Quando in un cantante l’elevata statura tecnica si coniuga con l’eleganza interpretativa ed il gusto ci troviamo, allora, in presenza di un artista, che trasforma il canto in poesia, in moto dell’anima. Ecco il messaggio comune a tutti i rappresentanti della scuola tedesca, che oggi chiudono la Verdi edission, dedicata al Trovatore. In un presente afflitto da soprani che nei casi migliori fraseggiano in modo marziale oppure sibilano con voce fissa, tenori abbaianti o sbadiglianti, mezzi sguaiati degni di esibirsi al circo, ecco qua il documento di un passato straordinario, direi quasi miracoloso. La lingua tedesca la fa da padrona perché i francesi hanno tradotto in misura assai inferiore, per nulla gli spagnoli che cantavano in italiano.
Quella di lingua tedesca ( con la sola eccezione di Leon Escalais, che canta in francese ) si rivela scuola di canto all’italiana, in nulla diversa da quelle che abbiamo incontrato nelle precedenti puntate. Tanto italiana che questi cantanti, certamente eccezionali, abituati al repertorio wagneriano o, comunque, pesante esibiscono con assoluta facilità non solo un fraseggio sfumato e lirico, retto da un canto perfettamente legato, una voce omogenea in tutta la gamma ed alta qualità timbrica, ma anche irreprensibile dimestichezza con i passi di scrittura fiorita, trilli in primis, e completo dominio del registro acuto. Alcuni di loro, aggiungo, si comportano come veri belcantisti, a cominciare da quella cantante quasi inumana che fu Siegrid Onegin, la sola in grado di sopravanzare la perfezione di Ebe Stignani; il baritono Heinrich Schlusnus, che canta e si esprime nel “Balen del suo sorriso” con l’eleganza, il legato, il lirismo e gli acuti squillanti di un grande amoroso romantico, per non parlare dell’aplomb esecutivo ed interpretativo del duetto del quarto atto, un modello di canto verdiano; di Frau Margarete Siems, allieva di Pauline Viardot e preziosa testimone audio della grande tecnica di canto del XIX secolo, falsamente ritenuta non documentata, che canta con assoluta facilità ed eleganza un lentissimo “D’amor sull’ali rosee”, mostrando un controllo della voce al di sopra del si bem da fare impallidire una Sutherland ( la signora amministrava contemporaneamente il Rigoletto, l’Aida, la Traviata, gli Ugonotti in entrambe le parti femminili, la Norma, il Ballo, la Lucia, la Marescialla e Zerbinetta, tanto per capire con quale fenomeno abbiamo a che fare ..); Frau Frieda Leider, wagneriana leggendaria, perfetta come nessuna dopo di lei, anzi ultima a sapere affrontare il repertorio italiano con lo stile, l’accento e la perfezione tecnica, che i passi di Leonora dimostrano. Per la Leider non esistono note acute, e nemmeno note gravi, ma solo note, tutte perfettamente identiche, emesse senza sforzo alcuno, trilli stupendi inclusi, i fiati sono di un’ampiezza, che impressiona: nessuna è mai più tornata al suo livello, a dispensare Brunhildi e Norme contemporaneamente in questo modo. La sua Leonora è strepitosa, dotata di eleganza e slancio davvero verdiani nel duetto del questo atto con Schlusnus, accento lirico e soavissimo nelle arie, dove esibisce prodigiose smorzature in tessitura acuta nell’aria finale ed un uso sapiente dei rallentando. Modalità espressiva questa che viene dall’antico perché è la medesima di Frau Siems. Nemmeno le agilità le costano fatica, il trillo poi è pari a quello delle belcantiste moderne.
