Ebe Stignani, in gergo scaligero “la signora Ebe”, caso unico e prodigioso di perfezione assoluta del canto verdiano nella corda del mezzosoprano.
Nessuna voce è stata più, dopo di lei, tanto bella, corposa, ricca di armonici, omogenea, morbida ed ampia in ogni registro, oltre che straordinariamente longeva, e nessuno dopo di lei ha più saputo manovrare il proprio mezzo con tanta perfezione tecnica e sapienza musicale.
Una compagna di Aide, Trovatori, Don Carli e Balli in Maschera impegnativissima, una montagna immobile ed inavvicinabile per quasi tutti/e i/le colleghi/e, salvo forse l’Arangi Lombardi, a lei molto simile per qualità naturali, capacità tecniche e modalità espressive, Francesco Merli o Beniamino Gigli, altro cantante altrettanto fenomenale, anche se forse meno perfetto, o Tancredi Pasero.
La signora Ebe non conosce cedimenti negli audio live che documentano, innumerevoli, la sua eccezionale carriera, caratterizzata, al di là delle performances in sé per sé, da un ritmo di lavoro altissimo, per noi oggi insostenibile da chicchessia.
Cantante aulica, di un gusto che oggi si tende a classificare come arcaico, è forse l’ultima rappresentante di quel canto strumentale, scevro da ogni benché minima inflessione “naturalista”, che ritroviamo documentato nei mezzosoprani in Sigrid Onegin o Ernestine Schumann Heink. Un canto in cui l’espressione è delegata al mero suono, al virtuosismo tecnico che consente alla voce di flettersi a comando in ogni zona del pentagramma, ad ogni nota di essere amministrata e governata secondo l’intento dell’interprete, con un dominio tecnico assoluto. Dalla scuola del Lamperti trasse l‘arte del canto sul fiato, e soprattutto quel modo a lei peculiare nella sua epoca, di cantare sulle vocali a ed e aperte, sonore ma perfettamente immascherate, altissime. La discesa ai gravi, sino alle ultime Ulriche fiorentine, scevra da ogni artificioso scurimento della voce, mai bitumata o ingolfata in alcun momento. Nessun mezzosoprano ha mai più legato frasi come “o mia regina io t’involai al folle amor” di Eboli oppure “Ah vieni, vieni amor mio m’inebria” di Amneris.
Il canto della Stignani, che l’età riuscì solo a scalfire forse nei fiati, lievemente ( e dico… lievemente! ) accorciatisi dopo quasi trent’anni di carriera, ricorda un po’quei casi di assoluta ed inumana perfezione artistica di Raffaello, o Bernini, o Picasso, insomma quei mostri sacri cui il destino ha dona tutto, compresa l’intelligenza per amministrare il proprio dono e piegarlo al servizio dell’arte.
Il suo Verdi è fatto di un fraseggio ampio, composto, mai esteriore o concitato; i personaggi sempre nobilitati nell’accento, retto da una dizione chiarissima e scandita, chiaramente ancorati agli stilemi espressivi, talora anche retorici, del XIX secolo, puri da ogni vezzo verista.
A volerle trovare difetti, possiamo sottolineare la debolezza notoria dell’attrice, secondo chi la vide in scena inesistente, ma sempre ferma e nobile; oppure il fatto che nell’esecuzione dello “Stride la Vampa” non eseguisse i trilli scritti, unico vero tributo pagato al gusto della sua epoca.
Ma sono inezie, prove del suo essere pure lei…umana, a fronte del suo essere cantante ed artista praticamente perfetta.
