Il terzo titolo verdiano della stagione scaligera è stato, sotto il profilo qualitativo, peggiore di quello che ha inaugurato la stagione. Se il Don Carlo inaugurale prestava il fianco a critiche, l’Aida di ieri sera era della medesima qualità. Ed i peggiori torti vanno imputati, anche in questo caso, alla direzione d’orchestra. Del sempre più imperante ed imperversante, quale direttore, solista e chissà quando regista, Daniel Barenboim.
La performance di ieri sera si riassume con la definizione di “un’Aida da teatraccio tedesco”.
Si può sempre discutere, ed all’infinito, sulle scelte di tempi, ma non si può accettare un'incostante incoerenza non solo fra i singoli pezzi, ma all’interno degli stessi. A solo titolo di esempio: abbiamo avuto un terzetto iniziale rallentato, una sezione iniziale della marcia trionfale con trombe dai vari colori opéra-comique, per avere poi un primo quadro del secondo atto (il boudoir di Amneris) dai suoni rozzi e volgari, non certo consoni al clima salottiero che Verdi dedica alla corte. Potrebbe trattarsi di un suk di Algeri o Tunisi. Per contro la sezione conclusiva del trionfo è stata rumorosa e fragorosa, come pure piatto, senza colori, tutto il terzo atto e la scena della morte degli infelici amanti all’interno della tomba. Ma le incoerenze della direzione, raffazzonata e affrettata, tragicamente priva del “mestiere” dei Serafin, dei Votto, dei Panizza e dei Bellezza, si sono manifestate anche all’interno dei singoli numeri, per cui, sempre a titolo esemplificativo, avevamo un pesante e sonoro accompagnamento di tromba, nel passo di “Nel fiero anelito”, pergiunta non a tempo con il tenore. Peraltro i fiati e i legni, sia in scena che fuori, per tutta la serata se ne sono andati “per conto loro” e non è che gli archi iniziali fossero per certo una meraviglia. Peraltro va anche aggiunto che con la compagnia di canto raccogliticcia di cui la Scala disponeva neppure i sopra citati “praticoni” avrebbero fatto miracoli. Una cosa è evidente, però, il maestro Barenboim crede che per questi titoli valgano i principi di quelli wagneriani. Come pure è altrettanto evidente che da parte del direttore non vi sia alcuna considerazione, stima e amore per il melodramma italiano, e che la scelta di questa direzione nasca più da necessità commerciali e di difesa, che posizioni acquisite o acquisende. Il teatro ha silenziosamente ascoltato la rappresentazione, riservando al direttore e concertatore una cospiscua riprovazione allorquando lo stesso si è presentato da solo al proscenio al termine dello spettacolo. E ci domandiamo, girando il quesito a chi legge, se lo abbia fatto per riconoscere la propria esclusiva responsabilità o viceversa per raccogliere quello che credeva il suo “presunto” trionfo.
La circostanza che per l’intera serata non vi fossero stati dissensi (salvo qualche buu all’indirizzo di Anna Smirnova al termine della scena del giudizio, peraltro passata sotto il più assolto silenzio, platea e palchi ghiacciati dalla sua prova ), ci fa propendere per la seconda ipotesi.
Quanto allo spettacolo di Zeffirelli, rimane una colorata parodia dello stile del regista toscano, in quest’occasione un po’ ripulita da certi tocchi di kitch parossisitico (o di involontario comico), come quella coppia di giganteschi “arcangeli” che andavano su e giù un paio di volte nella serata et consimilia.. Non la summa del suo gusto e della sua estetica, bensì la parodia. Visto una volta, questo allestimento è più che sufficiente: anche noi a Milano avremmo gradito poter dare un’occhiata alla ripresa dell’allestimento della De Nobili (1963) che andrà in tourneè. Ed invece no, anche in questo i milanesi debbono fare penitenza, forse perché infliggendogli uno degli allestimenti più brutti della storia è più facile convincerli che la modernità intellettuale, di importazione franco tedesca, che la dirigenza del teatro ci impone è preferibile della nostra italiana tradizione.
Ritornando alle parodie, vi dicevo, ne abbiamo viste e sentite molte anche in scena.
