Ieri abbiamo assistito alla pomeridiana del Nabucco allestito a Reggio Emilia, quarto titolo del Verdi Festival, coprodotto da I Teatri reggiani e dal Teatro Regio di Parma. Quest’ultimo metteva a disposizione anche Coro ed Orchestra del teatro, valentissimi ed espertissimi protagonisti della serata. Altri motivi di interesse: un duetto di figli d’arte, Michele Mariotti e Daniele Abbado rispettivamente sul podio del direttore ed in regia, e la presenza del soprano Demetra Theodossiou.
Lo spettacolo, benché connotato da voci prive dell’ampiezza e dell’accento verdiano, è stato salutato dagli applausi del pubblico.
Quest’ultima, dotata di mediocre tecnica di canto e voce da soprano lirico, da anni imperversa nel repertorio del drammatico di agilità di Verdi, Bellini e Donizetti.
Che sia voce di soprano lirico basta ascoltarla chiara, dolce e priva di volume e cavata in prima ottava, che sia di mediocre tecnica bastano i suoni acidi a partire dal fa 4 e le urla a partire dal si bem acuto lancinanti, stonate e fisse. Alle prese con Abigaille, ma anche con la Elisabetta del Devereux, di Lucrezia Borgia, la Theodossiou o canta in falsetto, limitatamente alla zona fa3-fa4 o, alle prese con situazioni drammatiche e accento scandito, grida. Quindi, nel Nabucco, abbiamo una Abigaille, che canta come Musetta, per colore e peso specifico, la sezione centrale dell’aria, per essere afona nell’irruzione di Abigaille nel tempio o nella cabaletta o nel duetto con il protagonista all’atto terzo, salvo le grida sul do di “ guerrieri è preso il tempio” ,nel re nat interpolato alla chiusa del concertato atto primo, sino al mi bem. che chiude il duetto del terzo atto. Questo un vero urlo. E qui va osservato che un direttore d’orchestra dotato di buon gusto ed autorevolezza avrebbe dovuto moderare le iniziative della signora.
Luciano Montanaro, che il forfait di Carlo Colombara ha promosso da Sommo Sacerdote a Zaccaria, il personaggio che canta sempre, ha trionfato. Vox populi, vox Dei si dovrebbe dire e tacere, ma un personaggio che psicologicamente e vocalmente è tributario di Mosè, non ammette suoni tubati nell’ottava centrale, acuti “ a scivolo” e fissi, che funestano la profezia o suoni opachi, che distruggono ogni effetto suggestivo ed evocativo del “Vieni o levita”.
Peggio ancora il Nabucco di Anthony Michaels-Moore. I difetti ed i vizi sono sempre gli stessi, ormai diffusi in tutti cantanti della corda di baritono, ossia la voce suona indietro e nasale, quindi un personaggio che, pensato per Ronconi, famoso interprete delle ultime opere di Donizetti, cui sono richiesti in egual misura slancio e morbidezza regale finisce a non esprimere nulla. Neppure del canto scolastico e professionale.
Degni l’uno dell’altro nell’imperizia vocale che porta a suoni duri e berciati la coppia degli amorosi, Daniela Innamorati e Mickael Spadacini. Entrambi per tecnica e gusto molto, molto Santuzza e Turiddu.
Da ultimi i figli d’arte ossia Michele Mariotti, direttore e Daniele Abbado regista.
Al secondo, che con tasso di fantasia pari a zero, ha vestito gli Ebrei come i confratelli che subirono persecuzioni e sterminio (come se tali situazioni siano state un’esclusiva del passato secolo... ) vorremmo solo ricordare che uomini e donne sono rigorosamente divisi in sinagoga e che nessuno indossa, nei luoghi sacri, il cappello, men che meno tipo Borsalino. Il richiamo archeologico al muro (del pianto?) è gradevole ma pure il trionfo della totale carenza di fantasia e, ci sia consentito, di cultura ed informazione. Perché non richiamare, per ricordare al pubblico le persecuzioni degli Ebrei, quelle della Reconquista o quelle che distribuì, in tempi assai più recenti, Stalin? Sempre persecuzioni e sempre per soli motivi religioso-razziali sono state, e senza dubbio suonerebbero meno lise e consumate come citazioni…..! Lo spettacolo, comunque, si vede con piacere, con begli effetti di luce, cromie suggestive negli abiti degli interpreti principali…..regia pochina, come piace a noi conservatori..!