Nel registro di mezzosoprano Margarete Matzenauer, versatile stella del Metropolitan negli anni ’10-’30, è un'altra cantante formidabile per mezzi e tecnica. Nel duetto con Knote ci ha lasciato una documentazione preziosa per gusto, accento e dei suoi celebri acuti in “falsetto femminile”, nella fattispecie il do5 scritto di “Perigliarti ancor languente”, probabilmente i modi dell’emissione dei leggendari re nat 5 di Rosmunda Pisaroni e che sentiamo anche nelle incisioni di Ernestine Schumann Heink. Ma c’erano anche interpreti come Barbara Kemp, soprano anni ’20, che, pur avendo calcato i maggiori palcoscenici tedeschi non uscì mai dai confini patri, ci ha lasciato un “D’amor sull’ali rosee” lunare, una sorta di “Casta diva” verdiana di grandissima suggestione cantata con voce bellissima, oppure il professionismo impeccabile, per emissione e gusto compostissimo di una Runger, che canta in compagnia del dolcissimo Julius Patzak dalla voce morbida e legata. Alle medesime conclusioni si giunge ascoltando Sabine Kalter capace congiuntamente di eleganza e compostezza, che le consente di essere alla conclusione del “Condotta ell’era in ceppi” allucinata ed espressiva al tempo stesso senza indulgere in alcuno degli effetti che rendono Azucena una caricatura. Tralasciamo poi che gli acuti e in generale la zona medio alta della voce ha una risonanza ed uno squillo di rara qualità.
Come già nella puntata sui 78 giri in lingua italiana rileviamo un cambio nel gusto tra i tenori dei primissimi anni del novecento e quelli immediatamente successivi. Tra i più arcaici Leo Slezak, tenore di forza solito praticare anche Ugonotti, Ernani e Lucia di Lammermoor, in subordine Lohengrin e Tannhauser, canta con i modi e le libertà dei tenori ottocenteschi, oltre che con una voce bellissima; Jacques Urlus, tenore spinto dalla voce forse un po’ meno “bella” di Slezak (che sia detto subito era un super dotato), ma che coniuga il canto del tenore eroico con la morbidezza, il legato, l’accento epico accompagnato ad un buon trillo e facili smorzature. Per la cronaca e la polemica il repertorio di Urlus coincide con quello dell’oggi ultra incensato Jonas! Di Heinrich Knote, il wagneriano della triade, si apprezzano le medesime qualità, il legato, lo squillo e le soluzioni espressive, come i piani e le messe di voce dell’ ”Ah si ben mio”, senza dimenticare che anche lui….trillava con facilità. Tenori come Voelker, Patzak e Roswaenge hanno già un gusto postottocentesco, secondo quell’evoluzione che abbiamo visto per i tenori della puntata scorsa. Franz Voelker, ad onta del repertorio spinto praticato, e Julius Patzak aderiscono ad una concezione più lirica di Manrico ( idea per nulla originale quella a noi contemporanea..!), di grande timbro e legato, mentre Roswaenge, al contrario del primo, canta con maggiore epica e piglio, e con un gusto ancora a mezza strada tra l’ottocento ed il tenore postcarusiano. Rimangono a noi documenti di una koinè culturale di aerea tedesca completamente estintasi col secondo dopoguerra. Giocate un po’ voi con l’immaginazione e mettete a cantare il Trovatore, nella vostra mente, le stelle della “Collina” wagneriana, soprattutto quelle recenti, ma fate attenzione perchè potreste morire di spavento!!!
