lunedì 7 luglio 2008

Max Emanuel Cencic canta Rossini: atro evento prodigio funesto...

Per proseguire la riflessione sulla progressiva espansione del Rossini "baroccaro" (caro e diletto al cuore dei dirigenti di molti dei nostri teatri, se dobbiamo credere al gossip che circola circa le prossime stagioni) non possiamo trascurare un disco edito alcuni mesi fa da Virgin Classics: un recital del controtenore Max Emanuel Cencic a base di pagine tratte da Aureliano in Palmira, Tancredi, La donna del lago e Semiramide. Il gotha della vocalità contraltile en travesti rossiniana. Era fatale che prima o poi i fisicamente integri eredi dei "musici" giungessero al Rossini serio: in teatro abbiamo già avuto Roggieri o Coldumieri virili d'aspetto (ma non di voce) e l'approdo al "primo Arsace" rossiniano è in fondo coerente con la discutibilissima pretesa di rimpiazzare il castrato con una voce di falsetto modesta di volume e maldestra nella coloratura. Altro paio di maniche, come suol dirsi, la scelta di cantare parti pensate e scritte per voci femminili: Tancredi ideato per Adelaide Malanotte Montresor, Malcolm destinato a Rosmunda Pisaroni, Arsace/Ninia scritto per Rosa Mariani.

Stando al booklet, Rossini sarebbe stato "costretto" a scrivere per voci femminili en travesti a seguito della decisione di Napoleone di chiudere i conservatori in cui si formavano i castrati. A parte il fatto che i conservatori italiani continuarono a sfornare virtuosi e virtuose di canto anche in epoca napoleonica (anzi, proprio sotto il vicerè Eugenio Beauharnais fu creato il Conservatorio di Milano, che più tardi assunse il nome di Giuseppe Verdi), la fantasiosa spiegazione trascura un dettaglio, vale a dire che ben prima dell'avvento dei Francesi (al cui teatro musicale era, per certo, estraneo il castrato, rimpiazzato dall'haute-contre) i compositori avevano fatto ricorso al travesti, e questo non solo in casi di emergenza, ma deliberatamente ricercando le voci più adatte alla loro musica (e viceversa). Per tutti valga l'esempio di Haendel, che per la diva Margherita Durastanti compose la parte di Sesto nel Giulio Cesare, peraltro in perfetta convivenza con il Senesino e il Baerenstadt, evirati cantori rispettivamente nelle vesti di Cesare e Tolomeo. Questa "perla" del booklet (che si somma ad altre disseminate nel testo, fra le quali la più notevole è certo la seguente: "Tancredi è tratto dall'opera di Torquato Tasso", con buona pace di Voltaire) non spiega comunque per quale ragione un controtenore (quindi una voce di falsetto) le mille miglia distante dalla vocalità tanto dei castrati quanto dei contralti en travesti possa costituire una scelta "filologica" (o anche solo una plausibile alternativa) rispetto agli standard correnti. E' vero che il canto rossiniano non gode ultimamente di ottima salute, ma certi rimedi possono essere peggiori del male. Vediamo come.
Premessa: ogni pezzo meriterebbe una recensione a sè, tanti sono gli spropositi disseminati nell'album, ma prenderemo in considerazione solo i peggiori (o i migliori, a seconda del punto di vista).

Il disco si apre con il Recitativo e Cavatina di Tancredi dal primo atto dell'opera. L'introduzione orchestrale è corretta, pulita, ma totalmente priva di nerbo: l'Orchestra da Camera di Ginevra (specializzata, ovviamente, nel repertorio barocco e forte, sia fa per dire, della mescolanza di strumenti originali e moderni) distilla un suono tenue, smunto, incipriato, più adatto a commentare l'entrata in scena di una zitella inglese in viaggio di piacere in Sicilia che il ritorno in patria di un eroe innamorato. Lo slavato colore orchestrale prelude ad identico colore vocale del protagonista. Dopo un fallito tentativo di messa di voce, Cencic mette in mostra ornamentazioni sfarfallanti ("respirarmi in seno") e, alle parole "celeste oggetto", la debolezza del proprio registro medio-grave (croce di tutti i controtenori). Ma il meglio arriva a "sfidando il mio destino", in cui il nostro si lancia in una scala ascendente seguita da volatine discendenti che si risolvono in uno sfoggio di suoni gallinacei, assai poco adatti alla situazione drammatica e francamente orrendi all'ascolto. All'attacco, invero declamato, del cantabile "Tu che accendi" l'intonazione si fa opinabile e le agilità permangono precarie. La voce cerca vanamente imperiosità sulle parole "cada un empio traditore" e si lancia quindi in agilità finalmente a tempo ma non meno aspirate delle precedenti. La sublime cabaletta, attaccata a mezza voce, vede le agilità farsi precarie anche nella scansione ritmica, prima di un "deliri, sospiri" eseguito a voce svuotata e come ulteriormente dissanguata, mentre la ripresa vede un "ti rivedrò" coronato da una puntatura: un suono debole, sporco e indietro, alla Christofellis. Ulteriori contorcimenti sulle ultime agilità e grida diffuse sulla coda, coronata da un acuto che sarebbe stato meglio evitare.

Segue l'Aria dal secondo atto dell'Aureliano, sfrondata nell'introduzione orchestrale e priva (per ovvie ragioni filologiche) del susseguente Rondò. La voce nel recitativo suona cupa, ovattata, e il salto d'ottava ("lontano") evidenzia la frattura insanabile fra primi acuti e centri. Un impeto di veemenza ("ma più possente") accentua il carattere querulo del timbro, prima di un "imperio ha sola" tutto suoni bianchicci e incerti. Difficile credere che Velluti ottenesse, in questo punto, il medesimo effetto d'isteria impubere. La cantilena "Perché mai le luci aprimmo" vede le solite agilità appena accennate, acuti puntualmente flautati e i gravi al solito deficitari. Il da capo, non avaro di tentativi di smorzature e prudenti fioriture, presenta al "se ci toglie la fortuna" ulteriori traballementi d'intonazione e chiude, dopo un'avventurosa sortita all'acuto, con un pianissimo in odore di afonia.

