni han creduto, “un secondo cast” recuperato alla bell’è meglio. Il virus tempista ha fatto il resto, e il teatro ci ha comunque esibito la Tosca più blasonata di oggi, ed in questo ha fatto, almeno sulla carta, il suo dovere.
Mentre forse non l’ha fatto nella scelta della bacchetta e nel perseverare con una produzione che non può piacere a nessuno.
Il teatro ha anche subito il forfait di Jonas Kaufmann, peraltro previsto in cartellone a Monaco di Baviera sino al giorno 13 febbraio in Carmen, recita cancellata all’ultimo, in coincidenza della prova generale di Tosca a Milano. Ammalatosi il secondo tenore designato, signor Berti, si ammala anche Kaufmann, e la Scala resta senza tenori. Ed il pubblico rispetta la prova del signor Antonenko giunto all’ultimo, perché così funziona il teatro da che mondo è mondo. Certo, se poi la recita del 17 viene cancellata per assenza di tenori, come ha annunciato oggi su un quotidiano il signor Soprintendente, nessuno ne ha colpa, men che meno il pubblico, che ha applaudito l’uscita del cast vocale.
Certo, continuare ad organizzare scritture di cantanti che per calendario arrivano all’ultimissimo minuto, andando in scena senza prove, è esporsi a questi rischi, perché i cantanti di oggi non sono quelli di ieri. Non è più il tempo dei Domingo, delle Caballè, dei big “last minute”, in grado di cantare sempre e comunque. I cantanti di oggi non hanno più la stessa preparazione tecnica, quella che consentiva ad alcuni di loro, i big appunto di cantare ogni sera, e talora cancellano semplicemente perché….non ce la fanno. Nessuno è esente da questi problemi, salvo le vecchie signore nominate Gruberova, Devia, o signori nominati Nucci etcc, che possono andare in scena sempre.
Cosa è opportuno dire a questo punto?
Che assieme alle scelte imprudenti o errate, la Scala paga anche lo scotto dell’adeguamento inevitabile (davvero?) ad un sistema, il cosiddetto “star system”, che è arrivato al capolinea. I cantanti sono cambiati perché è cambiato il modo di cantare: il loro bagaglio tecnico si è impoverito oltre il limite consentito per reggere ritmi e repertori che sino agli anni ’80 erano ritenuti normali. Eppure a questo dato lampante, che tutti constatano ogni sera, il sistema non sa trovare il giusto rimedio. La Scala è in crisi? Assediata dai bu e dai fischi? La qualità che il teatro sta esprimendo vi pare davvero inferiore a quella espressa da un teatro come il Met ? Il problema è che un teatro esprima la propria opinione, sempre fondata tra l’altro, o che, a furia di storture, di un sistema di falsi valori extravocali, ci si sia ridotti a non poter allestire perfino la Tosca, che da che mondo è mondo si allestiva nei massimi teatri di tutto il mondo come in quelli di provincia? Parliamo di fischi o di qualità artistica intrinseca agli spettacoli?
Il problema và ben oltre la dualità passatisti –modernisti, ma sta nel modo in cui si operano le scelte artistiche ma sta anche nel rimettere a fuoco quali debbano essere le qualità tecniche di chi và in scena ed alza la bacchetta, e dove andare a recuperare quegli strumenti di lavoro perduti.
Ieri sera il pubblico è stato molto giusto, almeno a mio avviso, perché ha detto di no là dove si poteva far meglio, ed ha lasciato andare dove il teatro non poteva, lì per lì, metter rimedio.
Avremo comunque occasione di riparlare di questi temi al più presto.
E partiremo dalla considerazione di un'altra "sopravvissuta"della vecchia generazione Miss June Anderson, che ci ha ricordato come un tempo si fosse divi dello stars system per scelta e decreto del pubblico, mentre oggi i divi dello stars system sono quelli che per tali vengono propagandati ed imposti.
E questa la regola che MAI il pubblico italiano, scaligero in particolare, potrà accettare e condividere. Alla prossima!
Puccini - Tosca
Atto III
Io de' sospiri...Mario Cavaradossi?...E lucevan le stelle...Franchigia a Floria Tosca...O dolci mani...Trionfal di nova speme - Antonietta Stella & Richard Tucker - dir. Dimitri Mitropoulos - Met 1958
Eravamo in coda per la ripresa, ripulita, del brutto Idomeneo del regista Luc Bondy più di un anno fa quando da New York giugeva l’eco del megaflop al Met della nuova produzione di Tosca, firmata dal medesimo regista e coprodotta anche dal nostro teatro milanese.
Un‘ondata “passatista” si riversò sul teatro americano a favore della trentennale produzione zeffirelliana e per la dismissione del nuovo prodotto d’avanguardia. Pare che la direzione del Met avesse pure indetto una conferenza stampa per spiegare al pubblico la novità dell’incompreso spettacolo, ma senza ottenere effetto. Grande polverone mediatico, con tanto di dichiarazioni di fuoco di Franco Zeffirelli…..insomma, uno degli spettacoli più discutibili e perciò criticati di cui si sia mai sentito parlare.
E noi ci domandammo se era proprio il caso di continuare nell’impresa facendo arrivare fino a qui una Tosca, che si diceva all’insegna della volgarità, a tratti anche del ridicolo, contraria alla poetica dell’opera pucciniana. Decisi a non farci mancare nulla, nessuna delle chicche registiche à la page che gravano pesantemente sui bilanci dei teatri d’opera, abbiamo compiuto anche ieri sera il rito modernista, in uno spettacolo pure questo “limato “ e “accomodato”, depurato dal sommo gesto registico della fellatio ad inizio del secondo atto e da altre “novità” affini, ma comunque sempre brutto, volgare, nel migliore dei casi insignificante. Anzi, anche insensato, come il cambio d’abito che Tosca compie dopo avere ammazzato Scarpia, presentandosi all’esecuzione di Castel Sant’Angelo diversamente vestita dal secondo atto. Ieri sera la gente ha riso nel momento della morte di Scarpia, come pure al terzo atto, quando il soprano viene costretta a mimare la morte di Cavaradossi sulle parole “ E cadi bene- Come la Tosca in teatro-così—così” perché a volte il riso è consolatorio. Una parola speciale, però, và anche spesa per lo “scenografo-muratore” (perdonatemi la battuta ma…) Richard Peduzzi, che da trent’anni “mura” ripetitivamente ogni produzione con i suoi fondali in mattoni: è dal Lucio Silla del 1984 che vediamo queste quinte, sempre la medesima variazione sul tema, fattesi un po’ troppo frequenti in questi anni di Tristano ed Isotta, Carmen, ed ora Tosca. Questa l’ha pure murata male, tra l’altro, dato che il soggetto dell’opera non si presta affatto ad essere trasferita in un non-luogo dal sapore industriale. Ieri, il primo atto, più che la chiesa di Sant’Andrea della Valle pareva un brutto scorcio, troppo buio, della metafisica Chandigart di L. Kahn e il secondo atto l’ufficio di un questurino di un paese dell’agro romano degli anni ’30, arredato modestamente con gusto vintage.
