Vanno presi, secondo alcuni (spesso amici ed agenti dei cantanti) con le pinze le trasmissioni radiofoniche. Potrebbe anche essere, però se possono ingannare sul reale volume ed ampiezza di una voce, sono fidedegne dell'accento della qualità del suono, perchè - siamo onesti e sinceri - un suono duro e fibroso non diventa, via etere, dolce e galleggiante sul fiato.
Un'orchestra pesante non può ambire a simulare i Berliner.
In estrema sintesi l'inaugurazione del Carlo Felice.
Atto primo
Aria Tebaldo
Un baritono il preposto tenore, con la voce ben chiusa nella testa appena arrivano i primi acuti (quasi acuti ) e senza proiezione. Sarò forse ancora condizionato da quella penosa Stuarda scaligera.
Cabaletta lenta e soporifera, con una modestissima variazione (strozzata) nel da capo.
Una esecuzione pesante e priva di baldanza. Qualche variazione, puntatura aiuterebbero a delineare il personaggio. In compenso Renzetti non gli taglia la coda, prolissa ed inutile eseguita in questo modo. L’accompagnamento alla cabaletta va ricordato come esempio di vera “bandaccia”.
Entrata Romeo
Recitativo con voce indietro, ingolata e di petto.
Nessuna sfumatura in zona ala o balla o emette falsetti. Tempo bello veloce, sennò non regge.
Non fa la puntatura di tradizione alla ripetizione di “troverai nel mio signor”. Un bel e “tal sarà “ da sopranaccio verista. Gusto da Obraztsova e ne avesse la voce. Al centro il famoso”scalino”. La velleità delle varianti di Rossini è patetica. Meglio evitare.
Cavatina di Giulietta
La voce della Devia dimostra i suoi anni. La cantante però, è misurata e non cade in alcun eccesso di gusto verista, è sorvegliatissima, anche troppo. L’abbandono era poco nel 1989, figurarsi adesso.
Duetto
Siccome è acuto la Ganassi gira un po’ meglio e sembra un po’ meno la Barbieri sfasciata. Ma se sale “ ah noi luogo amor terra “ o sono falsetti o sono i cosiddetti pianini. Nessuna vocalizzazione di forza.
La Devia emette suoni brutti nel primo passaggio e in alto a piena voce balla. Peccati veniali rispetto alla Ganassi.
Nella sezione centrale la Ganassi appena arriva un acuto o lo ghermisce o lo falsetta, quando replica la Devia sarà anche alla frutta, ma che frutta. La cadenza che introduce la sezione a due voci vede una Ganassi più verista che mai.
La sezione conclusiva la Ganassi attacca con voce esausta, scomposta e bercia gli acuti e dopo il bercio di “ritornerà”, il falsettino.
Il tempo poi è da marcia funebre salvo ravvivarsi un poco alla fine. Caro maestro i tempi lenti come insegnavano la Sutherland e la Horne alla fine sono un suicidio!!!! E sì che Lei con una ha ripetutamente lavorato.
Finale primo
Il famoso finale in cui le due voci femminili cantano all’unisono.
Il buco della voce della Ganassi è sempre più evidente in un passo che impone l’esibizione di un saldo registro basso.Qui Romeo è un contralto rossiniano psicologicamente e localmente.
Quando arriva il la di “giurata fè” siamo allo strillo più puro.
Le cose migliorano nell’andante dove Mariella Devia canta con eleganza e timbro ancora saldissimo, poi chiederle di essere romantica e poetica, beh insomma non lo era nel 1994. Non possiamo pretenderlo ora.
Atto secondo
Aria di Giulietta
Al recitativo la difficoltà a legare della Devia è evidente. Il timbro sarà anche provato e qualche volta non usciranno suoni immacolati, ma nell’andante è ancora notevole per virtù tecnica. E sul “dubbio crudel” esegue un passaggio di registro inferiore da manuale. Ulivieri è becero appena sale o si stimbra o ulula. Quando entra Capellio nelle battute di conducimento l’orchestra è pesantissima. Nella sezione conclusiva la Devia è ancora all’altezza della propria meritatissima fama anche se non tutti i suoni sono torniti e perfetti come un tempo. Ma nella zona alta fa ancora impressione per la saldezza e sicurezza. La Devia è una grande cantante d’opera, gli altri sono principianti. Da andare sino a Genova solo per tributarle l’omaggio al professionismo.