Giuseppe Verdi
Oberto, conte di San Bonifacio
Atto II
Un giorno dolce al core...Oh, chi torna l'ardente pensiero - Ebe Stignani (1952)
Rigoletto
Atto III
Bella figlia dell'amore - Maria Gentile, Alessandro Granda, Carlo
Galeffi & Ebe Stignani (1928)
Il trovatore
Atto II
Condotta ell'era in ceppi - Ebe Stignani (con Gino Penno - 1953)
Atto III
Giorni poveri vivea - Ebe Stignani (con Carlo Tagliabue & Giuseppe Modesti - 1953)
Atto IV
Madre, non dormi?...Ai nostri monti - Ebe Stignani & Gino Penno (1953)
Un ballo in maschera
Atto I
Re dell'abisso - Ebe Stignani (1957)
Che v'agita così...Della città all'occaso - Ebe Stignani, Anita Cerquetti & Gianni Poggi (1957)
La forza del destino
Atto I
Viva la guerra!...Al suon del tamburo - Ebe Stignani (1941)
Atto II
La Vergine degli angeli - Ebe Stignani (1938)
Atto III
Rataplan - Ebe Stignani (1927)
Don Carlos
Atto II
Nel giardin del bello - Ebe Stignani (1950)
Atto III
Sei tu...Ed io che tremava al suo aspetto - Ebe Signani, Dino Borgioli & Richard Bonelli (1938)
Atto IV
O don fatale - Ebe Stignani (1951)
Aida
Atto I
Alta cagion v'aduna - Gina Cigna, Beniamino Gigli, Ebe Stignani, Tancredi Pasero (1937)
Atto II
Fu la sorte dell'armi - Gina Cigna & Ebe Stignani (1937), Renata Tebaldi & Ebe Stignani (1953)
Atto IV
L'aborrita rivale...Già i sacerdoti...Ohimè, morir mi sento - Ebe Stignani (con Beniamino Gigli - 1939)
Falstaff
Atto II
Buongiorno buona donna...Reverenza! - Giuseppe Taddei & Ebe Stignani (1956)
Requiem
Recordare - Ebe Stignani & Maria Caniglia (1940)
Liber scriptus - Ebe Stignani (1940)
Il trovatore
Atto IV
Ai nostri monti - Ernestine Schumann-Heink & Enrico Caruso (1913), Sigrid Onegin & Mario Chamlee (1924)
Nessuna voce è stata più, dopo di lei, tanto bella, corposa, ricca di armonici, omogenea, morbida ed ampia in ogni registro, oltre che straordinariamente longeva, e nessuno dopo di lei ha più saputo manovrare il proprio mezzo con tanta perfezione tecnica e sapienza musicale.
Una compagna di Aide, Trovatori, Don Carli e Balli in Maschera impegnativissima, una montagna immobile ed inavvicinabile per quasi tutti/e i/le colleghi/e, salvo forse l’Arangi Lombardi, a lei molto simile per qualità naturali, capacità tecniche e modalità espressive, Francesco Merli o Beniamino Gigli, altro cantante altrettanto fenomenale, anche se forse meno perfetto, o Tancredi Pasero.
La signora Ebe non conosce cedimenti negli audio live che documentano, innumerevoli, la sua eccezionale carriera, caratterizzata, al di là delle performances in sé per sé, da un ritmo di lavoro altissimo, per noi oggi insostenibile da chicchessia.
Cantante aulica, di un gusto che oggi si tende a classificare come arcaico, è forse l’ultima rappresentante di quel canto strumentale, scevro da ogni benché minima inflessione “naturalista”, che ritroviamo documentato nei mezzosoprani in Sigrid Onegin o Ernestine Schumann Heink. Un canto in cui l’espressione è delegata al mero suono, al virtuosismo tecnico che consente alla voce di flettersi a comando in ogni zona del pentagramma, ad ogni nota di essere amministrata e governata secondo l’intento dell’interprete, con un dominio tecnico assoluto. Dalla scuola del Lamperti trasse l‘arte del canto sul fiato, e soprattutto quel modo a lei peculiare nella sua epoca, di cantare sulle vocali a ed e aperte, sonore ma perfettamente immascherate, altissime. La discesa ai gravi, sino alle ultime Ulriche fiorentine, scevra da ogni artificioso scurimento della voce, mai bitumata o ingolfata in alcun momento. Nessun mezzosoprano ha mai più legato frasi come “o mia regina io t’involai al folle amor” di Eboli oppure “Ah vieni, vieni amor mio m’inebria” di Amneris.
Il canto della Stignani, che l’età riuscì solo a scalfire forse nei fiati, lievemente ( e dico… lievemente! ) accorciatisi dopo quasi trent’anni di carriera, ricorda un po’quei casi di assoluta ed inumana perfezione artistica di Raffaello, o Bernini, o Picasso, insomma quei mostri sacri cui il destino ha dona tutto, compresa l’intelligenza per amministrare il proprio dono e piegarlo al servizio dell’arte.