Gli ascolti
Giuseppe Verdi
Il trovatore
Atto I
Tacea la notte placida...Di tale amor che dirsi - Irene Abendroth (1902), Barbara Kemp (1919), Frida Leider (1925), Tiana Lemnitz (1939)
Di geloso amor sprezzato - Heinrich Schlusnus, Frida Leider & Julius Huett (1925)
Atto II
Stride la vampa - Margarete Matzenauer (1910), Sigrid Onegin (1919)
Condotta ell'era in ceppi - Sabine Kalter (1926)
Mal reggendo all'aspro assalto - Julius Patzak & Gertrud Runger (1936)
Perigliarti ancor languente - Margarete Matzenauer & Heinrich Knote (1909)
Il balen del suo sorriso - Heinrich Schlusnus (1925)
Atto III
Ah sì, ben mio - Jacques Urlus (1923), Leo Slezak (1907), Heinrich Knote (1906), Leon Escalais (1906), Franz Voelker (1928), Helge Rosvaenge (1938)
Di quella pira - Tino Pattiera (1916), Leon Escalais (1906)
Atto IV
D'amor sull'ali rosee - Margarethe Siems (1908), Barbara Kemp (1919), Frida Leider (1925), Tiana Lemnitz (1939)
Miserere - Meta Seinemeyer & John Glaser (1928)
Mira d'acerbe lagrime - Frida Leider & Heinrich Schlusnus (1925)
Ai nostri monti - Julius Patzak & Getrud Runger (1936), Richard Tauber & Sabine Kalter (1926), Helge Rosvaenge & Friedel Beckmann (1943)
Quella di lingua tedesca ( con la sola eccezione di Leon Escalais, che canta in francese ) si rivela scuola di canto all’italiana, in nulla diversa da quelle che abbiamo incontrato nelle precedenti puntate. Tanto italiana che questi cantanti, certamente eccezionali, abituati al repertorio wagneriano o, comunque, pesante esibiscono con assoluta facilità non solo un fraseggio sfumato e lirico, retto da un canto perfettamente legato, una voce omogenea in tutta la gamma ed alta qualità timbrica, ma anche irreprensibile dimestichezza con i passi di scrittura fiorita, trilli in primis, e completo dominio del registro acuto. Alcuni di loro, aggiungo, si comportano come veri belcantisti, a cominciare da quella cantante quasi inumana che fu Siegrid Onegin, la sola in grado di sopravanzare la perfezione di Ebe Stignani; il baritono Heinrich Schlusnus, che canta e si esprime nel “Balen del suo sorriso” con l’eleganza, il legato, il lirismo e gli acuti squillanti di un grande amoroso romantico, per non parlare dell’aplomb esecutivo ed interpretativo del duetto del quarto atto, un modello di canto verdiano; di Frau Margarete Siems, allieva di Pauline Viardot e preziosa testimone audio della grande tecnica di canto del XIX secolo, falsamente ritenuta non documentata, che canta con assoluta facilità ed eleganza un lentissimo “D’amor sull’ali rosee”, mostrando un controllo della voce al di sopra del si bem da fare impallidire una Sutherland ( la signora amministrava contemporaneamente il Rigoletto, l’Aida, la Traviata, gli Ugonotti in entrambe le parti femminili, la Norma, il Ballo, la Lucia, la Marescialla e Zerbinetta, tanto per capire con quale fenomeno abbiamo a che fare ..); Frau Frieda Leider, wagneriana leggendaria, perfetta come nessuna dopo di lei, anzi ultima a sapere affrontare il repertorio italiano con lo stile, l’accento e la perfezione tecnica, che i passi di Leonora dimostrano. Per la Leider non esistono note acute, e nemmeno note gravi, ma solo note, tutte perfettamente identiche, emesse senza sforzo alcuno, trilli stupendi inclusi, i fiati sono di un’ampiezza, che impressiona: nessuna è mai più tornata al suo livello, a dispensare Brunhildi e Norme contemporaneamente in questo modo. La sua Leonora è strepitosa, dotata di eleganza e slancio davvero verdiani nel duetto del questo atto con Schlusnus, accento lirico e soavissimo nelle arie, dove esibisce prodigiose smorzature in tessitura acuta nell’aria finale ed un uso sapiente dei rallentando. Modalità espressiva questa che viene dall’antico perché è la medesima di Frau Siems. Nemmeno le agilità le costano fatica, il trillo poi è pari a quello delle belcantiste moderne.
Nel registro di mezzosoprano Margarete Matzenauer, versatile stella del Metropolitan negli anni ’10-’30, è un'altra cantante formidabile per mezzi e tecnica. Nel duetto con Knote ci ha lasciato una documentazione preziosa per gusto, accento e dei suoi celebri acuti in “falsetto femminile”, nella fattispecie il do5 scritto di “Perigliarti ancor languente”, probabilmente i modi dell’emissione dei leggendari re nat 5 di Rosmunda Pisaroni e che sentiamo anche nelle incisioni di Ernestine Schumann Heink. Ma c’erano anche interpreti come Barbara Kemp, soprano anni ’20, che, pur avendo calcato i maggiori palcoscenici tedeschi non uscì mai dai confini patri, ci ha lasciato un “D’amor sull’ali rosee” lunare, una sorta di “Casta diva” verdiana di grandissima suggestione cantata con voce bellissima, oppure il professionismo impeccabile, per emissione e gusto compostissimo di una Runger, che canta in compagnia del dolcissimo Julius Patzak dalla voce morbida e legata. Alle medesime conclusioni si giunge ascoltando Sabine Kalter capace congiuntamente di eleganza e compostezza, che le consente di essere alla conclusione del “Condotta ell’era in ceppi” allucinata ed espressiva al tempo stesso senza indulgere in alcuno degli effetti che rendono Azucena una caricatura. Tralasciamo poi che gli acuti e in generale la zona medio alta della voce ha una risonanza ed uno squillo di rara qualità.