Michele Mariotti è un paio di stagioni che sale il podio. Vanta sulla carta un repertorio che, credo, non ebbe un maestro di settantennale carriera, equamente diviso fra opera e sinfonica, come Vittorio Gui. E’ certamente migliorato rispetto al Boccanegra dell’anno passato, che pareva un saggio di conservatorio piuttosto che l’inauguazione di una stagione importante come Bologna. Va anche detto che Boccanegra richiede ben altra arte e tecnica direttoriale rispetto a Nabucco. A parte una imitazione maniacale del gesto di Abbado, a parte la costante scelta di rallentare prima di ogni crescendo ( una volta è bello, sei o sette fa maniera.. ) l’orchestra suona precisa, pulita e senza quei terrificanti svarioni sentiti in sale ben più impostanti del Valli l’anno passato. Tuttavia la sua direzione è andata avanti in modo alterno, caratterizzata dall’assenza di una idea generale, quella del grande affresco corale, peculiarità del Nabucco, ove lo stacco ora languido ora mozzafiato dei tempi serve a rendere l’idea dell’amplissimo retaggio precedente ( dal Rossini di Mosè al Donizetti di Rohan) e a presagire il futuro verdiano. Non è il caso di scomodare i modelli lasciati dall’Ernani o dal Nabucco di Schippers, dai Vespri di Kleiber padre, dall’Ernani di Mitropoulos, né di nominare le prove di énfant prodige come Abbado: basta il sicuro e preciso artigianato di Gavazzeni o di Molinari Pradelli, che saranno stati poco attenti al singolo dettaglio, ma conducevano con sicurezza assoluta l’intera barca dello spettacolo. E con costoro il paragone è doveroso allorquando si ricopre anche la carica, prestigiosa, di direttore principale di un teatro e di una orchestra importanti quali il Comunale di Bologna. Mariotti ha diretto con una certa mollezza il preludio, bene e riuscendo a reggere la tensione drammaturgica il primo atto, in modo alterno gli atti successivi, concludendo la recita visibilmente stanco. Mi è piaciuto molto, invece,il modo in cui ha gestito il coro ( complice anche quel signore di nome Martino Faggiani, che a me pare tanto bravo..), nel Và pensiero in particolare come nel concertato primo.
Insomma, luci e ombre per un ragazzo che ieri mi è piaciuto decisamente di più delle volte precedenti. A mio avviso non ha la precocità di un Harding o di un Dudamel, né parlerei di genio o di altre esagerazioni che ho letto sul suo conto, bensì di una buona promessa….se non verrà bruciato amplificandone esageratamente il valore.
Gli ascolti
Verdi - Nabucco
Parte I
Sinfonia - Francesco Molinari-Pradelli (1961)
Tremin gl'insani...Mio furor non più costretto - Tito Gobbi, Danica Mastilovic, Boris Christoff, Anna Maria Rota, Angelo La Morena - Bruno Bartoletti (1963)
Parte II
Ben io t'invenni...Anch'io dischiuso un giorno...Salgo già del trono aurato - Angeles Gulin (1979)
Parte III
Oh! Chi piange...Del futuro nel buio discerno - Luciano Neroni (1949)
Parte IV
Son pur queste mie membra...Dio di Giuda...Cadran, cadranno i perfidi - Mario Zanasi (1970)
Lo spettacolo, benché connotato da voci prive dell’ampiezza e dell’accento verdiano, è stato salutato dagli applausi del pubblico.
Quest’ultima, dotata di mediocre tecnica di canto e voce da soprano lirico, da anni imperversa nel repertorio del drammatico di agilità di Verdi, Bellini e Donizetti.
Che sia voce di soprano lirico basta ascoltarla chiara, dolce e priva di volume e cavata in prima ottava, che sia di mediocre tecnica bastano i suoni acidi a partire dal fa 4 e le urla a partire dal si bem acuto lancinanti, stonate e fisse. Alle prese con Abigaille, ma anche con la Elisabetta del Devereux, di Lucrezia Borgia, la Theodossiou o canta in falsetto, limitatamente alla zona fa3-fa4 o, alle prese con situazioni drammatiche e accento scandito, grida. Quindi, nel Nabucco, abbiamo una Abigaille, che canta come Musetta, per colore e peso specifico, la sezione centrale dell’aria, per essere afona nell’irruzione di Abigaille nel tempio o nella cabaletta o nel duetto con il protagonista all’atto terzo, salvo le grida sul do di “ guerrieri è preso il tempio” ,nel re nat interpolato alla chiusa del concertato atto primo, sino al mi bem. che chiude il duetto del terzo atto. Questo un vero urlo. E qui va osservato che un direttore d’orchestra dotato di buon gusto ed autorevolezza avrebbe dovuto moderare le iniziative della signora.
Luciano Montanaro, che il forfait di Carlo Colombara ha promosso da Sommo Sacerdote a Zaccaria, il personaggio che canta sempre, ha trionfato. Vox populi, vox Dei si dovrebbe dire e tacere, ma un personaggio che psicologicamente e vocalmente è tributario di Mosè, non ammette suoni tubati nell’ottava centrale, acuti “ a scivolo” e fissi, che funestano la profezia o suoni opachi, che distruggono ogni effetto suggestivo ed evocativo del “Vieni o levita”.
