martedì 17 novembre 2009

La Figlia del Reggimento - Cremona, Teatro Ponchielli

Mi sono recato, domenica scorsa, a Cremona, per assistere al Teatro Ponchielli alla recita pomeridiana della Figlia del Reggimento. Occasione interessante per ascoltare la prima ripresa moderna della versione italiana dell’opera, così come rivista da Donizetti in occasione delle rappresentazioni scaligere nell’ottobre del 1840 ed eseguita nella sua interezza, senza cioè ricorrere ad inserti provenienti dall’originale francese (salvo in un caso) e secondo la nuova edizione critica curata per Ricordi da Claudio Toscani. Spettacolo strano questo di Cremona (e che verrà riproposto a Bergamo, nell’ambito del Festival Donizetti, e poi a Pavia e a Ravenna nei primi mesi del 2010), dall’esito ambiguo e dal giudizio necessariamente spezzato in due: tanto opposti, infatti, sono apparsi i risultati del primo e del secondo atto, sia dal punto di vista musicale che da quello registico.

Partiamo dalla lettura musicale: il direttore Alessandro D’Agostini, alla guida della precisa Orchestra dei Pomeriggi Musicali, adotta la nuova edizione critica dell’opera e – come dichiara lui stesso nelle note introduttive sul programma di sala – ne dà una lettura caratterizzata da grande attenzione al rispetto della prassi d’epoca e alle cure filologiche. Innanzitutto la versione scelta: quella originale italiana così come approntata dalla stesso Donizetti: senza, quindi gli abituali tagli e inserti provenienti dalla prima versione francese (a parte la cabaletta di Tonio “Qual destino/Pour mon ame”...irrinunciabile per le velleità di qualsiasi tenore che ritenga essere in grado di eseguire l’infilata dei 9 successivi DO di petto...a costo di risparmiarsi per tutto l’atto o abbassandola di mezzo tono) e quindi nel dettaglio: 1) i recitativi invece dei dialoghi; 2) spariscono i couplets della Marchesa nell’Introduzione, “Pour une femme de mon nom” sostituiti da un recitativo accompagnato; 3) nell’atto II spariscono il “Salut a la France” e la seconda aria di Tonio “Pour me rapprocher de Marie”; 4) in compenso viene aggiunta un’aria per il tenore nell’atto I, “Feste, pompe, onori”, presa dal Gianni di Calais e un duetto per i due protagonisti nel finale II, “In questo sen riposati”. D’Agostini, poi, arricchisce l’orchestra di alcuni strumenti originali (certe percussioni particolari, cornette e cimbasso) e la dispone secondo uno schema atipico, predisposto, pare, da Donizetti stesso in occasione della prima scaligera – con i legni al centro, i contrabbassi molto più numerosi dei violoncelli e divisi in due, posti ai lati della compagine, i corni separati dagli altri ottoni... – accompagna i recitativi secchi con fortepiano, contrabbasso e violoncello, mentre in quelli accompagnati viene utilizzato uno strumentale ridotto (limitato al doppio quartetto d’archi) per far meglio risaltare l’articolazione del testo. Viene poi seguita la prassi d’epoca, con variazioni e abbellimenti nelle riprese e nei da capo. Operazione dunque interessante e abbastanza riuscita. La direzione è precisa, spigliata, adeguata allo spirito dell'opera: buon ritmo, ma anche attenzione ai momenti più lirici, resi con abbandono e dolcezza. L'orchestra conferma le sue qualità: attenta, molto musicale, precisa (gli attacchi sono perfetti, senza sbavature), mai pesante, ottimi i corni che si sentono fin dall'ouverture (strumenti critici e a rischio spesso, di stonature particolarmente sgradevoli). La compagnia di canto segue volonterosamente le intenzioni del direttore, e il livello complessivo – pur con alcune evidenti difficoltà, soprattutto per il personaggio di Maria – resta buono e dignitoso (si tratta pur sempre di una produzione di provincia, con mezzi, dunque, abbastanza scarsi), livello che spesso non è raggiunto da più pretenziose e blasonate esecuzioni. Quì l’impegno c’è e si sente. Nel dettaglio: la Maria di Yolanda Auyanet presenta un bel colore e una buona emissione, finchè non impiega troppo il registro acuto, laddove lo sforzo appare evidente e la voce tende a fissarsi e stimbrarsi; il Tonio di Gianluca Terranova sfrutta a suo vantaggio l’impervia tessitura della parte, il centro resta appannato e il fraseggio è un pò approssimativo, ma gli acuti sono buoni (a volte un pò ingolati), si risparmia per tutto il primo atto (prima aria e duetto) per poi eseguire una buona “Qual destino” con i suoi 9 DO di petto...e concede pure il bis (evidentemente non solo Florez è in grado di eseguire 18 DO di petto); funzionale alla parte – e finalmente non un pagliaccio – il Sulpizio di Francesco Paolo Vultaggio, dotato di una buona presenza scenica; comprimari mediocri, ma le parti non richiedono di più. Un mistero la regia di Andrea Cigni (che si occupa pure delle scene e dei costumi)! Spettacolo nettamente diviso in due: sobrio ed elegante l’atto I, farsaccia volgare il secondo. E pensare che lo stesso ha dichiarato nelle note di regia di voler ripulire “la drammaturgia da inutili trovate e gags da macchietta”: gli riesce solo per metà spettacolo! Il primo atto si apre su una gigantesca bandiera svizzera, davanti alla quale il coro canta le sue suppliche, e che lascia presto il posto ad un panorama montano con mucchietti di neve sparsi per il palco: la vicenda è trasportata durante la prima guerra mondiale, e la caratterizzazione dei personaggi è garbata e mai caricata. Alcuni momenti sono davvero suggestivi: il finale I, quando Maria saluta i suoi compagni, con uno dei più commoventi cantabili donizettiani, mentre si fa sera (le luci si abbassano) e dal cielo comincia a nevicare lentamente. Forse una trovata facile e ingenua per chi ricerca nella regia occasioni di elucubrazione intellettualistica e simbologia psicanalitica...per me, invece, soluzione raffinata e toccante. Tuttavia il regista, forse spaventato di apparire troppo “normale”, cambia completamente l’approccio nell’atto II che si apre ancora sul panorama montano (anzichè l’interno di un palazzo signorile), ingombro però di un gigantesco orsacchiotto che campeggia in mezzo alla scena, cosparsa di giocattoli e bambole... A parte la bruttezza estetica, a parte l’effetto di deja vu (se non erro una Turandot berlinese di qualche anno fa, presentava la stessa incomprensibile soluzione), non se ne capisce bene il motivo: Maria non viene trattata da bambina, ma da nobildonna, ed è questo a metterla a disagio (a confronto con la più libera e ruspante vita da reggimento). E di conseguenza va tutto il resto: al garbo si sostituisce la farsa più volgare. La lezione di canto è caricata in modo insopportabile con urla, strilli, stonature e parodie (manco fosse la Mamma Agata delle Inconvenienze teatrali); il terzetto Sulpizio/Tonio/Maria viene accompagnato con ballettini da avanspettacolo e accenni di “macarena” (come al Costanzo Show degli anni più bui...) e l’arrivo degli ospiti in occasione del matrimonio di Maria assomiglia a una sfilata da corte dei miracoli, un gerontocomio semovente di tic, zoppie, dentiere malferme, stampelle, bicchieri rovesciati, tremolii senili etc...tra le risate e gli applausi di un pubblico, evidentemente, di bocca assai buona... E il canto si adegua alla trivialità della messa in scena. Peccato: occasione, almeno in parte e per colpa del regista, mancata.