La prima e più evidente, quella di Anna Smirnova-Amneris. Voce di mezzosoprano acutissimo o forse di soprano, assolutamente insipiente di qualunque cognizione tecnica, a partire dalla respirazione, esibisce suoni bassi uterini e grotteschi, centri vuoti e bianchi, spesso sussurrati, acuti gridati e ghermiti. Non è una cantante che canta “male” come Elena Obraztsova, è una principiante che rifà malamente il verso alla stessa, senza averne lo splendore dello strumento. Ha trasformato Amneris in una protagonista di casta assai inferiore a quella della figlia del faraone, non disponendo nemmeno di grande presenza scenica. Ha cantato a squarciagola i difficili attacchi di “Ah vieni, vieni amor mio” dell’atto II, aggredendo con fastidiosa sguaiataggine Aida ( per nulla convincenti poi sibili sussurrati su “Radames ..vive!, nel contesto di un fraseggio plebeo, pieno di notacce di petto ….), e completando l’opera in un IV atto davvero incredibile per la volgarità del gusto. Le bacchette, quelle grandi, che amano il canto, sanno bene che è loro compito arginare il cantante quando eccede o non ha i riferimenti esecutivi di ciò che canta. Toccava a Barenboim suggerire una maggior compostezza e sobrietà interpretativa, e questo non è per nulla avvenuto. Incredibile! Forse a questi direttori di oggi basta che la voce ( perché solo per la “voce” paiono essere considerati da loro i cantanti ) stia nei loro tempi e sopporti, come la povera Smirnova, il fracasso e l’assenza di prese di fiato nelle terribili frasi finali di“Anatema su voi…”; che poi le stesse voce non si compongano di un solo suono correttamente emesso è affar che le riguarda solo le orecchie del pubblico. E comunque ci spiace vedere ragazzi giovanissimi, dotati di mezzi ragguardevoli, immessi nei ritmi delle grandi carriere in queste condizioni, senza che nessuno suggerisca loro i parametri e le cognizioni necessarie per costruire una carriera duratura, ma goveranti solo dalla legge dell'usa e getta.
Amanti protagonisti Walter Fraccaro e Maria José Siri.
Il primo dalla voce grossa, spessa e non squillante, di bassa sonorità. Nessuna smorzatura, nessuna dinamica, nessuno squillo nei luoghi deputati. In compenso una cospicua serie di portamenti, anzi…portamentoni!, suoni fibrosi e opachi ed una sensazione di fatica suprema a portare a termine la parte. Ha cantato l’aria, peraltro passata sotto silenzio, sempre avanti alla buca, sperando in un tempo a lui congeniale che, ovviamente, non gli è stata concesso. Inudibile nella scena del tempio, dove non può per forza di cose e posizione scenica, “forare” sul coro. Si è barcamenato nel secondo atto, ed ha letteralmente rincorso la tromba di Barenboim in “Nel fiero anelito”, cantato senza mezza presa di fiato e spazio per salire, con le difficoltà del suo canto, all’acuto. L’ “Oh terra addio” è stato ultimato con sovrumana fatica, con la voce a tratti afonoide, perché la benzina era finita.
La signora Maria José Siri, che sostituiva M. Feubel, che sostituiva la misteriosamente disparita Norma Fantini, porta il nome di quella che fu l’ultima regina d’Italia, meglio nota come la Regina di Maggio, avendo regnato il solo mese di maggio 1946. A suon di Aide e titoli consimili (Trovatore, Ballo e Forza) non potrà certo avere carriera molto più lunga del regno dell’eponima regina. In sostanza, e per farla breve, è una voce da Mimì o da Suzel (dell’Amico Fritz) applicata al pesante strumentale verdiano e dall’inumana lunghezza del title role, il terzo atto soprattutto.
Non posso dire che abbia cantato male, perché a parte i do dell’atto secondo e quello dei “Cieli azzurri”, preso un po’ alla sperainDio, ci ha dispensato da suonacci, effettacci e altre chincaglierie disgustose. E si è sforzata, pur dovendo usare il FF della sua voce, di non gridare. E di questo molto la ringraziamo e ci complimentiamo. E’stata garbata, ma non è voce per Aida. Perciò il personaggio è risultato una miniatura cortese, ma di peso tragico inesistente. Momenti topici, quelli ove l’opera davvero svolta e piega le voci, il terzo atto, in particolare tutti i passaggi gravi e/o tragici del duetto con Amonasro ( come già prima nell’aria le frasi del tipo “….del Nilo i cupi vortici”, con l’orchestrale che si amplia enormemente..) , o la stretta del duetto con Radames “ Si fuggiam….” dove la voce si è fatta piccola e stridula per la fatica. Mai un applauso dopo le arie. Una graziosa A(i)dina, ecco!
Quanto ai gravi maschili, siamo sempre male in arnese.
