giovedì 5 agosto 2010

Mese di agosto II - Rodelinda dal Festival della Valle d'Itria: Il trionfo del surrogato

Trasmissione radiofonica in diretta da Martina Franca della Rodelinda di Haendel, evento di punta del Festival nella nuova gestione Triola, annunciata a mezzo stampa come sul sito web quale "prima rappresentazione integrale in Italia" (INTEGRALE è aggiunta dell'ultim'ora) e "prima rappresentazione dell'edizione critica di A.V. Jones" (Hallische Handel-Ausgabe, II/16, by Andrew V. Jones - 2002, Barenreiter-Verlag, Kassel). Protagonista il celebre mezzosoprano Sonia Ganassi, sotto la direzione di Diego Fasolis, e la messinscena di R. Cucchi.


Al contrario di quanto asserito, si è trattato di un’edizione per nulla integrale, come vedremo poi, e soprattutto per nulla evento primo, dato che l’edizione ha avuto proprio rappresentazione italiana da parte dei complessi di Alan Curtis, nella Sala Olimpia del Palazzo Doria Pamphilj a San Martino al Cimino, nel settembre del 2004, nell'ambito del Festival Barocco di Viterbo, registrata dalla Deutsche Grammophon e successivamente pubblicata nel 2005 (Archiv Produktion 00289 477 5391). Rappresentazioni italiane precedenti l’edizione critica in questione, peraltro, ve ne sono state svariate in passato, importante per il livello qualitativo del complesso vocale quella milanese, singolarmente sconosciuta al neodirettore artistico del festival, al Conservatorio, nel 1983, sotto la bacchetta di C. Mackerras, protagonisti L. Cuberli, A. Murray, P.Langridge, E.Jankovich e A. Messana, oltre a varie edizioni precedenti della Rai di Torino del 1958 e della versione scenica dell’Auditorium di Cagliari nell’ 85, a Batignano nel 1989…
Dunque, opera poco rappresentata, come già altre del repertorio barocco ed haendeliano, ma non certo sconosciuta ai teatri italiani o mai rappresentata. Quella di Martina Franca sarebbe la prima rappresentazione “scenica” dell’edizione critica, che però ….assai singolare rappresentazione dell’edizione critica è stata. Quando al melomane curioso viene lo sghiribizzo di leggersi il volume di Barenreiter in questione, stupendamente corredato da una comoda tavola sinottica di confronto delle tre edizione dell’opera, l’operazione attuata sul testo ed il senso della stessa paiono assai lontane dall’edizione critica, piuttosto, come al solito, la prima rappresentazione scenica e “criticabile” di un‘edizione critica.

L’edizione critica.
La vicenda compositiva di Rodelinda è chiarissima, soprattutto perché assai semplice, e non lascia dubbi di sorta su numeri, aggiunte e tagli. Diremo brevemente, rimandandovi all’introduzione Barenreiter in questione, che di edizioni dell’opera autografe ve ne sono tre, quella della prima rappresentazione di febbraio – aprile 1725; quella della prima ripresa, dicembre 1725-gennaio 1726, ed una terza, quella del maggio 1731.
Delle prime edizioni fu interprete nel ruolo di Rodelinda Francesca Cuzzoni mentre della terza Anna Strada dal Po. Bertarido in tutte e tre le edizioni fu il Senesino, mentre alla terza produzione il ruolo di Unulfo passò da un castrato ad un contralto.
Il lavoro di Jones accuratamente analizza i diversi stadi della composizione che portarono a mutamenti ed innovazioni tra la fase di scrittura dell’opera e la sua andata in scena alla prima del 1725, mutamenti determinati da ragioni compositive e non da mutamenti di cast, come già nel caso di altre opere. Aspetti che però riguardano la storia della composizione, e che non investono per nulla la definizione di quella che fu effettivamente la prima edizione dell’opera.Nessun dubbio circa il fatto che Rodelinda sia stata pensata e scritta per un soprano assoluto, né che vi siano edizioni autografe che introducano abbassamenti o modifiche di tessitura tali da suggerire l’affidamento del ruolo ad un mezzosoprano.

Variazioni principali intercorrenti fra le tre edizioni autografe, a meno di tagli e raggiusti dei recitativi, e che qui omettiamo per comodità di lettura, rimandandovi all’edizione in questione sono i seguenti:

Rodelinda:
-taglio di battute di “Ombre piante urne funeste” per la seconda e terza ediz;
- taglio dell’aria “Ritorna o caro e dolce tesoro” per la terza ed.
- aria “ Se ‘l mio giusto duol non è si forte”, sostituita da “Ahi perché giusto Ciel” alla seconda e terza ed.
- sostituzione duetto con Bertarido “Io t’abbraccio” con duetto “ Se il cor ti perde” per la terza ediz.
- inserimento duetto con Bertarido “D’ogni crudel martir”.

