
Di particolare interesse appare proprio il tour concertistico, se non altro perché è di imminente uscita il disco Deutsche Grammophon registrato a Milano nella primavera 2007, disco in cui il cantante messicano affronta, fra le altre, impegnative pagine di Verdi, Boito, Cilea, Gomes e Ponchielli.
Ed è agli Champs Elysées, lunedì scorso, che Villazón - contrariamente a quanto avvenuto pochi giorni prima nel concerto al Liceu, il cui programma allineava Duparc, Massenet, Tosti e Obradors - ha proposto generosi estratti del nuovo cd. Il programma "cameristico" del concerto catalano si rivela, al primo sguardo, assai più consono alle caratteristiche vocali di un tenore che di Verdi ha affrontato Alfredo e solo sporadicamente Duca di Mantova e Don Carlo ed è al debutto assoluto nel repertorio verista. Tutto questo senza contare le recenti indisposizioni, che dovrebbero consigliare la massima prudenza nelle scelte di repertorio.
Dobbiamo constatare che la "pausa di riflessione" imposta dai medici non è stata utilizzata per riflettere sull'organizzazione vocale e sui metodi onde prevenire collassi come quelli di luglio-agosto, che indussero il tenore a cancellare in fretta e furia tutti gli impegni sino alla fine del 2007. La voce di Rolando, ben riposata, suona più fresca, ma sembra aver perso ulteriormente consistenza, risultando spesso indietro, specie nel registro medio-grave (di per sé mai stato straordinario). Gli acuti, poi, sono ghermiti con penoso sforzo, mentre ogni sia pur isolato tentativo di cantare piano dà luogo a incresciosi fenomeni di spoggiamento della voce, indice di un sostegno del fiato alquanto deficitario.
Immutata l'espressività, o per meglio dire la sua mancanza: una lacuna che risulta fatale soprattutto in questo repertorio, cui un costante mezzoforte "di strozza" puntualmente conferisce una connotazione di ostentata volgarità.
Così, invano si cercherà nell'Enzo Grimaldo o nel Conte di Sassonia di Rolando la fierezza del nobile esiliato, la dolcezza dell'innamorato corrisposto o l'imbarazzo lusingato dell'amante nolente, essendo il cantante principalmente impegnato nell'arduo cimento di mettere insieme tutte le note riportate in partitura. Il cimento si fa addirittura improbo con la ballata del Duca di Mantova, fra agilità pasticciate e un passaggio di registro quanto mai spinoso. Ma dove Villazón sfodera sino in fondo le malie della "chitarra romana" che si ritrova in gola è nella scena e aria di Gabriele Adorno, conforme all'infausto modello carrerasiano in tutto, anche e soprattutto nell'indifferenza ai segni di espressione (il singhiozzo nella voce, ancora una volta in primis nella zona del passaggio, non potendosi ritenere un valido rimpiazzo dei medesimi).
Dopo lo stupro interpretativo perpetrato in Parma da Marcelo Alvarez, il Quando le sere al placido ridotto a nasale berceuse non ci meraviglia più di tanto (e sommessamente ringraziamo per il taglio della cabaletta). Lo stesso dicasi dell'epilogo del Mefistofele, che a conti fatti costituisce lo sfogo di un moribondo.
In chiusura, il tenore regala un'imbarazzante esecuzione di O sole mio (con tanto di trillo sguaiatamente sgranato: davvero una "prodezza", nel suo genere!) e la guasconata iberica di prammatica, un Granada che, sporadiche urla a parte, pare opera di un emulo afono di Claudio Villa.
Insomma, forse Rolando dovrebbe tornare... alle vignette!
Parigi, Théâtre des Champs-Elysées
28 gennaio 2008
Rolando Villazon tenore
Orchestra Filarmonica di Praga
Daniele Callegari direttore
A. Ponchielli - La Gioconda: Cielo e mar
F. Cilea - Adriana Lecouvreur: La dolcissima effigie; L'anima ho stanca
A. Ponchielli - Il figliuol prodigo: Il padre !... Il padre mio
G. Verdi - Rigoletto, Questa o quella; Simon Boccanegra, O inferno! ... Sento avvampar nell'anima ... Cielo pietoso, rendila; Luisa Miller, O fede negar potessi… Quando le sere al placido
A. C. Gomes - Fosca, Intenditi con Dio… Ah, se tu sei fra gli angeli
Bis
A. Boito - Mefistofele, Giunto sul passo estremo
E. Di Capua - O sole mio
A. Lara - Granada