Avevamo pensato ad altro per oggi e per il nostro affezionato gruppo di lettori. La notizia arrivata ci ha indotti a cambiare programma e celebrare una grandissima cantante.
Irina Arkhipova cantò, fra l'altro, in Scala Marina in un Boris del 1972, se la memoria non mi difetta. In scena, quelle colorate e descrittive di Benois, era solenne, imperiosa e statuaria, come competeva alla dama di rango. La voce era bellissima ed ampia e molto italiana. All'atto polacco gli applausi erano sempre molti e caldi.
Gli applausi si rinnovarono qualche anno dopo quando l'Arkhipova, con la tournée del Bolshoi, propose l'altro personaggio di Mussorgsky, Marfa, che, ieratica e strega, le riusciva splendida alla scena della profezia.
Non era un caso. In una intervista alla radio italiana di quegli anni la cantante, arrivata al canto per caso dopo la laurea in architettura, raccontò di avere trovato a Mosca un disco di Ebe Stignani e di averlo ascoltato. Molto e con profitto aggiungerei.
Per capire che Irina Arkhipova cantasse all'italiana e senza i tipici vezzi di risonanze stomacali delle vocik gravi (maschili e femminili) bastò sentire il mezzosoprano russo che dopo la Arkhipova approdò in Scala, ossia la Obraztsova.
La Arkhipova tornò, poi, per quella che è la parte della vecchia cantante del repertorio russo, ossia la Contessa, protagonista della Dama di Picche. Anche qui la differenza fra il canto di scuola dell'architetto, approdato al canto e quello della signora Obraztsova (che parlò la Contessa agli Arcimboldi) fu ancora di tutta evidenza.
La voce di Irina Arkhipova era di mezzosoprano acuto, alla Stignani appunto. Se aggiungiamo una completa e rifinita cognizione tecnica è facile capire ampiezza del repertorio e durata della carriera. Quando alla fine degli anni '60 - primi anni '70 il mezzosoprano russo cantò con maggior frequenza nei teatri europei ed anche americani ed era vicina ai cinquanta la voce era salda e freschissima come quindici anni prima.
Mezzo acuto era prima di tutto nel repertorio russo, Marina e la Pulzella di Orléans, che sono in Russia un condominio fra soprani e mezzi, nel repertorio italiano Amneris, Eboli e Santuzza, anch'esse parti quanto meno Falcon. Più tipiche del mezzo Azucena e Marfa. Fu poi una celebratissima Carmen, anche perchè nei primi anni di carriera non era, oltre la voce, l'avvenenza che difettava alla signora.
Neppure quando cantava in italiano si percepivano difficoltà di fonazione ed articolazione, in cui spesso i cantanti di lingua slava incorrono.
Dagli ascolti che proponiamo ritengo opportuni taluni spunti di riflessioni per capire che siamo veramente dinnanzi ad una grande cantante ed una interprete autentica, seppure di impianto tradizionale.
Irina Arkhipova nel 1973 cantò ad Orange Azucena. Circola l'intero video dove è gara fra le due protagoniste femminili. Irina Arkhipova ogni tanto emette suoni non perfettamente rotondi e calibrati se cadono sulla vocale "i", ma sfoggia un'ottima dizione italiana, una compostezza vocale ed un rispetto della dinamica, ossia buone maniere vocali, che ad esempio Fiorenza Cossotto l'Azucena ufficiale degli anni '70 ed '80 spesso e volentieri scordava, all'aperto precipue. E le cose vanno ancora meglio alla scena della prigione, sentire l'accento misurato e commosso dell'incipit della scena e la mancanza di ogni esagitazione (salvo il "parola orrenda"), il legato del famoso "ai nostri monti". La penetrazione in zona medio alta, poi, soffre solo dinnanzi a quella di Ebe Stignani.
Come Amneris e come Santuzza non ci sono frasi alte e scomode che la mettano in difficoltà. Anche qui i confronti si fanno fra grandi o del passato o coetanee per carriera alla Arkhipova perché nei panni della principessa egizia solo Grace Bumbry è più singolare nell'accento, femminile nel timbro e solo la solita Ebe Stignani è ancora più esplosiva e torrenziale nella scena del giudizio. Fra le odierne solo Irina Makarova, che infatti della Arkhipova è stata allieva, è di questa genia ed infatti l'hanno ignorata. Perdonate, poi, l'espressione semplicistica: scontro fra titani!
Sotto questo profilo è chiaro ed evidente il rammarico per una limitata presenza di Irina Arkhipova nei teatri italiani.