Il suo Verdi è fatto di un fraseggio ampio, composto, mai esteriore o concitato; i personaggi sempre nobilitati nell’accento, retto da una dizione chiarissima e scandita, chiaramente ancorati agli stilemi espressivi, talora anche retorici, del XIX secolo, puri da ogni vezzo verista.
A volerle trovare difetti, possiamo sottolineare la debolezza notoria dell’attrice, secondo chi la vide in scena inesistente, ma sempre ferma e nobile; oppure il fatto che nell’esecuzione dello “Stride la Vampa” non eseguisse i trilli scritti, unico vero tributo pagato al gusto della sua epoca.
Ma sono inezie, prove del suo essere pure lei…umana, a fronte del suo essere cantante ed artista praticamente perfetta.
Giuseppe Verdi
Oberto, conte di San Bonifacio
Atto II
Un giorno dolce al core...Oh, chi torna l'ardente pensiero - Ebe Stignani (1952)
Rigoletto
Atto III
Bella figlia dell'amore - Maria Gentile, Alessandro Granda, Carlo
Galeffi & Ebe Stignani (1928)
Il trovatore
Atto II
Condotta ell'era in ceppi - Ebe Stignani (con Gino Penno - 1953)
Atto III
Giorni poveri vivea - Ebe Stignani (con Carlo Tagliabue & Giuseppe Modesti - 1953)
Atto IV
Madre, non dormi?...Ai nostri monti - Ebe Stignani & Gino Penno (1953)
Un ballo in maschera
Atto I
Re dell'abisso - Ebe Stignani (1957)
Che v'agita così...Della città all'occaso - Ebe Stignani, Anita Cerquetti & Gianni Poggi (1957)
La forza del destino
Atto I
Viva la guerra!...Al suon del tamburo - Ebe Stignani (1941)
Atto II
La Vergine degli angeli - Ebe Stignani (1938)
Atto III
Rataplan - Ebe Stignani (1927)
Don Carlos
Atto II
Nel giardin del bello - Ebe Stignani (1950)
Atto III
Sei tu...Ed io che tremava al suo aspetto - Ebe Signani, Dino Borgioli & Richard Bonelli (1938)
Atto IV
O don fatale - Ebe Stignani (1951)
Aida
Atto I
Alta cagion v'aduna - Gina Cigna, Beniamino Gigli, Ebe Stignani, Tancredi Pasero (1937)
Atto II
Fu la sorte dell'armi - Gina Cigna & Ebe Stignani (1937), Renata Tebaldi & Ebe Stignani (1953)
Atto IV
L'aborrita rivale...Già i sacerdoti...Ohimè, morir mi sento - Ebe Stignani (con Beniamino Gigli - 1939)
Falstaff
Atto II
Buongiorno buona donna...Reverenza! - Giuseppe Taddei & Ebe Stignani (1956)
Requiem
Recordare - Ebe Stignani & Maria Caniglia (1940)
Liber scriptus - Ebe Stignani (1940)
Il trovatore
Atto IV
Ai nostri monti - Ernestine Schumann-Heink & Enrico Caruso (1913), Sigrid Onegin & Mario Chamlee (1924)
2 commenti:
Solo poche righe...
la seconda opera completa in vinile che comperai fu l'Aida Tebaldi del Monaco Stignani diretta da Erede.... e il mezzosoprano fu la voce che mi impressionò di più... avevo 11 anni...ricordo che al duetto tra le due donne, all'ingresso di "Trema vil schiava..." sobbalzai sulla poltrona in cui ero seduto ad ascoltare... mai nessuna più mi ha dato quell'emozione. adoro Ebe Stignani.
grazie per il post e per gli ascolti, non provavo emozioni così forti da tempo.
Maometto II
io sono innamorato della stignani, una roba da non credere per la tecnica, come hai ben detto giulia, ma anche per la sontuosità del timbro e soprattutto, mi si consenta di aggiungere, la versatilità dell'inteprete, che ha scritto pagine altissime anche nel repertorio precedente a quello verdiano: un'artista completa come non ce ne sono più.
Posta un commento