Bertarido:
- inserimento aria “Si rivedrò la mia dolce speranza
- sostituzione duetto con Bertarido “Io t’abbraccio” con duetto “ Se il cor ti perde” per la terza ediz.
- inserimento aria “Vivi tiranno
- aggiunta duetto suddetto con Rodelinda

Grimoaldo:
- trasposizione do magg. “Io già t’amai” per la seconda ediz. e ripristino tonalità di Si bem magg per la terza ediz.
- aria “Di cupido impiego i vanni” forse tagliata per la terza ediz.
- tras e inserimento di altra aria “ Non pensi quell’altera” per la terza ediz.posizione in si bem magg. “Prigioniera ho l’alma in pena” per la seconda ediz.
- aria “Tra sospetti, affetti e timori” sostituita da “Vi sento si” per la terza ediz.

Unulfo:
Aria “Sono i colpi della sorte” trasportata in mi min per la seconda ediz. e riportata in tonalità originaria per la terza ediz. modificando la coloratura

Garibaldo:
- taglio probabile dell’aria “Tirannia gli diede il regno” per la terza ediz.


L’edizione di Martina Franca
Spartito alla mano, quanto abbiamo udito ieri sera durante la trasmissione radiofonica, in fatto di raggiusti, spostamenti e tagli sparsi, è di fatto un mix tra le varie edizioni suddette, la potremmo chiamare “edizione Fasolis”, o “edizione Martina Franca” se ci piace, e si può così riassumere:

Atto I
Scena X: Aria di Unulfo "Sono i colpi della sorte" - eseguita la versione in mi minore (scritta per il primo riallestimento, dicembre 1725: "For Baldi Handel made a more substantial change: presumably to accomodate the singer's technical limitations, he replaced the D major setting of "Sono i colpi" (no. 12) with a simpler one in E minor" (Prefazione all'edizione critica Bärenreiter, p. XVIII)

Atto II
Scena I: Tagliati i due recitativi: "Già perdesti, o Signora" e "Rodelinda, sì mesta ritorni" (recitativi rispettivamente tagliato e abbreviato nella versione 1731)
Scena I: Aria di Eduige "De' miei scherni per far le vendette" - spostata dopo Scena V Aria di Bertarido "Con rauco mormorio"
Scena V: Aria di Bertarido "Con rauco mormorio": tagliata sezione B e da capo (come nel secondo riallestimento, maggio 1731)
Scena V: Aria di Bertarido "Scacciata dal suo nido": tagliata (il taglio non è presente in nessuna delle tre versioni dettagliate dalla Bärenreiter) - al posto dell'aria viene inserita l'aria di Eduige (vedi sopra)
Scena VI: Recitativo "Vive il mio sposo" e Aria Rodelinda "Ritorna o caro e dolce mio tesoro" tagliati (come in 1731)
Scena VII: Recitativo "Non ti bastò, consorte" tagliato (il taglio non è presente in nessuna delle tre versioni dettagliate dalla Bärenreiter)

Atto III
Scena VIII: Aria di Bertarido "Vivi tiranno" aggiunta come in versioni dicembre 1725 e 1731
Scena VIII: Aria di Rodelinda "Mio caro bene": ridotta alla sola prima sezione (il taglio non è presente in nessuna delle tre versioni dettagliate dalla Bärenreiter)

I particolare,per quanto concerne la parte di Rodelinda, scritta e voluta indiscutibilmente per un soprano assoluto rimarchiamo nelle arie eseguite ieri sera:

1 - "Ho perduto il caro sposo": labem4 trasposto all'ottava bassa (battute 16 e 34)
8 - "Ombre piante": trasposta due toni sotto (da si minore a sol minore)
22 - "Ritorna o caro e dolce": tagliata
30 - "Se il mio duol": labem4 trasposto all'ottava bassa (battuta 30)
34 - "Mio caro bene": taglio sezione B e Da capo

Dunque, ricapitolando, un‘edizione basata sullo studio critico di Jones, ma in un rapporto assolutamente libero e tradizionale con il testo, tanto da dar luogo ad una nuova versione che, tra tagli e spostamenti, non ha precedenti storici alcuni.
Di fatto, sventagliata la bandiera della filologia, garante di una sedicente “novità”, ritroviamo i nostri musicisti impegnati in un uso intenso della “forbice di Serafin“, per dirla con P. Gossett, di raggiusti e compromessi, che non hanno dignità metodologica diversa da tutte le manipolazioni e risistemazione dei testi che la tradizione precedente l’era della filologia ha sempre effettuato. Operazione per noi lecitissima, sia chiaro, ma per la quale però non si giustifica l’etichetta dell’integralità, o della novità, o del maggior rigore filologico rispetto ad altre edizioni del passato.
Insomma, molto rumore per nulla.

L’esecuzione
L’evento festivaliero depurato dalla presunzione intellettuale della filologia, si riduce in rilevanza anche sul piano esecutivi. Alla prova dei fatti, hanno retto soltanto la bacchetta del maestro Fasolis ed il controtenore che vestiva i panni di Bertarido, P. Fagioli.

