giovedì 5 novembre 2009

Parisina di Gaetano Donizetti - Opera Rara

Opera Rara svolge da anni, con dedizione e impegno, un ammirevole lavoro di riscoperta di titoli più o meno ingiustamente dimenticati. In particolare dedica la maggior parte dei propri sforzi, al melodramma italiano del primo ‘800: Mayr, Rossini, Donizetti, il primo Meyerbeer, Pacini, Mercadante e, da ultimo, Bellini. Le attenzioni maggiori, tuttavia, sono riservate all’opera di Gaetano Donizetti: impegno tanto lodevole quanto necessario, atteso lo stato in cui versa la quasi interezza del suo vasto catalogo, per larga parte sconosciuto, inesplorato e ignorato (salvo quella manciata di titoli mai usciti dal repertorio, sulla cui correttezza ed efficacia esecutiva, però, molto vi sarebbe da dire ed infierire). Nonostante non si tratti quasi mai di incisioni tali da lasciare tracce indelebili nella storia interpretativa o nella memoria e nelle emozioni dell’ascoltatore, le produzioni di Opera Rara si sono sempre caratterizzate per un altissimo grado di professionalità e impegno, sia per ciò che riguarda le cure filologiche (con approfondite ricerche su manoscritti e prime partiture – rimediando spesso alla mancanza di edizioni critiche ufficiali – attenzione alla prassi dell’epoca e interesse per le versioni alternative, comprese in “appendice” all’incisione dell’edizione canonica integrale), sia per gli aspetti più propriamente esecutivi (e spesso nei cast offerti, si segnala la presenza di specialisti conclamati di quel particolare repertorio).

