omissis
Giambattista Mancini
Una cosa comunque va detta dopo avere ascoltato Osborn: che dopo Lauri Volpi - il quale sì sapeva fare stupende mezzevoci con la voce mista di falsetto, e aveva pure acuti argentini - Raoul non lo può cantare nessuno...
Gilbert-Louis Duprez
Però Osborn, dite pure quel che volete, appare molto sicuro e plausibile di un Cutler (almeno dal frammento che abbiamo commentato e in base all'ascolto dal vivo): tra l'altro bisognerebbe considerare, per una corretta valutazione, che canta questo brano dopo aver retto un quarto atto integrale (a differenza di tanti illustri predecessori: e non è uno scherzo) e senza nessuna pausa prima del quinto. E' vero, c'è qualche imprecisione, ma, francamente, li ritengo "peccati veniali", soprattutto dal vivo e non nelle comodità di uno studio di registrazione...per il resto sono abbastanza d'accordo con Mancini: è una parte difficilissima (se eseguita senza sconti).
omissis
Mancini
A proposito della vocalità di Nourrit, si parla spesso di “falsettoni”, ma questa espressione a parer mio è fuorviante. In molte opere scritte per lui, come ad esempio il Moïse, le dinamiche e lo spessore dell’orchestrazione escludono che lui potesse servirsi del falsetto. Nourrit era maestro nell’uso della voce di testa sapientemente unita con la voce di petto, non senza l’aiuto di qualche suono nasale connaturato anche alla sua lingua madre (in Italia, Nourrit perse l’uso del registro di testa quando tentò di eliminare dalla sua voce le nasalità). Recuperare la vocalità Nourrit significa ripristinare uno stile ed una precisione tecnica che i tenori hanno da tempo dimenticato. Se poi consideriamo la confusione che c'è tra gli stessi cantanti quando si parla di tecnica e soprattutto di registri della voce (lo scoglio principale nell'insegnamento del canto)... Che disgrazia che il fonografo non l'abbiano inventato cento anni prima... L'acuto di “forza” è principalmente una questione di natura... L'acuto di testa invece è una questione di studio, per cui è molto più difficile. Oggi non ci sono più maestri in grado di insegnare a cantare, ai tenori in particolare. D'altronde confrontando i maggiori tenori del Dopoguerra – e penso ai tenori che possedevano la tecnica più rifinita, come Bergonzi, Kraus, oppure Blake, Merritt ecc. - si osserva che l’emissione della zona acuta a voce piena molto spesso è viziata da accorgimenti poco ortodossi, di cui non si trova riscontro nei dettami tecnici tradizionali. Non è un caso infatti che questi cantanti non abbiano saputo produrre allievi del loro livello. Si pensi ad esempio all’uso che Kraus faceva del naso, ed alle stecche degli allievi quando provavano a seguire i suoi consigli.
Julian Gayarre
A dire il vero non trovo cosi Kraus, almeno nei primi anni. Hai ragione, che da vecchio aveva bisogno del naso, ma...
omissis
Donzelli
Allora, non sono radicale come Mancini, non cerco ad oltranza il suono di testa come suono perfetto e unico per quel repertorio, anche perchè nessuno può emettere do o re di petto. E’ un'errata espressione gergale: al massimo possono esistere cantanti più o meno dotati, che spostano di un tono il passaggio e che negli acuti possono avere una minor o maggior risonanza di petto. Riconosco che, spartito alla mano, ab integro la parte di Raoul sia molto pesante e lo è più per un tenore contraltino che per un tenore di forza. Terminologia assolutamente da prendere con le pinze e quindi traduco che costi meno ad un Duprez o Tamberlick o Tamagno o Slezak che non ad un Nourrit e la circostanza che quei tenori cantarono Raoul e non gli altri deve pur dire qualche cosa. Tanto premesso Osborn finisce la parte e se la canta tutta è meglio di Vrenios da questo ascolto e forse anche di Gedda, ma la voce è inesorabilmente bassa. Se cantasse con la voce al posto giusto canterebbe Leopoldo dell'Ebrea e non Eleazaro, tanto per parlare di altra parte di Nourrit. Aggiungo per completezza, che non ci sono molte alternative. E non ce ne sono mai state molte perchè erano e rimangono opere per fuoriclasse e per cantanti dotatissimi vocalmente e tecnicamente.