La direzione artistica ha deciso, forse suggestionata dalla precedente esperienza di A. C. Antonacci ( che peraltro si era accomodata la parte di mezzo tono quando non di un tono e mezzo… ) di affidare il ruolo di protagonista ad un nominale mezzosoprano, la signora S. Ganassi, scelta infondata sia nella storia esecutiva, come abbiamo visto sopra, che nella scrittura vocale del ruolo oltre che nelle qualità della prescelta cantante.
Se mezzosoprano doveva essere, infatti, sarebbe stata necessaria una voce dotata di ben altra tecnica di canto ed estensione. La prova della signora Ganassi è stata continuamente inficiata in primo luogo da un’emissione incorretta, non stilizzata, talora addirittura verista. Emissione che, lo abbiamo già rimarcato altre volte, contamina anche le sue prestazioni nel belcanto ottocentesco, con acuti ghermiti e che, se tenuti, suonano o flautat,i perché privi del necessario appoggio, o spinti. La tessitura di Rodelinda, scomoda anche per i soprani puri, perchè costantemente insistita sul passaggio superiore, ha messo la signora Ganassi a dura prova, spessissimo “impiccata”, come si suol dire in gergo melomane, dall’altezza della scrittura ed affaticata nei da capo delle arie. Al di là degli accomodi, dei tagli e del trasportone di due toni della stupenda e notissima “Ombre piante”, non le è stato possibile comunque cantare con vero slancio le aria agitate, come quella di sdegno “L’empio rigor del fato”, sia nell’agilità che nelle note tenute ( si vedano in particolare i re4, emessi senza appoggio e con suono chioccio ), come pure nell’esecuzione “sgallinacciata”, per dirla con il Mancini, di “Si morrai l’empia tua testa”, connotata da troppe inflessioni plebee davvero incongrue. Quanto alle arie patetiche, le sono venuti meno troppo spesso sia l’ampiezza che il legato, come nell’ultima aria eseguita, “Se il mio duol non è si forte”, dove, anche a causa dell’altezza della scrittura, non ha potuto rendere il dolore di Rodelinda, il canto patetico e sofferto sempre disturbato dai vizi suddetti. In chiusa alle arie, inoltre, salvo forse in fondo a “Spietati io vi giurai”, non ha eseguito cadenze adeguate come da prassi stilistiche, il che è altra menda per una cantante che vuol essere una virtuosa di rango.
Insomma, o si disponeva di un mezzo acuto di tecnica straordinaria oppure si doveva procedere ad altra e diversa manipolazione dello spartito, operazione ufficialmente invisa ai moderni puristi, a nostro avviso anche ammissibile, in quanto prassi del tempo, a patto di disporre di grandi personalità artistiche, alla Horne o alla Berganza, tanto per intenderci. Alla maniera moderna, invece, stiamo sempre tra Scilla e Cariddi, ossia…..in alto mare!

Male il Grimoaldo di Paolo Fanale, caratterizzato da una voce chioccia e morchiosa, talora anche sgarbata, agilità frequentemente spappolate come nell’aria “Io già t’amai”, al termine della quale si è esibito in una terrificante cadenza, eseguita con una pura contrazione di gola. Idem dicasi per l’esecuzione cempennata di “Tuo drudo è mio rivale”, ove ha dimostrato di non saper per nulla vocalizzare sulla A: a voce al centro sempre scoperta e gli acuti, anche i primi, gli vengono sempre tirati o gridati.
Anche lui come la signora Ganassi, estranei stilisticamente a questo repertorio.

Peggio ancora l’Eduige di Marina De Liso, ingolatissima e a disagio nelle agilità ( la parte sarebbe da mezzo-contralto,la signora ha un timbro da soprano lirico..), come pure il Garibaldo di Gezim Myshketa,che ha cantato spingendo la voce per tutta la sera, gonfiandola artatamente fino a suonare addirittura volgare ed inelegante, oltre che fuori stile. Il signor Giovannini, Unulfo, ha cantato il proprio ruolo con l'accento e la scansione epica adatto a Barbarina o Servilia: imitare la voce femminile no significa imitare l'accento di una servetta!

Del tutto opposta la prova del signor Franco Fagioli, vero trionfatore, inatteso, della serata, concedendo pure il bis del da capo dell’aria del 3° atto “Se fiera belva..”.
La sua prova si è incardinata sullo smalto ed il mordente esibito nella arie acrobatiche, che hanno elettrizzato il pubblico, in particolare “Se fiera belva “ appunto, e “Vivi tiranno”, mentre l’emissione “falsa” del falsettista gli ha dato problemi nella scrittura centrale delle arie patetiche. Nella scena declamata del carcere, alla ricerca di un volume che non può avere con il canto in falsetto, il controtenore ha dovuto tubare la voce, forzarla, a discapito della dizione, che è uscita pasticciata ed artefatta, con conseguente perdita di efficacia drammaturgica e qualità di suono. L’imitazione della zona centro grave della voce di Ewa Podles è stata impressionante. Le intenzioni musicali, và aggiunto, sono state varie e di qualità, come in “Dove sei amato bene”, anche quando inficiate dal problema suddetto. Peccato per il taglio incomprensibile ( tessitura troppo alta? ) di “Scacciata dal suo nido”. Fagioli è un controtenore assai esteso in acuto, brillante nel canto di agilità, elegante e musicale, pertinente stilisticamente e, per quanto questo sito sia contrario alla vicarianza baroccara castrato-falsettista, che azzoppa regolarmente, per motivi naturali, il canto in zona centrale, non possiamo fare a meno di rimarcare la sua prova brillante e convincente. La sola del cast. E costatare, con tristezza, come il canto del falsettista ieri sera avesse molti più colori e maggior vigore nell’esecuzione della coloratura degli altri intepreti, educato ( in teoria ) al canto italiano “alla Garcia”. Contraddizione in termini per la tradizione del canto lirico, che prova non già la qualità della tecnica “baroccara”, ma il basso livello attuale di quella del canto in maschera.sic!