Roma è dappertutto nella Tosca, è nella musica, Puccini la crea e la pretende anche in scena, dato che questa è la poetica dell’opera, che non può e non deve essere annientata, perché sennò si annienta l’autore, che fino, a prova del contrario, è il protagonista, colui che detta la cifra del testo. E Tosca, da questo punto di vista, è opera determinatissima, che lascia assai poco spazio alla novità, che non sia registica. Zeffirelli, Ronconi, De Ana, Bolognini, loro si che han messo in scena “la Tosca”. Ieri sera abbiamo sopportato una bruttura gratuita ed incongrua.
Ha sopportato il pubblico, ma hanno sopportato anche i cantanti, che oggi più che mai hanno bisogno di essere aiutati, coadiuvati, corroborati in ciò che fanno, perché non sono in grado di andare lontano con le proprie gambe.
Alla produzione sciagurata si è unita la prova mediocre del maestro Wellber, che udivamo per la prima volta. Al signor Wellber è mancato semplicemente una minimale conoscenza ed aderenza al titolo, non alla sola tradizione, fondamentale per opere come questa, il suo colore romano, l’atmosfera grandiosa e perversa del Te Deum, come quella dell’agro romano ad inizio del terzo atto (ma che fracasso quelle campane fuori scena!). E’ mancata anche certa tensione drammatica al secondo ( alludo alla scena della tortura, ove l’orchestra non era in grado di suonare il ritmo incalzante dei “ Più forte - più forte…” di Scarpia e Tosca ), ma anche al duetto del terzo, dove assieme a lui sono mancati pure i cantanti, visibilmente stanchi. Insomma, una direzione che non ha mai preso il pubblico né creato la dovuta atmosfera, che sarebbe stata tanto necessaria al cast. Già, perché nel teatro accade anche che quando il cast canta poco, il direttore si faccia “ cantante”, e la Tosca a questo si presta moltissimo. Ma ieri sera non è stato proprio così.
Quanto ai protagonisti, non si commentano le rocambolesche avventure del “virus” scaligero, perché, lo abbiamo già osservato altre volte, i virus nell’opera paiono gli esseri viventi, che brillano per tempismo e coordinamento con gli eventi e le difficoltà organizzative degli enti lirici. Fatto sta che il teatro si è aggrappato alla signora Radvanovsky, causa defezioni varie, ed ha rimediato un tenore, quello sì, imprevisto, il signor Antonenko, spiazzando tutte le chiacchiere sul tototenore, che preconizzava rimpiazzi con alcuni . Ed il pubblico ha apprezzato la loro disponibilità nel soccorrere la serata, il loro non tirarsi indietro di fronte ad una produzione, che li esponeva a dei rischi.
Parliamo di canto, quello vero.
Il cast vocale, in realtà, non è piaciuto al pubblico, che ha avuto parole positive per la sola qualità vera apprezzabile in campo: una serie di intenzioni musicali, di fraseggio, fatte udire dalla signora Radvanovsky, che, ad onta di una voce sgradevole al centro soprattutto per limiti tecnici, ha però avuto saputo porsi da cantante di rango, che deve “dire”, cioè esprimere.
Ha costruito un personaggio plausibile anche sul piano scenico, mai volgare ( qualche notaccia di petto al secondo atto, al momento dell’assassinio di Scarpia, ma come di prammatica….), con bel fraseggio nell’aria, che le è valso il solo applauso della serata. Abbiamo apprezzato la sua preparazione musicale, meno quella tecnica. La voce è importante per volume, estesa in alto, non certo bella di natura. Sopratutto e versiamo nei limiti tecnici al centro è fortemente tubata, vibrata e “di fibra”, “chevrotante” come dice il gergo francese. Al centro i suoni sono spesso presi “da sotto” e corretti nell’intonazione, con difficoltà di legato, causa un uso del fiato non di scuola. In un‘opera come Tosca, di scrittura centrale nei cantabili e che guizza all’acuto prevalentemente nei momenti drammatici, il difetto ha grande rilevanza, soprattutto in una voce di grande volume, ed il pubblico ha faticato ad accettare questa voce, giunta anche molto affaticata al terzo atto. Ed in fondo è Tosca, non Aida o Ballo.
Quanto ai due protagonisti maschili nulla di speciale. Il tenore, signor Antonenko, ha una voce spessa e non a fuoco. Ha cantato con solidità ma anche con cali di intonazione sensibili, fraseggiando pochissimo e portando a termine la sua serata con una “solidità” poco elegante ed inespressiva, ma che lo ha messo al riparo dalle reazioni suscitate dai protagonisti del dittico verista. Il secondo, signor Lucic, è stato uno Scarpia greve, anche volgare a tratti, dalla voce insufficiente in volume e dagli acuti sistematicamente indietro, tanto da essere in difficoltà nel Te Deum, ove ha faticato a farsi udire. Complice la regia, il suo Scarpia di baronale aveva assai poco, e più che elegantemente laido e perverso, è parso assai triviale e truculento. Le "limature" di regia quasi che il pubblico milanese sia moralista e facile allo scandalo hanno aggravato la situazione. Anche per lui l’efficacia di chi esegue il proprio compito al riparo dai disastri, ma anche lontano dal cantare con arte.
Leggiamo or ora le dichiarazioni di stampa e direzione del teatro, che meritano qualche chiosa anche da parte nostra.
