lunedì 1 settembre 2008

Glamour vs canto ?

In quello che riteniamo un blog interessante, anzi esemplare e molto comune in ideali, La Cieca( New York), ha riportato una intervista a Mr Matthew Horner, numero due della IMG, ossia di una delle più presenti e penetranti agenzie i cui rappresentati rispondono ai nomi di Renée Fleming Joyce DiDonato, Angelica Kirchschlager, Deborah Voigt, Barbara Frittoli, Angela Gheorghiou, Sandra Radvanosky, Svetla Vassileva, Lado Ataneli, Matthew Polenzani ( sino a poco fa Anna Netrebko ), ossia i cantanti che imperano al Met ed in altri pochi teatri quelli dei divi per intenderci.

Ove oggi per divi intendasi non certo opulente signore come Marilyn Horne, Montserrat Caballé, grandi voci e rigide attrici come Mirella Freni, granatieri al femminile coma Joan Sutherland, tenori con pose commendatorizie più che da consumati amatori come, appunto il commendator Carlo Bergonzi. Erano chi più chi meno seduttori ed amanti vocali, perche la seduzione fisica, insomma latitava. Anche se divi del passato come Gigli e Schipa, la cui avvenenza fisica era inversamente proporzionale a quella vocale, godevano fama di tombeur de femmes.
I divi della lirica di oggi sono prima di tutto bellissimi, anzi per utilizzare termini più pregnanti gnocche e fighi, possono reggere il confronto con quelli del cinema o della fiction, indossare biancheria intima in scena senza che compaia un filo di cellulite, un’ombra di plica cutanea. Manca solo l’esibizione di un addome a tartaruga, nutriamo fiducia nel bel Jonas Kaufmann.
Ebbene il sig. Horner spiega come si fa oggi carriera. Precisamente come si fa a far fare carriera oggi. Il sig. Horner conferma quanto detto poco tempo fa da una che la carriera l’ha fatta Joan Sutherland: “ io oggi non farei carriera”.
Spuntano termini come press agente, pr, sponsor, marketing. Non solo, poi, arrivano consigli come i rapporti (controllo, sarebbe più lecito tradurre ed interpretare) con la stampa, intesa come grandi quotidiani e, soprattutto, riviste specializzate. Inteso che deve esserci a fianco, alle spalle a “conforto e sostegno dell’ugola stanca” la casa discografica, che ogni anno sforni, con il sostegno di tutti quegli elementi che abbiamo sopra citato, il disco annuale. Disco annuale che, aggiungiamo noi, deve avere per marketing ormai consolidato, l’impronta di storicità e per il legame con un divo del passato remoto (che so Rubini, la Malibran) e deve essere salutato, anteriormente la pubblicazione come una innovazione pari all’avvento di Caruso o della Callas.
Poi fra le righe appare anche altro ossia che per fare carriera ci voglia anche la voce. Appare sempre, quale elemento accidentale, al testo dell’intervista che oggi non ci sono più voci per certe parti e che, forse, l’aspetto squisitamente specifico del cantante d’opera e che queste voci vanno ricercate anche sacrificando qualche cosa dell’aspetto esteriore.
Naturalmente tecnica, gusto applicazione allo studio, musicalità non compaiono nel vocabolario e, deduco nel pensiero di Mr Horner.
Sarebbe pretendere troppo da chi vive intriso ed auspice in un sistema che da vent’anni e più credo che la carriera di un soprano o di un tenore si fabbrichi a tavolino sulla base dell’avvenenza, del colore degli occhi, della linea.
E, però, già una minimale presa di coscienza, forse dettata dalla disperazione, perché oggi mettere insieme un cast per Forza del destino, opera di repertorio sino ai primi anni ottanta, è peggio che salire il K2. Presa di coscienza per certo tardiva, perché la macchina infernale messa in piedi da questi signori, ben differenti da agenti come il famoso Liduino Bonardi, ha distrutto o ridotto a ranghi assai sparuti il pubblico in grado di distinguere e riconoscere qualità proprie del cantante e di costruire carriere che nascano e non finiscano sul palcoscenico.
Siccome spes ultima dea non possiamo che auspicare soprani nei panni di Violetta e Mimì che rendano poco credibile la consunzione, ma rispettino dinamica ed agogica dell’autore, sfoggino instancabili, timbri sontuosi e tecniche scaltrite, tenori nei panni del giovane des Grieux, facciano pensare ad un abate bulimico per le pene d’amore, ma smorzino a meraviglia gli acuti del sogno, come è avvenuto almeno per cento anni con grande, incomparabile soddisfazione del pubblico, che altrove si rivolgeva se voleva una bella gnocca o un gran figo! Perdonate il turpiloquio!

Verdi - I vespri siciliani
Atto V - Mercé dilette amiche - Luisa Tetrazzini

3 commenti:

emanuele ha detto...

Tutto vero. ma, in fin dei conti, io voglio confidare in qualche impennata ed estemporanea di buon senso da parte di pubblico e critica.... lo dico ricordando un episodio: alla Scala negli anni ottanta regnava sulla parte di turandot ghena dimitrova. ora, la potenza e l'imperiosità dello squillo con cui dominava tutto (parte, orchestra, scena) erano tali da veramente lasciare a bocca aperta, allibiti e stupiti gli spettatori. e qui si trattava di pure qualità vocali. certamente molto più avvertibili che non - che so io - quanto messo in mostra da martine dupuy nei capuleti belliniani, ma comunque si parla di voce. ecco, questo è un episodio che non mi fa del tutto perdere la speranza: una voce vera, con pregi autentici e fuori dal comune è comunque sempre in grado di avvincere e convincere.
cari saluti a tutti.
emanuele

mozart2006 ha detto...

Alcune considerazioni.Penso che sia inutile chiedere gusto artistico a un agente.Lui fa il suo mestiere che é quello di vendere il cantante al meglio e,se non ottiene risultati,l´artista lo licenzia.Il discorso sui dischi non é una novitá.Negli anni cinquanta incidevano praticamente solo Callas,Di Stefano,Del Monaco e Tebaldi,e voci come la Gencer venivano tenute in disparte.I Tre Tenori hanno inciso decine di opere,metá delle quali inutili.A mio parere,le radici della crisi attuale vanno ricercate nella predominanza esagerata data alla regia,di cui qui in Germania col Regietheater ci propinano i frutti piú perversi,e nell´incapacitá dei cantanti attuali nel gestire e programmare la scelta dei ruoli e la carriera.Otello,Tristan e Siegfried semplicemente non si cantano a trent´anni.Windgassen esordí come Tamino e con le operette e la Nilsson non affrontó Wagner prima dei quarant´anni di etá.Se i teatri fanno certe proposte,il cantante dovrebbe avere l´intelligenza di rifiutarle.A Pavarotti,quando aveva meno di trent´anni,un teatro propose il Guglielmo Tell e lui rifiutó perché sapeva di non essere pronto e che si sarebbe distrutto la voce.
La politica del tutto e subito é incompatibile con la carriera del cantante d´opera,e oggi ne vediamo i risultati.

Orbazzano ha detto...

Molto interessante e allo stesso tempo triste questa intervista a Mr Horner... certo che se la voce non è più una discriminante per poter cantare vuol proprio dire che siamo arrivati alla fine... :(