Mettendo fra parentesi le due ouverture dell'Aureliano e del Tancredi, in cui il direttore Michael Hofstetter sembra volersi rifare delle sonorità da biscuit cesellate accompagnando Cencic e pompa l'orchestra fino a cavarne clangori di fragorosa comicità (in evidente omaggio alle opere buffe che condividono le suddette sinfonie, rispettivamente Barbiere di Siviglia e Pietra del paragone), passiamo alle due grandi scene di Malcolm dalla Donna del lago. La parte, squisitamente contraltile, vede Cencic anche in maggiore affanno rispetto a prima, segnatamente nel recitativo della sortita. Il cantabile "Elena! O tu ch'io chiamo" si segnala per le agilità assai poco fluide (anzi, decisamente ingorgate) e per la difficoltà a legare acuti maldestramente accennati e gravi prossimi all'inesistente (timidi quanto brutti i suoni di petto su "se l'idol mio"), compromettendo così ulteriormente la tenuta dell'intonazione. La cabaletta, staccata dal direttore a tempo garibaldino, sorte un effetto quasi comico: "tutto detesto", che ancora una volta insiste sul registro grave, seguito dai soliti melismi striduli fa pensare al lupo travestito da nonna di Cappuccetto Rosso. Dopo ulteriori gorgoglii di gola spacciati per agilità, suoni faticosi e tirati conducono il pezzo a conclusione (e sommessamente ringraziamo per la schivata puntatura finale). Quanto all'aria del secondo atto, decurtata della cabaletta, è l'occasione per nuove fioriture "scivolose" e per la riproposizione di quel tono ostentatamente bamboleggiante e querulo che è cifra caratteristica del disco.

Dopo la sinfonia di Semiramide, condita da ottoni spernacchianti, il disco giunge a conclusione con le due arie dell'erede al trono di Babilonia. Solito accento sospiroso nel recitativo, solita voce maldestramente ingrossata e spaventosamente goffa alle parole "ora si desta del Nume formidabile", solita imperizia in acuto (imperizia peraltro sottolineata dall'aggiunta di una volatina al sol diesis). Degna di nota, nel cantabile, la faticosa risoluzione dei trilli su "contento" e "palpitar" e indescrivibilmente grottesca la cadenza che prepara il ponte con la cabaletta, condita da suoni assai gallinacei soprattutto sui mi ribattuti di "no, scordarmi". Nessuna traccia di variazioni nel da capo, se si eccettua l'ultima frase trasportata all'acuto, con tanto di nota conclusiva tenuta allo spasimo. L'aria del secondo atto, eseguita senza recitativo, si apre all'insegna della più assoluta indifferenza nei confronti dei segni di espressione, di cui Rossini certo non è avaro in questa pagina, a meno che non si vogliano scambiare suoni larvali e indietro per forcelle e smorzature. Nel tempo di mezzo interviene anche l'Ensemble vocale "Le Motet" di Ginevra, evidentemente convinto di stare cantando un coretto dell'Arcadia in Brenta, non certo un coro di sacerdoti che incitano al matricidio. E Cencic risponde perfettamente al mood generale, accennando le agilità come una Grande Duchesse de Gérolstein che passa in rivista le truppe. Non cerca nemmeno più di fare la voce grossa, e alla dolcissima frase "E' mia madre... al mio pianto forse il padre perdonarle ancor vorrà" si rifugia nell'afonia. Un delicato crescendo (nemmeno lontano parente di quelli gagliardi sfoggiati negli intermezzi strumentali del disco) prepara la cabaletta, la cui ripetizione non ispira a Cencic che nuove "prodigiose" scorribande in acuto, mentre nella coda l'esecuzione assai incerta delle scale discendenti e delle note ribattute è pietosamente sovrastata dalle voci del coro.

Per riassumere il contributo offerto da un celebre e celebrato esponente della new wave controtenorile al Belcanto rossiniano: una voce malferma, a disagio nel canto di agilità e senza la cavata necessaria ai passi declamati, stridula in acuto e inesistente nel grave, un interprete indifferente alle indicazioni espressive, estremamente cauto - per non dire latitante - quanto a variazioni e di conseguenza inesistente sotto il profilo interpretativo. Che dire? Avanti così!!!

.............odioso funesto
è il disco omai..........


Gli ascolti

G. Rossini

Tancredi

Atto I: Oh patria! Dolce e ingrata patria - Anna Reynolds

Aureliano in Palmira
Atto II: Perché mai le luci aprimmo - Helga Müller-Molinari

La donna del lago
Atto I: Mura felici - Jane Henschel

Semiramide
Atto I: Eccomi alfine in Babilonia - Lauris Elms
Atto II: Sì, vendetta - Monica Sinclair

16 commenti:

mozart2006 ha detto...

La cosa piú ridicola di queste operazioni é il fatto che la voce del falsettista artificiale non puó assolutamente per ragioni fisiologiche avere la consistenza del registro medio-grave che é un requisito fondamentale per chi affronta le parti di contralto musico.Per il resto,se il gusto odierno é degenerato fino a questo punto (e basta leggere certi forum per rendersene conto) non resta che aspettare le esecuzioni di Romeo,del paggio Urbain,di Adriano del Rienzi e magari di Oscar nel Ballo,da parte di questi signori...Alla fine qualcuno di loro penserá anche ad Azucena,Eboli e Amneris!E´solo questione di tempo...

Giulia Grisi ha detto...

....................ah! non toccatemi Romeo ( peraltro già toccato da Abbado, anche se non con un falsettista...)!!!!!!!!!

Giulia Grisi ha detto...

...........anche se un bel tris di falsettisti a cantare Amneris, Azucena ed Eboli me li vedrei bene......a patto di poter gridare EVVIVA LE SORELE BANDIERA!!!!!

mamikazen ha detto...

Brrr... il pensiero di un falsettista nelle vesti di Azucena mi fa venire in mente "Una notte all'opera" dei fratelli Marx...

Antonio Tamburini ha detto...

Visto che si parla di "travesti al contrario"... in attesa di applaudire i loro emuli lirici, godiamoci i grandissimi Legnanesi!

http://www.youtube.com/watch?v=8TB-7_OTfxM

Velluti ha detto...