Un personaggio fondamentale nella carriera della Arkhipova fu Carmen. Normalmente e tradizionalmente i mezzo soprani di strumento opulento alla Arkhipova erano Carmen di pochi colori, comprese a gareggiare con i tenori in acuti. Una visione che non deve essere respinta in toto perchè i titoli dell'opéra comique, che approdavano fuor di quel teatro subivano i giusti ed opportuni rimaneggiamenti. Però certe scelte interpretative e vocali delle Buades, Besanzoni, Zinetti e magari Simionato, Barbieri e Cossotto in italiano possono dar luogo a perplessità. La Arkhipova-Carmen nulla ha delle Carmen opéra comique, il timbro è sontuoso, ampio, attacca una solenne habanera, poi comincia ad essere Carmen ossia compaiono colori chiari, effetti di chiaroscuro, nonostante la lingua russa. Lo stesso accade alla scena della seduzione, con Zurab Anjaparidze o al duetto finale con del Monaco (la famosa edizione bilingue) dove Carmen è sempre sorvegliata, il che soprattutto in compagnia di del Monaco è quasi impossibile e il registro alto è veramente sorprendente per facilità e splendore. Impertinenza direi.
Ad majora Irina Konstantinovna!
Gli ascolti
Irina Arkhipova (1925-2010)
Pergolesi - Stabat Mater
Quae moerebat et dolebat (1973)
Verdi - Aida
Atto IV
L'aborrita rivale a me sfuggia (1974)
Verdi - Requiem
Liber scriptus (1960)
Bizet - Carmen
Atto I
L'amour est un oiseau rebelle (1960)
Tchaikovsky - Pikovaja dama
Atto II
Polno vrat vam! Nadoyeli!...Je crains de lui parler la nuit (1989)
Irina Arkhipova cantò, fra l'altro, in Scala Marina in un Boris del 1972, se la memoria non mi difetta. In scena, quelle colorate e descrittive di Benois, era solenne, imperiosa e statuaria, come competeva alla dama di rango. La voce era bellissima ed ampia e molto italiana. All'atto polacco gli applausi erano sempre molti e caldi.
Gli applausi si rinnovarono qualche anno dopo quando l'Arkhipova, con la tournée del Bolshoi, propose l'altro personaggio di Mussorgsky, Marfa, che, ieratica e strega, le riusciva splendida alla scena della profezia.
Non era un caso. In una intervista alla radio italiana di quegli anni la cantante, arrivata al canto per caso dopo la laurea in architettura, raccontò di avere trovato a Mosca un disco di Ebe Stignani e di averlo ascoltato. Molto e con profitto aggiungerei.
Per capire che Irina Arkhipova cantasse all'italiana e senza i tipici vezzi di risonanze stomacali delle vocik gravi (maschili e femminili) bastò sentire il mezzosoprano russo che dopo la Arkhipova approdò in Scala, ossia la Obraztsova.
La Arkhipova tornò, poi, per quella che è la parte della vecchia cantante del repertorio russo, ossia la Contessa, protagonista della Dama di Picche. Anche qui la differenza fra il canto di scuola dell'architetto, approdato al canto e quello della signora Obraztsova (che parlò la Contessa agli Arcimboldi) fu ancora di tutta evidenza.
La voce di Irina Arkhipova era di mezzosoprano acuto, alla Stignani appunto. Se aggiungiamo una completa e rifinita cognizione tecnica è facile capire ampiezza del repertorio e durata della carriera. Quando alla fine degli anni '60 - primi anni '70 il mezzosoprano russo cantò con maggior frequenza nei teatri europei ed anche americani ed era vicina ai cinquanta la voce era salda e freschissima come quindici anni prima.
Mezzo acuto era prima di tutto nel repertorio russo, Marina e la Pulzella di Orléans, che sono in Russia un condominio fra soprani e mezzi, nel repertorio italiano Amneris, Eboli e Santuzza, anch'esse parti quanto meno Falcon. Più tipiche del mezzo Azucena e Marfa. Fu poi una celebratissima Carmen, anche perchè nei primi anni di carriera non era, oltre la voce, l'avvenenza che difettava alla signora.
Neppure quando cantava in italiano si percepivano difficoltà di fonazione ed articolazione, in cui spesso i cantanti di lingua slava incorrono.
Dagli ascolti che proponiamo ritengo opportuni taluni spunti di riflessioni per capire che siamo veramente dinnanzi ad una grande cantante ed una interprete autentica, seppure di impianto tradizionale.
Irina Arkhipova nel 1973 cantò ad Orange Azucena. Circola l'intero video dove è gara fra le due protagoniste femminili. Irina Arkhipova ogni tanto emette suoni non perfettamente rotondi e calibrati se cadono sulla vocale "i", ma sfoggia un'ottima dizione italiana, una compostezza vocale ed un rispetto della dinamica, ossia buone maniere vocali, che ad esempio Fiorenza Cossotto l'Azucena ufficiale degli anni '70 ed '80 spesso e volentieri scordava, all'aperto precipue. E le cose vanno ancora meglio alla scena della prigione, sentire l'accento misurato e commosso dell'incipit della scena e la mancanza di ogni esagitazione (salvo il "parola orrenda"), il legato del famoso "ai nostri monti". La penetrazione in zona medio alta, poi, soffre solo dinnanzi a quella di Ebe Stignani.