La direzione del maestro Fasolis si è avvalsa di strumenti non filologici, legni accordati con normale corda metallica. Ci ha dispensato, perciò, pur non dirigendo il suo bel complesso, “I Barocchisti”, sia dalle stonature dei complessi “baroccari” che da certe nenie soporifere che spesso ci vengono propinate come musica di qualità. I tempi sono stati consoni al canto, spediti e per nulla noiosi, magari qua e là un po’ meccanici, come già nell’ouverture, ma nient’affatto monotoni. Il che ha dato un bello smalto alla rappresentazione che è corsa via in un battibaleno.
Il senso poi di certe scelte, spostamenti, tagli e rappezzi operati su certi numeri del testo di cui sopra, è tutto da domandare al maestro o forse anche alla regista, dato che non ce ne è stata data spiegazione alcuna, nemmeno nell’intervista radiofonica. In particolare, disdicevole il taglio del recitativo del duetto Bertarido Rodelinda, che ci è parsa operazione anche stilisticamente incongrua per un ‘opera barocca.

Insomma, nulla di nuovo sotto il sole, anzi! Tante affermazioni imprecise, velleità filologiche e “modernismi” assortiti, in uno stato dell’arte che anche questa volta coincide con il saper cantare sempre di meno rispetto al passato, anche recente, per forza di cose da dimenticare.
La sola vera novità mondiale sarebbe stata poter proporre una Rodelinda in grado di competere con una Sutherland o una Cuberli, ma per ora dobbiamo ancora limitarci …a ricordare.

Gli ascolti

Haendel - Rodelinda, Regina de' Longobardi


Atto I

L'empio rigor del fato - Joan Sutherland (1959)

Dove sei, amato bene? - Marilyn Horne (1980)

Ombre, piante, urne funeste - Joan Sutherland (1973), Lella Cuberli (1983)

Morrai, sì, l'empia tua testa - Beverly Sills (1971), Joan Sutherland (1973)

Confusa si miri - Ewa Podles (2006)

Atto II

Spietati! io vi giurai - Beverly Sills (1971)

Ritorna, oh caro e dolce mio tesoro - Joan Sutherland (1973)

Io t'abbraccio - Joan Sutherland & Huguette Tourangeau (1973)

Atto III

Se il mio duol non è sì forte - Lella Cuberli (1983)

Vivi, tiranno - Marilyn Horne (1980), Ewa Podles (2006)

Mio caro bene! - Lella Cuberli (1983)

Scarica tutti gli ascolti (file RAR) da Rapidshare.com


25 commenti:

John Sutherland ha detto...

salve a tutti, sono nuovo di qui...ottima recensione:l'analisi storico-filologica è molto accurata.
La Sills è molto brava; la Sutherland è assolutamente straordinaria: è la prima volta che ascolto alcuni passi della sua Rodelinda del 73 e li trovo persino migliori degli stessi della sua Rodelinda live 59; voce sontuosa e stilisticamente inarrivabile..saluti

Giulia Grisi ha detto...

Benvenuto John.
Non so perchè ma il tuo nome mi ricorda qualcosa!

John Sutherland ha detto...

grazie,è un grande piacere partecipare....
per il nome,è un caso di omonimia che si forgia in una compatibilità artistica-emotiva assolutamente perfetta e idilliaca

Francesco Benucci ha detto...

credo che il semplice fatto che il canto falsettista alla scholl, cencic o jaroussky abbia dato miglior prova degli altri interpreti è particolarmente significativo negativamente nonostante la prova positiva del sig. Fagioli.
mi fa piacere che Fasolis abbia dimostrato buona capacità musicali. gia nell'oratorio natalizio di bach di 3/4 anni fa aveva mostrato buon gusto, buon tempo e grande vitalità. spero di poter confermare tutto ciò ascoltando questa rodelinda.
questo credo possa anche confermare come il barocchismo italiano alla alessandrini, alla fasolis o alla marcon sia di gran lunga meno nocivo e distruttivo delle scuole d'oltralpe.
condivido le tue conclusioni, cara giulia, anche se riproporre una rodelinda come la sutherland sarebbe si una vera novità mondiale ma soprattutto sarebbe una utopia.

Velluti ha detto...

Sono ben lieto di osservare che una voce come quella di Fagioli, non ostante le reiterate critiche alla voce del controtenore levatesi da questo blog, sia stata giustamente valutata. Ciò è testimonianza di una tensione all'oggettività valutativa assolutamente invidiabile. Ho ascoltato Fagioli dal vivo in Giulio Cesare e posso dire che la voce "corre" (e anche molto). Le sue agilità sono fosforescenti (altro che la Bartoli). Quando una tecnica di emissione è corretta può sopperire anche a oggettive mancanze fisiche.
Complimenti per la recensione. Puntuale come sempre.