Che Juan Pons canti ancora e per giunta opere ove la morbidezza del fraseggio è requisito primario è la cartina di tornasole del nostro magro presente. La sua voce dura, rozza, talora anche …buca, è a malapena tollerabile nel Tabarro, e qui è uno spavento. Certo, era la voce più grande del cast, ma…………!!!!!! Le leggendarie frasi che separano i beceri dai nobles seigneurs del canto, tipo “ Dei faraoni tu sei la schiava..!”, sono state un'apoteosi dell’orrore, ancora una volta non arginato da Barenboim. E’ anche andato fuori tempo nel 3 atto,, nelle frasi “ Vien oltre il Nil ne attendono….etc..”
Il Re del nostro affezionato lettore Carlo Cigni, che ha sofferto un tempo bello ma per lui troppo lento nella scena d’ingresso, ed il Ramfis di G. Giuseppini, anche lui poco udibile alla scena del Tempio del primo atto, cantano in modo simile, cioè ingolato. E perciò non hanno l’ampiezza necessaria ai ruoli, perché le voci restano laggiù sul palco. Che i personaggi perdano di maestà e ieraticità è chiaro. Pergiunta Giuseppini ha un timbro ormai senescente.
Pochi applausi alle due striminzite collettive del cast vocale e dure riprovazioni alla bacchetta, che ha fatto l’unica singola della serata.
Attendiamo come al solito che il pubblico scaligero venga riprovato per il suo moto d’orgoglio e dignità sulla stampa collaborazionista, che di certo magnificherà l’evento stigmatizzando l’ignoranza dei contestatori.
PS
A riprova del fatto che il teatro non muore per colpa delle contestazioni ma anche dell’insipienza di chi decide oltre che per la penuria di cantanti, vi mettiamo in parallelo nello stesso brano verdiano, il Liber scriptus del Requiem di Verdi (il solo brano disponibile per entrambe le cantanti) l’Amneris di ieri sera e quella, originariamente prevista in primo cast, poi degradata al secondo nella produzione del 2006.
La prima canta in tutto il mondo, nei principali teatri e con le principali bacchette, la seconda non gode di alcuna considerazione e si esibisce solo in Russia, paese da cui entrambe provengono. Giudicate voi.
Anna Smirnova - Liber scriptus
Irina Makarova - Liber scriptus
La performance di ieri sera si riassume con la definizione di “un’Aida da teatraccio tedesco”.
Si può sempre discutere, ed all’infinito, sulle scelte di tempi, ma non si può accettare un'incostante incoerenza non solo fra i singoli pezzi, ma all’interno degli stessi. A solo titolo di esempio: abbiamo avuto un terzetto iniziale rallentato, una sezione iniziale della marcia trionfale con trombe dai vari colori opéra-comique, per avere poi un primo quadro del secondo atto (il boudoir di Amneris) dai suoni rozzi e volgari, non certo consoni al clima salottiero che Verdi dedica alla corte. Potrebbe trattarsi di un suk di Algeri o Tunisi. Per contro la sezione conclusiva del trionfo è stata rumorosa e fragorosa, come pure piatto, senza colori, tutto il terzo atto e la scena della morte degli infelici amanti all’interno della tomba. Ma le incoerenze della direzione, raffazzonata e affrettata, tragicamente priva del “mestiere” dei Serafin, dei Votto, dei Panizza e dei Bellezza, si sono manifestate anche all’interno dei singoli numeri, per cui, sempre a titolo esemplificativo, avevamo un pesante e sonoro accompagnamento di tromba, nel passo di “Nel fiero anelito”, pergiunta non a tempo con il tenore. Peraltro i fiati e i legni, sia in scena che fuori, per tutta la serata se ne sono andati “per conto loro” e non è che gli archi iniziali fossero per certo una meraviglia. Peraltro va anche aggiunto che con la compagnia di canto raccogliticcia di cui la Scala disponeva neppure i sopra citati “praticoni” avrebbero fatto miracoli. Una cosa è evidente, però, il maestro Barenboim crede che per questi titoli valgano i principi di quelli wagneriani. Come pure è altrettanto evidente che da parte del direttore non vi sia alcuna considerazione, stima e amore per il melodramma italiano, e che la scelta di questa direzione nasca più da necessità commerciali e di difesa, che posizioni acquisite o acquisende. Il teatro ha silenziosamente ascoltato la rappresentazione, riservando al direttore e concertatore una cospiscua riprovazione allorquando lo stesso si è presentato da solo al proscenio al termine dello spettacolo. E ci domandiamo, girando il quesito a chi legge, se lo abbia fatto per riconoscere la propria esclusiva responsabilità o viceversa per raccogliere quello che credeva il suo “presunto” trionfo.
La circostanza che per l’intera serata non vi fossero stati dissensi (salvo qualche buu all’indirizzo di Anna Smirnova al termine della scena del giudizio, peraltro passata sotto il più assolto silenzio, platea e palchi ghiacciati dalla sua prova ), ci fa propendere per la seconda ipotesi.