Produzioni, quindi, che, se pure presentino un valore documentario preminente rispetto al puro piacere dell’ascolto, si sono sempre caratterizzate per un esito finale complessivo assolutamente ragguardevole. Purtroppo l’elevato standard a cui aveva abituato la piccola casa discografica inglese, appare oggi in una fase di preoccupante declino artistico ed organizzativo, da imputarsi sia agli eventi luttuosi che hanno reso necessario il cambio di gestione (la dipartita di Patric Schmid ha lasciato un vuoto, in termini di dedizione a questo repertorio, evidentemente incolmabile), sia all’inevitabile avvicendamento nelle compagnie di canto, dovuto al ricambio generazionale e segnato dalla stessa crisi riscontrabile ovunque.
Ultima uscita dell’anno per le cure di Opera Rara, presentata in un cofanetto di grande eleganza e corredata da un libretto che è in realtà un vero e proprio saggio sulla genesi dell’opera (con analisi approfondite, note sui primi interpreti e cronologie), è la donizettiana Parisina. Eseguita per la prima volta a Firenze, il 17 marzo 1833, segna una tappa importante nella carriera dell’autore per due ragioni: da una parte l’incontro con Carolina Ungher (allora all’apice della carriera, e precedentemente incrociata solo di sfuggita in occasione del Borgomastro di Sardaam: lavoro ancora immaturo) e con Gilbert-Louis Duprez (all’epoca non ancora divenuto il celebre “inventore” del DO di petto: interessante, dunque, vedere nella scrittura della sua parte, la testimonianza del primo stile del cantante francese), dall’altra l’evidente progresso nell’ambito della drammaturgia musicale, che segna qui un definitivo distacco dai modelli più scopertamente postrossiniani, per abbracciare un'estetica già compiutamente romantica, ricca di quei contrasti e passioni che condurranno al traguardo della Lucia di Lammermoor. La struttura dell'opera è incentrata su tre personaggi (Parisina, Azzo e Ugo) ognuno ben caratterizzato da una scrittura che ne identifica il carattere: la malinconia della protagonista, che emerge nella grande doppia aria dell'atto I e successiva cabaletta - che poco concedono al virtuosismo e allo slancio in acuto, ma che molto richiedono in termine di fraseggio e interpretazione - e soprattutto nella grande romanza e cabaletta dell'atto II, uno dei vertici dell'intera produzione donizettiana, “Sogno talor di correre”, oltre all'austera e drammatica scena finale “Ciel se’ tu che in tal momento” di cui la Caballè diede una magistrale interpretazione nel celebre recital di rarità donizettiane; la ferocia sanguinaria del marito di lei (ma anche il suo sincero trasporto passionale), combattuto tra amore e gelosia, ben evidenziata dalla prima aria e dal duetto con Parisina nell'atto II (dove la moglie sospira nel sonno il nome dell'amato), scena dalla potenza drammatica preverdiana; l'acceso romanticismo di Ugo espresso in una scrittura molto acuta da raggiungersi con la tecnica del falsettone (e che presenta abbondanza di DO, RE bemolle e pure una variante con un MI bemolle nella prima aria). A ciò si aggiunga una cura estrema nell'orchestrazione, che ha dello straordinario se si considera il breve tempo impiegato da Donizetti nello scrivere l'intera opera (poche settimane): e per la prima volta gli autoimprestiti non sono semplicemente adattati alle nuove parole, bensì rivisti nella struttura e profondamente modificati. Opera, dunque, di estremo interesse e che fu giudicata dallo stesso compositore uno dei suoi lavori migliori: e ne è buon testimone il successo ottenuto e il grande numero di repliche, vivente l'autore e per tutto l'800 (in Europa e in America), fino al 1896, ultima sua apparizione sino alle prime riscoperte negli anni '60 del secolo XX. Opera che, pure, attirò le attenzioni di grandissime primedonne: dopo la Ungher si ricordano Henriette Méric-Lalande, le sorelle Grisi, la Brambilla, la Strepponi, Eugenia Tadolini, la Tosi, la Stolz etc...sino alle più recenti Pobbe, Devia e, soprattutto, Montserrat Caballé (anche la parte di Ugo vide l'avvicendamento di grandi tenori dopo Duprez: Moriani, Ivanoff, Donzelli, Fraschini, Rubini). Di tutto ciò, poco o nulla è percepibile nell'incisione di Opera Rara. A cominciare dalla noiosa e pesante concertazione di David Parry: corretto, ma fantasioso come un metronomo, greve come un martello che batte sull'incudine e del tutto privo di trasporto e abbandono negli squarci di malinconico lirismo abbondantemente offerti dalla partitura (e pensare che ancora oggi c'è chi storce il naso davanti non solo ai vari Serafin, Sanzogno, Votto, ma pure ad un Patanè o ad un Gavazzeni, sovente oggetto di critiche ingiuste e preconcette, quando non di arrogante irrisione). Ma se il direttore, presenza fissa nelle incisioni della casa discografica inglese (nonché suo direttore artistico), passa in secondo piano e si limita ad essere funzionale in presenza di cantanti che riescono a concentrare su di sè l'attenzione dell'ascoltatore (rimediando così alla piattezza dell'orchestra), con un cast come quello schierato per questa Parisina, aggiunge un ulteriore tassello al sostanziale fallimento dell'operazione, non essendo in grado di ovviare alle tante mancanze dei cantanti impiegati. Infatti, più che l'accento generico e volgare di Dario Solari, del tutto incapace nel rendere il nobile tormento del Duca (e con una voce estremamente a disagio nel fraseggio e durissima negli acuti, oltre che traballante nella linea), più che la deludente Carmen Giannattasio, inerte sul piano interpretativo e vocalmente non irreprensibile (evidente la difficoltà nell'acuto e nel gestire le mezzevoci, anche se qui si sforza di imitare con scarso successo il palese modello della Caballè - con filatini manierati e mollezza espressiva invece di malinconico abbandono), ciò che davvero rimane improponibile è la prestazione di José Bros: accettabile nei centri - anche se la voce è priva di corpo - naufraga miseramente nell'acuto, e considerato il fatto che la parte di Ugo insiste proprio nelle zone più alte della tessitura, il non essere in grado di raggiungere i SI e i DO (taccio dei RE bemolle e del MI bemolle) senza strillare oscenamente, è pecca non trascurabile, anzi tale da compromettere l'intera esecuzione. In conclusione: un'incisione poco riuscita, che si fa apprezzare unicamente per il valore documentaristico (partitura integrale e ottimo suono). La registrazione è dedicata alla memoria del grande William Ashbrook, scomparso proprio quest'anno: certo non un grande omaggio al più grande studioso di Donizetti. Ps: l'anno prossimo Opera Rara uscirà con altri due titoli donizettiani: Linda di Chamounix e Maria di Rohan...mi auguro un cambiamento di rotta, per non compromettere due tra le più belle creazioni del Maestro bergamasco.