Gli ascolti

Donizetti - La figlia del reggimento


Atto I

Eccomi finalmente...Feste, pompe - Cesare Valletti (1950)

16 commenti:

anna ha detto...

E' nota la cattiveria e la acredine di chi ha scritto questo articolo del tutto falso!!!
Per dovere di cronaca, è utile sapere che, in realtà, la seconda parte dello spettacolo si è svolta con continui applausi a scena aperta rivolti proprio alla regia, scene e costumi del regista.
Ovviamente questo ha infastidito chi ha scritto questo articolo!
Capisco che il recensore non abbia rispetto alcuno delle opininoni degli altri, ed anche questo è noto, ma non è assolutamente corretto omettere le cronache di uno spettacolo quando lo si recensisce.
La seconda parte di Figlia del Reggimento..... secondo quanti hanno partecipato alla recita di domenica eccetto chi ha recensito questo ",articolo" è stata poetica e divertente. L'enorme orsacchiotto era ovviamente ed evidentemente il simbolo del mondo imposto a maria... fatto di trine, merletti e sdolcerie da lei rifiutate essendo cresciuta in un reggimento, ma che si è trovata a dover subire.
Concetto reso molto bene e non capito esclusivamente da chi ha fatto questa recensione.
Ottimo il cast vocale!! Maria è stata strepitosa con acuti cristallini e Terranova semplicemente perfetto.
Cara Sig.ra Grisi, come sempre, ha perso una occasione per stare zitta!!! Si goda il Suo sito e continui a vivere nella sua invidia!

Tripsinogeno ha detto...

