venerdì 6 maggio 2011

Stagioni 2011-12, la Quaresima perpetua. Stazione ottava: Napoli e Torino

Differenti filosofie e concezioni artistiche hanno ispirato la redazione dei cartelloni del teatro San Carlo di Napoli e del Teatro Regio di Torino per la prossima stagione 2011-12.
Il teatro partenopeo ripropone la propria tradizione musicale operistica nel genere buffo come in quello tragico, sino ad una contemporaneità fatta di attori, cantanti e registi di prosa e varietà, a meno di un paio di titoli extra. Un progetto artistico a mi avviso interessante sulla carta, che stupisce per la messe di new production che annovera ad onta dei ben noti problemi finanziari, discutibile, e non poco, nelle scelte di cast.
Torino, invece, offre l’altra faccia della medaglia italica, con un cartellone composto prevalentemente da titoli popolari, qualche rarità, e, soprattutto, due coproduzioni nuove, mentre tutti gli allestimenti sono riprese di spettacoli vecchi. Una real politik che pare essere il tratto maggiormente distintivo dei piemontesi, non esenti da critiche per certe scelte di cast.
Ma vediamo i dettagli.

In virtù del Progetto Napoli-Regione Campania “Il marito disperato” di Cimarosa, il Don Trastullo di Jommelli ed Il maestro di Cappella di Cimarosa abbinato a La furba e lo sciocco di Sarro troveranno una location diversa dal San Carlo, all’interno del Tetro di Corte. Farà la parte del leone Bruno Praticò, presente sia nella prima che nelle terza produzione, quest’ultima affidata di fatto a lui. Spicca la direzione di C. Rousset del Marito disperato ed il nome di Paolo Rossi alla regia, secondo la filosofia corrente di affidare ad artisti estranei al mondo della lirica la creazione dell’allestimento. Al comico la regia di un ‘opera comica, come se cabaret e lirica fossero lo stesso campo di azione…Chi scrive non può fare a meno di osservare la perseveranza delle direzioni artistiche italiane in questa formula che sul piano artistico non sta dando alcun frutto ( vedi la recente esperienza di Ozpetek in Aida ), e che pare piuttosto uno specchietto per allodole per attirare pubblico extralirica nei teatri o creare “eventi” di qualche interesse telegiornalistico.
Ma torniamo alla sala grande del San Carlo, che sarà inaugurata con una roboante Semiramide, new production affidata al re del gigantismo e del macchinoso scenico, Luca Ronconi. Ben venga, siamo tutti curiosi di vedere cosa si inventerà l’estroso regista che non sia già stato detto o inventato da Pizzi e C. Dovrà essere davvero un gran spettacolo se si vorrà giustificare tanta diseconomia, perché di cast da Semiramide in attività che possano garantirne la ripresa ed il ritorno economico non mi pare ve ne siano. E’ vero che Rossini, anche nei suoi must, è ormai in strasvendita, tutti cantano, o meglio, tutto sgallinano e berciano per ogni dove nel pianeta anche il musicista tragico, il più difficile ed elitario di tutta la storia dell’opera, ma tant’è. Anche il cast del San Carlo è risibile, e credo che le fole sulla Colbran troveranno proprio sul titolo più sopranile e meno Colbran di tutti la loro ultima e, spero definitiva, smentita. Rossini vivente, da subito dopo le sciagurate recite del debutto veneziano, l’opera fu appannaggio della Sontag, della Pasta ( ma ve la vedreste voi la signora Ganassi a cantare Anna Bolena? O Norma?), e poi, finalmente…della sottoscritta. Stiamo veramente scherzando, date anche le condizioni vocali della signora. Come si scherza a proporre un Arsace tecnicamente inesistente come Silvia Tro Santafe, cui basta il Barbiere a creare problemi e la tuttologia di Simone Alberghini. A ciò aggiungiamo la bacchetta del maestro Benini, la cui arte nel dirigere Rossini è ancora sui miei timpani dall’Assedio di Corinto di qualche anno fa, ove l’allure tragico dell’opera era ridotto ad una irritante farsetta meccanica dal sapore baroccaro. Saranno bellissimi vestiti Ungaro, certo, ma Semiramide è fatta per giganti del canto.
Il Porgy and Bess è affidato ad una compagnia newyorkese di colore specializzata, mentre l’Opera da tre soldi sarà affidata a Massimo Ranieri & C., artista capace e perito, cresciuto sul Brecht di Giorgio Strehler.
Su Lucia di nuovo la formula del regista cinematografico, Gianni Amelio, che dai film inchiesta o a connotazione sociale, si cimenterà con l’Ottocento, la storia ed il medioevo romantico. Da dove venga l’idea di chiamare Amelio non so, la connessione tra regista e soggetto sfugge. Vedremo cosa ne uscirà. E vedremo cosa ne verrà dal cast, dato che la Signora Mosuc non mi pare essere più una cantante in confidenza con la parte acuta e sopracuta del pentagramma ( nella recente Lucia berlinese i problemi in alto sono notevoli), che il signor Jordì rappresenta l’elemento di interesse della produzione e che il primo tenore ed il baritono non posseggono emissione e gusto per Donizetti. Stesso genere di problemi di cast presentano i Masnadieri, la titolare in special modo. Machado canterà tutto di sforzo ( in un teatro grandissimo, tra l’altro..), mente non avrà problemi a figurare bene su entrambi i titoli il solo Prestia. Della produzione affidata a Lavia vedremo quanto vi sarà dei Masnadieri schilleriani di una ventina d’anni fa e quando sarà reinventato specificamente per l’opera lirica.
Chiusura popolarissima con la Bohème, altro nuovo allestimento. Il giovane Battistoni è ormai onnipresente su tutti i cartelloni italiani. Il cast è ruotinario, nessun artista speciale che abbia qualcosa di speciale da farci sentire nella coppia titolare, forse l’arte del calare della signora Kurzak, che no so perché canti Bohéme, non avendo alcuna attrattiva timbrica nella sua voce. Altra new production affidata all’attore regista direttore artistico della stagione di prosa salernitana Lorenza Amato, che completa un po’ il sapore un po’ autarchico della gestione san carlina.


