sabato 6 giugno 2009

Aida in Scala - prima puntata

Il venti giugno prossimo alla Scala ritorna Aida. Fu il titolo inaugurale della stagione 2006-'07. Fu una serie di recite, che presentarono, come si conviene quando la proposta è un titolo non facile da allestire (domanda: "ma quale è oggi il titolo facile?") quando le scelte sono in origine censurabili una serie di problemi.
Alle recite pregresse il furore del pubblico e della stampa si scatenò sul protagonista prescelto il cui abbandono improvviso, dopo una lievissima riprovazione alla sortita, fu fonte di fondate illazioni.
Con siffatta bagarre e capro espiatorio gli altri "portarono la pelle a casa". Eppure la protagonista prescelta era periclitante sempre sul famoso do dei "Cieli azzurri" e decisamente insufficiente per la parte, carente di ampiezza, volume, varietà di fraseggio. Insomma indecente.
Eppure, sia pure per le riprese, ci verrà riproposta. Misteri!!!! Misteri quanto meno dolenti se si pensa che la signora fu anche propinata al pubblico scaligero nel ruolo di Lady, la cui formidale esibibizione le costò, si mormora quello di protagonista del capolavoro belliniano.

La prima produzione del Novecento alla Scala debutta il 18 dicembre 1904, inaugurazione della stagione di Carnevale e Quaresima. Seguiranno diciotto repliche fino al mese di Marzo del 1905 con la direzione di Cleofonte Campanini. Accanto ai Radames di Emilio de Marchi e Angelo Gamba, le Amneris di Virginia Guerrini e Rosa Olitzka, Mansueto Gaudio e Riccardo Stracciari come Ramfis e Amonasro il ruolo della protagonista fu affidato a due singolari ed importanti cantanti del tempo, Celestina Boninsegna e Giannina Russ.
La prima aveva già al suo attivo una certa fama e alcuni anni di carriera. La seconda aveva debuttato, non giovanissima, però, solo nel 1903. Entrambe debuttavano alla Scala, dove la Russ nella stessa stagione canterà Tannhäuser accanto a Leo Slezak, il Mosé di Rossini e Le Nozze di Figaro come Contessa d'Almaviva. Di entrambe abbiamo testimonianza di estratti dell'opera e l'ascolto permette di confrontare due cantanti contemporanee, grandi interpreti, ma in diversi modi. La carriera discografica di Celestina Boninsegna fu molto fortunata perchè, a differenza di quas tutti i soprani drammatici, la voce risultava particolarmente fonogenica, il che le permise di incidere numerosissimi dischi, e i due brani di Aida ne sono una testimonianza. La voce è sicura al centro e sugli acuti (i si e la bemolli presenti in Ritorna vincitor e il do dei "Cieli azzurri" sono un'ottima testimonianza) e pur ricorrendo al registro di petto nelle note basse (probabilmente più una scelta stilistica che una necessità tecnica) bisogna rilevare come il suono di queste sia sempre perfettamente timbrato, immascherato ed "alto". L'interprete risulta meno fantasiosa rispetto alle colleghe contemporanee e successive. Forse in questo possiamo rilevare l'unico vero limite dell'Aida della Boninsegna, insieme ad una gestione della dinamica meno varia anche rispetto alla stessa Russ, che nell'eseguire gli assoli di Aida e il duetto con Amonasro si mostra come una delle più grandi cantanti del XX secolo, vera erede del modello di quello che trattati di canto e recensioni indicano come il canto ottocentesco. All'ascolto la voce della Russ risulta di migliore qualità rispetto alla Boninsegna e la tecnica potremmo definirla senz'altro più moderna (o antica?) nell'evitare le "sgrammaticature" derivate dai dettami del gusto verista. Il centro è sicurissimo e la voce non conosce disomogeneità nello scendere alla zona grave della voce, in cui il suono è sempre morbido, pulito, senza alcuna inflessione di petto. L'interprete in Ritorna vincitor è molto castigata, ma efficace, come per esempio nel rispettare la prescrizione di "triste e dolce" de I sacri nomi, reso già dall'emissione e dall'inflessione della voce. Quanto ai "Cieli azzurri" quella della Russ è sicuramente una delle migliori esecuzioni proposte per l'esecuzione legatissima in tutto il brano, la voce sempre dolce, dolente, rispettosa della dinamica e delle acciaccature e capace di salire al do con sicurezza, rispettando la legatura prevista sulle note precedenti (dal mi bemolle al la bemolle) e il crescendo (prendendo fiato, come tutte le sue colleghe, prima del si bemolle). E' poi bellissima la grande messa di voce che effettua sul la dell'Oh patria mia finale e sull'ultimo la naturale, eseguito con un perfetto pianissimo. Il duetto inciso con Antonio Magini-Coletti, Amonasro alla Scala già nel 1886 è utile innanzitutto per sentire un padre di Aida che, anziché sbraitare, si esprime con il canto, un canto d'alta scuola, un'emissione morbidissima di cui si è persa ormai ogni traccia e che rende il personaggio nobile senza togliere nulla in autorità, regale e paterna. Questo Amonasro, insomma, è parente stretto del Nelusko di Africana come la grande tradizione voleva. Anche in questo duetto Giannina Russ mostra le sue doti di cantante d'altissima scuola per emissione, omogeneità, lucentezza della voce, sempre chiara, ma ampia, capace di un legato sicurissimo coronato da suoni di estrema dolcezza, che rendono il carattere ora trasognante ora dolente del personaggio in colloquio col padre. Valga ad esempio il differente tono con cui la Russ interpreta il prescritto "con trasporto" di Un giorno solo di sì dolce incanto e il seguente cantabile, spiegato, di "Deh fate o Numi".