Donna Anna, Duprez è stato fin troppo cortese, in particolare nei confronti del "tenore" Terranova, reduce da prestazioni imbarazzanti sia al Maggio musicale come Duca di Mantova che come Rodolfo nella Bohème "dei giovani" di Bologna. Definire perfetto un cantante che ha fatto del bercio e della gola i suoi elementi di riconoscimento mi sembra una lettura, se non partigiana, almeno poco competente.
Saluti.

Mattia Battistini ha detto...

Cara Anna esprimere le proprie opinioni non è un reato. Il reato, mi passi l'espressione, è non saperle leggere ovvero leggerle a modo proprio o anche gratuitamente offendere.
Ma questa è ormai prassi comune nei nostri angusti confini.
Deferente la saluto,
Mattia Battistini

PS Mi scuso con Duprez se mi sono permesso di rispondere in sua vece.
Omaggi anche a Donna Giulia Grisi ed al suo Corriere, grazie al quale qualcuno trova "dolce ristoro"...

Lele B. ha detto...

Ho ancora un vivo ricordo della bellissima Figlia del Reggimento andata in scena alla Fenice di Venezia nel 1975. In quell'edizione Alfredo Kraus cantava sia l'aria Feste, pompe, onori del I atto, sia Per essere vicino a Maria nel II. Un miscuglio insomma forse poco "filologico", ma che funzionava benissimo. C'erano poi una grandiosa Mirella Freni, un gustoso Ganzarolli come Sulpizio e le bellissime scene e regia di Margherita Walmann. Per fortuna di quella "Figlia" si conserva una registrazione pirata pubblicata ormai in svariate edizioni.

Gilbert-Louis Duprez ha detto...

Cara Anna...evidentemente non ha letto con attenzione o non ha compreso la mia recensione (mia, e non della Divina Grisi, quindi me ne assumo ogni responsabilità). Se avesse l'accortezza di rileggerla, noterebbe la positività della stessa: ho elogiato orchestra e direttore per la precisione e l'interpretazione; ho elogiato i cantanti - seppur con dei limiti, in particolare la Sig.ra Auyanet, nel registro acuto, dando atto, però, del buon corpo e della corretta emissione nel resto della tessitura (e ribadisco: forse era meglio evitare i sopracuti, non aggiungono niente, se eseguiti così...e non è certo un dramma non farli; di contro è stata molto efficace nell'addio ai compagni d'armi); ho elogiato l'allestimento nell'atto I, indicando effetti molto ben riusciti e commoventi. L'atto II proprio non mi è piaciuto! Non credo sia un dramma avere un'opinione differente dalla sua, pur legittima: l'ho trovato volgare e caricato. L'orsacchiotto nulla c'entra con il mondo di regole imposto a Maria, che mai è trattata da bambina, piuttosto vuole essere rieducata al bon ton... La scena della lezione era pessima, caricata. Il terzetto con la macarena era offensivo. Il pubblico ha applaudito? Buon per lui: l'ho scritto a chiare lettere, non ho nascosto nulla. Mi preme sottolineare, però, che non tutto ciò che il pubblico applaude è per definizione una meraviglia. Il grande pubblico guarda Amici o Il Grande Fratello e si diverte: significa che sono dei bei programmi televisivi? No. Il pubblico domenica si è divertito: meglio, ma la seconda parte dello spettacolo è stata improntata alla facile risata, alla volgarità e alla macchietta. L'opposto del poetico atto I. Tutto qui Sig.ra Anna, se lei ha partecipato alla recita, sul palco o tra il pubblico poco importa, impari che non tutti la pensano alla stessa maniera, né che se una recensione sostanzialmente positiva muove alcuni appunti su determinati elementi, è un delitto o una vigliaccata o, peggio, un'occasione persa per tacere. E poi, se proprio vogliamo mettere i puntini sulle "I" 2 intere file di palchi erano occupate da una scolaresca (scuole medie credo) che suppongo fosse più impegnata ad ammazzare il tempo che ad ascoltare Donizetti (e che quindi è stata solleticata più dalla facile volgarità che dalla musica). Oltre naturalmente ai pullman dei circoli lirici della bassa lombardia... Le consiglio comunque di rileggere ciò che scrivo con meno preconcetto.. Ma so già che non otterrò alcuna replica (chissà perchè certuni compaiono per coprirci di insulti e poi, a missione compiuta, spariscono: senza rispondere e ribattere...). A pensare male si fa peccato - diceva qualcuno - ma ci si azzecca sempre...

mozart2006 ha detto...

Caro Brunini, ero anch´io presente allo spettacolo veneziano, che resta nella mia memoria come una delle piú belle recite operistiche a cui io abbia assistito. Va ricordata anche la direzione orchestrale, che era affidata ad un musicista esperto e competente come Nino Sanzogno.
Saluti

Gilbert-Louis Duprez ha detto...