Mancini
Un cantante come Tamagno sarebbe stato definito un urlatore da un maestro di canto come Francesco Lamperti. Non parliamo poi della musicalità da troglodita. Verdi si lamentava dei tenori che non sapevano fare sfumature: a cantare tutto a voce piena, senza conoscere l'uso della voce mista/di testa non si può che forzare. Non è un caso che Verdi adorasse un baritono come Victor Maurel, che conosceva l'uso della voce di testa, come documentano alcuni suoi dischi.
omissis
Giulia Grisi
Sono ruoli (Raoul è un esempio tra i molti che potrebbero fare) indubbiamente scritti per cantare in un dato modo. Oggi come oggi sono incantabili grazie alle nostre teorie sul canto. Blakie diceva; se l'hanno scritto qualcuno lo cantava. Si tratta di porsi la domanda sul come, e DEDURRE la risposta, non INDURLA secondo teorie astruse cotruite a tavolino per avvallare i cantanti di oggi.
omissis
Mancini
La tecnica dei Rubini, dei David, dei Nourrit, dei Nozzari ecc. Era la tecnica dei castrati. Cantavano in registro di testa, ossia falsetto: ma con l'arte lo rinforzavano, amalgamandolo con il petto. Non erano le note afonoidi di oggi. Erano note di colore femminile ma timbrate e squillanti che oggi nessuno sa più insegnare ad emettere e ad amalgamare con il resto della voce.
Duprez
Però, Gianni, i castrati cantavano così proprio perché "castrati", cioè utilizzavano una CERTA tecnica che gli era possibile in virtù di una determinata alterazione fisica. Oggi i castrati, grazie al cielo, non ci sono più e tale tecnica - utilizzabile alla perfezione da cantanti evirati - deve necessariamente essere adattata ad altri timbri e ad altre voci. Credo che non sia corretto sostenere che Wagner o Mussorgsky o Berg o Debussy o Strauss (ad esempio) debbano essere eseguiti secondo quella tecnica (propria dei castrati) e secondo le indicazioni di un Tosi o di un Lamperti! Sui castrati (e su come erano considerati già alla fine del '700, nel mondo illuminista) mi piace ricordare l'ode del Parini "La musica"...
Quanto a quel che hai detto, Giulia, è verissimo: se l'hanno scritta così (la parte di Raoul, intendo) vuol dire che qualcuno la cantava così. Non ci sono storie! Molto più onesto constatare che oggi sia divenuta difficilmente eseguibile - per tante ragioni però, e non solo a causa di decadenza e mancanza di insegnamenti (penso all'evoluzione del gusto, al cambiamento di repertori, alle nuove esigenze estetiche, ai più recenti linguaggi espressivi: tutti fattori che hanno provocato un "distacco" delle voci da certe tecniche, non più attuali poiché "inutili" alla luce del nuovo repertorio...e, di conseguenza, poco approfondite e, alla fine, "dimenticate") - più onesto dire che oggi è così, piuttosto che cavillare in elucubrazioni volte a cercare giustificazioni in evidenti situazioni di disagio.
omissis
Mancini
Il problema infatti è che i primi tenori rossiniani di fatto erano gli eredi dei castrati, insieme ai contralti. Francesco Lamperti nel suo trattato rimpiange la scomparsa dei musici. Io comunque ritengo che un tenore con tecnica completa non possa ignorare l'uso della voce di testa: è indispensabile per fare le mezzevoci, per filare un acuto. Altrimenti è espressivamente limitato. Come è possibile ad esempio filare il SIb della Celeste Aida se non si sa usare il falsettone?
Duprez
Beh, drei con l'uso corretto delle mezze voci ed evitando sbracature veriste o acuti strillati come all'osteria (e come, purtroppo, hanno fatto la maggior parte dei tenori di cui vi è testimonianza discografica, in luogo del suggestivo "morendo" verdiano). Bisogna "ringraziare" il gusto pessimo del fin de siecle... Sui tenori rossiniani non sono molto d'accordo: al contrario ti dò ragione sui contralti, anche se sono una rivisitazione posteriore di una modalità canora morta e sepolta. In fondo credo che Rossini - pur facendo considerazioni nostalgiche - fosse assai consapevole delle possibilità espressive dei "tempi nuovi". Amava la boutade e così si permetteva uscite sarcastiche!
