In questi giorni abbiamo avuto modo di riflettere sulla voce del mezzosoprano. Come blog abbiamo sempre ammirato e magnificato la perfezione e la sontuosità di Ebe Stignani, Sigrid Onegin, Ernestine Schumann-Heink, terribili termini di paragone persino per le più blasonate colleghe e soprattutto per le odierne dive delle scene. La storia del teatro ha però visto fra le sue protagoniste grandi mezzosoprani che, senza raggiungere la perfezione tecnica delle colleghe, hanno avuto degnissime carriere, svolte con professionalità invidiabile e magari avvalendosi di mezzi vocali del tutto ragguardevoli.
Vogliamo perciò dedicare alcune riflessioni a due voci di mezzosoprano che hanno calcato i palcoscenici internazionali in periodi diversi, con diversa natura ma simile repertorio: Oralia Dominguez ed Elena Nicolai.
Oralia Dominguez studia al Conservatorio Nazionale di Mexico City debuttando dapprima in piccoli ruoli come il Musico della Manon Lescaut e poi ne La Demoiselle élue di Debussy. Subito dopo cominciano i debutti operistici che la portano alla ribalta internazionale non solo a Mexico City e nel Sudamerica ma in tutta Europa, dove debutta già nel 1953 come Principessa di Bouillon alla Scala di Milano. Canta da subito nei principali teatri europei, a Londra, a Vienna, a Parigi, partecipa più volte al Festival di Glyndebourne con Vittorio Gui e a quello di Salisburgo sotto la direzione di Herbert von Karajan, tappe di una carriera che si snoda per l'arco di più di venti anni.
E' dotata di una voce bellissima e ampia di natura, da vero mezzosoprano tendente al contralto, per la grande facilità ed estensione del registro grave, sempre doviziosamente sollecitato, al punto da pregiudicare la saldezza di quello acuto, a volte duro e fisso.
Ascoltarne le interpretazioni oggi può risultare molto interessante. Se non ci troviamo di fronte ad un'interprete raffinata, possiamo però sentire una voce baciata dalla natura, non sprovvista di tecnica, e un'interprete che ricorre sì a vezzi e a vecchi stilemi interpretativi di stampo verista, ma sa anche adattare il proprio strumento alle diverse esigenze dello spartito e dei compositori nonchè del momento drammatico, insomma una cantante che sa alternare i momenti di massimo temperamento alla compostezza vocale.
Una delle prime e più facilmente reperibili interpretazioni è la celebre Amneris al Palacio de Bellas Artes di Mexico City, cantata accanto a Maria Callas, Mario Del Monaco, Giuseppe Taddei e con la direzione di Oliviero de Fabritiis. A parte lo splendore del mezzo vocale dell'allora giovanissima Dominguez, l'interpretazione può essere deludente, soprattutto per il gusto. La Dominguez tende infatti ad essere interprete "generosa": siamo molto lontani dal modello sontuoso e composto della Stignani, il canto è sicuramente più vicino a stilemi veristi, sia per il gusto appunto, sia per quanto concerne la tendenza a gonfiare copiosamente il centro e i gravi, in natura già massicci. La voce risulta comunque bella, facile e ampia, i centri sontuosi, i gravi imponenti e l'interprete, pur aprendo a volte i suoni e risultando di conseguenza fissa (vale l'esempio della frase E nunzia di perdono), non è volgare, si sforza di fraseggiare badando alla situazione drammatica e ai segni d'espressione dello spartito, coronando la scena con acuti un pò spinti ma grandi e sonori.
Diverso terreno di prova è l'Agnus Dei della Petite Messe Solennelle, che vede invece una bravissima interprete nella Dominguez. La linea vocale è morbida e facile, il centro è mantenuto leggero e la voce ne risulta di conseguenza più bella, permettendo alla cantante di scendere alle note gravi, i vari si e la naturali sotto al rigo, senza forzature, in modo morbido ed omogeneo. Risulta attenta anche alla dinamica prevista da Rossini, che chiede al mezzosoprano di smorzare e rinforzare intere frasi durante l'intero arco del brano.
In un brano non operistico relativamente poco conosciuto all'epoca dell'incisione la Dominguez appare molto più valida, perché diverso risulta il gusto, assai composto, dell'esecuzione. Anche in questo caso ad una voce sontuosa come quella della Dominguez basta poco nel mantenere l'emissione morbida per conferire alla pagina la sontuosità e la bellezza che richiede, e che non tutti le esecutrici sanno dare.
Molto bello è anche il Liber scriptus della Messa da Requiem, inciso nel 1954 con la direzione di Victor de Sabata. Quest'esecuzione impone un raffronto con quella del 1940 diretta dallo stesso de Sabata, interprete Ebe Stignani, e il parallelo vede soccombere la Dominguez per la minore morbidezza d'emissione e persino per la minore ampiezza nel reggere la lentezza del tempo imposto da de Sabata alla sezione centrale, che porta al forte sul la bemolle acuto, meno sicuro e pieno in termini di suono nel caso del mezzosoprano messicano. Ciononostante abbiamo una grande esecuzione, ottima per gli standard odierni. Innanzitutto perchè si apprezza la vera voce di mezzosoprano, magnifica, e poi perché la cantante sa variare la dinamica in tutte le zone della voce e produce in basso suoni corposi e timbrati, sebbene un poco gonfiati.