Che la produzione sarebbe stata fischiata lo si sapeva da mesi, ha ragione il signor Lissner. Ma questo non per un progetto di deliberato danno al teatro, ma semplicemente perché si trattava notoriamente di uno spettacolo brutto, sbagliato in partenza, e contestatissimo ab origo, per giunta trasmesso nelle recite di Monaco anche dalla televisione. Sono state tolte le escursioni nel pornografico gratuito ma l’essenza è rimasta invariata. Al pubblico non spetta entrare nel merito della gestione delle cose, dei costi, dell’acquisto fatto molti mesi addietro, ma solo l’espressione del proprio apprezzamento. E così è stato:abbiamo dovuto vederla per forza? L’opinione è stata quella espressa ieri sera, controversa.
In fatto di cantanti, non la penso però come la maggior parte del pubblico di ieri sera.
La Scala ha peccato di leggerezza al momento della dipartita della signora Serafin dalla produzione, per motivi personali, avventurandosi in una promozione al primo cast di una cantante che forse andava meglio soppesata nelle sue qualità. I milanesi ben sapevano del Trovatore comasco in cui era incappata la signora Dyka non molto tempo fa e gli audio disponibili in internet proprio di Tosca suggerivano una maggiore prudenza. Il teatro, però, è corso ai ripari, anche con fortuna, recuperando una protagonista, originariamente chiamata per supplire solo alcune recite, che è comunque la massima Tosca oggi presente sul mercato. O meglio, sul mercato dei “divi”, perché, ad onta di alcuni miei vecchi compagni di loggione, la signora Radvanovsky ha fior di carriera e curriculum professionale e non è, come alcuni han creduto, “un secondo cast” recuperato alla bell’è meglio. Il virus tempista ha fatto il resto, e il teatro ci ha comunque esibito la Tosca più blasonata di oggi, ed in questo ha fatto, almeno sulla carta, il suo dovere.
Mentre forse non l’ha fatto nella scelta della bacchetta e nel perseverare con una produzione che non può piacere a nessuno.
Il teatro ha anche subito il forfait di Jonas Kaufmann, peraltro previsto in cartellone a Monaco di Baviera sino al giorno 13 febbraio in Carmen, recita cancellata all’ultimo, in coincidenza della prova generale di Tosca a Milano. Ammalatosi il secondo tenore designato, signor Berti, si ammala anche Kaufmann, e la Scala resta senza tenori. Ed il pubblico rispetta la prova del signor Antonenko giunto all’ultimo, perché così funziona il teatro da che mondo è mondo. Certo, se poi la recita del 17 viene cancellata per assenza di tenori, come ha annunciato oggi su un quotidiano il signor Soprintendente, nessuno ne ha colpa, men che meno il pubblico, che ha applaudito l’uscita del cast vocale.
Certo, continuare ad organizzare scritture di cantanti che per calendario arrivano all’ultimissimo minuto, andando in scena senza prove, è esporsi a questi rischi, perché i cantanti di oggi non sono quelli di ieri. Non è più il tempo dei Domingo, delle Caballè, dei big “last minute”, in grado di cantare sempre e comunque. I cantanti di oggi non hanno più la stessa preparazione tecnica, quella che consentiva ad alcuni di loro, i big appunto di cantare ogni sera, e talora cancellano semplicemente perché….non ce la fanno. Nessuno è esente da questi problemi, salvo le vecchie signore nominate Gruberova, Devia, o signori nominati Nucci etcc, che possono andare in scena sempre.
Cosa è opportuno dire a questo punto?
Che assieme alle scelte imprudenti o errate, la Scala paga anche lo scotto dell’adeguamento inevitabile (davvero?) ad un sistema, il cosiddetto “star system”, che è arrivato al capolinea. I cantanti sono cambiati perché è cambiato il modo di cantare: il loro bagaglio tecnico si è impoverito oltre il limite consentito per reggere ritmi e repertori che sino agli anni ’80 erano ritenuti normali. Eppure a questo dato lampante, che tutti constatano ogni sera, il sistema non sa trovare il giusto rimedio. La Scala è in crisi? Assediata dai bu e dai fischi? La qualità che il teatro sta esprimendo vi pare davvero inferiore a quella espressa da un teatro come il Met ? Il problema è che un teatro esprima la propria opinione, sempre fondata tra l’altro, o che, a furia di storture, di un sistema di falsi valori extravocali, ci si sia ridotti a non poter allestire perfino la Tosca, che da che mondo è mondo si allestiva nei massimi teatri di tutto il mondo come in quelli di provincia? Parliamo di fischi o di qualità artistica intrinseca agli spettacoli?
Il problema và ben oltre la dualità passatisti –modernisti, ma sta nel modo in cui si operano le scelte artistiche ma sta anche nel rimettere a fuoco quali debbano essere le qualità tecniche di chi và in scena ed alza la bacchetta, e dove andare a recuperare quegli strumenti di lavoro perduti.
Ieri sera il pubblico è stato molto giusto, almeno a mio avviso, perché ha detto di no là dove si poteva far meglio, ed ha lasciato andare dove il teatro non poteva, lì per lì, metter rimedio.
Avremo comunque occasione di riparlare di questi temi al più presto.
E partiremo dalla considerazione di un'altra "sopravvissuta"della vecchia generazione Miss June Anderson, che ci ha ricordato come un tempo si fosse divi dello stars system per scelta e decreto del pubblico, mentre oggi i divi dello stars system sono quelli che per tali vengono propagandati ed imposti.
E questa la regola che MAI il pubblico italiano, scaligero in particolare, potrà accettare e condividere. Alla prossima!
Puccini - Tosca
Atto III
Io de' sospiri...Mario Cavaradossi?...E lucevan le stelle...Franchigia a Floria Tosca...O dolci mani...Trionfal di nova speme - Antonietta Stella & Richard Tucker - dir. Dimitri Mitropoulos - Met 1958
38 commenti:
ottimo post equilibrato,e soprattutto realistico delle difficolta odierne per questi cantanti attuali,anche se penso che fuori dallo star sistemy ci siano ottimi cantanti che non vengono presi in considerazione.Comunque la Scala (per essere un teatro blasonato e superfinanziato)ormai è un teatro in declino
Sono un frequentatore della Scala da 30 anni, vorrei aggiungere qualche considerazione.
1 - Grazie per un articolo argomentato, equilibrato e non generico. Su molti aspetti non sono d'accordo ma l'assenza di fanatismo si apprezza.