Come già nella puntata sui 78 giri in lingua italiana rileviamo un cambio nel gusto tra i tenori dei primissimi anni del novecento e quelli immediatamente successivi. Tra i più arcaici Leo Slezak, tenore di forza solito praticare anche Ugonotti, Ernani e Lucia di Lammermoor, in subordine Lohengrin e Tannhauser, canta con i modi e le libertà dei tenori ottocenteschi, oltre che con una voce bellissima; Jacques Urlus, tenore spinto dalla voce forse un po’ meno “bella” di Slezak (che sia detto subito era un super dotato), ma che coniuga il canto del tenore eroico con la morbidezza, il legato, l’accento epico accompagnato ad un buon trillo e facili smorzature. Per la cronaca e la polemica il repertorio di Urlus coincide con quello dell’oggi ultra incensato Jonas! Di Heinrich Knote, il wagneriano della triade, si apprezzano le medesime qualità, il legato, lo squillo e le soluzioni espressive, come i piani e le messe di voce dell’ ”Ah si ben mio”, senza dimenticare che anche lui….trillava con facilità. Tenori come Voelker, Patzak e Roswaenge hanno già un gusto postottocentesco, secondo quell’evoluzione che abbiamo visto per i tenori della puntata scorsa. Franz Voelker, ad onta del repertorio spinto praticato, e Julius Patzak aderiscono ad una concezione più lirica di Manrico ( idea per nulla originale quella a noi contemporanea..!), di grande timbro e legato, mentre Roswaenge, al contrario del primo, canta con maggiore epica e piglio, e con un gusto ancora a mezza strada tra l’ottocento ed il tenore postcarusiano. Rimangono a noi documenti di una koinè culturale di aerea tedesca completamente estintasi col secondo dopoguerra. Giocate un po’ voi con l’immaginazione e mettete a cantare il Trovatore, nella vostra mente, le stelle della “Collina” wagneriana, soprattutto quelle recenti, ma fate attenzione perchè potreste morire di spavento!!!
Gli ascolti
Giuseppe Verdi
Il trovatore
Atto I
Tacea la notte placida...Di tale amor che dirsi - Irene Abendroth (1902), Barbara Kemp (1919), Frida Leider (1925), Tiana Lemnitz (1939)
Di geloso amor sprezzato - Heinrich Schlusnus, Frida Leider & Julius Huett (1925)
Atto II
Stride la vampa - Margarete Matzenauer (1910), Sigrid Onegin (1919)
Condotta ell'era in ceppi - Sabine Kalter (1926)
Mal reggendo all'aspro assalto - Julius Patzak & Gertrud Runger (1936)
Perigliarti ancor languente - Margarete Matzenauer & Heinrich Knote (1909)
Il balen del suo sorriso - Heinrich Schlusnus (1925)
Atto III
Ah sì, ben mio - Jacques Urlus (1923), Leo Slezak (1907), Heinrich Knote (1906), Leon Escalais (1906), Franz Voelker (1928), Helge Rosvaenge (1938)
Di quella pira - Tino Pattiera (1916), Leon Escalais (1906)
Atto IV
D'amor sull'ali rosee - Margarethe Siems (1908), Barbara Kemp (1919), Frida Leider (1925), Tiana Lemnitz (1939)
Miserere - Meta Seinemeyer & John Glaser (1928)
Mira d'acerbe lagrime - Frida Leider & Heinrich Schlusnus (1925)
Ai nostri monti - Julius Patzak & Getrud Runger (1936), Richard Tauber & Sabine Kalter (1926), Helge Rosvaenge & Friedel Beckmann (1943)
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