Come Principessa di Bouillon la Dominguez è più nel suo terreno interpretativo. Immaginiamo anche la presenza scenica: ricordiamo che la Dominguez era una bellissima donna, il che avrà contribuito ad aumentare il fascino di questa Bouillon. L'ascolto è utile per avere un'idea dell'ampiezza della voce, più che notevole, unita alla bellezza del timbro. In una parte simile si può indulgere nel vezzo di gonfiare i centri e le note gravi, ma è giocoforza farlo con un mezzo che sia imponente e ampio per natura, dai grandi armonici. Occorre altresì che l'emissione non sia solo marcatamente e volgarmente di petto ma che la cantante, com'è il caso della Dominguez, sia capace di produrre suoni sonori e morbidi, oltre che di sovrastare l'orchestrale in qualsiasi zona della voce. Anche se ovviamente questo vezzo porta sempre con sé dei rischi, come quello di rendere difficile la salita agli acuti. In questo problema incappa anche la Dominguez, che risulta fissa nella parte finale dell'aria.
Molto interessante, per certi versi soprendente è il rondò di Isabella dell'Italiana in Algeri, che la Dominguez eseguì a Bregenz nel 1962 diretta da Vittorio Gui. Nel recitativo la voce è mantenuta più leggera rispetto al solito, cosa che giova all'esecuzione, inoltre la Dominguez ha grande incisività d'accento come nella scansione di "patria, dovere, amore". Impressionante l'accento di questa Isabella che sa dare vera grandeur alla frase "e alle vicende della volubil sorte" con salita all'acuto sicurissima e scala discendente morbida e piena. Nella parte iniziale del rondò esegue in maniera abbastanza pulita le volatine, perfetto il trillo su "caro ti parli in petto". Questa occasionale Isabella porta in dote al personaggio una voce da opera seria, magniloquente e bella ed ha una precisione esecutiva maggiore rispetto ai nostri standard, abituati come siamo al gracidare di vocine spoggiate.
La cabaletta è eseguita una volta sola con voce morbida e dall'emissione mantenuta leggera, per permettere una più corretta esecuzione delle agilità, da cui la Dominguez esce a testa alta per concludere con uno sfolgorante si naturale acuto, che non fatichiamo ad immaginare enorme per volume e ampiezza.
Sfidiamo chiunque a trovare oggi una Isabella brava e con voce ampie e bella la metà!
Nell'affrontare la parte della Zia Principessa la Dominguez è avvantaggiata dalla scrittura della parte, che insiste nella zona grave della voce. La Dominguez è bravissima nella scansione, quasi monolitica, delle prime frasi sui mi gravi o del rendere benissimo la prescrizione di "come una condanna" con cui risponde "Di penitenza" alle prime frasi di Suor Angelica, nella bellissima interpretazione di Luisa Maragliano, anch'ella cantante di sicurezza assoluta e professionalità oltre che di grande attenzione allo spartito. Come Zia Principessa la Dominguez non si lascia andare ad effetti di sorta e anzi mantiene le note gravi sempre piene e timbrate, sul fiato, e nell'aria si distingue per la dinamica varia e sfumata, con bei pianissimi come quello su "in colloqui eterei arcani" e il bel crescendo su "com'è penoso, com'è penoso", in cui al crescendo dinamico si unisce lo scurimento della voce, di grande effetto drammatico.
L'aria che Juditha canta mentre si appresta a commettere l'omicidio di Holofernes è caratterizzata da una scrittura grave, che si giova dell'ampiezza in quella zona della voce della Dominguez e della grande bellezza dello strumento. L'emissione e l'esecuzione non saranno in questo brano stilizzati, ma credo che sia più vicina la Dominguez alla poetica di Vivaldi che non i sopranini camuffati da mezzosoprani che in questo repertorio siamo costretti oggi ad ascoltare.
Elena Nicolai nasce come Elena Stojanka Savova Nikolova a Tsevoro in Bulgaria. Dapprima studia Filosofia negli Stati Uniti, in seguito si trasferisce a Milano per studiare canto ed è' col nome originale che debutta nel 1932 come Maddalena, uno sfortunato debutto che la convince a studiare ancora prima di debuttare ufficialmente con nome di Elena Nicolai nel 1938 a Napoli nei panni di Annina del Cavaliere della Rosa. Presto arriva alla Scala, nel 1941 come Principessa di Bouillon in Adriana Lecouvreur affermandosi come uno dei più completi mezzosoprani della sua generazione, interpretando con successo Amneris, Azucena, Eboli ma anche opere come La Vestale di Spontini, l'Oberto di Verdi, la prima esecuzione moderna della Juditha Triumphans di Vivaldi sotto la direzione di Antonio Guarnieri nella revisione di Vito Frazzi, Orfeo ed Euridice, insieme a ruoli più sopranili come Santuzza in Cavalleria rusticana e Fedora o addirittura la Brünnhilde wagneriana di Siegfried e Die Walküre.