2 - In platea non è per niente vero che la direzione del M° Wellber non sia piaciuta. Anzi, i commenti erano molto favorevoli, si è apprezzata la sua personalità, la sua saldezza di nervi in un'occasione così difficile, la flessibilità del fraseggio. Personalmente io (che ho sentito dal vivo tante Tosca, da Karajan in giù) l'ho trovato un grande talento meritevole di incoraggiamento e assolutamente degno della sede che l'ha accolto. In ogni caso, si può discutere di tutto ma alla platea è generalmente molto piaciuto, ed è stato accolto da grandi applausi al momento di tornare sul podio. (Semmai una critica diffusa riguardava solo un aspetto, e cioè la sonorità un po' eccessiva di ottoni e percussioni).
3 - Le dietrologie sui virus non fanno molto onore a chi le pratica. Voglio dire: è un argomento corrivo, meglio stare ai fatti. I fatti sono, mi sembra, che in una situazione difficile, che fa parte della vita normale dei teatri, la Scala ha saputo reggere molto bene: non c'erano Callas - Di Stefano - Gobbi (né De Sabata), siamo d'accordo, ma c'erano tre professionisti molto apprezzabili e, in fondo, molto apprezzati.
4 - Ma allora perché una decina di persone ha sommerso il teatro di buu, alla fine dell'opera? A mio parere perché la corrida e il sangue e arena a tutti i costi prevalgono sul piacere di andare a sentire l'opera di Puccini. Chissà, forse ci sono risentimenti, frustrazioni, vite grame che trovano un istante di riscatto nel piacere di farsi sentire, lascio ad altri l'indagine psicologica. Certo è che una decina di anni fa il loggione, tutti lo sanno, era blindato: oggi no; una decina d'anni fa il dissenso era vietato: oggi no; una decina di anni fa il tenore era, ahimé, Licitra: oggi no. Tanti passi avanti si sono fatti, ed esistono modi più urbani di manifestare il dissenso. L'equilibrio di questo articolo lo dimostra.
5 - Per favore, non maltrattiamo la musicalità della lingua latina, oltre alle regole. Ab origine, non ab origo. Da quando in qua ab regge il nominativo? Grazie e ancora complimenti.
Dorleac
certo che esistono cantanti di buon livello fuori dallo squallido star system odierno, non sono numerosi, però ci sono: basta chiamare la Pratt e Mukeria per mettere su uno spettacolo bello e dignitosissimo...
quando si vedono spettacoli come questa Tosca uno pensa che in fondo quella metastasi politica di nome Sandro Bondi potrebbe essere utile attaccando enti culturali (come la Scala) già malati di loro per dare il colpo di grazia!
NON E' LA SCALA CHE DEVE CHIUDERE, E' LISSNER CHE DEVE TORNARSENE IN GALLIA TRA ASTERIX E OBELIX, FUGGIRE E SE MAGARI RIESCE, METTERSI IN VALIGIA BARENBOIM CHE ORMAI TANTO MI RICORDA "SALVATORE" DEL NOME DELLA ROSA...
Se questo post può anche essere considerato equilibrato, equilibrate non sono le persone che vanno tutte le volte alla Scala per fischiare deliberatamente uno spettacolo, un direttore o un cantante per puro partito preso. E voi ne siete un esempio bell'e buono. L'arte del dissentire non sta nel fischiare o buuuare ossessionatamente, ma il silenzio, il gelo in certi momenti e situazioni è molto più ficcante e doloroso che il vostro incivile modo di protestare.
Complimenti per l'equilibrio del post- di solito questo sito è un po' più estremo. Uno strumentisca della scala mi ha detto che il direttore è stato protestato ufficialmente dall'Orchestra, ma non sostituito per problemi di tempo. La protesta è comunque agli atti.
Seconda informazione: il giovane direttore sarebbe intoccabile in quanto rampollo di un'importante famiglia benefattrice ella Filarmonia scaligera, oltre che personalmente legata al Maestro Barenboim.
Non è più un'eccezione che in Scala dirigano giovani alle prime armi, piuttosto che "arrivati professionisti". I motivi sono vari e noti anche a voi.
Credo comunque che il dissenso radicale (buu, fischio etc.) sia un diritto di un ascoltatore che ha pagato per lo spettaccolo. Quelli che vogliono applaudire, applaudono, quelli che vogliono buare, buano e quelli che preferiscono protestare con il loro silenzio, rimangono silenziosi. Secondo me è una soluzione molto semplice, democratica e priva di superflui moralismi riguardo il comportamento del pubblico.
@Fezensac
1) Figurati, grazie a te per averlo letto.
2) Probabilmente il bellissimo pezzo della Grisi si riferisce al fuggi-fuggi generale che ha colpito il teatro al termine della recita, con la platea che si svuotava durante i pochi applausi finali. Se avesse avuto questo riscontro positivo, gli applausi sarebbero stati più numerosi e sonori, i giudizi in giro molto migliori e l'orchestra non avrebbe chiesto la protesta del direttore.
3) Il discorso sul Virus purtroppo non è dietrologia, ma è proprio IL FATTO. La Scala ci ha abituato per anni a giocare al totocantante e al totomalattie per salvare questo o quell'artista; quindi è lecito "pensar male" e a pensar male...
Quanto ai cantanti, va loro riconosciuto il merito di aver salvato la recita con professionalità e facendo quanto potessero. Grazie a loro.
4) Una decina? Il loggione ed i palchi, ma anche la platea hanno molti più posti, non solo dieci. Se le contestazioni erano sonore non era solo per la perizia tecnica con cui si immaschera il suono, è anche perchè è una moltitudine di gente che reagisce, non solo 10. L'unica frustrazione di coloro che vanno a teatro è veder sfregiata un'opera che sono andati ad ascoltare proprio per godere della musica di Puccini.
Ti ricordo che chi va a teatro paga il biglietto, compie un viaggio, magari dorme, pagando, anche in albergo pur di godersi una serata di bella musica: tutto questo offre al detentore del biglietto il SACROSANTO DIRITTO di applaudire e di contestare. Lo so, potrai dirmi "Se non ti piace, stai a casa" potrei risponderti "se non vuoi sentire contestazioni stai a casa tu". Ma si entrerebbe in un circolo vizioso e poco civile.
Ora, come tu stesso affermi, c'è più libertà ad esprimere il proprio giudizio: USIAMOLO! Tu sei libero di applaudire, gli altri sono liberi di buare.