Immenso Ftha ha detto...

c'è da sottolineare però che quella di Fagioli non è una voce come quella di Scholl. Scholl è un controtenore, cencic fagioli etc sono sopranisti, sono due tipi di voce diversi, molto impropriamente definiti tutti in un fascio "falsettisti"
io ho sentito dal vivo questa rodelinda, posso dire che fagioli è stato davvero il migliore in campo, ma, sempre nasandomi sull'ascolto dal vivo, devo dire che la seconda voce più bella e proiettata e godibile era quella della De Liso.

Sorelle Iori ha detto...

Buongiorno Signora Grisi,
volevamo presentarci. Siamo Zaira, Zelmira e Zoraide Iori, andiamo all'opera da quasi mezzo secolo e abbiamo sentito tutte le voci reggiane.
Finalmente leggiamo qualcuno che la pensa come noi sulla nostra concittadina Ganassi. Perdoni, ma dalle nostre parti nessuno può esprimere l'opinione che qui siamo ad esprimere.
Grazie e cordiali saluti.

Anonimo ha detto...

Non condivido le critiche positive nei confronti di Fagioli... l'unico senso che può avere la valutazione positiva di un falsettista che si cimenta in questo repertorio, è quello di sottolineare quanto siano malridotte oggigiorno le altre voci, ridotte male fino al punto che un falsetto arriva ad essere preferibile alla naturale impostazione della piena voce in maschera (sempre che oggi di impostazione possa parlarsi... è la pallida ombra della tecnica che fu). Controtenori o sopranisti, poco cambia... falsetto o 'stop closure damping', i limiti restano sempre quelli, e sono enormi. Una volta ascoltata la Horne non si riesce più a sopportare un falsettista. E poi guardate qui:http://www.youtube.com/watch?v=5sURSjjyUng&feature=related; vi sembra il modo di cantare?? Cosa sono tutte quelle boccacce e quelle contorsioni?? Vi sembra questo il modo di risolvere la coloratura??? Dove sono le agilità di forza? Dov'è la naturalezza?? Sembra in crisi epilettica Dio Mio! Ricordate la statuaria postura della Horne?? La sua maschera nobile e impassibile? Quello sì era cantare... Mi deludete voi del Corriere. Per me è straziante vedere e sentire 'cantare' in questo modo. Via, rifacciamoci occhi e orecchie:http://www.youtube.com/watch?v=87r-NU7S81g
Saluti.

Antonio Tamburini ha detto...

Ma infatti donna Giulia non ha fatto l'elogio incondizionato di Fagioli! Ti invito a rileggere quanto da lei scritto e il senso della sua valutazione della prova del falsettista, giudicata positivamente solo ed esclusivamente in rapporto a quella (persino peggiore) dei suoi compagni di sventura.

Cmq grazie per il video, davvero... gustoso (anche perché ci permette di "assaporare" la regia "postmoderna" di Rosetta Cucchi, evidentemente modellata su qualche fantasy di serie Z, di quelli che De Laurentiis sfornava in copia negli anni '80, spesso riciclando scenari e costumi di produzione in produzione). Ribadisco quanto scritto in chat durante la diretta: il signor Fagioli ha nel canto di agilità gli stessi vezzi (funesti) della signora Bartoli.

Anonimo ha detto...

Per Tamburini. Per favore: ho letto e capito la recensione di Donna Giulia, però non posso condividere certe generose valutazioni. Donna Grisi parla di "smalto e mordente esibito nelle arie acrobatiche", parla di "impressionante imitazione della Podles" (ma dove? e se anche fosse, il risultato fa pensare più alla Bartoli che non alla Podles, siamo seri!), parla di canto di agilità "brillante, elegante e musicale, pertinente stilisticamente", e infine parla di una prova "convincente". Insomma, cari amici del Corriere, guardatevi bene il video di Fagioli su youtube, e ditemi cosa ci trovate di brillante ed elegante, io vedo solo una specie di contorsionista in preda ad un raptus epilettico che con il canto e lo stile barocchi non ha niente a che vedere. Voce orribile velata opaca, agilità affannate disordinate tossite, espressioni spaventose, acuti strozzati e oscillanti, gravi ruttati mio Dio, insomma una Bartoli maschia... è a dir poco abominevole. Non si può giudicare "convincente" una prova simile, mi dispiace. Ripeto, la vostra recensione di Fagioli mi ha stupito e deluso, spero vi ricrediate. L'unico dato che andava sottolineato, per evidenziare la penuria di voci 'vere', è che il pubblico lo abbia preferito a tutti gli altri. Il plauso del pubblico da solo non basta però a rendere una prova convincente.
Vi saluto con tanta stima e amicizia. E' sempre stato un piacere leggervi, non deludetemi più per favore!! Senza di voi chi ci resta?? Ciao, Francesco

Domenico Donzelli ha detto...