Cantante più sicura della Dominguez fu sicuramente una delle poche vere alternative ad Ebe Stignani negli anni di attività (sarebbe forse meglio dire impero) di quest'ultima. Il confronto con la Dominguez mostra sicuramente una cantante di timbro magari meno bello e particolare ma con una maggiore sicurezza tecnica, soprattutto nella zona acuta della voce, sempre facilissima e imponente, così come la Nicolai è sempre stata più ortodossa nell'emissione dei suoni dell'ottava bassa.
Interessantissimo è iniziare l'ascolto di Elena Nicolai proprio dal ruolo di Fedora, di cui ci rimane testimonianza di un live da Rio de Janeiro in compagnia del divo Beniamino Gigli. L'esecuzione, di prim'ordine, si segnala fin dall'inizio per lo slancio e la grande maestosità del mezzo vocale sulle prime frasi acute, perentorie. Nello snordarsi del duetto la Nicolai mostra di volta in volta attenzione come interprete, differenziando per esempio l'accento di "l'uomo turpe o più infelice" dove un termine è reso in forte e l'altro tramite un pianissimo. La voce sa sempre addolcirsi e dare colore all'ira e all'amarezza di Fedora nell'apprendere del tradimento e della vendetta di Loris. Da segnalare ancora il bellissimo pianssimo, sostenuto e pieno di Non parto più, un'altra madre. Ai meravigliosi interventi di Gigli, che dà una lezione a tutti i tenori che verrano dopo di lui nell'esecuzione di Vedi io piango (dove ad onta dei celebri singhiozzi abbiamo una voce ancora bellissima, sonora e timbrata), la Nicolai risponde col canto spiegato di Lascia che pianga per unirsi a Gigli nelle frasi finali, in cui ascoltiamo vere voci solide, squillanti, sempre sopra l'orchestra di Giordano, senza ricorrere ad effetti o effettacci di sorta, perfette nel rendere il momento drammatico rappresentato dal duetto fra i due protagonisti.
Nella Juditha Triumphans la Nicolai affronta il brano con un tempo più lento rispetto alla Dominguez, della quale sfoggia un'emissione più composta e una linea di canto più solida, mentre l'esecuzione in generale è di stampo più sacrale. La voce è imponente, forse un poco matronale, certamente sontuosa per la pagina e per Vivaldi.
Celeberrima Ortruda, la Nicolai tenne il monopolio del ruolo per almeno un ventennio e l'audio ne dimostra le ragioni, non solo nella celebre invocazione, in cui la Nicolai sfoggia protervia d'accento unita a sicurezza in tutta la gamma della voce (dalla zona grave agli splendidi e sicuri la naturali e la diesis),ma anche nel resto del duetto, in cui il personaggio è delineato in modo luciferino ma senza indulgere a scompostezze di alcun tipo, mantenendo sempre l'eleganza dell'accento nel misurarsi con la bellissima linea vocale della Tebaldi nei panni di Elsa.
Grandissima l'esecuzione del duetto con Pollione, che vede la Nicolai nel proprio elemento naturale, stante la tessitura acuta di Adalgisa, d'altronde un suo cavallo di battaglia. Bellissimo è il sol tenuto di "innocente" e la seguente discesa al do sotto al rigo, eseguita a mezzavoce dopo il forte iniziale. Le quartine di "cielo e dio ricopre un vel" non sono precisissime ma dalla loro esecuzione la Nicolai esce piuttosto bene: sebbene un po' cempennate, sono coronate da due la bemolle imponenti per sonorità e bellezza. Da segnalare come nel finale del duetto all'unisono con Corelli la Nicolai copra il collega con irrisoria facilità e non solo nello scintillante si bemolle finale, ancora una volta sonorissimo e magnifico per pienezza di suono e squillo.
Come Amneris la Nicolai è di gusto più sobrio e composto della Dominguez, è molto sobria nella prima parte e trova il meglio della sua esecuzione nello slancio di "Chi ti salva sciagurato", dove la voce si distungue per sonorità ed incisività dell'accento. I due si bemolli delle ultime frasi sono splendidi per sicurezza e pienezza di suono, oltre che tenuti con grande facilità, e danno filo da torcere al non certo poco squillante Mario Filippeschi.
Altro cavallo di battaglia della Nicolai fu il ruolo di Eboli, di cui fu grandissima interprete e la migliore alternativa ad Ebe Stignani negli stessi anni.
Tutta la prima parte dell'O don fatale è cantata in souplesse, con emissione morbidissima, senza traccia di sforzo. La frase "ti maledico o mia beltà" è affrontata come una vera prodezza non solo per l'impressionante do bemolle squillante e tenuto, ma anche per come scende al seguente do bemolle sotto al rigo rendendo ampia la frase, quasi rallentando. Splendido è poi il cantabile, dal legato perfetto e in cui possiamo apprezzare la voce, sempre omogenea e dal colore inalterato nello scendere sotto al rigo. E va da sé che la Nicolai risolve con la consuetà facilità le acute frasi finali.