La contestazione esiste da sempre e sempre si è praticata; oggi purtroppo a causa di un "politicamente corretto" inspiegabile e un po' peloso si vuole imbavagliare tale libertà.
Perchè? Cos'è che fa paura?
Parliamo di libertà e poi vogliamo limitare un diritto?
Marianne Brandt
@Gabriele
potrei risponderti parafrasandoti:
"Se il tuo intervento può anche essere considerato equilibrato, equilibrate non sono le persone che vanno tutte le volte alla Scala per applaudire deliberatamente uno spettacolo, un direttore o un cantante per puro partito preso. E voi ne siete un esempio bell'e buono. L'arte dell'applaudire non sta nel triondo o nell'urlare BRAVO ossessionatamente, ma la contestazione, il buuuu in certi momenti e situazioni sono molto più ficcanti e dolorosi del vostro incivile modo di applaudire."
Perchè se un teatro esprime il proprio disappunto è colpa nostra?
Perchè dovremmo organizzare complotti?
Me lo spieghi gentilmente?
Scusa se il tuo macellaio ti vende carne rancida, oppure in banca per errore prosciugano il tuo conto, se il tuo dottore ti da una cura errata, tu come reagisci?
Dicendo "Ma il macellaio è un essere umano che lavora, sputa sangue, fa del suo meglio, poverino... in banca hanno rubato per errore i miei risparmi, ma chi lavora li, poverino, sputa sangue, è un essere umano... il mio medico, poveretto, ha studiato, sputa sangue è un essere umano... perche dovrei CONTESTARLI?
Mettiamoci nei loro panni, poverini, proviamo a fare noi i macellai, medici, banchieri o bancari, come suggeriva un patinato critico...
Meglio mangiare la carne avariata, giusto, non denunciare la banca e magari nemmeno il medico, perchè POVERINI sono esseri umani, hanno lavorato e tanto sofferto... e quindi si applaude, perchè tutto sommato, va bene così, tutto è bello, ce lo hanno detto Lissner e la Scala che è bello, e possiamo spegnere il nostro spirito critico e trangugiare tutto... tanto l'importante è "emozionarsi"... poi se guastano una bella serata chi se ne importa... tanto sono esseri umani, sputano sangue, poverini, proviamo a stare noi sul palcoscenico, managgia...
Poi magari gli stessi che applaudono tutto acriticamente, decidono di organizzare civilissime e amorevoli "ronde" o civilissime e affettuose "caccie alle streghe" con istigazione al linciaggio magari, oppure di raccontare civilissime bugie a giornali pur di trovare un capro espiatorio da immolare: ed il Corriere della Grisi fa al caso loro, giusto.
Molto civile e urbano, non c'è che dire...come i vostri applausi
Marianne Brandt
P.S. attenzione chi applaude non è sempre "buono" e chi "contesta" non è sempre il cattivo.
Cercate di comprendere prima di parlare di "civiltà" signori.
Marianne Brandt
@Marianne
Naturalmente penso che sia giusto, doveroso e sacrosanto contestare se, come dici tu, accada di "veder sfregiata un'opera". Ma questo, se si vogliono vedere le cose con equilibrio, non si può proprio dire della recita di ieri. C'erano cose buone e meno buone (la regia era insalvabile, purtroppo), o cose sulle quali si possono avere pareri discordi. Ma nessuno (a parte forse Bondy) ha sfregiato "Tosca". C'era un direttore giovane e di talento (le famiglie benefattrici sono argomenti da gossip, parliamo di musica): a molti è piaciuto, a molti altri no, ma è una personalità di rilievo, che ha saputo conquistare l'orchestra, la quale all'inizio delle prove era scontenta ma alla fine è rimasta impressionata dal suo carisma. Questo mi ha detto, ieri, durante un intervallo, la spalla di una delle sezioni degli archi. E infatti l'orchestra ha applaudito con forza il Maestro. Comunque, rispetto coloro che non l'hanno apprezzato (io ho trovato molti pregi nella sua lettura, ma non voglio entrare in merito), ma sfregiare l'opera è un'altra cosa. Né si può dire che gli interpreti principali, tre professionisti con i loro pregi e difetti, ma assolutamente rispettabili, abbiano sfregiato "Tosca".
Voglio dire che il dissenso andrebbe espresso in forme meno generiche. Si bua in quel modo quando è un orrore, e alla Scala abbiamo ascoltato tanti orrori nel periodo in cui non era possibile buare perché si era schedati. Ieri sera sarà stata una bella (per alcuni, in platea ti assicuro che il consenso era diffuso), una brutta (per altri) "Tosca", ma NON un orrore, come del resto riconosce l'articolo. E per questo si può dissentire col silenzio, con qualche fischio, ma buare è far di ogni erba un fascio: purtroppo, serve solo a diffondere l'errata convinzione che in loggione regni il fanatismo anziché l'equilibrio. Ci sono modi differenziati ed equilibrati di dissentire: li si adoperi.
La conseguenza del fatto che i buu sommergano tutte le opere italiane rappresentate alla Scala è molto semplice. I cantanti avranno sempre più paura nel calcare il nostro palcoscenico (chi glie lo fa fare?), e si dovrà ripiegare su artisti di secondo piano. Nessuno vuole questo. O, segretamente, sì?
Trovo comunque un buon cenno che, invece di parlare in nome del loggione, certe persone stiano iniziando a parlare in nome dell'istituzione di cui sono sempre state la Voce, ossia la Voce della platea.
@Fezensac
"esistono modi più urbani di manifestare il dissenso"
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«... e la giovane coppia, ancora corroborata dai festeggiamenti amorosi della sera prima, applaudiva, pur senza convinzione. Lui si avvicina all'orecchio di lei e le sussurra "Cribbio, amore. Non mi è sembrata una grande serata d'opera... Però sono qui, con te". Lei gli accarezza la guancia, china il capo di lato con il piglio di chi sembra pensare "E' vero, ma pensa l'impegno... lo studio". Lo prende per mano.
I due si alzano, si scambiano uno sguardo complice e con un sorriso appena abbozzato si dirigono con garbo verso lo "Scala Café"».
@Giuditta
Se ti riferisci a me sei in errore. Io non parlo in nome di nessuno, tanto meno di istituzioni o voci. Sono solo uno che va alla Scala da 30 anni. Nient'altro.