Mi è capitato già molte volte di imbattermi nella vostre "critiche" sui falsettisti. Devo dire che apprezzo molto il vostro sito (e ho avuto modo di ribadirlo più volte), soprattutto per la circospezione con cui propone sempre analisi motivate e acute. Pur non condividendo a volte alcuni giudizi, resta l'ammirazione per una tendenza critica che trovo competente e costruttiva. Ma per quanto concerne il canto controtenorile devo dire che le vostre trattazioni oltrepassano spesso il segno. Già la critica sul cd di Jarousski dedicato al Carestini mi è sembrata abbastanza pretestuosa (addirittura soffermarsi sulla copertina! Fate un torto all'intelligenza di chi vi legge, oltre che alla vostra... Meglio non parlare delle copertine dei dischi degli anni 30 o 40 o 50 [pose matronali, sorrisi improponibili, facce che sarebbe stato meglio nascondere. Di certo il buon gusto non ha regnato sovrano nel mondo dell'opera di quegli anni!!!]). Non tutto è perfetto nel canto di Jarousski (ma quale canto è sempre perfetto?), ma non si può fare a meno di rilevare anche la correttezza e la fluidità delle agilità, un timbro tutto sommato piacevole, a tratti più che gradevole, una certa espressività, adatta a un repertorio immeritatamente dimenticato. Alcune delle arie proproste nel cd sono di rara bellezza, e Jarousski le esegue tutto sommato bene (penso alla splendida "Se mi dai morte", oppure a "Tu che d'ardire m'accendi"; come sapete il problema del volume di una voce in sala d'incisione è piuttosto superabile) e non ho trovato tutte le falle vocali che vengono esposte, invero con un lavorio da bulino (che non è sempre applicato a tutte gli ascolti che proponete!). Non so a quale modello pensate quanto ascoltate il suddetto cd (dato che sono arie incise per la prima volta!), ma non credo che si possa giudicare un canto a priori. Emerge dalle vostre trattazioni sui controtenori una valutazione a prioristica, che l'ascolto, guarda caso!, tende sempre a confermare. Insomma, di certo non sarà completamente filologico usare i controtenori (ma non lo è, a questo punto, nemmeno usare donne per parti scritte per castrati; a questo punto, per amore del filologico, bisogenerebbe dimenticare un repertorio che comunque non ha nulla da temere di fronte ad altri!), ma resta che se è un controtenore è bravo, questo va rilevato a prescindere dalla valutazione che si può dare sul canto della categoria. Vi consiglierei di proporre qualche ascolto di David Daniels, la cui voce non presenta affatto i problemi che di solito i controtenori hanno nel registro basso, insieme a un registro centrale corposo e vibrante. Vi consiglierei anche di proporre qualche confronto con Kowalski: anche il canto controtenorile sta subendo una sua evoluzione, e controtenori più recenti presentano maggiore corposità di quelli degli anni '70-'80. Resta il problema di far eseguire opere che esulano dal repertorio seicentesco alla voce controtenorile; ma anche in quel caso - sebbene ciò non sia ancora accaduto, almeno secondo il mio punto di vista - credo che se un controtenore è bravo, questo vada rilevato comunque.
Ma al di là della valutazione critica, che quando è motivata è sempre costruttiva, vi chiederei soprattutto di moderare i toni nel blog, evitando di scadere nell'offesa gratuita e anche abbastanza volgare. Quando un controtenore deciderà di affrontare Amneris, potrete valutarne l'esecuzione sotto il profilo strettamente musicale e vocale. Ma per il momento parlare dell'ipotesi mi sembra solo flatus vocis.
Voglio soprattutto dire alla Grisi che usare appellativi come "sorelle bandiera" o altro non si addice a una che porta un nome come il suo (tralascio ogni facile ironia che pure potrei fare sulla capacità scrittoria della sig.ra, già per altro affacciatasi tramite qualcuno su questo stesso blog; per non essere volgari in maniera gratuita bisogna possedere una sottigliezza argomentativa e scrittoria che, forse, la Grisi non possiede...). Capisco che i melomani amano fare valutazioni colorite, ma ciò non toglie che il confine con la volgarità spesso non è ben definito, soprattutto in chi non è capace di discernere tale confine... Una preghiera: evitate di propinare ancora ascolti della Dolukhanova. Rossini in russo è veramente uno strazio dell'anima; non è altro che uno snaturarne la più intima essenza... Con tanto di cappello per la voce della signora, sebbene non mi pare che fosse un fulmine di guerra nelle agilità DI FORZA (per non parlare di quella orrida e troppo lunga cadenza nella caballetta di Malcom, manco fosse una scena di follia), resta che di Rossini e del suo meraviglioso equilibrio tra musica e testo non resta nulla (si stentano addirittura a riconoscere le melodie rossiniane cantate in una lingua diversa dall'italiano!). Se uno ascolta l'opera è perchè ascolta un compositore che è bene eseguito da un interprete, il quale deve rispettare il volere del compositore. Se Rossini ha scritto in italiano, perchè la s.ra Dolukhanova lo canta in russo? Storcete il naso davanti alla "non-filologia" dei controtenori, eppure siete tanto "tolleranti" davanti al Rossini trapiantato nel Don!!! Il rischio dei due pesi e due misure è sempre più in agguato!!!!

Velluti ha detto...

Grazie per aver inserito il mio commento!

Gilbert-Louis Duprez ha detto...

Caro Velluti, prima di rispondere ai tuoi argomenti, lascia che ti assicuri sullo stato della mia intelligenza (giacché scrissi io la recensione al cd di Jaroussky): i rilievi alla copertina e all'apparato iconografico contenuto nel libretto erano semplici IRONIE messe a margine della valutazione del contenuto (credo fosse chiaro a chiunque). Dato che non siamo in ambito accademico credo che qualche leggerezza, qualche irriverenza, non siano fuori luogo. Anzi!

Ma torniamo ai controtenori. Tu scrivi che le nostre sono valutazioni aprioristiche, quasi pregiudizi o preconcetti.

Che dire? E' vero e non è vero. Innanzitutto perchè le critiche sono sempre successive ad un ascolto attento e reiterato. E poi (se mi passi una metafora gastronomica che non dispiacerebbe a Rossini), se a uno non piace il pomodoro, non deve assaggiarlo ogni volta che glielo propinano per ribadire il proprio gusto.

Ad ogni ascolto, dicevo, si riscontrano (pur in gradazioni diverse) i medesimi difetti, che sono i difetti tipici di una voce artefatta come è quella di un sopranista.

