Il mese di agosto è da anni quello, fra i molti festivals, del ROF, giunto alla trentunesima edizione. Non tutti i titoli del maestro sono stati offerti al pubblico di appassionati e studiosi. La principale assenza riguardava i titoli tragici anteriori il periodo napoletano, con la sola eccezione di Tancredi, che già nel secolo XIX aveva vissuto vita e gloria autonome grazie a Giuditta Pasta ed ante festival adriatico è risorto per opera di Marilyn. Horne, naturalmente.
Quest’anno il Festival pone doppio rimedio alla predetta mancanza proponendo sia Sigismondo sia Demetrio e Polibio. Le ragioni della preferenza del Rossini napoletano sono molteplici e comprensibili: maggior maturità dell’Autore, strutture drammaturgiche e musicali, che nessun altro compositore offrirà almeno per un trentennio, relativa facilità nel reperimento della documentazione necessaria alle edizioni critiche, mentre i primi titoli tragici rossinian , anche per la considerazione che ne aveva l’autore ebbero limitata diffusione, quasi mai internazionale ed addirittura di uno (Aureliano in Palmira) si ignora ove sia ubicato l’autografo, donde la penalizzazione da parte del Festival e della Fondazione. Eppure presentano esigenze vocali e musicali più contenute rispetto ai melodrammi successivi e perché limitati a tre protagonisti (soprano d’agilità, musico e baritenore) e di coloratura lata, donde se i cantanti prescelti non sono fuoriclasse si può anche contenere rischi e danni delle scelte di casting.
Quest’anno, poi, il Festival parte zoppo per l’affaire Aldrich, annunciata protagonista di Cenerentola, sostituita a prove cominciate o quasi con Marianna Pizzolato. Che questo fosse l’esito non ci voleva molto a comprenderlo dopo la rappezzata versione Pasta di Zelmira l’anno passato, cui aggiuntasi una periclitante Elisabetta Tudor e due recite di Rosina nel Barbiere scaligero, accolte come solo oggi il pubblico scaligero sa fare.
Tutti questi elementi, forse, dicono della limitata rilevanza del Festival pesarese, rispetto al passato. Diagnosi che può essere applicata anche ad altre istituzioni festivaliere. A nostro avviso un festival a qualunque argomento, epoca ed autore dedicato deve “cogliere l’attimo fuggente” pena, in difetto la trasformazione in qualcosa di autoreferenziale ed auto celebrativo. Bayreuth, insomma!
Se poi, come insegna, ultima, ma non unica la vicenda Aldrich sono venuti meno gli interpreti adeguati, importanti per ogni musicista, irrinunciabili per Rossini o ci si rinnova, o si chiude o si prova a dire qualche cosa di nuovo. Nessuna scelta – sia chiaro - è facile, rapida ed indolore.
L’Arte, però, merita questo rispetto, l’Arte merita studio, ricerca, curiosità. Questi aspetti, pur nella certezza che la nostra persona conta niente, ci hanno fatto riflettere su possibili alternative, ancora differenti da quelle che gli anni passati avevamo sognato (la dimensione onirica è il rifugio costante del melomane!) ovvero rispondere a domande tipo che titoli si trovino fra Clemenza di Tito e Tancredi, che ascoltasse oltre ai titoli rossiniani il melomane italiano del tempo di Rossini, che venisse offerto al pubblico prima che Donizetti e Bellini divenissero Donizetti e Bellini e quale sia il senso e l’onesta applicazione della filologia, divenuta oggi l’irrinunciabile parasole per ogni proposizione di un titolo. Magari Manon Lescaut, vista l’esistenza di un paio di versioni del “Sola perduta abbandonata”!
Quindi abbiamo pensato a due titoli simbolo della tradizione pre Rossini, che a distanza di quindici anni uno dall’altro fecero epoca e, grazie ad alcuni interpreti costituirono la base del cosiddetto repertorio che proprio agli Italiani di Parigi andava creandosi, ovvero gli Orazi e Curiazi di Cimarosa e Medea in Corinto di Mayr, poi a due titoli che ex multis erano la media dei teatri nel periodo ovvero Achille di Paer ed Alessandro nelle Indie di Pacini sino a titolo più rossiniano dei titoli medesimi di Rossini, ovvero Il crociato in Egitto, che rappresenta ad un anno esatto dalla prima di Semiramide nel medesimo teatro la celebrazione di Rossini stesso, autore, oggi, molto officiato, poco onorato e rispettato.