Mancini
Ma la vera mezza-voce si fa emettendo un simil-falsetto rinforzato (Gigli lo chiamava falsetto accomodato). Tenori come Slezak e Urlus sapevano usare il falsettone come accade nel DO di Urlus nel Salve Dimora.
Tu stesso cadi in contraddizione, quando parli di gusto pessimo di fin de siècle. Allora anche io posso parlare di gusto pessimo post-rossiniano.... Tra parentesi, Lamperti parla già di cantanti "urlatori" ben prima della fine del secolo. Erano le conseguenze dell'esempio di Duprez, caro Duprez.
Duprez
Ma di quel che chiamo "gusto pessimo" abbiamo testimonianze discografiche e la sua "ombra" si è estesa almeno sino agli anni '50: è verificabile. E poi non parlo di "gusto pessimo" tout court: l'accento verista e certi eccessi si adattano perfettamente ad un repertorio adeguato. Quel che non mi convince è ascoltare un Mozart alla maniera di Massenet o di Mascagni, o Rossini e Meyerbeer travestiti da tardo Verdi. E' poi interessante confrontare la realtà italiana dei primi 40 anni del '900, con la stessa realtà in Germania o in Francia, per trovare un modo di cantare molto diverso. Sulle "fanfaluche" dei teorici del canto non mi soffermo: erano gli stessi che sostenevano (come Artusi) che Monteverdi scrivesse musica "sbagliata"...
Mancini
Ma Lamperti non era un teorico, era il maestro migliore della seconda metà del secolo. Sua allieva era la Sembrich. E uno dei suoi primi trattati, scritto poco dopo la metà del secolo, inizia con un capitolo "sulle cause della decadenza del canto", di cui consiglio a tutti la lettura.
Duprez
Ma chi scrive di canto (profetizzando sventure e limitandosi a lodare i tempi passati) è per me pochissimo interessante: in ogni disciplina c'è sempre qualcuno pronto a giurare che "prima" fosse meglio, anche all'epoca di Monteverdi. L'accettazione acritica del passato perché passato, secondo me equivale all'accettazione acritica del presente perché è presente. :) E comunque se Lamperti scrive trattati di canto è ipso facto un teorico del canto...e siccome, come scrive Goethe, "grigia è la teoria e verde è l'albero della vita", chi si lambicca in teorie ed elucubrazioni, per me, resta un grigio burocrate della vocalità: censore acido e pedante al pari di un Beckmesser, probabilmente incapace di comprendere il "nuovo" e quindi, ignorandolo, pronto a bollarlo come "sbagliato" o "scorretto". Non parlo solo di Lamperti (e il mio discorso è volutamente provocatorio), ma soprattutto dei teorici precedenti, e ci metto dentro anche gli stessi compositori: Rossini rimpiangeva i castrati perché rifiutava il nuovo linguaggio (anche se, nei fatti, non era di certo impermeabile ad esso), Verdi diceva che Lohengrin era "sbagliato" (addirittura), Rimsky-Korsakov riteneva che Mussorgsky avesse scritto il Boris così solo per mancanza di studi completi (e quindi si mise a correggerlo)...e così via! Credo che la storia della musica e della vocalità non possa essere scritta in base ad una idea di degenerazione da una determinata ortodossia: semplicemente perché questa non esiste! L'uso del falsetto (rinforzato o meno), ad esempio, andrebbe circoscritto nel tempo: non si può cantare l'Otello (di Verdi) con gli acuti "flautati e sfalsettanti". Si negherebbe l'oggettiva evoluzione della musica che, come ogni cosa, cambia e si adegua a esigenze e linguaggi nuovi. Certo si può ritenere che dopo Rossini ci sia il vuoto: questione di gusti! E quelli non si discutono (io, ad esempio, mal sopporto Massenet, Gounod, Thomas). Dimenticavo, secondo me una delle cause di certo cattivo gusto (soprattutto in Italia) e di certa veristizzazione o verdizzazione di ogni repertorio, sarebbe da imputare anche a Toscanini e al toscaninismo, ossia ciò che ha impedito alla scuola direttoriale italiana di evolversi (oltre il mero accompagnamento) e l'ha costretta ai margino della civiltà musicale europea. Ma non vorrei aprire ulteriori spunti di polemica...