La questione è semplice: il controtenore non è GENETICAMENTE adatto a rimpiazzare la voce di castrato. Il motivo è chiaro: la voce è artificiosa laddove quella dei castrati era naturale. Il controtenore DEVE ricorrere al falsetto e il falsetto provoca: 1) IMPOSSIBILITA' fisica di eseguire agilità di forza (FONDAMENTALI nel barocco e nel belcanto) e di articolarle in modo decente; 2) difficoltà a mantenere costante l'intonazione; 3) aridità di fraseggio; 4) mancanza di colori. Questo non me lo sogno io: è oggettivo. Può piacere, a me, a noi, non piace. E non piaceva neppure a Haendel (che scrisse sempre male dei controtenori).

Dici, poi, che sostituire i castrati con contralti e mezzi è scorretto così come usare i controtenori. Non è vero: gli stessi autori (Haendel su tutti) quando non disponevano del castrato, affidava la parte a donne (e ricordati bene che anche allora c'erano i controtenori). Questo significa che la voce femminile è la più adatta a rendere l'idea di quel che era quella dei castrati.

Il tuo discorso poi non regge assolutamente riguardo a Rossini: egli scrisse ESPRESSAMENTE per contralto o mezzo quelle parti (tranne "Aureliano in Palmira"), semplicemente un non-sense farle cantare ad un controtenore. E questo aldilà di come vengono eseguite quelle (in questo caso malissimo). Rossini in particolare esige un tipo di canto che SOLO contralti e mezzi possono proporre. Ed è così e basta. Non si deve neppure discutere!

Ovviamente i controtenori di oggi sono tutt'altra cosa rispetto a quelli degli anni '70/80, certamente. E non temo di affermare che in un'ipotetica classifica i vari Daniels, Jaroussky, Cencic..occuperebbero i primi posti. Ma non cambia il fatto che siano voci oggettivamente inadatte ad esprimere le meraviglie del belcanto: per motivi fisici. Anche se ben eseguite certe agilità, accenti, colori, non sono riproducibili da voci artefatte ed in falsetto.

Dici che spesso non ci sono termini di paragone per un confronto? Anche qui ti smentisco: ci sono un sacco di incisioni e testimonianze di un barocco non baroccaro, che ti invito a rivalutare. E poi, laddove non ci fossero, c'è la partitura. E tanto mi basta per sapere che un Bowman non sarà mai in grado di cantare come un Senesino...

Comunque ognuno poi valuti secondo proprio gusto. Non vorrei però che il pregiudizio di cui ci accusi sia in realtà - ed in senso inverso - il tuo. Ossia credere che un controtenore sia sempre e comunque meglio.

Un saluto

Velluti ha detto...