Posso dire la mia
a) vado sul tubo a vedermi la fagiolane contorsioni
b) quanto al suono ricorda la podles perchè ad un certo punto si ha l'impressione di suoni di petto (che sono poi quelli naturali della voce maschile) in zone dove la voce femminile non canta di petto.
c) che la horne e poche altre (dupuy, berganza) alle prese con handel fossero altro concorda, ma dall'ascolto radiofonico fagioli sembra meno smammolato dei vari jarousky e cencic
d) rimane sempre un surrogato di castrato
e) le donne che venivano usate in assenza o penuria di castrati nonsono surrogati, ma alternanze. perchè anche i castrati erano alternanze delle voci femminili. vedi esempio più volte citato di velluti arsace di semiramide
f) per la prima volta caro cesconegre c'è qualcuno più cattivo di gg. non posso che esternare stupore e meraviglia

Antonio Tamburini ha detto...

Aggiungo che Fagioli ha tentato, in uno o due punti, una messa di voce. Per come siamo ridotti oggi, andrebbe quasi inserito nel libro dei primati. Non le scimmie, specifico, nel caso queste note finissero sotto gli occhi della signora Cucchi.

Anonimo ha detto...

Salve Donzelli. Io, abituato come sono a sentirvi stroncare prestazioni anche molto meno malvagie di quella in questione, non posso che esternare stupore e meraviglia di fronte ad una simile ingiustificata indulgenza da parte vostra. Quando mi appresto a leggere i vostri articoli so già di non dovermi aspettare nessun sconto, ma solo la critica più aspra e puntigliosa (nel senso più buono dei termini sia chiaro). Per questo mi ha stupito sentir parlare di 'prova convincente' a proposito di Fagioli...

Ora, non vorrei tirarla troppo per le lunghe, ma, premesso che a qualunque falsettista preferirei sempre l'impiego di donne, purché ovviamente debitamente preparate, vorrei precisare quel che mi aspetterei di sentire da un onesto falsettista che, pur con i suoi invalicabili limiti fisiologici, voglia proprio provare a fare il castrato.
La cosa migliore penso sia procedere per esempi. Alla prestazione di Fagioli io preferirei, ad esempio, anche un'esecuzione più "smammolata", sì, ma perlomeno non così esasperata nella mimica e grossolanamente artefatta nella vocalità. Ad esempio, pur detestandolo, a Fagioli addirittura preferisco uno Scholl: http://www.youtube.com/watch?v=asBIeYlkJzo; voce chioccia, poca proiezione, tutto quel che volete, però a differenza di Fagioli fa il suo modesto mestiere di falsettista senza ricorrere a troppe forzature, senza camuffamenti artificiosi, senza disomogeneità timbriche, senza voler imitare nessuno, senza fare quelle bocche disumane, riuscendo inoltre a sgranare come si deve le agilità: insomma un onesto falsettare senza la pretesa grottesca di assomigliare ad un contralto vero. Non accetto un cantante che fa quello che fa Fagioli, quella per me è la negazione del canto ancora più di quanto lo sia l'uso del falsetto in vece della voce piena. Fagioli è un attentato al buon gusto, non si può compatire una voce simile, per non parlare delle facce... scusate la bassezza, ma l'unica cosa che mi vien da dire per Fagioli è 'che schifo!'.
Per fare un altro esempio di controtenore che a mio giudizio non se la cava poi così male nel 'Vivi Tiranno', citerei Russell Oberlin, il quale a fronte di una pronuncia ridicola esibisce perlomeno agilità liquide e precise, oltre ad un suono pulito e omogeneo lungo tutta la gamma (http://www.youtube.com/watch?v=m4gKDGJjGwU). Però Oberlin era un controtenore sui generis: reggeva quelle tessiture infatti senza fare uso del falsetto. Perlomeno così dichiarava in un’intervista.

Comunque sia, nessun controtenore sarà mai migliore di una donna ben impostata. E se proprio dobbiamo sopportare i falsettisti, allora che semplice e corretto falsetto sia, appoggiato per quanto possibile nel modo dovuto, non così atrocemente gonfiato, camuffato, artificiosamente amplificato. Vedere e sentire Fagioli è uno strazio per occhi e orecchie. Quel poco di credibilità che un falsettista può e deve ricercare, dovrebbe giocarsi non sul camuffamento della voce (il falsetto è quello che è, punto e basta), ma su di un canto rispettoso della propria natura, dei propri limiti, e delle buone maniere vocali, e quindi, una volta che c’è un canto corretto, anche sull’impiego di un giusto e ben dosato accento che sappia adeguarsi con il giusto equilibrio alle varie situazioni drammatiche, almeno per quanto è consentito dalla non-tecnica falsettista. Se vogliono fare gli imitatori vadano al cabaret, non all’opera.

Saluti.

P.S. per Tamburini: a proposito delle messe di voce di Fagioli:"meglio fora se avesse taciuto", o piuttosto: è esattamente come se avesse taciuto, visto che non si sente niente.

Giulia Grisi ha detto...

Oggi, 7 agosto 2010 cade il dogma della cattiveria assoluta di gg !!!!!!
Caro Francesco, non era mio intento tradire i miei lettori ma in quel minestrone Fagioli mi è parso avere delle qualità...dall'ascolto radiofonico mi è parso che nei momenti in cui toccava a lui ci fosse qualcosa in più.
Sarà che dei falsettisti non ho molta stima, ed assai mi disturbano, l'ho trovato oltre le mie aspettative ed allora...
Resto dell'idea che il castrato debba essere sostituito da un mezzo.
Se le Ganassi e le Antonacci fossero veri primedonne e veri mezzi,canterebbero Bertarido e non avrebbero bisogno di cantare il title role per ricordarci che son primedonne, Berganza docet.......
a presto

Antonio Tamburini ha detto...