Quanto allo spettacolo di Zeffirelli, rimane una colorata parodia dello stile del regista toscano, in quest’occasione un po’ ripulita da certi tocchi di kitch parossisitico (o di involontario comico), come quella coppia di giganteschi “arcangeli” che andavano su e giù un paio di volte nella serata et consimilia.. Non la summa del suo gusto e della sua estetica, bensì la parodia. Visto una volta, questo allestimento è più che sufficiente: anche noi a Milano avremmo gradito poter dare un’occhiata alla ripresa dell’allestimento della De Nobili (1963) che andrà in tourneè. Ed invece no, anche in questo i milanesi debbono fare penitenza, forse perché infliggendogli uno degli allestimenti più brutti della storia è più facile convincerli che la modernità intellettuale, di importazione franco tedesca, che la dirigenza del teatro ci impone è preferibile della nostra italiana tradizione.
Ritornando alle parodie, vi dicevo, ne abbiamo viste e sentite molte anche in scena.
La prima e più evidente, quella di Anna Smirnova-Amneris. Voce di mezzosoprano acutissimo o forse di soprano, assolutamente insipiente di qualunque cognizione tecnica, a partire dalla respirazione, esibisce suoni bassi uterini e grotteschi, centri vuoti e bianchi, spesso sussurrati, acuti gridati e ghermiti. Non è una cantante che canta “male” come Elena Obraztsova, è una principiante che rifà malamente il verso alla stessa, senza averne lo splendore dello strumento. Ha trasformato Amneris in una protagonista di casta assai inferiore a quella della figlia del faraone, non disponendo nemmeno di grande presenza scenica. Ha cantato a squarciagola i difficili attacchi di “Ah vieni, vieni amor mio” dell’atto II, aggredendo con fastidiosa sguaiataggine Aida ( per nulla convincenti poi sibili sussurrati su “Radames ..vive!, nel contesto di un fraseggio plebeo, pieno di notacce di petto ….), e completando l’opera in un IV atto davvero incredibile per la volgarità del gusto. Le bacchette, quelle grandi, che amano il canto, sanno bene che è loro compito arginare il cantante quando eccede o non ha i riferimenti esecutivi di ciò che canta. Toccava a Barenboim suggerire una maggior compostezza e sobrietà interpretativa, e questo non è per nulla avvenuto. Incredibile! Forse a questi direttori di oggi basta che la voce ( perché solo per la “voce” paiono essere considerati da loro i cantanti ) stia nei loro tempi e sopporti, come la povera Smirnova, il fracasso e l’assenza di prese di fiato nelle terribili frasi finali di“Anatema su voi…”; che poi le stesse voce non si compongano di un solo suono correttamente emesso è affar che le riguarda solo le orecchie del pubblico. E comunque ci spiace vedere ragazzi giovanissimi, dotati di mezzi ragguardevoli, immessi nei ritmi delle grandi carriere in queste condizioni, senza che nessuno suggerisca loro i parametri e le cognizioni necessarie per costruire una carriera duratura, ma goveranti solo dalla legge dell'usa e getta.
Amanti protagonisti Walter Fraccaro e Maria José Siri.
Il primo dalla voce grossa, spessa e non squillante, di bassa sonorità. Nessuna smorzatura, nessuna dinamica, nessuno squillo nei luoghi deputati. In compenso una cospicua serie di portamenti, anzi…portamentoni!, suoni fibrosi e opachi ed una sensazione di fatica suprema a portare a termine la parte. Ha cantato l’aria, peraltro passata sotto silenzio, sempre avanti alla buca, sperando in un tempo a lui congeniale che, ovviamente, non gli è stata concesso. Inudibile nella scena del tempio, dove non può per forza di cose e posizione scenica, “forare” sul coro. Si è barcamenato nel secondo atto, ed ha letteralmente rincorso la tromba di Barenboim in “Nel fiero anelito”, cantato senza mezza presa di fiato e spazio per salire, con le difficoltà del suo canto, all’acuto. L’ “Oh terra addio” è stato ultimato con sovrumana fatica, con la voce a tratti afonoide, perché la benzina era finita.
La signora Maria José Siri, che sostituiva M. Feubel, che sostituiva la misteriosamente disparita Norma Fantini, porta il nome di quella che fu l’ultima regina d’Italia, meglio nota come la Regina di Maggio, avendo regnato il solo mese di maggio 1946. A suon di Aide e titoli consimili (Trovatore, Ballo e Forza) non potrà certo avere carriera molto più lunga del regno dell’eponima regina. In sostanza, e per farla breve, è una voce da Mimì o da Suzel (dell’Amico Fritz) applicata al pesante strumentale verdiano e dall’inumana lunghezza del title role, il terzo atto soprattutto.