9 commenti:

scattare ha detto...

http://www.youtube.com/watch?v=4E4l9l1vWBA (1974)

Secondo me, è un peccato che ha voluto "spostare" il suo repertorio così presto e che i teatri non l'abbiano convinta a stare "qui" ancora per un pò prima di avventurarsi in Tosca, Turandot, ecc.

Marco Pizzi ha detto...

Volevo segnalarvi una recensione di Pier Francesco Borgia (Il Giornale) sul Tannhäuser, in cui si riporta un’affermazione alquanto grave e assurda (ma temo generalizzata). Il giornalista tra l’altro dice che «secondo gli esperti» la prima di Wagner a Roma ha avuto scarso pubblico a causa di «un limite culturale tipicamente capitolino. Qui da noi non si andrebbe oltre il quartetto composto da Rossini, Verdi, Donizetti e Puccini». Come a dire che Rossini, Verdi, Donizetti e Puccini sono compositori di seconda classe... ridicolo!! Nel mio blog ho risposto a questa recensione, ma penso che ovunque si trovino queste affermazioni vadano prontamente ed energicamente contestate, e più siamo meglio è. Saluti.

Gilbert-Louis Duprez ha detto...

Caro Marco...che dire? Solo che l'ignoranza e il pregiudizio sono durissimi a morire: è ridicolo che ancora oggi si consideri Wagner il vertice del teatro d'opera, mentre il melodramma sarebbe roba per sempliciotti... La cosa però non mi stupisce affatto: capita spesso di incrociare veri fanatici che pretendono la superiorità del dramma musicale su tutto e costo di forzare la storia della critica musicale per le loro personali paranoie... Fanatici e pure molto ignoranti...ennesima dimostrazione del fatto che la critica musicale sia ormai morta e sepolta!

silvio ha detto...

come se poi Wagner non potesse avere successo di pubblico in Italia, quando viene allestito decentemente e la compagnia di canto promette... sono solo chiacchiere, e non è probabilmente neppure una questione di graduatorie artistiche...

The Music Stalker ha detto...

Certo ragazzi, beati voi che vi sentite felici scrivendo così tanto, senza capire un...
Foste musicisti sapreste COME le cose si fanno, le condizioni e le motivazioni. Ma non vi biasimo, che ne sapete ragazzi... ;)

Antonio Tamburini ha detto...

E perché tu, che sai così tanto, caro Music Stalker, non ci spieghi le condizioni e le motivazioni per cui si continuano a pubblicare cd come questo e altri recenti dell'Opera Rara (penso a quella deprimente Straniera su tutti)?

Fiduciosi attendiamo

AT

Gilbert-Louis Duprez ha detto...

La maleducazione e gli insulti, caro Music Stalker, non hanno altro effetto che squalificare la persona che ne fa uso...non certo i destinatari di tali "cortesie"... Perché, invece di nasconderti dietro ad offese gratuite, non provi, sempre se ne sei in grado (e dubito fortemente...), a spegarci "COME le cose si fanno, le condizioni e le motivazioni"? E magari allegaci pur le tue dredenziali, giacché se proprio ci si deve sorbire una lezione, che almeno si conoscano i titoli del maestrino...

The Music Stalker ha detto...