Peggio ancora il Nabucco di Anthony Michaels-Moore. I difetti ed i vizi sono sempre gli stessi, ormai diffusi in tutti cantanti della corda di baritono, ossia la voce suona indietro e nasale, quindi un personaggio che, pensato per Ronconi, famoso interprete delle ultime opere di Donizetti, cui sono richiesti in egual misura slancio e morbidezza regale finisce a non esprimere nulla. Neppure del canto scolastico e professionale.
Degni l’uno dell’altro nell’imperizia vocale che porta a suoni duri e berciati la coppia degli amorosi, Daniela Innamorati e Mickael Spadacini. Entrambi per tecnica e gusto molto, molto Santuzza e Turiddu.
Da ultimi i figli d’arte ossia Michele Mariotti, direttore e Daniele Abbado regista.
Al secondo, che con tasso di fantasia pari a zero, ha vestito gli Ebrei come i confratelli che subirono persecuzioni e sterminio (come se tali situazioni siano state un’esclusiva del passato secolo... ) vorremmo solo ricordare che uomini e donne sono rigorosamente divisi in sinagoga e che nessuno indossa, nei luoghi sacri, il cappello, men che meno tipo Borsalino. Il richiamo archeologico al muro (del pianto?) è gradevole ma pure il trionfo della totale carenza di fantasia e, ci sia consentito, di cultura ed informazione. Perché non richiamare, per ricordare al pubblico le persecuzioni degli Ebrei, quelle della Reconquista o quelle che distribuì, in tempi assai più recenti, Stalin? Sempre persecuzioni e sempre per soli motivi religioso-razziali sono state, e senza dubbio suonerebbero meno lise e consumate come citazioni…..! Lo spettacolo, comunque, si vede con piacere, con begli effetti di luce, cromie suggestive negli abiti degli interpreti principali…..regia pochina, come piace a noi conservatori..!
Michele Mariotti è un paio di stagioni che sale il podio. Vanta sulla carta un repertorio che, credo, non ebbe un maestro di settantennale carriera, equamente diviso fra opera e sinfonica, come Vittorio Gui. E’ certamente migliorato rispetto al Boccanegra dell’anno passato, che pareva un saggio di conservatorio piuttosto che l’inauguazione di una stagione importante come Bologna. Va anche detto che Boccanegra richiede ben altra arte e tecnica direttoriale rispetto a Nabucco. A parte una imitazione maniacale del gesto di Abbado, a parte la costante scelta di rallentare prima di ogni crescendo ( una volta è bello, sei o sette fa maniera.. ) l’orchestra suona precisa, pulita e senza quei terrificanti svarioni sentiti in sale ben più impostanti del Valli l’anno passato. Tuttavia la sua direzione è andata avanti in modo alterno, caratterizzata dall’assenza di una idea generale, quella del grande affresco corale, peculiarità del Nabucco, ove lo stacco ora languido ora mozzafiato dei tempi serve a rendere l’idea dell’amplissimo retaggio precedente ( dal Rossini di Mosè al Donizetti di Rohan) e a presagire il futuro verdiano. Non è il caso di scomodare i modelli lasciati dall’Ernani o dal Nabucco di Schippers, dai Vespri di Kleiber padre, dall’Ernani di Mitropoulos, né di nominare le prove di énfant prodige come Abbado: basta il sicuro e preciso artigianato di Gavazzeni o di Molinari Pradelli, che saranno stati poco attenti al singolo dettaglio, ma conducevano con sicurezza assoluta l’intera barca dello spettacolo. E con costoro il paragone è doveroso allorquando si ricopre anche la carica, prestigiosa, di direttore principale di un teatro e di una orchestra importanti quali il Comunale di Bologna. Mariotti ha diretto con una certa mollezza il preludio, bene e riuscendo a reggere la tensione drammaturgica il primo atto, in modo alterno gli atti successivi, concludendo la recita visibilmente stanco. Mi è piaciuto molto, invece,il modo in cui ha gestito il coro ( complice anche quel signore di nome Martino Faggiani, che a me pare tanto bravo..), nel Và pensiero in particolare come nel concertato primo.
Insomma, luci e ombre per un ragazzo che ieri mi è piaciuto decisamente di più delle volte precedenti. A mio avviso non ha la precocità di un Harding o di un Dudamel, né parlerei di genio o di altre esagerazioni che ho letto sul suo conto, bensì di una buona promessa….se non verrà bruciato amplificandone esageratamente il valore.
Gli ascolti
Verdi - Nabucco
Parte I
Sinfonia - Francesco Molinari-Pradelli (1961)
Tremin gl'insani...Mio furor non più costretto - Tito Gobbi, Danica Mastilovic, Boris Christoff, Anna Maria Rota, Angelo La Morena - Bruno Bartoletti (1963)
Parte II
Ben io t'invenni...Anch'io dischiuso un giorno...Salgo già del trono aurato - Angeles Gulin (1979)
Parte III
Oh! Chi piange...Del futuro nel buio discerno - Luciano Neroni (1949)
Parte IV
Son pur queste mie membra...Dio di Giuda...Cadran, cadranno i perfidi - Mario Zanasi (1970)
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