Caro Duprez, non è come dici... A parte la facile ironia, che quando è fatta male manca SEMPRE di intelligenza, resta che un pregiudizio non è mai foriero di costrutto in una critica. A parte il fatto che non so quanto sia vero sostenere che un controtenore è fisiologicamente impossibilitato a eseguire colori e sfumature e che inevitabilmente cali nell'intonazione (portami ricerche in campo fonoiatrico e solo allora ti darò ragione! Ci sono controtenori intonatissimi, uno su tutti proprio Daniels; la tendenza a tenere le note fisse, prima di lasciarle vibrare, evita proprio, per motivi strettamente fisiologici, il calare di intonazione), resta che arrivare a dire che la sostituzione delle voci femminili nelle parti scritte per castrati è più attenta alla filologia è tutta da dimostrare. Era pur sempre una necessità dovuta a una momentanea mancanza (una specie di tappa buchi, insomma), e la cosa spesso necessitava di spostamenti di tonalità e revisioni. Diciamo che era una riscrittura; per cui sostenere, come fai tu, che la qual cosa DIMOSTRA che la voce di castrato e quella femminile erano tutto sommato intercambiabili è un'inferenza, non supportata dalle fonti. Quello che dici dimostra solo che una qualsiasi opera, nel momento in cui veniva rappresentata, era sottoposta alle circostanze del momento, per cui si poteva sostituire una voce di castrato con quella femminile (solo per il fatto che entrambi cantavano nell'ottava reale!). Ma questo non vuol dire che fossero la stessa cosa (altrimenti perchè impiegare i castrati?). I castrati avevano, oltre che estensione in acuto, anche estensione nel grave, estensione che una voce femminile non di norma poteva avere (e non a caso le parti per la Cuzzoni non presentano particolari discese al grave [si pensi a Cleopatra]; il confronto con le parti scritte per Farinelli, cfr. Son qual nave, oppure Qual guerriero in campo armato, è abbastanza istruttivo). Un'altra imprecisione: quando parlo di arie incise per la prima volta, mi riferisco proprio alle arie scritte per Carestini che, a parte forse qualche incisione pirata o live di cui non posso essere a conoscenza, non mi pare siano state mai incise da qualche interprete "non baroccaro". Anzi, se ci sono incisioni ufficiali delle suddette arie, ti prego di comunicarmelo, in modo tale da poter fare il debito confronto con l'esecuzione di Jarousski. Altra imprecisione: nel mio commento non dico assolutamente che impiegare il controtenore nelle arie di Rossini sia corretto; non commento neppure l'esecuzione di Cencic (che è comunque alterna), e non esprimo alcun giudizio di valore sull'esecuzione in esame. Contesto solo l'apriorismo che, per motivi fonologici, un controtenore non può avere determinate caratteristiche. Non ci sono assolutamente studi in materia che dimostrano questa affermazione; non ci sono indagini spettrografiche che confortano tale visione. E' una pura e semplice inferenza che nasce da un ascolto "a prioristico". Per quanto concerne l'espressività, le tue affermazioni sono facilmente contestabili: l'attacco di Ombra mai fu di Daniels (ti invito a sentire l'incisione delle arie di Haendel) è assolutamente in piano, il che dimostra che una voce appoggiata a regola d'arte, anche se lascia vibrare solo la parte alta delle corde vocali, è in grado di attaccare una nota in p, proprio perchè è l'appoggio sul fiato che rende possibili le dinamiche espressive e non supposti motivi fisiologici (allora non si spiegherebbe come mai voci femminili, anche blasonate, siano assolutamente incapaci a smorzare o a cantare in maniera sfumata). Lo stesso dicasi per l'intonazione; quando questa non è dovuta a problemi musicali, deriva sempre e comunque da fattori tecnici; nel cd di Jarousski non sento alcuna nota calante; nel canto di Daniels men che mai. Lo stesso non può dirsi per interpreti anche blasonate, che potevano occasionalmente calare qualora fossero in tarda età (il che dimostra che anche in una voce che fisiologicamente non sarebbe portata alla "calata", l'infortunio poteva occorrere! Anche qui i supposti motivi fisiologici non trovano riscontro!!!). Altra imprecisione: è vero che Haendel scriveva male dei controtenori (ma non dei castrati!), ma - a parte il fatto che Haendel non rappresenta tutta la musica barocca, anzi! (a rigore strettamente cronologico Haendel non è nemmeno un compositore barocco tout court) - non si può trascurare il fatto che la sua attività più rilevante, a parte la parentesi italiana, si svolse soprattutto in Inghilterra (e non a caso egli amava firmarsi all'inglese!), terra dove già da tempo si era all'avanguardia per quanto concerne la presenza delle donne sui palcoscenici (non solo operistici!). Piccola notazione: la voce del castrato non era di per sè "naturale"; era frutto, come è noto, di un intervento ben preciso fatto prima della muta, per cui di naturale non aveva assolutamente nulla!!! E' vero che Cencic non esegue benissimo le arie di Rossini; ma non le esegue peggio di alcune perfette sconosciute che avete proposto in qualche ascolto precedente: ammetto l'ignoranza su una certa Anne Reynolds, la cui esecuzione però, al di là di tutto, lascia veramente a desiderare (non meno di quella di Cencic; se volete proporre un modello di canto rossiniano, fatelo al meglio, vd. Horne, Podles, Valentini-Terrani! La mezza provincia rimane sempre tale anche quando viene passata per "grande interpretazione", e un ascoltatore anche poco attento finisce col notarlo!). Sciocchezza abnorme: (cito testualmente!)"Ma non cambia il fatto che siano voci oggettivamente inadatte ad esprimere le meraviglie del belcanto: per motivi fisici. Anche se ben eseguite certe agilità, accenti, colori, non sono riproducibili da voci artefatte ed in falsetto"; e chi lo dice? A parte Haendel, la cui idea va contestualizzata e rappresentava comunque un'eccezione, se i controtenori esistevano già all'epoca, vuol dire che erano parte integrante del "sistema belcanto", e quindi ne condividevano i presuppostoi fondamentali. Se i controtenori esistevano, la loro vocalità era ben nota e apprezzata, quanto quella delle cosiddette dive oggi avvolte dall'alone della leggenda (il che è sempre in profonda contraddizione con una seria analisi storica!). Altra sciocchezza:" 1) IMPOSSIBILITA' fisica di eseguire agilità di forza (FONDAMENTALI nel barocco e nel belcanto) e di articolarle in modo decente"; e chi lo dice? Le agilità di Jarousski sono di forza, solo che è pur sempre una forza relativa al volume della voce. Quelle di Daniels sanno essere di forza (si veda l'aria dalla Partenope, benissimo eseguita!); ci troviamo davanti a voci di volume ristretto, per cui non ci si può aspettare agilità granitiche alla Sutherland (ma nemmeno quelle della Caballè erano paragonabili a quelle della Sutherland, e parliamo della Caballè, una figura fondamentale della Rossini-reinassance!!!). Ma, da che mondo e mondo, la grana grossa non ha mai fatto un canto automaticamente di buon gusto e corretto; a ciò si unisca che di voci asfittiche e piccole piccole se ne contano a iosa anche tra le fila delle "naturalissime" voci femminili (Battle, Hendricks, ecc.). Giudicare per categorie è sempre pericoloso, perchè si finisce con l'assolutizzare e si rischia di usare i famosi "due pesi e due misure".

Velluti ha detto...

Una piccola noticina di (vera) filologia: quando parli dello spartito, caro Duprez, non so a cosa ti riferisci: nella mia carriera accademica di filologo musicale mi occupo da anni di musica barocca, e le arie del cd di Jarousski a tutt'oggi mancano di edizioni critiche attendibili (come, purtroppo, gran parte della musica operistica barocca!); ergo, mi piacerebbe sapere di quali spartiti parli (forse quelli delle edizioni Ricordi!) quando dici che "ti basta lo spartito per valutare". L'immagine che abbiamo del barocco è troppo influenzata dalle fonti letterarie, ma manca - il più delle volte - di un riscontro concreto! E' questo il vero grande problema!

Gilbert-Louis Duprez ha detto...

Caro Velluti, capisco bene che "ciascuno cerchi di tirare acqua al proprio mulino": non sarò certo io a cambiare le tue idee (né tu a scalfire le mie, s'intende), tuttavia alcune precisazioni.

1) liberissimo di apprezzare o meno l'ironia di una battuta, ma da qui a farne discendere la poca intelligenza (della stessa o del suo autore) ce ne corre. Non voglio fissarmi su questo punto (glisserei volentieri, ma a quanto vedo la "leggerezza" è merce sempre più rara), tuttavia l'iconografia che accompagna i prodotti controtenorili (pizzi e maschere, sguardi sgranati e aerei, espressioni rapite ed estasiate degne di Santa Teresa d'Avila, visi rubizzi con gote arrossate come putti asessuati etc...) è francamente "imbarazzante". Non dico che sia la sola ad essere grottesca (e neppure dico che in passato era meglio), certo che quelle immagini patinate appaiono superflue e ridicole (a meno che non vogliano seguire tecniche di marketing più adatte a certe rockstar). E comunque io le trovo francamente brutte (dico lo stesso di certe copertine DECCA in stile "dipinto": come la 2° Sonnambula della Sutherland). Chiuderei qui il discorso, che resta, comunque, a margine.

2) Premesso che nè io nè te abbiamo mai ascoltato la voce di un castrato, dobbiamo necessariamente rifarci alle testimonianze d'epoca. Non sto qui a citarle una ad una (visto che ti occupi di filologia le conoscerai meglio di me), ma dalle descrizioni che ne fanno i vari autori, si evince una voce del tutto simile a quella femminile, per dolcezza ed estensione, ma con la potenza, la forza e la robustezza di quella maschile. Si aggiunga l'enorme tenuta di fiati e la spericolatezza delle agilità. La voce di un controtenore non è così.