Quanto alla discussione della filologia e della sua onesta applicazione passatemi un “chi vivrà vedrà”.
Buon agosto!!!
Rossini - Semiramide
Atto I
Ah quel giorno ognor rammento - Elena Cernei (1965)
Quest’anno il Festival pone doppio rimedio alla predetta mancanza proponendo sia Sigismondo sia Demetrio e Polibio. Le ragioni della preferenza del Rossini napoletano sono molteplici e comprensibili: maggior maturità dell’Autore, strutture drammaturgiche e musicali, che nessun altro compositore offrirà almeno per un trentennio, relativa facilità nel reperimento della documentazione necessaria alle edizioni critiche, mentre i primi titoli tragici rossinian , anche per la considerazione che ne aveva l’autore ebbero limitata diffusione, quasi mai internazionale ed addirittura di uno (Aureliano in Palmira) si ignora ove sia ubicato l’autografo, donde la penalizzazione da parte del Festival e della Fondazione. Eppure presentano esigenze vocali e musicali più contenute rispetto ai melodrammi successivi e perché limitati a tre protagonisti (soprano d’agilità, musico e baritenore) e di coloratura lata, donde se i cantanti prescelti non sono fuoriclasse si può anche contenere rischi e danni delle scelte di casting.
Quest’anno, poi, il Festival parte zoppo per l’affaire Aldrich, annunciata protagonista di Cenerentola, sostituita a prove cominciate o quasi con Marianna Pizzolato. Che questo fosse l’esito non ci voleva molto a comprenderlo dopo la rappezzata versione Pasta di Zelmira l’anno passato, cui aggiuntasi una periclitante Elisabetta Tudor e due recite di Rosina nel Barbiere scaligero, accolte come solo oggi il pubblico scaligero sa fare.
Tutti questi elementi, forse, dicono della limitata rilevanza del Festival pesarese, rispetto al passato. Diagnosi che può essere applicata anche ad altre istituzioni festivaliere. A nostro avviso un festival a qualunque argomento, epoca ed autore dedicato deve “cogliere l’attimo fuggente” pena, in difetto la trasformazione in qualcosa di autoreferenziale ed auto celebrativo. Bayreuth, insomma!
Se poi, come insegna, ultima, ma non unica la vicenda Aldrich sono venuti meno gli interpreti adeguati, importanti per ogni musicista, irrinunciabili per Rossini o ci si rinnova, o si chiude o si prova a dire qualche cosa di nuovo. Nessuna scelta – sia chiaro - è facile, rapida ed indolore.
L’Arte, però, merita questo rispetto, l’Arte merita studio, ricerca, curiosità. Questi aspetti, pur nella certezza che la nostra persona conta niente, ci hanno fatto riflettere su possibili alternative, ancora differenti da quelle che gli anni passati avevamo sognato (la dimensione onirica è il rifugio costante del melomane!) ovvero rispondere a domande tipo che titoli si trovino fra Clemenza di Tito e Tancredi, che ascoltasse oltre ai titoli rossiniani il melomane italiano del tempo di Rossini, che venisse offerto al pubblico prima che Donizetti e Bellini divenissero Donizetti e Bellini e quale sia il senso e l’onesta applicazione della filologia, divenuta oggi l’irrinunciabile parasole per ogni proposizione di un titolo. Magari Manon Lescaut, vista l’esistenza di un paio di versioni del “Sola perduta abbandonata”!
Quindi abbiamo pensato a due titoli simbolo della tradizione pre Rossini, che a distanza di quindici anni uno dall’altro fecero epoca e, grazie ad alcuni interpreti costituirono la base del cosiddetto repertorio che proprio agli Italiani di Parigi andava creandosi, ovvero gli Orazi e Curiazi di Cimarosa e Medea in Corinto di Mayr, poi a due titoli che ex multis erano la media dei teatri nel periodo ovvero Achille di Paer ed Alessandro nelle Indie di Pacini sino a titolo più rossiniano dei titoli medesimi di Rossini, ovvero Il crociato in Egitto, che rappresenta ad un anno esatto dalla prima di Semiramide nel medesimo teatro la celebrazione di Rossini stesso, autore, oggi, molto officiato, poco onorato e rispettato.
Quanto alla discussione della filologia e della sua onesta applicazione passatemi un “chi vivrà vedrà”.
Buon agosto!!!
Rossini - Semiramide
Atto I
Ah quel giorno ognor rammento - Elena Cernei (1965)
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