Splendida edizione davvero quella a cui vi riferite: quella sì vocalmente impeccabile.

Ps: quando si leggono interventi gratuiti e offensivi come quelli della Sig.ra Anna - rabbioso e in mala fede (e sicuramente non genuino o spontaneo)- vien voglia di essere davvero cattivi ed esigenti...

Lele B. ha detto...

Caro Mozart, hai fatto bene a ricorda re il bravo Sanzogno... averne oggi, di direttori così!
E ricordiamo anche la brava Anna di Stasio, che faceva una marchesa spassosa senza ricorrere a tanti lazzi, cachinni e caccolette varie.

Giulia Grisi ha detto...

Cara Anna,
non ho visto lo spettacolo ma ti ho letta.
Forse l'occasione per tacere non l'ho persa io....non trovi?
"Notoriamente" che? o chi?
Tanto notoriamente che non ti accorgi nemmeno di chi scrive, che siamo più di uno....notoriamente che? se non hai nemmeno l'accortezza di leggere nomi pubblicati per esteso? la stessa accortezza e perizia con cui ascolti? cattiverie dove???? citale un po' qui e parliamo nel merito delle cose, mettendoci qualcosa in più dei proclami partigiani, qualche minimale competenza .......facciamo un post di ascolti comparati per vedere se mente Duprez o sei tu che no te ne intendi, se siamo noi cattivio è la realtà d essere triste?
ah già, ma tu vai coi sentito dire, coi "notoriamente".....noto, ossia conosciuto.
Ma che o chi conosci tu????
NIENTE E NESSUNO, ahimè

Giulia Grisi ha detto...

PS.
La recensione non mi pare negativa.
Forse per le note sulla regia ti arrabbi tanto??......Cigni??

silvio ha detto...

se c'è stato modo di parlare così positivamente, sarebbe da stappare una bottiglia, cari amici... miracolo!
Certo che però pensare a Kraus fa sempre bene al cuore... no me ne vogliate.

scattare ha detto...

Io non voglio entrare nell'argomento sopracitato perchè non ho visto lo spettacolo. La "Figlia" che ricordo più che ogn'altra è quella del Met con Sutherland, Pavarotti et al. e un'altra con Sills più divertente che mai. Là finisce! Quella veneziana non l'ho vista ma per me il nome Wallmann è una garanzia. E la compagnia di canto non mi pare nemmeno così malvagia!!!
Vorrei solo ringraziarvi
1) per l'ascolto di Cesare Valletti. Proprio un tenore "di grazia" in tutti i sensi
2) il ricordo di Nino Sanzogno. Fu lui che inaugurò la (ormai perduta per sempre) Piccola Scala nel 1955.
Per quanto riguarda tutto il resto io ne sono molto felice esigere oggi dalle compagnie di canto cose che ieri si faceva con altrettanto insistenza. Continuerò farlo. Non vedo il perchè c'era tanta critica ai tempi di Callas, Tebaldi, Corelli, del Monaco ecc., ecc. e oggi tutto è incompreso genio e indiscussa meraviglia. Ma stiamo scherzando???!!!

germont ha detto...

quando ho leto la recensione di duprez mi sono detto: bè peccato essersi persi uno spettacolo così, ne sarebbe valsa la pena! quindi, credo, non poteva essere una recensione negativa no? mah...

silvio ha detto...

Sappiate che la famosa Kraus-freni a cui mi avete ingolosito non è così trovabile come credete...
quanto al lato comico della figlia del reggimento, DUprez, mi sembra che sia una questione ampiamente avvertibile sin dalle registrazioni d'epoca: il secondo atto dell'edizione francese al Met (Baccaloni Pons Jobin Papi), non si può proprio dir sobrio, anche se per altri aspetti la recita è davvero interessante...
credo in breve che esista un ampio spazio tra la comicità spiccata, che per altro si sposa molto bene con la direzione sanguigna di Papi, e la trivialità che ci viene propinata oramai non da pochi anni.
L'unica registrazione che mi pare completamente depurata da questo tipo di "peccati", nella sua sobria stilizzazione, è quella famosa con Bruscantini la Pagliughi e il mai abbastanza lodato Valletti...

Lele B. ha detto...

Per Silvio: in effetti, ho fatto una breve indagine e di quella Figlia del 1975 sul mercato non è rimasta traccia, ed è un vero peccato. Se mi comunichi una tua e-mail, però potrei darti una buona "dritta". Non dovrebbe peraltro essere difficile trovare qualche altra edizione con Kraus, però in francese e risalente agli anni '80. Resta però il fatto che la Figlia della Fenice fu la migliore di tutte anche per il livello complessivo del cast.

silvio ha detto...

grazie: nome.battaglia gmail.com...
mi farebbe davvero piacere...