Nell'aria della Gran Vestale si impone il confronto con Ebe Stignani, che di questo ruolo è stata sicuramente la più grande ed impressionante interprete moderna. Alla Nicolai va l'onore e il merito di offrire l'esecuzione che più di tutte si avvicina a quella della Stignani, pur non raggiungendo lo stesso vertice d'eccezionalità. La voce infatti sovrasta il pieno orchestrale nelle frasi basse come negli slanci acuti di "il trono orribile sulle tombe". Nella sezione centrale la Nicolai sa essere morbida nel raccogliere la voce nel mezzoforte con cui si rivolge amorevolmente alla giovane vestale per tornare imponente nella sezione finale, dove si apprezza la solidità del registro grave unita a quello acuto, come sempre sfolgorante. Raffrontando i due ascolti si può convenire che la Nicolai sia meno impressionante della Stignani, certo è però che solo a quest'ultima la Nicolai può essere seconda in questo ruolo.
Discorso analogo può essere fatto per l'aria e cabaletta di Cuniza che apre il secondo atto di Oberto conte di San Bonifacio, scena anch'essa eseguita da Ebe Stignani alla RAI e di cui ci rimane fortunatamente testimonianza. Alla Rai la Nicolai fu Cuniza nell'esecuzione dell'opera completa accanto a Maria Vitale (mentre la Stignani nello stesso anno cantava Cuniza accanto a Maria Caniglia e Tancredi Pasero alla Scala). Dal maestoso recitativo iniziale passiamo al cantabile, in cui la Nicolai è capace di ben eseguire le volatine, tra cui quelle di "qui m'apparve". Ancora una volta la voce risulta ampia, bella e sontuosa, capace di donare tutta la regalità necessaria al personaggio e al momento drammatico, mantenendo sempre l'omogeneità dell'emissione nel passare dalle note centrali a quelle sotto al rigo. Nella cabaletta sono belli i trilli e la compostezza con cui la voce scende dai fa acuti ai copiosi si naturali sotto il rigo. Anche le quartine di "pari a quello dell'amor" risultano bene eseguite (meglio che in Norma), così come altrettanto ben eseguite, tanto da ricavarne perlomeno l'onore delle armi in termini di canto d'agilità, le quartine conclusive che portano sempre a ribattere su si naturali gravi, eseguiti con suoni timbrati e raccolti, prima dello scintillante si naturale acuto finale. L'esecuzione di Ebe Stignani sicuramente si segnala per una maggiore eleganza di linea, morbidezza della voce ed emissione maggiormente rifinita oltre che per il canto d'agilità più fluido, ma appunto la Nicolai solo al "monstrum" Stignani può essere seconda.
Gli ascolti
Oralia Dominguez
Cilea - Adriana Lecouvreur
Atto II - Acerba voluttà (1951)
Puccini - Suor Angelica
La principessa Clara, vostra madre (con Luisa Maragliano - 1963)
Rossini - L'Italiana in Algeri
Atto II - Amici, in ogni evento...Pensa alla patria (1962)
Rossini - Petite Messe Solennelle
Agnus Dei (1955)
Saint-Saens - Samson et Dalila
Atto II - Samson recherchant ma presence...Amour, viens aider ma faiblesse(1964)
Verdi - Un ballo in maschera
Atto I - Re dell'abisso...E' lui, è lui (1965)
Verdi - Aida
Atto IV - L'aborrita rivale...Già i sacerdoti adunansi (con Mario Del Monaco - 1951)
Verdi - Requiem
Liber scriptus (1954)
Vivaldi - Juditha Triumphans
Parte I - In somno profundo(1962)
Elena Nicolai
Bellini - Norma
Atto I - Va, crudele, al dio spietato (con Franco Corelli - 1953)
Cilea - Adriana Lecouvreur
Atto II - Acerba voluttà (1952)
Giordano - Fedora
Atto II - Loris Ipanoff, oggi lo Zar(con Beniamino Gigli - 1951)
Mascagni - Cavalleria rusticana
Voi lo sapete, o mamma (1953)
Spontini - La Vestale
Atto I - E' l'Amore un mostro, un barbaro(1951)
Verdi - Oberto, conte di San Bonifacio
Atto II - Oh! Chi torna l'ardente pensiero(1951)
Verdi - Don Carlo
Atto III - O don fatale (1954)
Verdi - Aida
Atto IV - Già i sacerdoti adunansi (con Mario Filippeschi - 1951)
Vivaldi - Juditha Triumphans
Parte I - In somno profundo(1941)
Wagner - Lohengrin
Atto II - Elsa!...Chi è là? (con Renata Tebaldi - 1954)
Vogliamo perciò dedicare alcune riflessioni a due voci di mezzosoprano che hanno calcato i palcoscenici internazionali in periodi diversi, con diversa natura ma simile repertorio: Oralia Dominguez ed Elena Nicolai.