All’interno del pragmatico cartellone piemontese spicca il ruolo dal direttore musicale, Gianandrea Noseda. La sua bacchetta concerterà la prime due produzioni, Fidelio e Tosca, ma assicura anche spazio al suo allievo, Daniele Rustioni, che nell’Occasione scaligera non ci piacque per nulla, collocato su Butterfly e Rigoletto. Il suo Marinskij di San Pietroburgo è presente poi col maestro V. Gergiev alla testa del pacchetto di importazione dell’Angelo di Fuoco, la produzione forse più interessante, come pure nella stagione del balletto, di cui è protagonista principale. Il parco direttori è meno interessante rispetto alla stagione in corso, con l’affidamento “interno” ad A. Galoppini del Barbiere, e a due bacchette note, M. Mariotti e R. Palumbo rispettivamente di Norma e Ballo in maschera.
Detto ciò, per nulla attraente il cast del Fidelio, la Merberth e Gallo in particolare, mentre vedremo Mario Martone cosa saprà inventarsi per questo titolo straordinario e ricco di suggestioni per i registi.
Nella sfilata di titoli popolari, Tosca attrae solo per Marcelo Alvarez, inadeguati per limiti vocali gli altri due protagonisti del primo cast. La produzione è quella già andata in scena a Valencia con la bacchetta di Maazel. Il Barbiere ripete in parte quello già andato in scena un paio di stagioni fa con lo stesso cast, e forse in questo caso qualche variazione sarebbe stata opportuna, per lo meno verso il pubblico torinese. Idem dicasi per la Butterfly si riprende la produzione dell’anno passato, con la seconda protagonista passato in primo cast al posto di Hui He.
Maria Agresta, dopo l’exploit dei Vespri ed il debutto quatto quatto in Norma subito dopo alla Israeli opera (!), si è guadagnata la prima compagnia nella sua opera la Bohéme. O tempora, o mores, recita l’adagio: prima ti canti quello che è il punto di arrivo di una grande carriera per poter cantare quello che ti è adeguato! Con lei la solida normalità di Massimiliano Pisapia e Norah Amsellem, ora collocata su una parte a lei adatte dopo i poco riusciti cimenti in ruoli di grande primadonna come la Mathilde del Tell o la Violetta.
Ancora sul popolare andante la ripresa del Rigoletto di quest’anno, con un cast che però pare più attraente: Desireé Rancatore, su quello che pare essere il suo più frequentato ruolo italiano, l’ascendente Piero Pretti, che pare essersela ben cavata nei Vespri, ed il giovane G. Meoni, dalla voce non potentissima ma abbastanza educata. Speriamo che ci faccia sentire qualcosa di un poco più elegante di quanto udito nelle recite di quest’anno.
Il Così fan tutte, in attesa di bacchetta, annovera la coppia Remigio Polverelli, mozartiane nostrane collaudate, la prima meglio che su Donan Anna o Elettra, la seconda rodatissma, in un allestimento all’insegna della normalità, se ben ricordo.
Quanto ai due titoloni di fine stagione, Norma e Ballo, le mie perplessità sono tante quanto gli oneri vocali. Norma Fantini dovrà trovare, in questo anno che manca, tutt’altro assetto per la propria voce rispetto al Trovatore parmigiano e alla recita di prova moscovita se vorrà essere all’altezza della sua carriera, mentre non vedo per nulla la signora Billeri nel ruolo, come i restanti Pollione e Adalgisa. Quanto al Ballo non si coglie il senso della proposta: mi permetto obiezioni su Gregory Kunde, dato che per cantare il Ballo occorre anche una certa qualità timbrica nel canto legato, mentre non commento il resto del cast perché non ne vale nemmeno la pena. In questo momento il solo soprano che possa gestire in modo plausibile ( dico plausibile..) Amelia si chiama Hui He, che non è comunque un soprano da Ballo.
Insomma, una stagione ove emergono qua e là grandi nomi e molti cantanti anonimi, magari anche promettenti, ossia un pizzico di star system a fianco di troppa ripetitività e alcune scelte del tutto sbagliate. Troppa, troppa piattezza e prudenza per il teatro che ha saputo raccogliere il consenso di tutti i melomani italiani. Come sempre, spero di essere smentita.