Non posso dire che abbia cantato male, perché a parte i do dell’atto secondo e quello dei “Cieli azzurri”, preso un po’ alla sperainDio, ci ha dispensato da suonacci, effettacci e altre chincaglierie disgustose. E si è sforzata, pur dovendo usare il FF della sua voce, di non gridare. E di questo molto la ringraziamo e ci complimentiamo. E’stata garbata, ma non è voce per Aida. Perciò il personaggio è risultato una miniatura cortese, ma di peso tragico inesistente. Momenti topici, quelli ove l’opera davvero svolta e piega le voci, il terzo atto, in particolare tutti i passaggi gravi e/o tragici del duetto con Amonasro ( come già prima nell’aria le frasi del tipo “….del Nilo i cupi vortici”, con l’orchestrale che si amplia enormemente..) , o la stretta del duetto con Radames “ Si fuggiam….” dove la voce si è fatta piccola e stridula per la fatica. Mai un applauso dopo le arie. Una graziosa A(i)dina, ecco!
Quanto ai gravi maschili, siamo sempre male in arnese.
Che Juan Pons canti ancora e per giunta opere ove la morbidezza del fraseggio è requisito primario è la cartina di tornasole del nostro magro presente. La sua voce dura, rozza, talora anche …buca, è a malapena tollerabile nel Tabarro, e qui è uno spavento. Certo, era la voce più grande del cast, ma…………!!!!!! Le leggendarie frasi che separano i beceri dai nobles seigneurs del canto, tipo “ Dei faraoni tu sei la schiava..!”, sono state un'apoteosi dell’orrore, ancora una volta non arginato da Barenboim. E’ anche andato fuori tempo nel 3 atto,, nelle frasi “ Vien oltre il Nil ne attendono….etc..”
Il Re del nostro affezionato lettore Carlo Cigni, che ha sofferto un tempo bello ma per lui troppo lento nella scena d’ingresso, ed il Ramfis di G. Giuseppini, anche lui poco udibile alla scena del Tempio del primo atto, cantano in modo simile, cioè ingolato. E perciò non hanno l’ampiezza necessaria ai ruoli, perché le voci restano laggiù sul palco. Che i personaggi perdano di maestà e ieraticità è chiaro. Pergiunta Giuseppini ha un timbro ormai senescente.
Pochi applausi alle due striminzite collettive del cast vocale e dure riprovazioni alla bacchetta, che ha fatto l’unica singola della serata.
Attendiamo come al solito che il pubblico scaligero venga riprovato per il suo moto d’orgoglio e dignità sulla stampa collaborazionista, che di certo magnificherà l’evento stigmatizzando l’ignoranza dei contestatori.
PS
A riprova del fatto che il teatro non muore per colpa delle contestazioni ma anche dell’insipienza di chi decide oltre che per la penuria di cantanti, vi mettiamo in parallelo nello stesso brano verdiano, il Liber scriptus del Requiem di Verdi (il solo brano disponibile per entrambe le cantanti) l’Amneris di ieri sera e quella, originariamente prevista in primo cast, poi degradata al secondo nella produzione del 2006.
La prima canta in tutto il mondo, nei principali teatri e con le principali bacchette, la seconda non gode di alcuna considerazione e si esibisce solo in Russia, paese da cui entrambe provengono. Giudicate voi.
Anna Smirnova - Liber scriptus
Irina Makarova - Liber scriptus
23 commenti:
Auguro alla signora Makarova di rimanere sempre in Russia, lontana da tutto quello che è diventato il "successo" in Europa!!!! :-D
....commento amaro, giustiziere, amarissimo.
a presto!!
gg
Barenboim è un direttore intelligente, e purtroppo non comprendo la scelta zoppicante fin sulla carta che ha fatto in merito a quest'ultimo cast.
La Fantini è una cantante molto professionale e preparata, che, assieme a Tosca e Elisabetta di Valois, ha fatto di Aida uno dei suoi cavalli di battaglia.
Perchè protestare lei e chiamare (con rispetto parlando) una Siri, una Feubel (che se l'è cavata nei Foscari, ma solo perchè all'orizzionte non c'è altro...la Vassileva? la Theodossiou? Andiamo!) ed una Urmana che benchè titolare della parte, avrebbe voce per essere un'Amneris plausibile ed invece sperpera il suo patrimonio vocale rincorrendo il fantasma di Aida?
Perchè chiamare un Fraccaro o Licitra che stanno indurendo purtroppo i loro strumenti?