Renzetti chiude il finale con un’orchestra che sembra la famosa banda “rumpe e streppa” di Finale Ligure, tanto per rimanere in zona.
Duetto Romeo – Tebaldo
La Ganassi entra facendosi raggiustini agli acuti del recitativo e si sforza di essere eloquente, ma il “m’abbandona a me solo” la costringe a forzare.
Accento verista per simulare la foga della sfida. E quando scende il solito immascherabile scalino.
E vai con il verismo alla invocazione di Romeo sulla morta Giulietta. La Ganassi declama malamente il dolore di Romeo. E’ l’emissione poco immascherata al centro che rende plebeo, da sempre, il canto della Ganassi, privandolo dell’astrazione tipica del canto di scuola. L’acuto finale è il grido del cappone sgozzato.
Finale
Il coro e l’orchestra non hanno il colore della disperazione di Romeo e la voce poco stilizzata di Romeo non evoca il dolore quintessenziato dell’eroe romantico. In alto sono falsettini, al centro suoni vuoti ed in basso cavernosi e di petto. Esemplare il recitativo di entrata dello sventurato Romeo. Il gridolino di Romeo allo scoprimento del cadavere non evoca dolore, ma l’urlo di chi abbia paura e terrore nel vedere un cadavere.
Suoni aciduli sul do e mi centrali ossia dove Romeo canta sono la negazione del Belcanto stesso. Poi si può anche dire che esegue piani e pianissimi.
Nel recitativo del risveglio la Ganassi indulge a sospiri e suoni di petto. Meglio la Devia anche se la scrittura non è acuta e, quindi, non è suo agio.
Nelle ultime battute la Ganassi sembra per peso specifico e volume un soprano leggero, sembra più voluminosa la voce della Devia.
Un'orchestra pesante non può ambire a simulare i Berliner.
In estrema sintesi l'inaugurazione del Carlo Felice.
Atto primo
Aria Tebaldo
Un baritono il preposto tenore, con la voce ben chiusa nella testa appena arrivano i primi acuti (quasi acuti ) e senza proiezione. Sarò forse ancora condizionato da quella penosa Stuarda scaligera.
Cabaletta lenta e soporifera, con una modestissima variazione (strozzata) nel da capo.
Una esecuzione pesante e priva di baldanza. Qualche variazione, puntatura aiuterebbero a delineare il personaggio. In compenso Renzetti non gli taglia la coda, prolissa ed inutile eseguita in questo modo. L’accompagnamento alla cabaletta va ricordato come esempio di vera “bandaccia”.
Entrata Romeo
Recitativo con voce indietro, ingolata e di petto.
Nessuna sfumatura in zona ala o balla o emette falsetti. Tempo bello veloce, sennò non regge.
Non fa la puntatura di tradizione alla ripetizione di “troverai nel mio signor”. Un bel e “tal sarà “ da sopranaccio verista. Gusto da Obraztsova e ne avesse la voce. Al centro il famoso”scalino”. La velleità delle varianti di Rossini è patetica. Meglio evitare.
Cavatina di Giulietta
La voce della Devia dimostra i suoi anni. La cantante però, è misurata e non cade in alcun eccesso di gusto verista, è sorvegliatissima, anche troppo. L’abbandono era poco nel 1989, figurarsi adesso.
Duetto
Siccome è acuto la Ganassi gira un po’ meglio e sembra un po’ meno la Barbieri sfasciata. Ma se sale “ ah noi luogo amor terra “ o sono falsetti o sono i cosiddetti pianini. Nessuna vocalizzazione di forza.
La Devia emette suoni brutti nel primo passaggio e in alto a piena voce balla. Peccati veniali rispetto alla Ganassi.
Nella sezione centrale la Ganassi appena arriva un acuto o lo ghermisce o lo falsetta, quando replica la Devia sarà anche alla frutta, ma che frutta. La cadenza che introduce la sezione a due voci vede una Ganassi più verista che mai.
La sezione conclusiva la Ganassi attacca con voce esausta, scomposta e bercia gli acuti e dopo il bercio di “ritornerà”, il falsettino.
Il tempo poi è da marcia funebre salvo ravvivarsi un poco alla fine. Caro maestro i tempi lenti come insegnavano la Sutherland e la Horne alla fine sono un suicidio!!!! E sì che Lei con una ha ripetutamente lavorato.
Finale primo
Il famoso finale in cui le due voci femminili cantano all’unisono.