Nel 1907 Aida torna alla Scala sotto l'egida di Toscanini nella sua prima esecuzione del titolo alla Scala insieme ad una delle primedonne più amate dal pubblico milanese dell'epoca, Eugenia Burzio. La Burzio è stata senz'altro una delle Dive veriste per antonomasia,trasferendone i canoni interpretativi anche in opere di periodi precedenti, etranei al Verismo. Nella Burzio infatti troviamo una serie di elementi che sicuramente oggi riteniamo lontani dall'odierno gusto (che poi è capace di sopportare ben diverse e peggiori volgarità, oltre che veri e propri strazi sonori) come la dizione artefatta, l'inserimento di singhiozzi, l'indulgere nelle note di petto a mo' di effetto drammatico. Rilevati questi unici limiti di gusto bisogna dire che, pur in un'esecuzione molto diversa da quella della contemporanea Russ, la Burzio esegue uno splendido "O patria mia". E' bellissimo l'attacco con messa di voce e tutta la prima frase, permeata da grande malinconia e cantata con un effetto di morendo del suono veramente efficace.
La stessa voce è corposa, bella per timbro e ampia, sontuosa e la cantante ha una ragguardevole sicurezza: non manca infatti mai nell'uso dei pianissimi e di mezzevoci mentre, arrivata al do, lo esegue bene ma forte, con la tradizionale presa di fiato prima del si bemolle e senza rispettare il "senza affrettare" della frase seguente. L'ultima frase viene cantata benissimo dalla Burzio, che attacca piano per poi rinforzare il la di "Oh patria mia", esegue l'allargando sulle note gravi di "mai più ti rivedrò" e risolve esattamente come la Russ la legatura all'ultimo la naturale, pianissimo.

Nel 1913 tre Aide si alternarono per le rappresentazioni del centenario della nascita di Verdi, Cecilia Gagliardi, importante soprano dell'epoca, Borghild Langaard e Elena Ruszkowska direttore di quelle rappresentazioni insieme a Riccardo Dell'Era. Di queste cantanti purtroppo non abbiamo reperito testimonianza sonora. Quanto alla "romanissima" Cecilia Gagliardi, però, per farsi una idea di voce (terrenziale) ed interpretazione (fremente e drammaticissima, secondo il canone dell'epoca) basta leggere Giacomo Lauri-Volpi nelle sue "Voci parallele", con una attentissima disamina della onerosità del terzo atto proprio di Aida.

La ripresa del 1916 vede sul podio Gino Marinuzzi e come Aida due interpreti, di cui una è fondamentale per la storia del personaggio : Rosa Raisa, alternata a Laura Cirino. Rosa Raisa insieme a Giannina Russ è chiaro esempio del modello di canto ottocentesco, fu infatti allieva di Barbara Marchisio. E il gusto e la scuola della primadonna rossiniana sono ben più evidenti nella Raisa che nella Toti, l'allieva pù celebre della Marchisio.
La voce della Raisa, ampia, sonora, è sempre mantenuta di colore chiaro e posizione altissima, sempre perfettamente a fuoco. Rispetto al fraseggio della Burzio la Raisa è senz'altro meno espressiva o per lo meno lo è diversamente. E' espressiva per virtù canora, in modo belcantistico, l'esecuzione dei brani incisi è, infatti, pressochè perfetta, la voce non incontra difficoltà in nessun punto della tessitura, non soffre negli slanci drammatici del Ritorna vincitor (purtroppo inciso accorciato) ed esegue con grande facilità sia "O cieli azzurri" - dove non solo il do è eseguito senza fatica alcuna, ma tutto il brano è una vera lezione di canto per la morbidezza e la lucentezza della voce, che si percepisce appunto sonora e ampia, e per l'uso delle mezzevoci, timbrate e sonore, sempre e costantemente sul fiato - sia nel duetto finale con Giulio Crimi (suo partner anche alla Scala e a Buenos Aires) dove la Raisa, autentico soprano drammatico nonostante il colore marcatamente chiaro, esce indenne dall'esecuzione degli staccati di "Vedi di morte l'angelo", punto di grande difficoltà per quasi tutte le Aide, che il soprano polacco esegue con sicurezza, mantenendo la voce sempre sicura, salda, perfettamente appoggiata. L'accento, sempre castigato e nobile, è molto efficace nel duetto con Radames, soprattutto per il tono malinconico e dolente delle prime frasi. Molto bravo anche Giulio Crimi come Radames, capace di smorzare i si bemolle e di cantare in maniera efficace e sicura, pur non rispettando, come invece fa la Raisa, il previsto dolcissimo per l'ultimo si bemolle che chiude il duetto.