Gravissimo poi aver chiamato la Smirnova.
Eboli era già troppo per lei, ma Amneris...e sarà Azucena a Firenze (con la Siri e Neil...).
Barenboim è un grandissimo direttore quando ha a che fare con Wagner, ma evidentemente Verdi con il suo fraseggio, i suoi tempi e le sue sonorità ed il suo intimismo non è nelle sue corde.
Stravolgere i tempi della partitura non rende la sua direzione una lettura originale.
Non condivido l'amara riflessione del giustiziere anche se c'è del vero nelle sue parole.
Ho ascoltato altri estratti della Makarova su Youtube ed un talento come il suo dovrebbe invece approdare sulle grandi ribalte proprio per dimostare che il canto e le voci ci sono ancora.
La Dolukanova rimase confinata in patria e l'abbiamo conosciuta ed ammirata solo in tempi relativamente recenti.
Un peccato, che nel caso della Makarova, non dovrebbe ripetersi.
Io invece condivido il pensiero del Giustiziere. E questo perché Giulia Grisi ha centrato il segno con questa frase: "E comunque ci spiace vedere ragazzi giovanissimi, dotati di mezzi ragguardevoli, immessi nei ritmi delle grandi carriere in queste condizioni, senza che nessuno suggerisca loro i parametri e le cognizioni necessarie per costruire una carriera duratura, ma goveranti solo dalla legge dell'usa e getta."
Ragion per cui ogni volta che passo di fianco alla Scala mi sento male.
Irina Makarova forse qualcosina dovrebbe limarla - non vi paiono gli acuti un filino intubatelli? Però non v'è dubbio che di mezzosoprano si tratti. E non disdegnerei nemmeno qualche aggiustatina all'intonazione. Su quell'altra non mi esprimo nemmeno.
Perdonatemi: rimangio ogni riferimento ai tubi. Ho riascoltato. Fui troppo avventato.
Curiosamente questa delle giovani carriere è già una vexata quaestio... mi viene da sorridere ripensando alla mitica intervista dove la santa Leyla (:-D) si scaglia con male parole su tutto il mondo che gira intorno ai cantanti...
aida: bella tecnica, voce morbida, sarebbe stata eccellente con un altro direttore e in un contesto diverso; Radames: impaurito e teso; Amneris: materiale abbondante e bello lasciato troppo andare (nel Liber scriptus que difetti non si sentono, ad ogni modo l'altra è sublime al confronto); Ramfis: bel timbro e bel canto; Re: bel timbro e bel canto. Per i bassi in questione, dissento dal giudizio di ingolatura, anzi, le voci sono molto morbide e mantenute nel loro colore naturale. Amonasro: concordo, più o meno. Direzione: arbitraria ed effettivamente molto... "personale", però non saprei su quali basi perché l'opera è molto complessa e suscettibile di arbìtri... mi astengo
Io conosco bene la Siri,che quest´anno ha cantato Aida qui da noi a Stoccarda.Giusto dire che non ha la voce per il ruolo,ma qui Manfred Honeck,che é un direttore intelligente,avendo a disposizione due voci liriche come lei e Hector Sandoval (un bravo tenore,che quest´anno ha ben figurato anche come Riccardo a Francoforte) ha fatto di necessitá virtú ed ha impostato una lettura dalle sonoritá asciutte e leggere.
Da voi evidentemente non é andata cosí.Comunque,un Aida cantata da mezze cartucce come Fraccaro e il Pons attuale (della Smirnova mi astengo dal parlare perché non l´ho mai sentita) era condannata in partenza...
La Fantini purtroppo, fosse stata contestata sarebbe al meno un'indizio di qualcosa. Ma la sig. Fantini non è nè stata contestata nè chiarita dalla Scala il perchè della sua "cacciata" dell'Aida. Tutto una sorpresa!
Questo è da capire, perchè la Scala o Baremboim non ha voluto la miglior Aida del momento. Perchè ha avuto molto più sucesso a Berlino dove hanno appena fatto Aida e lei è uscita vittoriosa (cercando di seguire il maestro e i suoi tempi)e lui ha avuto tutti contro??
Non si capisce e nemmeno sapremo.
La Scala tace.
Purtroppo il pubblico è rimasto , ancora una volta, fregato, deluso,imposto un livello mediocre, tradito.
E Verdi? Aida?? cosa resta??? e dell'arte del fare opera, del canto???
Leggete l'articolo di Lorenzo Arruga, e vedrete che della critica è l'unico che da ragione ai bùuuu. Come sempre, scrive quello che accade.