3) I controtenori cantano in falsetto, ergo artefanno la voce: in questo modo il controllo su intonazione ed emissione diventa malsicuro. Le agilità di forza, inoltre, non si riescono a fare. E' fisiologico. Forse qualche controtenore ci si avvicina (ma non mi risulta). Insomma è un emissione necessariamente sforzata e innaturale (non negarlo), laddove i castrati cantavano così NATURALMENTE. Il fatto che abbiano subito un intervento umano (quindi contro natura) per cantare così, è cosa di poco conto (l'unica rilevanza che può avere è di natura etica, ma non è oggetto delle nostre speculazioni). Il castrato cantava così naturalmente, non doveva ricorrere al falsetto. E anche questo mi pare innegabile. Non cambiamo le carte in tavola Velluti...

4) L'uso filologico dei controtenori. Non credo possa affermarsi che la scelta di cantanti donne abbia lo stesso valore filologico: checché tu ne dica ci sono testimonianze che invitano a pensare come la voce di contralto o mezzo sia la più adatta a sostituire il castrato. Sostituire non significa eguagliare, immagino che vi fossero differenze (lo stesso Rossini ne rimpianse la scomparsa), ma ciò non toglie che quando non c'erano a disposizione castrati si ricorreva alla donna. All'epoca i controtenori esistevano eccome, mi spieghi perchè mai non venivano utilizzati loro? E poi come spiegare la naturale evoluzione del castrato nel "musico" della tradizione belcantista? Insomma gli esempi sono tanti, e mi sembra davvero un preconcetto (questo sì) ostinarsi a dire il contrario: Haendel - faro e modello dell'Opera Seria - scrisse assai male dei controtenori. Il fatto poi che modificasse le parti per castrati affidate a contralti o mezzi, conferma che le voci fossero sì diverse, ma non incompatibili, e in fondo assai più simili che le voci di falsettisti (altrimenti avrebbe utilizzato quelle, no?). E poi le modifiche dipendono anche dalle caratteristiche vocali del cantante (anche da castrato a castrato le parti venivano modificate).

5) Dici poi: a questo punto perchè non scegliere subito voci femminili invece che di castrato? Beh, per tanti motivi: all'epoca i castrati erano il fulcro dell'opera e poi - ma immagino tu lo sappia - erano gli unici che svolgevano studi musicali approfonditi e completi, affinavano tecniche e conoscenze attraverso un massacrante percorso di studi (molti di essi erano anche compositori), conoscevano l'armonia, suonavano strumenti. Tutti gli altri cantanti venivano da studi molto meno regolari e complessi. Ovvio che il castrato (musicista vero) avesse tutte le carte in regola per essere protagonista e creatore dei propri ruoli (che necessitavano anche, e soprattutto, di improvvisazione e capacitò tecniche, non solo vocalistiche). Altrettanto ovvio che i grandi autori si affidassero a quei musicisti piuttosto che ad altri molto meno preparati. Erano una garanzia.

6) La questione delle partiture è irrilevante. Un tipo di voce può essere giudicata senza bisogno che vi sia un confronto immediato sullo stesso brano. Ho sempre parlato del tipo di voce del controtenore, non del risultato immediato. Ti do atto che oggi la situazione migliora ed è migliorata, ma vi è un limite invalicabile: il falsetto. La voce artefatta non consente determinate esecuzioni e se oggi lo studio e la tecnica ha in parte supplito a questa barriera fisiologica, comunque non risolve il problema. Non denigro i tuoi beniamini in quanto musicisti (immagino ci sia tanto studio e passione, e gliene do atto) semplicemente trovo che i loro risultati siano di molti gradini inferiori a queklli di voci femminili che affrontano il medesimo repertorio. Mancano di naturalezza, ma è ovvio che sia così. Fammi sentire un controtenore che non canti in falsetto (o che non faccia percepire il falsetto) e cambierò idea.

7) Ho citato Rossini perchè tu ha inserito il commento a margine della recensione di questo cd. Tu che ti occupi di filologia, come puoi tollerare che parti espressamente scritte per voce femminile vengano scimiottate da un falsettista (pur bravo che sia)? E non rispondere che uno, in fondo, fa quel che vuole, perchè allora non ha più senso discutere: canto anche io sotto la doccia, ma non per questo mi faccio pubblicare! Ooops, ritiro subito l'ironia, visto che per te è moneta priva di corso legale.

8) Ancora sulla filologia: perchè nessuno di questi falsettisti si degna di curare la pronuncia delle parole cantate? Perchè ogni volta pare di ascoltare una comica di Stanlio e Ollio? Io trovo assai sgradevole questa disinvoltura nei confronti del testo (laddove si fanno le pulci a pretese prassi esecutive). Insomma, credo ci voglia coerenza.

9) Un'ultima chiosa: giustificare l'uso del controtenore riferendosi anche a certe esecuzioni di contralti e mezzi scadenti, rivela un pò di mala fede (consentimi). Stiamo parlando di voci e di tipologie vocali, non di esecutori specifici.

Tuttavia, tornando all'oggetto del post, dico che anche la peggiore Battle è meglio di Cencic (per ciò che riguarda Rossini ovviamente).

Velluti ha detto...

