Visualizzazione post con etichetta dara. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta dara. Mostra tutti i post

martedì 21 luglio 2009

Il Don Pasquale dei vecchi

Il mese scorso il Comunale di Bologna ha affidato una versione del Don Pasquale a giovanissimi cantanti della Scuola dell’Opera interna al teatro. In sede di recensione abbiamo esposto le nostre perplessità circa siffatta scelta. Scelta peraltro messa in discussione dal teatro stesso, che ha fatto ricorso a ben tre cantanti in piena carriera per coprire le poco numerose recite in cartellone. La tendenza ad affidare l’opera di Donizetti a un cast di debuttanti o quasi non è comunque una peculiarità del palcoscenico bolognese, visto che nel corso di questa stessa stagione il Teatro Real di Madrid ha compiuto analogo esperimento, nell’ambito di un laboratorio lirico sotto la supervisione del tenore Ernesto Palacio.
Al di là dei risultati, più o meno brillanti a seconda delle potenzialità dei virgulti ingaggiati, sono le ragioni profonde dell’operazione a non convincere.

Prima di tutto perché il Don Pasquale è opera scritta per quattro cantanti di straordinarie capacità vocali e interpretative. Per giunta versati sia nel genere serio sia in quello buffo. Non dimentichiamo che, con l’eccezione del tenore, gli stessi primi interpreti del Don Pasquale erano stati in precedenza destinatari di due opere anch’esse “mostre” come I Puritani e Marino Faliero. Nel corso dello stesso anno (1843) che vide il debutto dell’opera di Donizetti, la Grisi apparve agli Italiani come Semiramide, Maria di Rohan e Antonina del Belisario, e pochi mesi prima la Grisi, Mario e Tamburini avevano fatto furore nella Saffo di Pacini. Quanto a Lablache, la memoria delle sventure coniugali di Elena e Marino Faliero doveva aggiungere non poco pepe alle dispute fra Norina e Don Pasquale. E gli esempi potrebbero continuare.
Insomma il Don Pasquale è anche un magnifico esempio di teatro nel teatro, ed è strano che in un’epoca come la nostra, in cui l’aspetto meta teatrale è tanto amato da registi (che spesso ce lo propongono e in caso ri-propongono in sede di allestimento) e critica “collaborazionista” (così attenta alla dimensione intertestuale da rendere virtualmente impossibile distinguere le recensioni dalle note di accompagnamento dei dischi...), la dimensione sommamente ironica dell’opera donizettiana sia così poco considerata e onorata.

Altro aspetto da non trascurare è che il Don Pasquale venne concepito per cantanti eccezionali sì, ma soprattutto con una grande e fortunatissima carriera alle spalle. Dei quattro il più “giovane” era Mario, che comunque vantava già un lustro di pratica delle scene parigine. Tamburini era prossimo al canto del cigno di un percorso più che ventennale, Lablache vantava un’esperienza già trentennale ed era ancora lontano dal ritiro, la stessa Grisi, regina degli Italiani e diva d'intatto fascino, aveva già quindici anni di carriera alle spalle. Naturale che Donizetti affidasse loro parti che richiedevano non soltanto sommo virtuosismo, ma pieno dominio della scena teatrale e capacità di avvincere gli spettatori. Caratteristiche che, salvo rarissime eccezioni, non si riscontrano nei debuttanti o negli studenti troppo presto usciti di Conservatorio.
Il “giovane” Mario, per la cronaca, ripropose il titolo agli Italiani nel 1858, al fianco di Fanny Salvini Donatelli, e nel 1864, con la Norina di Adelina Patti. Quindi rispettivamente quindici e ventuno anni dopo la prima rappresentazione. Per la cronaca anche la Patti ebbe una frequentazione più che ventennale con il titolo.

Con questo non vogliamo certo dire che un cast di giovani, ben addestrato alla bisogna, non possa cimentarsi con il Don Pasquale. Ma forse i giovani cantanti potrebbero con maggiore profitto rivolgere i loro sempre encomiabili sforzi a titoli un poco più abbordabili. Ad esempio il Matrimonio segreto, che presenta un ulteriore vantaggio per un contesto accademico: quello di sei, in luogo di quattro sole, prime parti.

Per tutte queste ragioni abbiamo pensato di replicare al Don Pasquale “dei giovani” del Comunale con un nostro Don Pasquale “dei vecchi”, o della terza età, come esige l’epoca, amante degli eufemismi. Vi proponiamo perciò i principali brani dell’opera nell’esecuzione di cantanti, se non proprio in età pensionabile, assai avanti nella carriera.
Ovvio che in simili ascolti, alcuni dei quali peraltro assai precari, si cercherebbe invano freschezza vocale e potenza di polmoni, caratteristiche che competono oltre ogni ragionevole dubbio a esecutori un poco meno attempati. Sebbene la facilità con cui il sessantenne Mariano Stabile supera gli scogli del sillabato del duettone con Don Pasquale abbia del miracoloso.
Viceversa si potranno trovare in queste esecuzioni voci perfettamente proiettate, penetranti e sonore anche a dispetto del declino di mezzi naturali del resto mai stati eccezionali, esempi di virtuosismo di alta scuola (la Sills in particolare si conferma maestra di trilli anche nel suo addio alle scene del Metropolitan), grande cura del legato, brillantezza e fantasia di fraseggio in quantità.
Il monopolio assegnato ad Alfredo Kraus, se denuncia, da un lato, la scarsità di esempi di longevità tenorile in rapporto alla parte di Ernesto (almeno in epoca di registrazioni discografiche), permette dall’altro di constatare come un cantante di grande tecnica e persino maggiore intelligenza riesca, anche dopo trent’anni di carriera, a uscire con onore da un simile cimento. Magari a prezzo di suoni un poco nasali e di qualche nota (specie in fascia acuta) non proprio a fuoco. Detto questo, magari potessimo sottoporre lo spettatore, che commenta sconsolato la prova di Kraus al termine dell’aria del secondo atto, all’ascolto della medesima pagina interpretata da uno dei tenori che hanno affrontato di recente il ruolo in Bologna. E magari potessimo registrare la sua reazione!