Come sei i fischi li avessero inventati oggi...chi ha qualche annetto sulle spalle come me, sa che l´atmosfera attorno alla Scala é sempre stata piú o meno questa:
Tipiche telefonate prese dal centralino della Scala alla vigilia di una prima qualsiasi.
1- "C´é una bomba in teatro"
2- Al sovrintendente:"Hanno venduto 24 fischietti nella cartoleria vicino al teatro".
3- Alla moglie del direttore: "Suo marito va a letto con il soprano" (o con il tenore, a seconda delle tendenze)
4- Alla primadonna:"Ho fatto una novena a Sant´Antonio che, come a tante altre, ti fará andar via la voce"
5- Al tenore: "Sappiamo che sei lí perché hai un politico tra gli amici o un mafioso tra i parenti, ma stasera te la faremo pagare"
6- Al baritono:"Sei uno str...."
Milano é sempre stata cosí...
@
fezensac
può anche darsi che proprio nei cantanti di secondo piano ci sia un futuro,spesso,molto spesso i secondi cast si comportano meglio dei primi cast
Bisogna avere il coraggio (o la voglia) di attingere da fuori dallo "star sistemy" non basta avere un nome conosciuto perche si abbia un pubblico..ultimo esempio Cura
chi di dovere faccia come gli allenatori di calcio che vanno in giro per i campetti per cercare chi ha talento per essere un campione
Si faccia cosi anche nel mondo dell'opera,dove persone veramente competenti vadino in giro nei vari concorsi manifestazioni ecc per scoprire dei nuovi talenti,o gia dei cantanti bravi ma senza appoggi
@Fezensac
Infatti nessuno ha buato i cantanti!
Le contestazioni erano rivolte appunto al giovin direttore (che, ci credo, è piaciuto molto a te ed ai tuoi vicini in platea, ma evidentemente come tu stesso affermi, ad altri no!) e alla regia pessima e inutile di Bondy.
Quindi mi pare nulla è stato generalizzato e non si è fatto di tutta l'erba un fascio.
Tra l'altro una persona bua e contesta per iniziativa propria e per proprio gusto!
Che poi si accusi il loggione A PRESCINDERE e PER PARTITO PRESO anche quando i buuu vengono da altre parti è un altro discorso, e dal mio punto di vista ben più grave vista la pesante strumentalizzazione che se ne fa.
I Buuu non sommergono solo le opere italiane in Scala, altro pregiudizio duro a morire: qualche giorno fa ho parlato in un mio precedente intervento di insufficienti artisti wagneriani buati in Scala durante la gestione Lissner, ed ecco sfatato un altro mito (ma potrei farti moltissimi esempi anche di opere francesi o mozartiane).
Se i cantanti hanno paura delle contestazioni scaligere peggio per loro: in molti casi significa che evidentemente non sono preparati come dovrebbero o sono stati scritturati in maniera dissennata per opere non necessariamente alla loro portata.
"e si dovrà ripiegare su artisti di secondo piano. Nessuno vuole questo. O, segretamente, sì?"
Questa domanda o meglio accusa sinceramente la trovo oltre che sgradevole e capziosa, molto dietrologica per non dire gossippara.
Marianne Brandt
Marrianne ma cosa servono i cantanti di primo piano se poi fanno delle brutte figure(quando cantano,perche con tutti i virus che ci sono in giro..)
Sinceramente non comprendo che cosa ha trovato di così geniale la platea nella direzione di Wellber. Attacchi sporchi, totale assenza di dinamica, nulla tensione, poco corpo del suono, tempi molti lenti. Io personalmente ho sentito questo ed il silenzio e l'immobilità fra i loggionisti con cui è stato accolto sopratutto all'inizio del terzo atto sembrano affermare che così hanno sentito anche gli altri. Ho trovato anche molto giusto il commento "Non esagerare!" che è venuto dalla prima galleria o da più sotto ancora (non sarebbe stata la platea!) quando all'inizio del secondo atto un "plateista" che per sbaglio si trovava nel loggione ha gridato "Bravo". Così si è chiuso il caso.
eh eh non è che i virus hanno di nome i fischi?
Loggione blindato, dissenso vietato una decina di anni fa, schedature etc
Qualcuno che sa potrebbe spiegare cosa successe in due righe? Sarei curioso. Grazie
Inizò tutto con i fischi al Don Pasquale diretto da...
(continuate voi)
oggi va di moda criticare BONDI,bene tenetevi BONDY
doncarlo
Diciamo una cosa.
1) bu alla fine, ma pochissimi applausi al cast in sera dove l'applauso all'aria è stato per il soprano. E niente di che.
2) i pochi applausi non contano? il fatto che ci fosse un loggione scontento non conta? il tacere di chi non bua, non è consenso
3) finchè la stampa parlerà di successi che non ci sono perchè no si sentono i bu, i bu ci saranno. Li impone una stampa che non dice le cose come stanno.
comunque il fenomeno ha una spiegazione semplice che mi ha dato un signore scaligero, signor E., più settanta che ssessant'anni:
" cosa sta accadendo? che il pubblico è ritornato ad esprimenre la propria opinione."
e credo sia così, lontano da ogni complotto, dietrologia, estremismo etccc...
Dato che il comportamento silenzioso, "educato", viene poi interpretato come fa comodo, ossia manipolato dalla stampa ma anche dagli stessi protagonisti del teatro, la gente si è rimessa a dire cosa pensa nel solo modo che ha per farsi sentire.
la libertà di espressione è ancora ammessa si o no?
Solo un piccolo appunto alla signora Giulia: trovo fuori luogo la tua critica alla regia, relativa al particolare del cambio d’abito di Tosca fra secondo e terzo atto. Critica che sarebbe assolutamente meritata se si trattasse del dramma di Sardou, dove il colloquio Scarpia-Tosca avviene nello stesso luogo dell’esecuzione di Mario e fra atto IV e V c’è praticamente contiguità di tempo. Non, invece, trattandosi del libretto di Giacosa-Illica, dove fra secondo e terzo atto c’è una distanza spaziale di più di 1 Km e tempo a sufficienza per Tosca per “raccogliere oro e gioielli” e procurarsi “una vettura”. Quindi anche per cambiarsi d’abito, svestendosi di quello da cerimonia per la Regina e indossandone uno più adatto all’imminente viaggio-fuga.