Che la Battle sia meglio di qualsiasi controtenore lo dici tu e per fortuna la storia del disco documenta quanto il flagello Battle sia da dimenticare!
La Battle lasciamola nella spazzatura, per favore... Per la pronuncia preferisco soprassedere (la Sutherland non era certo maestra all'accademia della Crusca...).
1- Non puoi dimostrare che il falsetto sia, dal punto di vista fisiologico, un minus... Lo dici e lo ribadisci, ma non puoi dimostrarlo... Il punto è che il volume di una voce non è dato dalle corde vocali, ma da una serie di fattori legati soprattutto alla conformazione delle ossa facciali e delle cavità di risonanza.
2- Per quanto concerne l'uso delle donne nelle parti per castrati, ho già avuto modo di dire... Era una sostituzione comoda per le tessiture (abbastanza simili, ma anche lontanissime, tanto che oggi alcuni brani scritti per castrati vengono eseguiti da soprani, mentre altri da mezzo soprani e raramente oggi una stessa esecutrice può cantare brani che invece uno stesso castrato riusciva a cantare senza problemi! Le donne non potevano eseguire le prodigiose discese verso il grave, per cui bisognava trasportare interi brani; è vero che questo avveniva anche per esecutrici diverse di una stessa parte, ma questo non può far dimenticare quanto la voce del castrato avesse una particolarità che quella delle donne non poteva avere, la profondità del registro grave; in fondo anche la Sutherland poteva cantare brani scritti per cantanti lontanissime, eppure questo non le permetteva di cantare un re grave, cosa che Farinelli poteva fare senza problemi). Cito una tua frase emblematica:
"Un tipo di voce può essere giudicata senza bisogno che vi sia un confronto immediato sullo stesso brano. Ho sempre parlato del tipo di voce del controtenore, non del risultato immediato. Ti do atto che oggi la situazione migliora ed è migliorata, ma vi è un limite invalicabile: il falsetto. La voce artefatta non consente determinate esecuzioni e se oggi lo studio e la tecnica ha in parte supplito a questa barriera fisiologica, comunque non risolve il problema". Una sola domanda per chiudere la bagarre: ti è mai venuto in mente di valutare il TIPO della voce di soprano? E' questo il punto focale: perchè, se i controtenori sono sempre esistiti, come d'altronde i soprani, bisogna valutarne il TIPO di voce, mentre per gli altri registri questo problema non si pone? Da ciò si evince, neanche in maniera troppo larvata, il pregiudizio.
3- Per quanto concerne lo spartito, sei stato tu a metterlo in mezzo, e per questo mi sono permesso di porre il codicillo filologico!
4- La scelta dei castrati era certamente legata ai vari motivi che hai esposto; ne hai tralasciato uno, però, credo il fondamentale: la musica operistica barocca non doveva esprimere sentimenti umani, ma trascendere la povera umanità (e non è un caso che tutti i personaggi fossero dei, o comunque personaggi eccezionali); perciò la voce principe per questo intento era quella del castrato, capace del furore più terribile, dell'elegia più lancinante, insomma espressione di una sovrumana dimensione. Questa dimensione, che si può definire senza esitazione MITICA, nell'opera barocca trova la sua più facile concretizzazione nella voce del castrato, la cui asessualità non fa altro che riproporre l'assoluta alterità dei personaggi dell'opera barocca. Termini come umanità, naturalezza, mimesi del reale, sono assolutamente estranei all'opera barocca. E' questo che, secondo me (ma non solo secondo me!!), in fin dei conti, può giustificare l'impiego di controtenori per certe esecuzioni: la sensazione di una certa qual astrazione, la quale ben si presta, in molti casi, alla caratterizzazione di molti dei personaggi dell'opera barocca, che le voci "naturali" difficilmente riescono a dare.
5- Proprio quello che tu chiami "suono artefatto", in realtà, riesce a creare quella sensazione di "meraviglioso straniamento" che è la cifra più caratteristica della musica barocca.
6- Proprio perchè io non parlo di tipologie vocali, ma di esecuzioni, il confronto con le "grandi" del disco (la Reynolds è indifendibile, consentimi!) si pone senza problemi, e vederlo frutto di malafede, non fa altro che dimostrare quanto la tua considerazione del canto controtenorile sia pregiudizievole.
7- Se chiedi coerenza, praticala! Fai le pulci a Cencic, ma non le fai alla Price (ma no! La Price è un mito e non si tocca! Eppure non aveva neanche idea di cosa fossero le doppie italiane!) o alla Sutherland (ma stiamo scherzando? La Sutherland è la Sutherland! Anche se lei stessa scherza ancora oggi sul suo modo "abbaestaenzae baizzaerro" di pronunciare l'italiano...) - non mi pare che nel vostro blog si siano alzate voci di protesta contro il modo che queste grandissime del canto lirico cantano l'italiano; e addirittura si propina come modello di canto rossiniano la Dolukhanova, che Rossini lo canta in russo!!! Viene veramente da sorridere!!!
8- Ribadisco che non dico che Cencic canti bene le arie di Rossini, e da filologo non sto qui a disquisire su un cd (non è questo il mio lavoro!), dico solo che se si spara a zero contro qualcuno, bisogna seguire una linea coerente, e applicarla sempre... Viene il sospetto che i controtenori siano il capro espiatorio di certo passatismo che vede nell'oggi l'anticristo... Ho sempre diffidato dai moralizzatori!

Gilbert-Louis Duprez ha detto...

Concordo con te nel lasciare la Battle lì dove l'hai messa, tuttavia - per quanto sgangherata - in Rossini fa meno disastri che un controtenore (il cui semplice avvicinamento a lla musica del pesarese dovrebbe essere motivo di censura).

Ma lasciamo perdere la contingenza di questo bizzarro malriuscito cd di Cencic!

1) Non parlo di volume della voce, parlo dell'innaturalezza della stessa (e la sua artificiosità) nell'emissione di falsetto.

2) Sull'uso delle donne in parti per castrato non ci capiamo. Perchè non mi spieghi i motivi per cui nessuno, all'epoca, ha pensato di rimpiazzare i castrati coi controtenori?

3) E perchè invece non considerare che gli autori scrivessero per castrati per motivi puramente estetici ed edonistici? Ossia per la straordinaria bellezza e la tecnica di quelle voci. I discorsi sulla "sovrumanità" dell'opera e quindi l'affidarla a voci non umane, ma asessuate e "lunari" può avere un certo fascino, tuttavia mi sembrano costruzioni fatte a posteriori per cercare di intellettualizzare elementi e circostanza che allora erano naturali. Io credo che l'astrattezza del barocco risieda essenzialmente nel trascendentale esibizionismo vocale, nella meraviglia, nella perfezione del contrappunto, nel puro godimento del Bello, nell'idealizzazione di sentimenti e vicende. Sono il primo a rifuggere dall'idea di "verosimiglianza" applicata al barocco e al belcanto (ma in senso lato a tutta l'opera lirica). Tuttavia un conto è la verosimiglianza, altro è la naturalezza dell'emissione. Che poi molti vedano accentuata tale astrazione nel canto artificioso dei falsettisti te lo concedo, ma colgono una sola faccia di questo straniamento, solo l'aspetto esotico o bizzarro.