Oralia Dominguez studia al Conservatorio Nazionale di Mexico City debuttando dapprima in piccoli ruoli come il Musico della Manon Lescaut e poi ne La Demoiselle élue di Debussy. Subito dopo cominciano i debutti operistici che la portano alla ribalta internazionale non solo a Mexico City e nel Sudamerica ma in tutta Europa, dove debutta già nel 1953 come Principessa di Bouillon alla Scala di Milano. Canta da subito nei principali teatri europei, a Londra, a Vienna, a Parigi, partecipa più volte al Festival di Glyndebourne con Vittorio Gui e a quello di Salisburgo sotto la direzione di Herbert von Karajan, tappe di una carriera che si snoda per l'arco di più di venti anni.
E' dotata di una voce bellissima e ampia di natura, da vero mezzosoprano tendente al contralto, per la grande facilità ed estensione del registro grave, sempre doviziosamente sollecitato, al punto da pregiudicare la saldezza di quello acuto, a volte duro e fisso.
Ascoltarne le interpretazioni oggi può risultare molto interessante. Se non ci troviamo di fronte ad un'interprete raffinata, possiamo però sentire una voce baciata dalla natura, non sprovvista di tecnica, e un'interprete che ricorre sì a vezzi e a vecchi stilemi interpretativi di stampo verista, ma sa anche adattare il proprio strumento alle diverse esigenze dello spartito e dei compositori nonchè del momento drammatico, insomma una cantante che sa alternare i momenti di massimo temperamento alla compostezza vocale.
Una delle prime e più facilmente reperibili interpretazioni è la celebre Amneris al Palacio de Bellas Artes di Mexico City, cantata accanto a Maria Callas, Mario Del Monaco, Giuseppe Taddei e con la direzione di Oliviero de Fabritiis. A parte lo splendore del mezzo vocale dell'allora giovanissima Dominguez, l'interpretazione può essere deludente, soprattutto per il gusto. La Dominguez tende infatti ad essere interprete "generosa": siamo molto lontani dal modello sontuoso e composto della Stignani, il canto è sicuramente più vicino a stilemi veristi, sia per il gusto appunto, sia per quanto concerne la tendenza a gonfiare copiosamente il centro e i gravi, in natura già massicci. La voce risulta comunque bella, facile e ampia, i centri sontuosi, i gravi imponenti e l'interprete, pur aprendo a volte i suoni e risultando di conseguenza fissa (vale l'esempio della frase E nunzia di perdono), non è volgare, si sforza di fraseggiare badando alla situazione drammatica e ai segni d'espressione dello spartito, coronando la scena con acuti un pò spinti ma grandi e sonori.
Diverso terreno di prova è l'Agnus Dei della Petite Messe Solennelle, che vede invece una bravissima interprete nella Dominguez. La linea vocale è morbida e facile, il centro è mantenuto leggero e la voce ne risulta di conseguenza più bella, permettendo alla cantante di scendere alle note gravi, i vari si e la naturali sotto al rigo, senza forzature, in modo morbido ed omogeneo. Risulta attenta anche alla dinamica prevista da Rossini, che chiede al mezzosoprano di smorzare e rinforzare intere frasi durante l'intero arco del brano.
In un brano non operistico relativamente poco conosciuto all'epoca dell'incisione la Dominguez appare molto più valida, perché diverso risulta il gusto, assai composto, dell'esecuzione. Anche in questo caso ad una voce sontuosa come quella della Dominguez basta poco nel mantenere l'emissione morbida per conferire alla pagina la sontuosità e la bellezza che richiede, e che non tutti le esecutrici sanno dare.
Molto bello è anche il Liber scriptus della Messa da Requiem, inciso nel 1954 con la direzione di Victor de Sabata. Quest'esecuzione impone un raffronto con quella del 1940 diretta dallo stesso de Sabata, interprete Ebe Stignani, e il parallelo vede soccombere la Dominguez per la minore morbidezza d'emissione e persino per la minore ampiezza nel reggere la lentezza del tempo imposto da de Sabata alla sezione centrale, che porta al forte sul la bemolle acuto, meno sicuro e pieno in termini di suono nel caso del mezzosoprano messicano. Ciononostante abbiamo una grande esecuzione, ottima per gli standard odierni. Innanzitutto perchè si apprezza la vera voce di mezzosoprano, magnifica, e poi perché la cantante sa variare la dinamica in tutte le zone della voce e produce in basso suoni corposi e timbrati, sebbene un poco gonfiati.