E voi, altrettanto le voci della verità.
ho ascoltato i due estratti youtubeschi e devo dire che a me personalmente non piacciono proprio ne una ne l'altra. Non le ho mai ascoltate dal vivo, ma mi paiono tecnicamente messe alquanto male tutte due, la Smirnova ancora peggio. Così da come si sentono dalla registrazione video la Makarova pare avere più voce ed è più dotata in natura, ha voce da vero mezzo, è naturalmente più sonora in alto, gestisce forse meglio la respirazione, è forse meno sprovveduta della Smirnova, ma proprio non mi piace.....vado ad ascoltarmi le mie Onegin, Stignani, Branzell, Kalter che quelle sì che cantavano come si deve. Penso che la Russia, dopo le grandissime Dolukanova e Arkhipova, non ha dato proprio più niente di niente.
Non sono d'accordo Semolino.
Non definirei la Makarova sublime, poichè sublime era la Stignani.
La Makarova in Amneris u brvissima, voce grandissima, bassi composti e sonori, bellissimo fraseggio. Solo un paio di note alte non belle, ma ti posso assicurare che live ti sarebbe assai piaciuta.
La Smirnova è meno di una dillettante, oltre che una cavernicola dell'inteprtazione: se tu ci fossi stato l'altra sera ti sarebbe venuto un colpo.....oltre ogni limite di decenza.
Cmq il senso del paragone era la sperequazione tra qualità del canto e livello di carriera, dato che quella che canta meglio non canta e l'altra affliggerà i caretellooni di tutto il mondo nel futuro ( che immagino breve, dato come canta....)
ciaooooooooooooooooooooooooooo e fatti vivo
Anche io dissento da Semolino: la Makarova non è un fulmine di guerra, però non è per niente digiuna di tecnica. Ribadisco... non mi convince del tutto nelle note gravi quanto ad intonazione. Sentendola anche in altre cose su Youtube... Per il resto avrei pagato anche 10 euro in più il biglietto pur di sentirla a torino nella Dama di Picche al posto della Gertseva o magari anche nel ruolo della Contessa...
Infatti il problema della Makarova non è la tecnica, ma la lingua: canta in italiano articolando e colorando (soprattutto) come in russo, di qui il lieve senso di disagio per noi. Nella Khovanshchina per esempio questo non si avverte, c'è adesione fra tecnica e lingua.
IL duetto con compare Turiddu di Cavalleria è bellissimo.....meno quello con compar Alfio.
Credo che avrebbe molto successo anche da noi a compiere quella performance nei nostri teatri.
e poi è sinceramente è da tanto che non sento un mezzosoprano (vero). Quindi qualche difettuccio e sgarro glielo perdono!!!
X la divina Grisi : sono d'accordo sul fatto che la Smirnova sia meno di una dilettante e non ha nemmeno voce da vero mezzosoprano. La Makarova, al contrario, è dotata di una voce da vero mezzosoprano ed anche tecnicamente è meno sprovveduta, nonostante questo ribadisco che non canta in maniera ortodossa, il registro grave è imbottigliato, e non poco, ed emette anche due o tre rutti, ascoltare per credere : http://www.youtube.com/watch?v=bnD8AsIukQM
Dopo averla ascoltata in questa aria ho dovuto ripulirmi le orecchie colla Onegin.
Altro grande mezzosoprano russo è stata Vera Davidova che è Amneris nella registrazione dell'Aida con Nelepp, Sokolova. Una Aida dove tutti, dai protagonisti all'ultimo dei comprimari, cantano bene. Il Ramfis di Petrov e il Re di Mikhailov sono esempi preclari (soprattutto il grandissimo Petrov) di bassi con voce immascheratissima e tutta sul fiato, in confronto Giuseppini e Cigni risultano ingolatissssssimi e paradilettanteschi.
Semolino coglie nel segno con l'aria di Dalila: è proprio quella la registrazione che ha confermato i miei dubbi sul registro grave della Makarova. Però non direi che proprio non mi piace. Ovvio: la cara Sigrid apparteneva, appartiene, ad un altro pianeta. Ma questi paragoni non li faccio più: altrimenti rischio seriamente la depressione.
Io non sono d'accordo affatto con Semolino. Innanzitutto perchè la differenza che intercorre fra la Makarova e la Smirnova è la stessa che intercorre fra la Stignani e Agnes Baltsa, dovendo fare le dovute proporzioni, inoltre perchè ascoltata dal vivo la Makarova non mostrava nessun registro grave intubato, anzi, semmai era il contrario. Ciò che mi meravigliò in teatro quando la ascoltai come Amneris fu la grandissima morbidezza d'emissione con cui la voce riempiva il teatro, il suo "Radames qui venga" non era un rutto uterino come quello della Smirnova, era una frase magniloquente, di volume enorme e soprattutto morbida e proiettata, qualità che manca a tutti i mezzosoprani odierni.