4) il confronto è certamente necessario, ma per valutare le esecuzioni, non l'attitudine di una voce (intesa come tipologia vocale) ad interpretare un certo repertorio. Faccio un esempio volutamente grossolano: per giudicare se un basso profondo sia adeguato ad interpretare "Sempre libera degg'io", devo per forza metterlo a confronto con la Callas o con qualsiasi altro grande soprano che ha cantato Violetta? Non credo...

5) La Sutherland non aveva problemi di pronuncia, ma di dizione (difficoltà identiche sia che cantasse in italiano, in francese e pure in inglese!). L'esempio è errato. Per quanto riguarda la Price si tratta di qualche doppia su cui sorvolo volentieri in cambio del suo Verdi. I controtenori (ma non solo loro: è problema diffuso nella nuova filologia che oltre a rifuggere dal canto all'italiana, rifugge pure dalla lingua - penso a certi terribili tenori nelle incisioni di Gardiner..) sono quasi sempre stranieri e hanno problemi enormi di pronuncia che si evidenziano maggiormente proprio per il particolare repertorio che affrontano (l'Opera Seria, che richiede una pronuncia perfetta per dare interesse ai lunghi recitativi e risalto al testo poetico delle arie; e il Recitar Cantando monteverdiano, dove il rapporto tra musica e parola è molto stretto e dove è fondamentale rendere il senso delle parole). Io credo che il problema della lingua, oggi relegato ai margini della preparazione musicale, sia fondamentale, soprattutto per il barocco e il belcanto (per non parlare di Monteverdi)... Libero naturalmente di preferire Bowman alla Sutherland, però.....

6) Nessuno qui fa il moralizzatore: tutt'altro. E neppure si è vuoti passatisti. Ogni giudizio deriva da ascolti e riscontri. Il problema è che oggi si assiste ad uno scempio vocale oggettivo. Non è colpa nostra se oggi la situazione è grama. Naturalmente ci sono eccezioni, e delle eccezioni ci piace dar conto (e lo facciamo spesso).

Ps: il Rossini in russo è una testimonianza storica: supera l'ostacolo della lingua e ascolta la vocalità dell'interprete. E poi considera che il dogma della lingua originale è conquista assai recente...

Giulia Grisi ha detto...

Caro Velluti,
Anna Reynolds, come le sue colleghe, è stata scelta proprio per dimostrare che anche le cantanti precedenti la Rossini-Renaissance vantavano un approccio meno dilettantesco rispetto ai controtenori, presenti passati e futuri. Quanto poi al canto barocco, t’invitiamo e invitiamo tutti i lettori a confrontare le meraviglie controtenorili dei vari Daniels, Jaroussky etc. con questi quattro ascolti quattro, che per noi rappresentano il paradigma della poetica e dell’estetica barocca. Tuo malgrado, al femminile.

Haendel - Giulio Cesare - Da tempeste il legno infranto - Joan Sutherland

Haendel - Giulio Cesare - Alma del gran Pompeo - Martine Dupuy

Haendel - Alcina - Verdi prati - Teresa Berganza

Haendel - Rinaldo - Venti, turbini - Marilyn Horne

Velluti ha detto...

Sul perchè non venivano usati i controtenori al posto dei castrati la risposta è molto semplice: per i limiti che i controtenori avevano nella zona acuta. I controtenori non potevano arrivare a quelle note astrali che i castrati invece raggiungevano senza problemi.
La mia analisi della musica barocca non cozza con quella che propone lei, caro sig. Duprez, ma semmai si integra. Quello che lei definisce l'arte per l'arte, dà - come risultante immediata - che l'opera diventa il luogo del mito, "il luogo del non luogo"; in questo modo il virtuosismo trascendentale, l'improvvisazione, la coloratura portata alle estreme conseguenze, la superfetazione degli abbellimenti, non sono altro che "mezzi" attraverso cui il compositore barocco mette in scena l'alterità assoluta dei suoi personaggi mitici, che piacevano tanto al suo pubblico...
Sul valore di testiomonianza del Rossini in russo, esistono testimonianze e testimonianze storiche... E la Dolukhanova è testimonianza la cui conoscenza non cambia di certo la mia percezione del canto rossiniano (non fa altro che confermarmi che prima della Horne e della Sutherland, e, per certi versi, della stessa Callas, il canto rossiniano era inevitabilmente distorto; è questo il fatto storico fondamentale di cui bisogna tener conto! Questo si che è oggettivo!!!). E' vero che la Sutherland aveva grossi problemi di dizione (dovuti anche a un'operazione alla mascella); ma Lei stessa oggi dice che l'italiano le è stato sempre ostico da "dire" (e se lo dice lei!!!). Anche io amo il Verdi della Price, ma resta che la sua pronuncia - soprattutto dagli anni 70 in poi - è fallosissima. Però in Verdi più della pronuncia (fondamentale in Puccini, ad esempio) è assolutamente rilevante l'accento, che è una cosa del tutto diversa, e che la Price possedeva in sommo grado!!!

Cara s.ra Grisi, gli ascolti che propone sono nella mia "discoteca" da anni... E li conosco molto bene... La ringrazio, comunque, del suggerimento... Per quanto concerne le Reynolds, non fa altro che dimostrare quanto fosse necessaria una Horne per far capire cos'era in realtà il canto rossiniano...

Cara s.ra Grisi (anche se dal suo ultimo commento sul blog dovrei chiamarla s.ra Bandiera!!!), Le consiglierei di inserire, accanto agli ascolti che mi propone così caramente, il Venti turbini eseguito dalla Podles e il Da tempeste il legno infranto cantato dalla Sills (senza tralasciare la splendida Se pietà di me non senti, vera quintessenza della canto barocco [più della celebre Da tempeste], sempre cantata dalla Sills, a mio parere la migliore esecuzione dell'aria, superiore a quella della stessa Sutherland).

Gilbert-Louis Duprez ha detto...

Sulla eccezionalità e la grandezza del Rossini della Horne nessuno ha mai eccepito nulla mi sembra. I motivi della proposizione di un Rossini pre-renaissance sono stati chiaramente esposti e, come si può vedere, sono finalizzati a commentare il cd di Cencic...senza per questo farli assurgere a paradigmi di canto rossiniano (lo sono però assai di più rispetto a quello controtenorile proposto).

Ps: ritengo anche io il "Venti, turbini" della Podles un'esecuzione assolutamente superba!