Come Principessa di Bouillon la Dominguez è più nel suo terreno interpretativo. Immaginiamo anche la presenza scenica: ricordiamo che la Dominguez era una bellissima donna, il che avrà contribuito ad aumentare il fascino di questa Bouillon. L'ascolto è utile per avere un'idea dell'ampiezza della voce, più che notevole, unita alla bellezza del timbro. In una parte simile si può indulgere nel vezzo di gonfiare i centri e le note gravi, ma è giocoforza farlo con un mezzo che sia imponente e ampio per natura, dai grandi armonici. Occorre altresì che l'emissione non sia solo marcatamente e volgarmente di petto ma che la cantante, com'è il caso della Dominguez, sia capace di produrre suoni sonori e morbidi, oltre che di sovrastare l'orchestrale in qualsiasi zona della voce. Anche se ovviamente questo vezzo porta sempre con sé dei rischi, come quello di rendere difficile la salita agli acuti. In questo problema incappa anche la Dominguez, che risulta fissa nella parte finale dell'aria.
Molto interessante, per certi versi soprendente è il rondò di Isabella dell'Italiana in Algeri, che la Dominguez eseguì a Bregenz nel 1962 diretta da Vittorio Gui. Nel recitativo la voce è mantenuta più leggera rispetto al solito, cosa che giova all'esecuzione, inoltre la Dominguez ha grande incisività d'accento come nella scansione di "patria, dovere, amore". Impressionante l'accento di questa Isabella che sa dare vera grandeur alla frase "e alle vicende della volubil sorte" con salita all'acuto sicurissima e scala discendente morbida e piena. Nella parte iniziale del rondò esegue in maniera abbastanza pulita le volatine, perfetto il trillo su "caro ti parli in petto". Questa occasionale Isabella porta in dote al personaggio una voce da opera seria, magniloquente e bella ed ha una precisione esecutiva maggiore rispetto ai nostri standard, abituati come siamo al gracidare di vocine spoggiate.
La cabaletta è eseguita una volta sola con voce morbida e dall'emissione mantenuta leggera, per permettere una più corretta esecuzione delle agilità, da cui la Dominguez esce a testa alta per concludere con uno sfolgorante si naturale acuto, che non fatichiamo ad immaginare enorme per volume e ampiezza.
Sfidiamo chiunque a trovare oggi una Isabella brava e con voce ampie e bella la metà!
Nell'affrontare la parte della Zia Principessa la Dominguez è avvantaggiata dalla scrittura della parte, che insiste nella zona grave della voce. La Dominguez è bravissima nella scansione, quasi monolitica, delle prime frasi sui mi gravi o del rendere benissimo la prescrizione di "come una condanna" con cui risponde "Di penitenza" alle prime frasi di Suor Angelica, nella bellissima interpretazione di Luisa Maragliano, anch'ella cantante di sicurezza assoluta e professionalità oltre che di grande attenzione allo spartito. Come Zia Principessa la Dominguez non si lascia andare ad effetti di sorta e anzi mantiene le note gravi sempre piene e timbrate, sul fiato, e nell'aria si distingue per la dinamica varia e sfumata, con bei pianissimi come quello su "in colloqui eterei arcani" e il bel crescendo su "com'è penoso, com'è penoso", in cui al crescendo dinamico si unisce lo scurimento della voce, di grande effetto drammatico.
L'aria che Juditha canta mentre si appresta a commettere l'omicidio di Holofernes è caratterizzata da una scrittura grave, che si giova dell'ampiezza in quella zona della voce della Dominguez e della grande bellezza dello strumento. L'emissione e l'esecuzione non saranno in questo brano stilizzati, ma credo che sia più vicina la Dominguez alla poetica di Vivaldi che non i sopranini camuffati da mezzosoprani che in questo repertorio siamo costretti oggi ad ascoltare.
Elena Nicolai nasce come Elena Stojanka Savova Nikolova a Tsevoro in Bulgaria. Dapprima studia Filosofia negli Stati Uniti, in seguito si trasferisce a Milano per studiare canto ed è' col nome originale che debutta nel 1932 come Maddalena, uno sfortunato debutto che la convince a studiare ancora prima di debuttare ufficialmente con nome di Elena Nicolai nel 1938 a Napoli nei panni di Annina del Cavaliere della Rosa. Presto arriva alla Scala, nel 1941 come Principessa di Bouillon in Adriana Lecouvreur affermandosi come uno dei più completi mezzosoprani della sua generazione, interpretando con successo Amneris, Azucena, Eboli ma anche opere come La Vestale di Spontini, l'Oberto di Verdi, la prima esecuzione moderna della Juditha Triumphans di Vivaldi sotto la direzione di Antonio Guarnieri nella revisione di Vito Frazzi, Orfeo ed Euridice, insieme a ruoli più sopranili come Santuzza in Cavalleria rusticana e Fedora o addirittura la Brünnhilde wagneriana di Siegfried e Die Walküre.
Cantante più sicura della Dominguez fu sicuramente una delle poche vere alternative ad Ebe Stignani negli anni di attività (sarebbe forse meglio dire impero) di quest'ultima. Il confronto con la Dominguez mostra sicuramente una cantante di timbro magari meno bello e particolare ma con una maggiore sicurezza tecnica, soprattutto nella zona acuta della voce, sempre facilissima e imponente, così come la Nicolai è sempre stata più ortodossa nell'emissione dei suoni dell'ottava bassa.