Grisi
Non credo sia lecito parlare di un gusto pessimo verista. Come se esistesse l’equazione verismo = pessimo gusto. Il gusto e' espressione di un tempo, loro volevano quello. E' pessimo per noi, non incontra il nostro. E' un tema tipico dell'arte. Per i romantici il barocco era pessimo gusto...etc.
Il punto e' la contaminazione che il verismo fa di altra musica...quello e' pessimo. E poi c'e' verismo e verismo...artisti per noi sbracati, ma altrei meno. Come sempre gli esempi di una Muzio di una Farneti e di una Olivero, per restare al canto femminile sono di ben altro significato.
Nel canto il tema del gusto nella critica dovrebbe essere ampliato per me a: quanto la cattiva tecnca infliusce sul gusto.
Il gusto e' determinato anche dalla tecnica, dalle possibilita' e dai limiti del cantante. Guarda caso i non limitati nella tecnica cantano sempre con gran gusto.....e' un caso? Non credo che Toscanini veristizzi il repertorio.....senti ad esempio il suo Flauto magico da Salisburgo del 1937.
omissis
Mancini
Tutti questi discorsi dotti comunque non colgono nel segno. Un cantante che a fine Ottocento sa solo sparare acuti e non sappia cantare piano o cantare d'agilità, è come un pianista che sa solo pestare sui tasti senza riuscire a fare scale ed arpeggi. Io lo chiamo scadimento tecnico.
E’ ad esempio il caso di Tamagno, che di meglio rispetto ai cantanti di oggi ha solo il fatto di avere voce potente, squillante e facilissima in acuto, ma per il resto la sua sostanziale estraneità al canto a mezza-voce lo rende un cantante tecnicamente limitato, per non parlare della pessima musicalità. Fu un grande interprete nel ruolo di Otello… probabilmente perché fu lo stesso Verdi a dargli le giuste istruzioni.
Donzelli
Qui dissento Mancini, almeno in parte. Hai detto che i tenori del dopoguerra erano limitati tecnicamente. Tamagno, benchè finito e amusicale come sempre, è molto diverso nelle sue registrazioni - e non solo di Otello - dai colleghi del dopoguerra. Il che depone per il fatto che spesso cambia il gusto non la tecnica o i cambiamenti di tecnica sono in parte figli del gusto perché i fondamenti rimangono. In fondo Marconi e Tamagno per certi aspetti non sono così diversi.
Mancini
L'esempio dato da Duprez, quello che cantava per intenderci, ha dato origine al primo vero filone malcantista. Tutti i trattati del resto iniziano con il topos dei bei tempi che furono, ma le critiche di solito sono di carattere stilistico, musicale. Lamperti, invece, muove precise polemiche a proposito dello scadimento tecnico di cantanti che non sanno più eseguire fioriture o cantare a mezzavoce. Peraltro a fine Ottocento esistevano ancora cantanti tecnicamente completi e perfetti che cantavano senza problemi Verdi e Wagner, e avrebbero potuto cantare senza problema Rossini.
omissis
Duprez
Infatti cara donna Giulia, quel che reputo "cattivo gusto" è la veristizzazione di altri repertori (fenomeno, peraltro, circoscrivibile ad alcune aree geografiche: gli ascolti proposti del Verdi tedesco, ad esempio, mostrano una sensibilità differente e un approccio diverso nell'affrontare, in quegli stessi anni, il medesimo repertorio).
Mancini, io credo invece che tutto faccia parte di una storia evolutiva: così come non si può dire che l'arte barocca sia "peggiore" di quella gotica, non si può parlare di "degenerazione" del canto, ma solo di mutamento di linguaggio. Può piacere e non piacere ovviamente.
Grisi
Ma senti Gilbert: storia evolutiva a rigore vuole dire storia che presuppone una idea di progresso, tale per cui il presente è meglio del passato. quando tu fai certi discorsi sulle direzioni d'orchestra, a mio avviso fai una storia evolutiva... Il gusto è relativo, ci sono gusti che piacciono al presente o al singolo spettatore, altri che non piacciono o non piacciono piu'.
I tedeschi si erano inventati la definizione di Kunstwollen per affermare la relativizzazione del gusto e dell'arte nel tempo...un artificio storiografico che intende mettere da parte una idea selettiva dell'arte, cioè una storia fatta di "in e out", ossia di oggetti da conservare e di altri da buttare. Con le interpretazioni musicali è la stessa cosa secondo me. Insomma non possiamo applicare alla musica l'evoluzionismo in senso darwiniano, quello della scimmia che si fa uomo, in arte non si può ammettere, posto che il problema della tecnica di canto non credo sia in termini di "meglio e di peggio".