Bellini - Norma

Atto I

Sediziose voci...Casta Diva...Ah! bello a me ritorna - Rita Orlandi-Malaspina (1979)




2 commenti:

Gilbert-Louis Duprez ha detto...

A conti fatti le produzioni più interessanti del San Carlo saranno le tre operine napoletane (deliziose), Porgy & Bess e L'Opera da Tre Soldi... I registi di cinema (o i comici da cabaret) riciclati per l'opera sono operazioni rischiose: quasi sempre deludenti...è proprio questione di linguaggi diversi. Ma possibile che chi si occupa di queste cose non riesca a capire che teatro e cinema pretendono abilità differenti? Quella Semiramide, poi, è qualcosa di inconcepibile... Tra l'altro, mi risulta che il mondo della lirica abbia da poco smesso di piangersi addosso per i tagli al FUS, per la mancanza di soldi etc...; mi risulta anche che il San Carlo non abbia una situazione gestionale tra le più solide... Optare per un regista meno "sprecone" di Ronconi pareva brutto??? Ogni suo spettacolo è un salasso per le casse di qualsiasi teatro...in tempi di crisi (vera o presunta) un po' di oculatezza contabile sarebbe stata sensata...

Lori ha detto...

Anch'io sono rimasto deluso da quest'ultima stagione torinese; dopo 17 stagioni consecutive penso seriamente di non rinnovare l'abbonamento (il cui costo mi sembra aumentato), ma scegliere qualche titolo (Fidelio, Angelo di Fuoco, Norma/Ballo in maschera).
Sta diventando un teatro tedesco? (tante opere di repertorio in repertorio).
E il repertorio francese?
Saluti