Interessantissimo è iniziare l'ascolto di Elena Nicolai proprio dal ruolo di Fedora, di cui ci rimane testimonianza di un live da Rio de Janeiro in compagnia del divo Beniamino Gigli. L'esecuzione, di prim'ordine, si segnala fin dall'inizio per lo slancio e la grande maestosità del mezzo vocale sulle prime frasi acute, perentorie. Nello snordarsi del duetto la Nicolai mostra di volta in volta attenzione come interprete, differenziando per esempio l'accento di "l'uomo turpe o più infelice" dove un termine è reso in forte e l'altro tramite un pianissimo. La voce sa sempre addolcirsi e dare colore all'ira e all'amarezza di Fedora nell'apprendere del tradimento e della vendetta di Loris. Da segnalare ancora il bellissimo pianssimo, sostenuto e pieno di Non parto più, un'altra madre. Ai meravigliosi interventi di Gigli, che dà una lezione a tutti i tenori che verrano dopo di lui nell'esecuzione di Vedi io piango (dove ad onta dei celebri singhiozzi abbiamo una voce ancora bellissima, sonora e timbrata), la Nicolai risponde col canto spiegato di Lascia che pianga per unirsi a Gigli nelle frasi finali, in cui ascoltiamo vere voci solide, squillanti, sempre sopra l'orchestra di Giordano, senza ricorrere ad effetti o effettacci di sorta, perfette nel rendere il momento drammatico rappresentato dal duetto fra i due protagonisti.
Nella Juditha Triumphans la Nicolai affronta il brano con un tempo più lento rispetto alla Dominguez, della quale sfoggia un'emissione più composta e una linea di canto più solida, mentre l'esecuzione in generale è di stampo più sacrale. La voce è imponente, forse un poco matronale, certamente sontuosa per la pagina e per Vivaldi.
Celeberrima Ortruda, la Nicolai tenne il monopolio del ruolo per almeno un ventennio e l'audio ne dimostra le ragioni, non solo nella celebre invocazione, in cui la Nicolai sfoggia protervia d'accento unita a sicurezza in tutta la gamma della voce (dalla zona grave agli splendidi e sicuri la naturali e la diesis),ma anche nel resto del duetto, in cui il personaggio è delineato in modo luciferino ma senza indulgere a scompostezze di alcun tipo, mantenendo sempre l'eleganza dell'accento nel misurarsi con la bellissima linea vocale della Tebaldi nei panni di Elsa.
Grandissima l'esecuzione del duetto con Pollione, che vede la Nicolai nel proprio elemento naturale, stante la tessitura acuta di Adalgisa, d'altronde un suo cavallo di battaglia. Bellissimo è il sol tenuto di "innocente" e la seguente discesa al do sotto al rigo, eseguita a mezzavoce dopo il forte iniziale. Le quartine di "cielo e dio ricopre un vel" non sono precisissime ma dalla loro esecuzione la Nicolai esce piuttosto bene: sebbene un po' cempennate, sono coronate da due la bemolle imponenti per sonorità e bellezza. Da segnalare come nel finale del duetto all'unisono con Corelli la Nicolai copra il collega con irrisoria facilità e non solo nello scintillante si bemolle finale, ancora una volta sonorissimo e magnifico per pienezza di suono e squillo.
Come Amneris la Nicolai è di gusto più sobrio e composto della Dominguez, è molto sobria nella prima parte e trova il meglio della sua esecuzione nello slancio di "Chi ti salva sciagurato", dove la voce si distungue per sonorità ed incisività dell'accento. I due si bemolli delle ultime frasi sono splendidi per sicurezza e pienezza di suono, oltre che tenuti con grande facilità, e danno filo da torcere al non certo poco squillante Mario Filippeschi.
Altro cavallo di battaglia della Nicolai fu il ruolo di Eboli, di cui fu grandissima interprete e la migliore alternativa ad Ebe Stignani negli stessi anni.
Tutta la prima parte dell'O don fatale è cantata in souplesse, con emissione morbidissima, senza traccia di sforzo. La frase "ti maledico o mia beltà" è affrontata come una vera prodezza non solo per l'impressionante do bemolle squillante e tenuto, ma anche per come scende al seguente do bemolle sotto al rigo rendendo ampia la frase, quasi rallentando. Splendido è poi il cantabile, dal legato perfetto e in cui possiamo apprezzare la voce, sempre omogenea e dal colore inalterato nello scendere sotto al rigo. E va da sé che la Nicolai risolve con la consuetà facilità le acute frasi finali.
Nell'aria della Gran Vestale si impone il confronto con Ebe Stignani, che di questo ruolo è stata sicuramente la più grande ed impressionante interprete moderna. Alla Nicolai va l'onore e il merito di offrire l'esecuzione che più di tutte si avvicina a quella della Stignani, pur non raggiungendo lo stesso vertice d'eccezionalità. La voce infatti sovrasta il pieno orchestrale nelle frasi basse come negli slanci acuti di "il trono orribile sulle tombe". Nella sezione centrale la Nicolai sa essere morbida nel raccogliere la voce nel mezzoforte con cui si rivolge amorevolmente alla giovane vestale per tornare imponente nella sezione finale, dove si apprezza la solidità del registro grave unita a quello acuto, come sempre sfolgorante. Raffrontando i due ascolti si può convenire che la Nicolai sia meno impressionante della Stignani, certo è però che solo a quest'ultima la Nicolai può essere seconda in questo ruolo.