"Quel poco di credibilità che un falsettista può e deve ricercare, dovrebbe giocarsi non sul camuffamento della voce (il falsetto è quello che è, punto e basta), ma su di un canto rispettoso della propria natura, dei propri limiti, e delle buone maniere vocali, e quindi, una volta che c’è un canto corretto, anche sull’impiego di un giusto e ben dosato accento che sappia adeguarsi con il giusto equilibrio alle varie situazioni drammatiche, almeno per quanto è consentito dalla non-tecnica falsettista. Se vogliono fare gli imitatori vadano al cabaret, non all’opera."

Il problema è che ormai al cabaret possono andarci tutti, e non solo i controtenori, sopranisti o falsettisti che dir si voglia. Proprio perché mancano le precondizioni essenziali per un canto corretto e rispettoso della natura vocale degli esecutori (e della pazienza del pubblico, aggiungo).

Velluti ha detto...

Ma quante sciocchezze, caro Cesconegre. Veramente un campionario patetico. Che dire? Parli di boccacce? Di contorsioni? Ma per favore... A fronte di quello che si vede oggi da sedicenti dive del bel canto Fagioli è una statua di sale. Sembra che tu venga su questo sito per leggere di stroncature, quasi per crogiolarti delle sventure altrui. Francamente lo trovo quasi patologico. La voce di Fagioli dal vivo "corre" più di altre sedicenti dive. E questo posso dirlo per esperienza di ascolto dal vivo: è un falsettista che immaschera il suono prodotto dalla sola parte alta della corda. Respira correttamente, ovvero con la respirazione intercostale (oggi tutte le cantanti che sento e vedo non respirano). Certo ha i suoi limiti naturali: ma la tecnica mi sembra buona, e le variazioni le regge e come. Ripeto: credo che la tecnica possa in parte supplire a dei limiti naturali: certo, la Horne, la Dupuy, la Berganza erano altra cosa, ma chi lo nega? In base a quello che si sente in giro, Fagioli è veramente una delle poche cose per cui valga la pena andare a teatro.

Anonimo ha detto...

Cioè in pratica tu difendi Fagioli, facendone una specie di mostro di tecnica, mettendolo a confronto con il resto del panorama di cantanti attuale??? Mi sembra un po' debole come argomentazione, anche perché io non ho fatto simili confronti: le mie osservazioni erano ab-solutae, attinenti solo alla performance di Fagioli. Parlando in generale ho detto che preferirei un'esecuzione alla Scholl, ma era solo un esempio, e anche abbastanza inconsistente. Però il fatto che oggi non ci sia niente di meglio non può servire da giustificazione per il brutto canto di Fagioli. Io lo guardo e vedo solo tante brutte facce. Questa NON è LA tecnica. Se la sua fonazione fosse perfetta come tu dici non ci sarebbe bisogno di fare simili contorsioni facciali. Non mi interessa se poi c'è anche chi fa peggio, io sto parlando di questo cantante, e mi oppongo a chi giudica convincente la sua prova. Le variazioni le regge, sì, nel senso che ritmicamente quadrano, ma i suoni che escono da quella bocca sono qualcosa di osceno. Quando si parla di coloratura 'fosforescente', 'liquida', a me vengono in mente altri esempi, e Fagioli semmai è l'esempio del contrario. Ciò non toglie che ritmicamente quadri: anche la Bartoli ritmicamente è un metronomo, però tutti quei vavavavava, e tutti quei colpi di tosse io non li posso sentire. Questo non è il canto barocco. Se oggi il panorama non ha nulla di meglio da offrire allora non vale proprio la pena di andare a teatro.

Infine, io leggo questo blog perché qui si dicono le cose come stanno, non si fa pubblicità, e non si fa il tifo per nessuno. A volte ho letto recensioni di cui francamente non condividevo l'eccessiva pesantezza e negatività, recensioni che stroncavano esecuzioni molto migliori di quella qui discussa di Fagioli. Per questo mi sono opposto: parlare qui di 'prova convincente' mi sembra davvero improprio. Un falsettista per natura è difficile che riesca ad essere convincente, men che meno un falsettista che sembra imitare la Bartoli.

Immenso Ftha ha detto...

Signori, qui vi sfugge una cosa.. quando parlate di controtenori falsettisti contraltisti sopranisti facendo di tutta l'erba un fascio.. dimenticate che il controtenore, quello vero, non il sopranista, alla Scholl per intenderci, che non farebbe mai una parte sopranile o muliebre perchè impossibilitato fisicamente non essendo, appunto, un sopranista, il controtenore dicevo, nn è un surrogato moderno per rimpiazzare i castrati o roba del genere ma è un registro naturale, per nulla "in falsetto", ma al massimo, e solo per le note estreme, "di testa" che non è la stessa cosa per carità divina, che esiste in natura, non essendo un baritono che canta di testa appunto ma un contraltino di nascita, quello che voi chiamate tenore leggero, alla matteuzzi insomma, e soprattuto esiste da 500 anni ( almeno ) con una sua letteratura e dignità, questa cosa si tende a dimenticarla, e ad annoverare i poveri controtenori ( pochissimi sulla piazza, me ne vengono in mente neanche 5 o 6 ) che cantano dignitosissimamente con le loro corde nel miglior modo possibile per colpa della moda strabordante dei sopranisti vengono vilipesi e maltrattati insieme ad essi.