Nella stagione del 1918 invece Aida alla Scala viene affidata alla possente voce di Tina Poli-Randaccio, soprano drammatico di grande fama e lunga ed onorata carriera e a Gemma Lebrun, rinomata interprete di Aida in quegli anni.
Voce importante, con inflessioni scure nel timbro, interprete per antonomasia di Fanciulla del West, ma anche di Trovatore, Norma e Ugonotti, Tina Poli-Randaccio consegna al disco un bellissimo Ritorna vincitor, in cui possiamo sentire una voce veramente sontuosa che non manca mai dello slancio che alcune frasi richiedono (i sol di Struggete per esempio, facili e squillanti), capace di smorzare i suoni, di attaccare piano il la bemolle di "Come sogno beato" e di eseguire una perfetta messa di voce su "Ah non fu in terra mai". Il duetto con Amneris inciso accanto a Maartje Offers vede la Poli-Randaccio interprete dall'accento controllato, raccolto, dalla linea di canto sempre morbida e sicura, in ispecie per il legato della sezione lenta, magistrale nel dosare i suoni nelle frasi centrali e basse. Grande sicurezza anche nella sezione finale dove con facilità tiene testa ad Amneris, fino all'esecuzione perfetta del do tenuto e dell'ultimo si bemolle, impressionanti per sonorità e slancio. Rispetto alla Raisa e alla Russ la cantante non ha certo di che temere in quanto a sicurezza tecnica e l'interprete può senz'altro dirsi varia ed appropriata alle esigenze del ruolo e dello spartito, caratteristiche che rendono la Poli-Randaccio una delle più grandi Aide che l'ascoltatore possa incontrare.

Dopo la Poli-Randaccio Aida torna alla Scala dopo breve tempo, nel 1923 sotto la direzione di Arturo Toscanini e con le Aide di Isora Rinolfi, Irma Viganò e
Maria Carena in un cast che comprendeva Aureliano Pertile e Giuseppe Redaelli, le Amneris di Gabriella Besanzoni, Maria Capuana ed Elvira Casazza, Benvenuto
Franci ed Ezio Pinza. Irma Viganò e Maria Carena saranno interpreti di Aida alla Scala ancora nel 1926, mentre nel 1925 debutta alla Scala un'Aida di lungo corso nel teatro milanese cui dedicheremo una puntata speciale: Giannina Arangi-Lombardi.


Gli ascolti

Verdi - Aida


Atto I

Ritorna vincitor - Giannina Russ (1905), Celestina Boninsegna (1909), Tina Poli-Randaccio (1919), Rosa Raisa (1923)

Atto II

Fu la sorte dell'armi - Maartje Offers & Tina Poli-Randaccio (1923)

Atto III

O patria mia - Giannina Russ (1905), Celestina Boninsegna (1909), Eugenia Burzio (1910), Rosa Raisa (1923)

A te grave cagion...Rivedrai le foreste imbalsamate - Antonio Magini-Coletti & Giannina Russ (1905)

Atto IV

La fatal pietra...O terra addio - Giulio Crimi & Rosa Raisa (1923)

5 commenti:

Tamberlick ha detto...

Grazie per aver messo gli ascolti della Poli - Randaccio!!! un grazie di cuore davvero!

Tamberlick ha detto...

... E chiedo troppo a sperare che un giorno dedicherete alla Poli un articolo ad hoc?

Antonio Tamburini ha detto...

Caro Tamberlick, presto o tardi don Domenico Donzelli arriverà, nella sua indagine sui soprani pre Callas, ad occuparsi anche della signora Poli Randaccio :)

Tamberlick ha detto...

Attenderò con ansia! In effetti l'attendevo proprio tra gli articoli dedicati al soprano prima della Callas... Anzi: ci speravo proprio.
Non ho mai capito come possa essere sparita la signora Poli Randaccio dagli odierni riversamenti in CD. Come ebbi già modo di ricordare, la mia maestra, che fu allieva negli ultimi tre anni di vita del grande soprano ferrarese, ebbe modo di dirmi che incise pure molto. Mah... vabbé.
Tra le altre cose, altra allieva della Poli fu Anita Corridori... di cui avete parlato un po' di tempo fa.

Domenico Donzelli ha detto...

caro tamberlick
consultando le grandi voci dei soprani di forza del primo ventennio del secolo passato la Poli Randaccio fu quella che incise meno dischi in tutto fra acustici ed elettrici una ventina di facciate o poco più.
Ed è un peccato. Fra l'altro non ebbe la carriera internazionale di una Russ o la fama di innovatrice della Burzio. In compenso la sua fu una carriera lunghissima, perchè trent'anni fra Gioconde, tardo Verdi sino alla Turandot si giustificano con un mezzo di qualità ed una professionalità che adesso definiamo "d'altri tempi"
come ho detto in chat tenuto conto della teoria di cantanti e della necessità su alcune di esse di una analitica disamina credo che il turno della Poli Randaccio sia verso il 2012!!!!!!
ciao dd