Il buco della voce della Ganassi è sempre più evidente in un passo che impone l’esibizione di un saldo registro basso.Qui Romeo è un contralto rossiniano psicologicamente e localmente.
Quando arriva il la di “giurata fè” siamo allo strillo più puro.
Le cose migliorano nell’andante dove Mariella Devia canta con eleganza e timbro ancora saldissimo, poi chiederle di essere romantica e poetica, beh insomma non lo era nel 1994. Non possiamo pretenderlo ora.
Atto secondo
Aria di Giulietta
Al recitativo la difficoltà a legare della Devia è evidente. Il timbro sarà anche provato e qualche volta non usciranno suoni immacolati, ma nell’andante è ancora notevole per virtù tecnica. E sul “dubbio crudel” esegue un passaggio di registro inferiore da manuale. Ulivieri è becero appena sale o si stimbra o ulula. Quando entra Capellio nelle battute di conducimento l’orchestra è pesantissima. Nella sezione conclusiva la Devia è ancora all’altezza della propria meritatissima fama anche se non tutti i suoni sono torniti e perfetti come un tempo. Ma nella zona alta fa ancora impressione per la saldezza e sicurezza. La Devia è una grande cantante d’opera, gli altri sono principianti. Da andare sino a Genova solo per tributarle l’omaggio al professionismo.
Renzetti chiude il finale con un’orchestra che sembra la famosa banda “rumpe e streppa” di Finale Ligure, tanto per rimanere in zona.
Duetto Romeo – Tebaldo
La Ganassi entra facendosi raggiustini agli acuti del recitativo e si sforza di essere eloquente, ma il “m’abbandona a me solo” la costringe a forzare.
Accento verista per simulare la foga della sfida. E quando scende il solito immascherabile scalino.
E vai con il verismo alla invocazione di Romeo sulla morta Giulietta. La Ganassi declama malamente il dolore di Romeo. E’ l’emissione poco immascherata al centro che rende plebeo, da sempre, il canto della Ganassi, privandolo dell’astrazione tipica del canto di scuola. L’acuto finale è il grido del cappone sgozzato.
Finale
Il coro e l’orchestra non hanno il colore della disperazione di Romeo e la voce poco stilizzata di Romeo non evoca il dolore quintessenziato dell’eroe romantico. In alto sono falsettini, al centro suoni vuoti ed in basso cavernosi e di petto. Esemplare il recitativo di entrata dello sventurato Romeo. Il gridolino di Romeo allo scoprimento del cadavere non evoca dolore, ma l’urlo di chi abbia paura e terrore nel vedere un cadavere.
Suoni aciduli sul do e mi centrali ossia dove Romeo canta sono la negazione del Belcanto stesso. Poi si può anche dire che esegue piani e pianissimi.
Nel recitativo del risveglio la Ganassi indulge a sospiri e suoni di petto. Meglio la Devia anche se la scrittura non è acuta e, quindi, non è suo agio.
Nelle ultime battute la Ganassi sembra per peso specifico e volume un soprano leggero, sembra più voluminosa la voce della Devia.
6 commenti:
Davvero infelice l'esibizione della Ganassi...a parte l'accento verista, a parte i pasticci nelle agilità, a parte le discese in basso a suon di gola, a parte gli acuti ghermiti e strillati...la cosa che DAVVERO trovo inesplicabile è l'arrogante e inutile velleità di eseguire le varianti di Rossini alla cabaletta di Romeo: ora, non credo le abbia prescritte il medico! Meglio sarebbe stato eseguire solo quello che Bellini ha previsto, con qualche parca variazione, ma nulla più. Quelle di Rossini meritano una fuoriclasse! Ieri sembravano ridicole e brutte....
Mah, ero a teatro e mi sa che hanno trasmesso un'altra edizione... E poi quello della "giurata fè" è un si e non una la...
Le va di raccontarci qualcosa a proposito dell'ascolto in teatro, caro Siegfried? Magari contestando punto per punto le osservazioni di Donzelli. Grazie.
caro siegfried,
ho atteso, invano, tue più esaustive contestazioni. magari oggi sei impegnato per la seconda di questi Capuleti.
Per parte mia faccio ammenda. La giurata fe è un si nat. Non ho guardato lo spartito, fidandomi della memoria.