Per il resto… vedrò-sentirò prossimamente dal vivo.
Mah, io credo che fischiare sia comunque un comportamento da poveracci. Ma mi sembra un argomento poco appassionante. Per quanto riguarda il fatto che si potesse essere schedati durante la direzione di Muti, che dire? Le volte che sono venuto ho sempre avuto l'impressione di potermi comportare come volevo. Pura paranoia.
Marco Ninci
E figuriamoci se poteva mancare il disprezzo della nostra Fräulein Rottenmeier privata per quei poveracci degli spettatori che, fischiando, fanno sentire la propria voce al pari dei plaudenti. Ma quelli non sono poveracci, immagino.
C'è chi va a teatro; c'è chi lo vive in ogni sfumatura; c'è chi partecipa attivamente alla vita teatrale; c'è chi contribuisce a far vivere il teatro; c'è chi cerca di cancellarlo; c'è chi a teatro non ci va proprio e forse lo "vivacchia" per interposta persona e molte dinamiche non le conosce, ma le giudica.
Tu, Marco, fai parte dell'ultima categoria.
Marianne Brandt
Io non vedo quale dramma vi sia nel fischio: fa parte della storia del teatro...da Milano a Parigi, da Londra a New York, da Belrlino a Mosca, da San Pietroburgo a Vienna...
Io personalmente non amo fischiare...credo di non averlo mai fatto (come neppure ho mai gridato "bravo" né applaudito sino a farmi bruciare le mani)...credo sia questione di timidezza. Detto questo ritengo che chi paga un biglietto (caro e salato) abbia il diritto di esprimere il suo gradimento, purché no disturbi l'esecuzione e i vicini di posto. E così pure i signori cantanti, che sono professionisti (a volte strapagati) devono metterli in conto. Certo se le contestazioni sono precostituite allora sono stupide (ma non esageriamo con questa storia di complotti). Ma questo è un altro discorso. Penso che la cosa più grave sia l'auspicare squadracce d'ordine autogestite, o invocare i carabinieri in loggione (come ho letto oggi su uno dei maggiori quotidiani nazionali).
Circa la repressione mutiana, Ninci, molti ti potrebbero smentire: c'era eccome, così come le chiusure strategiche del loggione.
Concordo con Duprez e non capisco quest´ansia complottistica che si è impadronita di una certa parte del pubblico milanese, che evidentemente non conosce nemmeno la storia del suo teatro.
Mirella Freni fu fischiata nella Traviata, nel 1964, e continuò a lavorare con la Scala per trent´anni.
A Pavarotti nella Favorita del 1973 gridarono "Cappone!" e lui tornò a Milano per altri vent´anni regolarmente.
Il 16 febbraio 1982 la Scala fece uno scherzetto analogo a quello dell´altra sera, annunciando l´indisposizione della Caballè in Anna Bolena due ore prima. Il pubblico si arrabbiò a tal punto che non fece nemmeno iniziare la recita.
Ma poi, fischiare è da poveracci?
Bene, vi faccio qualche esempio.
A Monaco nel 2002, alla fine di un Ring diretto da Mehta e messo in scena da David Alden, oltre ai fischi volarono le monetine.
Tutti poveracci...
A Lipsia, due anni fa, la messinscena del Fliegende Holländer fu interrotta dai fischi del pubblico.
Tutti poveracci...
A Stoccarda l´anno scorso abbiamo fischiato il Parsifal di Calixto Bieito per sette sere di seguito.
Tutti poveracci...
Che tempi signora mia, che tempi...
Mah, mi piace ciò che ho letto in un'intervista a un direttore che amo moltissimo, Bernard Haitink: "Gli applausi fanno molto piacere, purtroppo c'è sempre qualche idiota che grida 'bravo'". Così anche per i fischi. Per Marianne: ho ascoltato moltissima musica dal vivo, ma ultimamente non alla Scala. Sei anche tu presa dalla sindrome milanocentrica, per cui ciò che si ascolta fuori di lì non conta? A leggere quello che scrivi non si direbbe, ma da come ti rivolgi a me si direbbe eccome. Riprendendo il discorso sui fischi, posso ricordare che la peggiore direzione di un'opera che abbia mai ascoltato è stata la "Norma" a Firenze diretta da Gardelli, con la Deutekom. Il direttore fu fischiato sonoramente. Ma quei fischi furono niente in confronto al gelido silenzio che accolse "Casta Diva". Come volevasi dimostrare. E così doveva essere trattato quel terribile direttore. Senza isterismo, senza frustrazioni, con ben maggiore efficacia allo scopo di dimostrare il dissenso. Ma forse è troppo pretendere questo dall'agitato, rissoso e, a dire la verità, non troppo competente loggione milanese.
Saluti
Marco Ninci
Caro Marco mi pare che tu stesso abbia più volte dichiarato di non andare da anni a teatro a vedere un'opera, riprendevo solo questo tuo pensiero.
Nessuna sindrome scalacentrica invece nella mia risposta, visto che considero quel teatro poco più che bassa provincia e troppo poco per rappresentare l'opera e la cultura; questo pensiero lo lascio volentieri agli scala-boys-loggionistici-plateisti che, mi permetto di parafrasarti, sono appunto "agitati, rissosi e, a dire la verità, non troppo competenti" come dimostrano i loro metodi e la loro "voce".
Non attribuire a me o a coloro che contesta in piena libertà le loro sindromi e le loro frustrazioni.
E' pretendere troppo?
Marianne Brandt
dice bene, Ninci, quando parla di non competenza del pubblico milanese: credo che l'unica cosa in cui possa essere considerato un pubblico di tutto rispetto è nell'arte di infastidire, rompere le scatole, offendere e minacciare chi di poco si allontana dalle loro idee o assume atteggiamenti per loro poco consoni...non li batte nessuno.
poi, buare è da poveracci?????
Ci dica lei, Ninci, che da quel che dice qui e in altre sedi non va più a teatro da diversi decenni, come si va a teatro! non si può buare? non si può gridare bravo(da quel che mi pare di capire)? la inviterei a riparafrasare l'opera del milanese Bonvesin de la Riva in "De quinquaginta curialitatibus ad THEATRUM". sarebbe di grande utilità...