per Cesconegre: Fagioli avrà anche cantato male a suo dire( io c'ero, le assicuro che dal vivo quella voce riempiva il palazzo ducale in modo eccezionale tanto da far venire la pelle d'oca a tutti i presenti) ma non le ha ammazzato il gatto o dato fuoco alla casa, mi sembra che la sua "critica" sia davvero fuori misura anche in un contesto di estrema severità come questo, trovo che i toni siano degni di una discussione che abbia per argomento un feroce dittatore sudamericano o africano piuttosto che un artista che cerca comunque dignitosamente e in buona fede, con buona pace di lei e di quelli che non lo hanno gradito, di fare il suo lavoro.

Immenso Ftha ha detto...

p.s. dimenticavo, un vero controtenore, quello di cui sopra, non canta mai in falsetto, usa sempre tutta la sua corda.

Antonio Tamburini ha detto...

Quindi Scholl sarebbe un tenore leggero alla Matteuzzi? Attendiamo di sentirlo nella Cenerentola o nell'Italiana in Algeri, opere in cui Scholl potrebbe, forse, cantare le parti di comprimaria in qualche veglione di Carnevale.

Quanto al resto, i castrati sostenevano all'occasione anche parti femminili, la "impossibilità fisica" essendo per il teatro (e il pubblico) barocco l'ultimo dei problemi. Nulla vieta in linea teorica agli attuali falsettisti di seguirne le orme, ahimè solo in questo. Nulla, se non forse un residuo di senso del ridicolo. Del resto, Jaroussky non canta forse, in concerto, la Chanson bohémienne?

Giulia Grisi ha detto...

uhmmmm........mi pare che occorra fare chiarezza su certe cose.
oggi uscirà un post in merito.

Per Cesco: i vent'anni sono l'età del fuoco, ma non esagerare.
Da un lato la qustione si pone circa la voce del falsettista in generale, che nulla c'entra con la recensione; dall'altro, il tema è la prova di Fagioli in relazione a come cantano voci come la sua in generale. Ribadisco, per come cantano queste voci, l'ho trovato assai bravo, posto che MAI, dico MAI, a questi timbri potrai togliere i suoni chiocci, gonfi e talora anche gallinacei. Ma è questione fisiologica, impossibile da superare....
Oggi DD scriverà un post ove avrete modo di confrontarvi senza fre di questo benedetto sign. Fagioli una sorta di polpatrita, chè non se lo merita affatto.
a dopo

Semolino ha detto...

Ho visionato questo link
http://www.youtube.com/watch?v=5sURSjjyUng&feature=related
Sono d'accordo con Cesco, la prestazione di Fagioli è tutta da ridere!!!! è una brutta imitazione della Bartoli! Però dalla registrazione mi pare che abbia molta più voce della Bartoli, soprattutto in acuto, anche se poi è usata male, basti ascoltare l'urlo (raccapricciante!) alla cadenza finale.

maometto II ha detto...

salve a tutti.

premetto che non ho ascoltato la diretta radiofonica di Rodelinda da Martina Franca, ma che ho solo visto il video su Youtube del Vivi Tiranno di Fagioli.
Innanzitutto.. se questo è il migliore in campo, mi figuro gli altri, ma non mi sembra un obbrobrio totale.
una cosa che mi ha colpito da subito è che non apre mai la bocca, canta tutto digrignando i denti, come la Theodossiou... e poi , giocoforza oper mettere un acuto qualsiasi la apre, altrimenti morirebbe io credo... e poi.. il registro grave è francamente brutto.
non mi convince nemmeno il modo di respirare, tirando su le spalle e piegandosi in avanti...

ora.. io non sarò un granchè come cantante, ma almeno ho imparato la compostezxza e nel respirare e nel cantare.
certo è che dovrei ascoltarlo dal vivo per essere più onesto nella mia valutazione.

mi da l'idea di un canto molto nervoso, difficoltà del brano a parte... poi magari mi sbaglio...

grazie per l'attenzione e buonanotte a tutti
Maometto II

Unknown ha detto...

In genere vi trovo un pò troppo severi nelle vostre recensioni.. ma stavolta ho ascoltato la radio con i capelli dritti, e condivido in gran parte le vostre critiche.
Mi sembra inconcepibile che eventi artisticamente poveri, se non volgari, vengano dati in diretta euroradio e incensati a più non posso come il "non plus ultra" della scientificità e della filologia applicata. Non riesco a tollerarlo in sè, figuriamoci se penso a tutti i festival ed eventi di musica antica e non che sono stati tagliati o ridimensionati quest'anno grazie alle politiche demenziali del ministro Bondi.
Se l'opera barocca dei mass media è questa spero che muoia presto e ne rinasca una nuova!

Giulia Grisi ha detto...

Beh, benvenuto e grazie per l'approvazione. Triste la constatazione finale ma...vera e condivisibile!
apresto