Però sul resto continuo ad essere della mia opinione. ossia quella che le riprese radiofoniche falsino voce e timbro è una favoletta cui non posso credere perchè quando ascolto la signora Devia radiofonica sento pregi di sempre, difetti di sempre e, purtroppo, età di troppo. Posso anche concederti che esistano voci più o meno fonogeniche. La Devia ad esempio lo è molto poco.
Quanto alla signora Ganassi siccome in Parma nel 1994 ( non no controllato,preciso) ed i difetti sono quelli di sempre.
La Ganassi è tecnicamente precaria da allora ed in una parte ( che come tessitura conviene ad un mezzo acuto ben di più dei travesti rossiniani, che ha sempre evitato) le cuiindicazioni prepondderanti sono dolce, morbido,legato l'emissione della Ganassi funziona male. Il legato , la dinamica proseguono a balzelloni.
Gli esempi sono tanti a partire dal "lieto del dolce incargo di introduzione" ai suoni stretti ingola di "possa dirsi ciascuno" e via sino alla fine, tenendo conto che spartito alla mano la Ganassi non rispetta quasi mai i segni di espressione e quelli di corona di cui uno spartito scritto per essere ben ampliato dalla protagonista di turno,abbonda.
La riprova della precarietà tecnica della Ganassi sta anche nelle recenti esecuzioni di ruoli Colbran dove la cantante nelle frasi topiche del registro di soprano (sia pure centrale) ricorre a trasporti.
Dei qualitraspoti nessuno nel belcanto deve scandalizzarsi, ma deve, per onestà, evitare di proclamare che la Ganassi sia la reincarnazione di Isabella Colbran.
Trasporto per trasporto mi tengo quelli dei sprani tipo Anderson, Cuberli e Sutherland.
Trasporti come quelli della Ganassi non se li sono permessi la Horne, la Berganza e la Dupuy.
Non so, francamente, perché dovrei ripondere 'punto su punto'. Negli ormai 51 anni di frequentazione operistica, cerco di avere una visione globale e non usare il microscopio. E quindi:
- Orchestra e direzione: non siamo dalle parti dei Berliner, ma neppure alla 'bandaccia'. Io ho asoltato una direzione sempre tonica, che mai ha coperto i cantanti e che ha saputo ben delineare il contrasto tra un turbolento mondo in guerra e l'aura stilizzatamente romantica che circonda i due amanti. Anche i tempi a me sono parsi generalmente giusti.
- Tenore: sono d'accordo.
- Ganassi: se qualcosa mi dà fastidio in questa cantante è la dizione spesso ingarbugliata e un'imposto ingolato che (spesso) toglie chiarezza al canto. Però non ho, francamente, sentito nulla da sopranaccio verista o berci negli acuti. Quanto alla variazioni Rossini, non mi sono parse quel disastro che avete sentito voi e comunque tutt'altro che patetiche. A proposito, se non sbaglio, la Horne abbassava di 1/2 tono (o 1 - non ho ora sottomano il nastro) la cavatina d'entrata.
- Devia: per me è stata (posso dirlo) miracolosa. Non solo tecnicamente quel mostro che è sempre stata (e non solo una 'professionista'), ma anche molto più espressiva di una volta (si vede che Violetta, Borgia etc. sono passate di lì). Anche secnicamente è proprio 'romantica e poetica'.
- Ulivieri per me ha finalmente trovato la giusta assisa per la sua voce, mentre Vatchkov ha poca voce e quando si sente è stonata.
Due parole sullo spettacolo: rivoluzionario nel rispettare i voleri del compositore (tranne nel suicidio di Giulietta), sempre fluido nel racconto. Le scene a me sono piaciute, ma, secondo il vizio antico del Carlo Felice, montate troppo in avanti: ergo, il coro non aveva spazio per muoversi (però, se si ha a disposizione un maestro d'armi, un minimo di sincronia nello sfoderare le spade si poteva ottenere).
Due veloci accenni alla Medea torinese: spettacolo bello ma totalmente sbagliato: l'Antonacci è una grande Medea, e non è colpa sua se il regista l'ha fatta sembrare una specie di Contessa Bellentani.
Grazie.
Ma Siegfried, a suo modo di vedere, dall'alto della sua visione globale, i suoni di gola sono indizio di una tecnica da vera belcantista e di un modo appropriato di interpretare Bellini, massime questo Bellini? E comunque la Horne nel disco ufficiale non abbassa, mentre abbassa di mezzo tono solo la cabaletta, dal vivo nel '77 (mi riservo di controllare questa sera).
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