Donzelli
Battuta scontata: per il canto però, a volte, di regressione alla scimmia (o ad altro animale) potremmo anche parlare...
Mancini
Scadimento TECNICO, non scadimento di gusto o di linguaggio. Scadimento TECNICO (che magari del cambiamento del gusto e del linguaggio è una conseguenza, anche se non necessaria). Ripeto, un cantante che sa solo declamare forte e non sa cantare piano o cantare d'agilità è tecnicamente limitato. Come un pianista che riesce solo a placcare accordi con violenza, senza avere nessuna sensibilità nelle dita.
Duprez
E' diverso quel che dico: non parlo di progresso in senso idealista, ma di evoluzione storica, nel senso che la realtà muta, e i cambiamenti si riflettono nell'approccio tecnico. Il cambiamento non ha crismi qualitativi, ma è un fatto incontestabile: l'abbandono dell'approccio belcantistico (tipo Opera Seria) non è una degenerazione, è un cambiamento. E me ne guardo bene dal fare discorsi darwiniani (che in arte sono una fesseria), è questo che contesto a Gianni, che mi sembra li faccia in senso contrario.
Grisi
Se una tecnica non consente la manovra della voce e la duttilità, non è valida. La scuola italiana di canto metteva i cantanti in condizione di eseguire cose inumane. Oggi si canta con tecniche barbare per cui i cantanti non sanno fare niente, nemmeno in quel respertorio verista che starebbe alla base della distruzione del belcanto. Oggi un tenore come DeMuro non è nemmeno immaginabile. Idem una Muzio o una Olivero, tanto per essere ripetitiva.
omissis
Duprez
Il mio pensiero, Giulia, sui direttori, però, è molto più articolato (e ovviamente è influenzato dal gusto personale). Quando parlo di interpretazione "superata", parlo della sua mera riproduzione attuale: non è superato Klemperer, è superato chi oggi si picca di fare la fotocopia di Klemperer.
Io non credo che il verismo abbia distrutto il belcanto (certo non mi piace il belcanto tradotto in chiave verista), penso che ogni repertorio vada storicizzato e considerato nella sua epoca: senza sottovalutare il fatto che l'opera oggi è più che altro un intrattenimento culturale (in questo senso parlavo, tempo fa, di approccio museale). E poi fino a 80 anni fa bisognava fare i conti con una produzione attuale e viva, per cui è comprensibile il fatto che tra fine '800 e primi '900 certe cose non si eseguissero più: semplicemente era un repertorio che non interessava più (e ancor meno interessava recuperarne il dato stilistico), e le voci si "addestravano" su altri linguaggi. Oggi - che ci sarebbe (in potenza) - la possibilità di un approccio critico e ad una riscoperta consapevole dei diversi stili (da maneggaire con coerenza però), invece regna l'approssimazione...perché elementi extramusicali si sono introdotti nei metri di giudizio! Una sorta di "loggionismo" di risulta, nel senso che prima si attribuiva alla "fame di esibizione vocale" (a volte inutile) lo scadimento stilistico, e si imputava ai loggioni di bocca buona, l'interesse al mero dato muscolare (e l'incapacità di abbandonare le proprie certezze); oggi lo stesso atteggiamento "loggionista" lo hanno i tanti che ritengono doveroso applaudire il "nome" o la proposta che ci hanno inculcato essere la più culturalmente chic: di fatto sostituendo le bellurie vocali (che pur tra mille ingenuità sarebbero comunque giustificate) a pretese intellettualistiche o a ricerche assurde di motivazioni (a prescindere dalla musica). Che è questo se non preconcetto uguale e inverso a quelli mossi - come accusa - ai vecchi loggioni? La verità, che oggi si fatica ad ammettere (in esercizi spericolati di ipocrisia e mistificazione) è che regna un disinteresse enorme per gli aspetti musicali e si spaccia per oro quel che è volgare piombo...
..e poi un vento leggero si è sollevato, tra le volte dell'ampia sala, a confondere pensieri e parole, ma la discussione è proseguita e proseguirà ancora...