Discorso analogo può essere fatto per l'aria e cabaletta di Cuniza che apre il secondo atto di Oberto conte di San Bonifacio, scena anch'essa eseguita da Ebe Stignani alla RAI e di cui ci rimane fortunatamente testimonianza. Alla Rai la Nicolai fu Cuniza nell'esecuzione dell'opera completa accanto a Maria Vitale (mentre la Stignani nello stesso anno cantava Cuniza accanto a Maria Caniglia e Tancredi Pasero alla Scala). Dal maestoso recitativo iniziale passiamo al cantabile, in cui la Nicolai è capace di ben eseguire le volatine, tra cui quelle di "qui m'apparve". Ancora una volta la voce risulta ampia, bella e sontuosa, capace di donare tutta la regalità necessaria al personaggio e al momento drammatico, mantenendo sempre l'omogeneità dell'emissione nel passare dalle note centrali a quelle sotto al rigo. Nella cabaletta sono belli i trilli e la compostezza con cui la voce scende dai fa acuti ai copiosi si naturali sotto il rigo. Anche le quartine di "pari a quello dell'amor" risultano bene eseguite (meglio che in Norma), così come altrettanto ben eseguite, tanto da ricavarne perlomeno l'onore delle armi in termini di canto d'agilità, le quartine conclusive che portano sempre a ribattere su si naturali gravi, eseguiti con suoni timbrati e raccolti, prima dello scintillante si naturale acuto finale. L'esecuzione di Ebe Stignani sicuramente si segnala per una maggiore eleganza di linea, morbidezza della voce ed emissione maggiormente rifinita oltre che per il canto d'agilità più fluido, ma appunto la Nicolai solo al "monstrum" Stignani può essere seconda.
Gli ascolti
Oralia Dominguez
Cilea - Adriana Lecouvreur
Atto II - Acerba voluttà (1951)
Puccini - Suor Angelica
La principessa Clara, vostra madre (con Luisa Maragliano - 1963)
Rossini - L'Italiana in Algeri
Atto II - Amici, in ogni evento...Pensa alla patria (1962)
Rossini - Petite Messe Solennelle
Agnus Dei (1955)
Saint-Saens - Samson et Dalila
Atto II - Samson recherchant ma presence...Amour, viens aider ma faiblesse(1964)
Verdi - Un ballo in maschera
Atto I - Re dell'abisso...E' lui, è lui (1965)
Verdi - Aida
Atto IV - L'aborrita rivale...Già i sacerdoti adunansi (con Mario Del Monaco - 1951)
Verdi - Requiem
Liber scriptus (1954)
Vivaldi - Juditha Triumphans
Parte I - In somno profundo(1962)
Elena Nicolai
Bellini - Norma
Atto I - Va, crudele, al dio spietato (con Franco Corelli - 1953)
Cilea - Adriana Lecouvreur
Atto II - Acerba voluttà (1952)
Giordano - Fedora
Atto II - Loris Ipanoff, oggi lo Zar(con Beniamino Gigli - 1951)
Mascagni - Cavalleria rusticana
Voi lo sapete, o mamma (1953)
Spontini - La Vestale
Atto I - E' l'Amore un mostro, un barbaro(1951)
Verdi - Oberto, conte di San Bonifacio
Atto II - Oh! Chi torna l'ardente pensiero(1951)
Verdi - Don Carlo
Atto III - O don fatale (1954)
Verdi - Aida
Atto IV - Già i sacerdoti adunansi (con Mario Filippeschi - 1951)
Vivaldi - Juditha Triumphans
Parte I - In somno profundo(1941)
Wagner - Lohengrin
Atto II - Elsa!...Chi è là? (con Renata Tebaldi - 1954)
2 commenti:
Tutto molto interessante, davvero. Grazie per gli splendidi ascolti.
Ho solo una piccola nota da fare: l'aria di Neris non è cantata dalla Dominguez, bensì dal mezzosoprano Marie-Luise Gilles. Difatti al primo ascolto di questa registrazione di Medea, pur essendo annunciata la Dominguez addirittura dalla speaker radiofonica, non riconobbi il timbri così particolare del mezzosoprano messicano. Una visita al sito www.operadis.com mi ha illuminato in tale senso. Probabilmente la Dominguez, indisposta, fu sostituita all'ultimo momento e il rimpiazzo non fu comunicato alla radio olandese.
Ancora grazie per tutto, buon proseguimento, Federico.
Grazie per la correzione. Mi sono lasciato trarre in inganno da questa registrazione, rimedierò subito all'errore, di cui mi scuso profondamente.
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