Mi spiace dirlo ma per me Semolino è ingiusto con questa cantante eccellente, soprattutto se poi sa essere indulgente con una cantante di pessima emissione come Elina Garanca che dovrebbe limitarsi alle Violette di Scarlatti piuttosto che imperversare in Rossini e Bellini.
Lo spettacolo offerto da Anna Smirnova sabato 20 giugno alla Scala è stato uno dei più indegni della storia di questo teatro. Innumerevoli le volgarità, d'emissione, di gusto, di fraseggio, innumerevoli le urle e i suonacci di petto, per giunta scalcinati come solo una vera principiante saprebbe fare, con un centro di voce afono e inesistente, inaccettabile per un mezzosoprano di qualsivoglia natura.
Con Anna Smirnova la Scala ha offerto non una pessima Amneris ma la peggiore oggi possibile, unita alla vergogna di essere una cantante da grande agenzia. Chiunque avrebbe saputo fare di meglio, non solo la bistrattata Makarova, ma infinitamente meglio sarebbe stata Dolora Zajick, che dopo il Don Carlo inaugurale meritava forse l'onore di questa Aida (e ne avrebbe giovato il teatro, che alla fine della scena del giudizio avrebbe magari avuto un trionfo pari a quello seguito all'O don fatale inaugurale invece dei sonori buuh per Anna Smirnova), meglio sarebbe stata Ildiko Komlosi, certamente con voce modesta, ma elegante in scena e composta nella linea vocale, persino Olga Borodina, Larissa Diadkova o Marianne Cornetti.
Personalmente non pretendo sempre di sentire l'Amneris di Ebe Stignani o di Sigrid Onegin, anche se ciò mi renderebbe molto felice, sicuramente sono certo che nel 2009 la Scala e i grandi teatri italiani e del mondo possono offrire qualcosa di più di Anna Smirnova, veramente l'ultima e peggiore scelta in campo mezzosopranile.
Ho assistito alla rappresentazione di ieri sera (26 giugno) e sono rimasto sbalordito dalla pochezza dei ruoli principali.
Manon Feubel è un'Aida di una piatteza esemplare. La voce peraltro non brutta è comunque gestita sempre con una dinamica talmente ristretta che i pianissimi ad esempio al termine di Ritorna vincitor o O patria mia risultavano praticamente assenti.
Fraccaro canta con una vocetta tremula e senza corpo (sarò stato abituato troppo bene dai vari Del Monaco, Domingo, Vickers e Pavarotti, ma i tenori eroici sono fatti in un altro modo)
La Smirnova ha tutto sommato un bel timbro ma problemi di intonazione, anche se nel quarto atto qualcosa di ascoltabile lo ha fatto). Certo che l'Amneris di Stignai o Simionato era tutta un'altra cosa, ma purtroppo non ci sono più :-(
Pons purtroppo ultimamente è un po' l'ombra di sè stesso (come dimenticare il suo Falstaff degli anni 80 e come non dispiacersi delle condizioni in cui versa ora), anche se il timbro mi pare ancora buono, nonostante l'età avanzi.
Barenboim ha avuto fsi alterne durante la serata. In ogni caso lo ritengo un buon direttore, per cui non riesco a capire come mai l'orchestra a tratti riuscisse ad andare per conto proprio.
PS: non sono d'accordo con chi dice peste e corna della Obrastsova. L'ho sentita in Cavalleria (in più di una edizione) e non ho affatto trovcato che canti male. Semplicemente, con una voce spessa come la sua, certe cose non se le può permettere (comunque il timbro l'ho trovato piuttosto bello).
non trovo in alcun commento riferimenti alla grande luciana d'intino, una delle migliori mezzosoprano verdiane che sara' la prossima amneris alla scala ed a tel aviv sempre con la scala..
che ne dite?
Caro claudio,
non ne abbiamo ancora parlato perché la signora D'Intino, che peraltro stimiamo quale solida professionista, non ha ancora cantato le sue due recite alla Scala. Non dubitare, a suo tempo ne renderemo conto.
Detto questo, sulle Amneris storiche trovi il bel post di Domenico Donzelli.
Condivido pienamente la recensione!
Ero presente alla prima!...ho comunque sentito cantare la Fantini a Berlino...Una Aida Splendida anche se gli altri lasciavano un po' a desiderare!...Ho acquistato anche il dvd di Aida con Fantini, Komlosi e Fraccaro, vi consiglio di ascoltarlo!!
Mi correggo: nel dvd di Aida con la Fantini il tenore è Marco Berti
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