Come Amneris e come Santuzza non ci sono frasi alte e scomode che la mettano in difficoltà. Anche qui i confronti si fanno fra grandi o del passato o coetanee per carriera alla Arkhipova perché nei panni della principessa egizia solo Grace Bumbry è più singolare nell'accento, femminile nel timbro e solo la solita Ebe Stignani è ancora più esplosiva e torrenziale nella scena del giudizio. Fra le odierne solo Irina Makarova, che infatti della Arkhipova è stata allieva, è di questa genia ed infatti l'hanno ignorata. Perdonate, poi, l'espressione semplicistica: scontro fra titani!
Sotto questo profilo è chiaro ed evidente il rammarico per una limitata presenza di Irina Arkhipova nei teatri italiani.
Un personaggio fondamentale nella carriera della Arkhipova fu Carmen. Normalmente e tradizionalmente i mezzo soprani di strumento opulento alla Arkhipova erano Carmen di pochi colori, comprese a gareggiare con i tenori in acuti. Una visione che non deve essere respinta in toto perchè i titoli dell'opéra comique, che approdavano fuor di quel teatro subivano i giusti ed opportuni rimaneggiamenti. Però certe scelte interpretative e vocali delle Buades, Besanzoni, Zinetti e magari Simionato, Barbieri e Cossotto in italiano possono dar luogo a perplessità. La Arkhipova-Carmen nulla ha delle Carmen opéra comique, il timbro è sontuoso, ampio, attacca una solenne habanera, poi comincia ad essere Carmen ossia compaiono colori chiari, effetti di chiaroscuro, nonostante la lingua russa. Lo stesso accade alla scena della seduzione, con Zurab Anjaparidze o al duetto finale con del Monaco (la famosa edizione bilingue) dove Carmen è sempre sorvegliata, il che soprattutto in compagnia di del Monaco è quasi impossibile e il registro alto è veramente sorprendente per facilità e splendore. Impertinenza direi.
Ad majora Irina Konstantinovna!
Gli ascolti
Irina Arkhipova (1925-2010)
Pergolesi - Stabat Mater
Quae moerebat et dolebat (1973)
Verdi - Aida
Atto IV
L'aborrita rivale a me sfuggia (1974)
Verdi - Requiem
Liber scriptus (1960)
Bizet - Carmen
Atto I
L'amour est un oiseau rebelle (1960)
Tchaikovsky - Pikovaja dama
Atto II
Polno vrat vam! Nadoyeli!...Je crains de lui parler la nuit (1989)
12 commenti:
Fu la mia prima "Carmen" in vinile ed in italiano con a fianco Del Monaco, Pobbe, Blanc diretti da Maag.
Una Carmen dalla sensualità composta e naturale, dal timbro pieno, agile, morbidissimo e dal fraseggio pieno di geniali sottigliezze.
Una maliarda irresistibile insomma e per nulla intellettuale o costruita e soprattutto mai glaciale.
Manca oggi 2010 una personalità vocale e scenica come quella di Irina, basta affidarsi agli ascolti per capirlo.
Purtroppo...
Mi spiace davvero tanto.
Marianne Brandt
Il Trovatore di Orange è del 1972... per ovvi motivi lo so
purtroppo un altra grande artista se n'è andata,la speranza è che le nuove leve del canto ascoltandola sappiano trarre insegnamento.
l'ultima!
la sua Marina alla Scala: un incanto,un suono che non potro' dimenticare. Addio Irina e grazie
DODO
La tua Marina alla Scala: quella voce era un sogno,un miracolo.
Addio e grazie
DODO
@ pasquale: Non sperare troppo. Non sanno nemmeno chi fosse la signora. Peggio ancora, non importa a nessuno di loro la sua scomparsa.
Bravo "Corriere Grisi" e Donzelli del ricordo!
e pare che sia stata la sola maestra di canto ancora in grado nella sua terra di produrre allieve in grando di "cantare" e non urlare o ruttare.
Grazie signora Irina
Son di quelle notizie che non vorresti mai sentire. Ho sempre apprezzato la Arkhipova, ma fui folgorato veramente quando Vocalise, una trasmissione sul canale radiofonico vaudoise Espace 2 dedicata ai grandi cantanti, le dedicò un bel po' di tempo fa una puntata. Che brava... E come mi dispiace.
ripeto veramente grande e per lo strumento e per la tecnica e per il gusto.
Oggi, permettete, una altra irina ossia la makarova della stessa genia.
apparsa in scala, dispersa eppure sul tubo ci sono sue cose degnissime di primi cast in grandi teatri europei.
saluti dd
@scattare:
Purtroppo hai ragione. Forse cantanti giovani russi potrebbero conoscerla ma altri... se ne infischiano. Vanno dietro DiDonato & co.
....pare che il mito delle signorine russe sia Elena ( Obraztova naturalmente )......con lei possono scatenare tutti i loro istinti più triviali e bestiali...dentro e fuori scena.
L'Arkipova passava per ujna vecchia contadina russa tetra...
Sic....
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