Chi dice che il loggione milanese è divenuto rissoso e agitato non ha alcuna memoria storica oppure non ha frequentato la Scala negli anni Settanta e Ottanta. Io personalmente ho visto la gente, in quel periodo, addirittura arrivare alle mani in un paio di occasioni.
Oppure avvenivano cose come questa.
Trovatore, settembre 1978. Il soprano entra per il finale del secondo atto cantando "Perchè piangete?". Dal loggione rispondono "Perchè fai schifo!"
Sto parlando degli anni della Scala di Grassi e Abbado, considerati da tutti una specie di età dell´oro.
E volete paragonare tali reazioni con i quattro fischi di adesso? Ma via, siamo seri...
Come giustamente ha scritto Giulia, succede semplicemente che il pubblico è tornato a esprimere la propria opinione.
Saluti.
Io non ho mai visto un teatro così fischiofobo come la Scala. Si fischia e bua e urla anche in altri teatri sia italiani sia stranieri, ma è solo alla Scala che i buu vengono interpretati come premeditati, facendo parte di un complotto, o come destinati a screditare l'immagine della Scala quale teatro lirico più importante etc.
Ha ragione Mozart: le persone che hanno "vissuto" il loggione negli anni 70-80 o che conoscono registrazioni di quell'epoca affirmeranno che i fischi ed i commenti erano una cosa naturalissima, che faceva parte della partecipazione del pubblico appassionato alla recita, serata dopo serata, e che portava sempre ad un miglioramento o cambiamento nella prestazione degli artisti stessi. Nessuno ne faceva teorie di cospirazione e soprattutto, nessun artista chiedeva piagnucolosamente "pietà" e "considerazione" per questo o quel problema.
Mi chiedo se la Scala e la stampa che ogni volta proclama, come lo dice la Grisi, dei trionfi che non ci sono stati, non farebbero meglio di riflettere sui problemi e sbagli del casting invece di stigmatizzare una parte del pubblico che non fa che esprimere sinceramente il suo scontento per la qualità delle esecuzioni scaligere. Il problema non è che non ci sono più artisti che siano capaci ad eseguire Verdi o Puccini alla Scala senza essere fischiati. L'unico problema è che questi cantanti esistono ma per delle ragioni assoluttamente extra-vocali NON FANNO PARTE DELLA STAR SYSTEM che sfortunatamente la direzione della Scala ha resa l'unico criterio e spazio di mercato per le scelte vocali o direttoriali. E' un problema fondamentale e se non sarà risolto questo, l'intero discorso sulla conservazione della reputazione della Scala sarà inutile ed astratto. Il pubblico buerà non solo alle prime, ma anche alle seconde ed alle terze, perche come nel caso del attuale direttore della Tosca che tutti i critichi e esaltati plateisti-loggionisti tentano di salvare, non si tratta di una "concezione" che si migliorerebbe con il tempo (come è arrivato con il bravissimo Harding), ma di un fracasso e di un'assenza totale sia di coerenza concettuale sia di una compostezza e professionalità nell'emissione del suono. E' fracasso senza capo né coda e un direttore che lo fa bisognerebbe non un miglioramento della concezione, ma lo studio delle basi elementari della tecnica di direttore d'orchestra. Qui siamo molto molto lontani di qualsiasi "interpretazione". Ed è per questo che, come lo scrivono anche su tanti fori, il signor Wellber è stato buato non solo alla prima, ma apparentemente anche alla seconda.
Scusa, Gianguido, non mi vorrai mica dire che i fischi alla Scala, lungo la sua storia, sono stati determinati da valutazioni oggettive? Quest'ultimo caso è chiaramente una parte infinitesima, priva di qualsiasi importanza. Il resto è costituito da isterismi, fazioni, antipatie, frustrazioni personali, sfoghi che magari nulla hanno a che vedere con la musica, quando addirittura non interessi inconfessabili. Non capisco nemmeno cosa ci sia di bello in persone che vengono alle mani in loggione. In questo genere di pollai la Scala è una maestra che non teme confronti. A partire dalla disputa assolutamente demenziale intorno alla Tebaldi e alla Callas fino a quella più recente, altrettanto stupida, attorno a Muti ed Abbado, che io ho sempre tentato (invano) di ricondurre ad una dimensione più razionale, fino a quella istituzione del "vedovismo", forse la più cretina di tutte, che vede la Scala all'assoluto vertice della stupidità teatrale. Infine, per venire a me, non mi pare proprio di aver detto che è da decenni che non vado all'opera. Sarebbe stato falso, visto che vengo dall'aver ascoltato Aida a Colonia, la Vedova Allegra e il Trittico pucciniano a Duesseldorf e sto per andare a vedere Manon Lescaut a Firenze. Avrò detto che è molto tempo che non vengo alla Scala. Il che è cosa un po' diversa, a meno di non pensare che andare all'opera equivalga ad andare alla Scala. Vedi un po' che cosa ti combina il pensiero implicito! Si afferma che la Scala è superata da tutti gli altri teatri e, sotto sotto, si insinua, senza che ci se ne accorga, il pensiero che chi non va alla Scala l'opera non la vede proprio o ne assaggia un insipido surrogato.
Marco Ninci
caro ninci, a me non pare di aver parlato di una sua particolare frequentazione in Scala, ma in generale: in altre sedi lei ha affermato di non andare più a teatro con grande frequenza...insomma!
io poi sono il primo a dire che fuori dalla scala gli spettacoli sono spesso più belli e ben fatti...ma non stiamo qui a discutere su cavolate di tal natura...
nelle botte non c'è niente di bello, sono si folkloristiche ma non hanno nulla di positivo. detto ciò i fischi, le litigate, le discussioni più o meno vivaci sono ciò che rendono un teatro attivo e vivo. quelle poche volte che ho urlato bravo venivo visto come un pazzo esagitato e fuori di melone, se buo vengo considerato un teppista figlio del diavolo!
Io invece trovo bellissime queste storie di "guerre" fra tebaldiani-callasiani o altre dispute e trovo che l'attiva partecipazione del pubblico allo spettaccolo (quindi commenti, critiche, buu, fischi, bravo in mezzo ad una frase splendidamente eseguita etc.) trovo più che benvenuta. E' questo che fa vivere l'opera. Senza la partecipazione del pubblico muore anche la scena. Cos'è un applauso finale se durante lo spettaccolo non c'è nessun scambio, né positivo né negativo?
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