Buon ascolto.


Gli ascolti

Donizetti - Don Pasquale


Atto I

Un foco insolito - Enzo Dara (2001)
Sogno soave e casto - Alfredo Kraus (con Sesto Bruscantini - 1985)
Quel guardo il cavaliere - Beverly Sills (1979)
E il dottor non si vede!...Pronta io son - Licia Albanese & Giuseppe de Luca (1946), Luciana Serra & Marco Calastra (2001)

Atto II

Povero Ernesto!...Cercherò lontana terra - Alfredo Kraus (1985)
Questo contratto adunque - Enzo Dara, Luciana Serra, Marco Calastra, Riccardo Botta & Giovanni Guerini (2001)

Atto III

Signorina, in tanta fretta - Giuseppe Taddei & Ruth Welting (1986)
Cheti cheti, immantinente - Martin Lawrence & Mariano Stabile (1948), Sesto Bruscantini & Angelo Romero (1985)
Com'è gentil - Alfredo Kraus (1985)
Tornami a dir che m'ami - Beverly Sills & Alfredo Kraus (1979)
La morale in tutto questo - Beverly Sills (1979)

Read More...

domenica 17 agosto 2008

Contro ROF, parte terza: La Pietra del Paragone

La terza proposta del nostro Contro ROF è dedicata a un titolo tanto celebre e celebrato nel corso di tutto l'Ottocento, quanto in seguito negletto e abbandonato, salvo sporadiche riprese (anche se, a onor del vero, il letargo delle manifestazioni "ufficiali" e delle case discografiche sembra essersi concluso nei primi anni del nuovo secolo, peraltro senza risultati interpretativi degni di nota).


L'entusiasmo testimoniato da Stendhal nei confronti del Sigillara (questo il titolo non ufficiale con cui l'opera era conosciuta e amata in tutto il Lombardo-Veneto) trova certo un gran perché nella bellezza dell'opera. Scritta su un libretto una volta tanto davvero magnifico (di Luigi Romanelli), vivacissima, a tratti frenetica, fresca e tenera nei momenti sentimentali, graffiante nella critica di costumi che vanno ben al di là dell'epoca raffigurata (dalle ridicolaggini delle arrampicatrici sociali all'idiozia dei giornalisti prezzolati), La Pietra presenta indubbie difficoltà di esecuzione, visto che prevede cinque prime parti (un contralto, un tenore, un basso "nobile" e due buffi) e due parti di seconda donna cui si richiede di cantare, in assieme, per buona metà dell'opera (una delle due, inoltre, ha la sua brava aria del sorbetto). E a concertare il tutto è indispensabile un direttore attento alle ragioni dei cantanti non meno che a quelle della partitura.

A Bologna, nella primavera del 1986, la bacchetta di Tiziano Severini non sembrò la più adeguata né all'una né all'altra bisogna. Basti sentire le frequenti sbavature di un'orchestra di solito valente come quella del Comunale. Per fortuna il palcoscenico parlava tutt'altro linguaggio, a partire dalla protagonista, che regala alla marchesa Clarice quel brio e quell'eleganza che solo il canto all'italiana, morbido rotondo e sul fiato, può conferire. Attorno a lei due eccellenti declamatori (a dimostrazione del fatto che declamatore e urlatore non sono sinonimi), esperti del sillabato e scenicamente irresistibili, e un tenore contraltino che, nelle parti di mezzo carattere, ha avuto e seguita ad avere ben pochi termini di paragone. Non solo e non tanto per la prodigiosa estensione in acuto, quanto per la perfetta proiezione e dominio tecnico di una voce in natura davvero modesta. Il basso, sebbene suoni a più riprese come un tenore accorciato, sfoggia proprietà di accento e fraseggio e, confrontato con quello che abbiamo sentito in anni recenti, sembra Samuel Ramey. Ma più della somma dei singoli elementi è l'insieme a convincere: libera da assurdi timori "filologici", e al tempo stesso inderogabilmente fedele a quell'eleganza aristocratica che è la cifra caratteristica del Pesarese, questa esecuzione è (salvo che... nella bacchetta!) un compendio della Rossini-Renaissance applicata al repertorio buffo e una terribile "pietra di paragone" per tutte le esecuzioni successive, anche per quelle benedette da autorevoli pulpiti.



Rossini - La Pietra del Paragone

Atto I

Mille vati al suolo io stendo - Enzo Dara & William Matteuzzi
Quel dirmi, oh Dio! non t'amo - Martine Dupuy & Simone Alaimo
Ombretta sdegnosa del Missipipì - Alessandro Corbelli
Chi è colei che si avvicina? - Enzo Dara
Su queste piante incisi - Martine Dupuy, Anna Caterina Antonacci, Gloria Banditelli, Simone Alaimo, Alessandro Corbelli, Enzo Dara, William Matteuzzi & Tito Tortura

Atto II

Quell'alme pupille - William Matteuzzi
Prima fra voi coll'armi - Simone Alaimo, Enzo Dara & William Matteuzzi
Se per voi le care io torno - Martine Dupuy
Ah! se destarti in seno - Simone Alaimo

Read More...