Sapete, in realtà non ci sarebbe bisogno di spegarlo, tant'è ovvio. In un mondo in inarrestabile degrado culturale, lavorando io stesso affinché cose come queste si realizzino, comprendo la fatica (economica) enorme con cui si portano a termine queste operazioni. Oggi non esistono quasi più case discografiche che fanno registrazini in studio, e considero encomiabile anche solo il fatto che un gruppo assai ridotto di persone, con passione e pochi mezzi, riesca a proporre incisioni di opere semisconosciute redigendone anche una versione critica con una certa competenza. E' comunque un arricchimento, visto il deserto generale, e il giudizio qualitativo non dovrebbe prescindere ad esempio dal fatto che l'orchestra legge l'opera NELLA stessa sessione della registrazione, e che i cantanti sono messi sotto pressione per non più di quattro giorni, dovendo ripetere incessantemente ruoletti "leggerini" come questi, quindi letteralmente massacrandosi, perché non c'è tempo, non ci sono soldi. Ciò detto, devo ammettere che io stesso mi sono stupito del risultato finale sulla voce di Bros, il quale durante la registrazione aveva cantato bene e con eleganza, pure un ruolo che (nonostante si ostinino a fargli fare cose del genere) non è propriamente per la sua caraura vocale. Sopravvalutata.
D'altra parte, bisognerebbe anche sapere che Carmen Giannattasio è stata chiamata per questa registrazione meno di tre settimane prima, e per di più ha "studiato" il ruolo mentre portava a termine alcune recite di Traviata. La sua voce è perfetta per Parisina, e se forse le notevoli difficoltà non sono state tutte superate con uno schiocco di dita, lo dobbiamo allo sforzo che le è stato imposto (con ad esempio la promessa, NON MANTENUTA, di farle registrare per bene due arie con calma dopo un mese) e alla mancanza del tempo necessario ad assimilare un ruolo così. Se aveste sentito il concerto seguente la registrazione, al Royal Festival Hall, avreste constatato il talento drammatico della Giannattasio, e notato che il suo canto non è per niente paragonabile a quel cesso (come essere umano, e anche come artista) della Caballé, che perlaltro Carmen non ha proprio mai ascoltato, non avendone avuto il tempo. Ma questo è secondario. La cosa che semmai dovrebbe far infuriare è che, ancora una volta, gli inglesi (pur coi loro limiti) riscoprono i nostri capolavori, e noi stiamo a guardare a bocca aperta come ebeti.
Cosa che poi succede da sempre, come quando noi non sapevamo ancora chi fosse Monteverdi, mentre loro lo avevano già eletto tra i massimi musicisti di ogni tempo.

Ma come mai il Maestro Duprez vorrebbe le mie credenziali? Le sue, le vostre, le abbiamo? Gentile Gilbert-Louis, ciò che mi preme dirLe è semmai che le checche isteriche mi hanno fatto sempre sorridere, ma si sa, chi sta nel nostro ambiente ahimé ci è abituato. ;) Anche se purtroppo - e non sono affatto ironico e provocatorio nel dire questo, anzi, semmai nauseato - una delle ragioni del dacadimento generale, sapete, si trova spesso proprio lì... laddove cioè, tra una lobbies e l'altra non esistono più grandi direttori, grandi registi, grandi direttori artistici, grandi cantanti...
Ci chiediamo come mai? E poi, perché ci stupiamo che sia così? Non è forse conseguenza naturale di quella che è la gestione universale delle cose nel nostro bel mondo odierno? Perché stupirsi? Lo sappiamo bene: il merito e il talento sono fuggiti come la peste, mentre la mediocrità è esaltata e portata al successo, al potere e la gloria. Basta leggere le locandine dei teatri, quotidianamente, e i nomi dei dirigenti delle fondazioni. Non serve fare nomi, tanto è evidente.

Tra una lobby e l'altra, distruggendo la cultura e livellando mostruosamente verso il basso la qualità e la comptenza generale... direi allora, non preoccupiamoci delle pagliuzze. Non lamentatevi del povero David Parry, miei cari... fa semplicemente parte del (anche vostro) gioco così come è concepito: ve lo meritate in pieno!
Con simpatia...

Gilbert-Louis Duprez ha detto...

Caro Music Stalker, una premessa: mettiamoci d'accordo, altrove mi si accusa di essere "omofobo e fascista", qui mi si da della "checca isterica"...premesso che gli insulti non li gradisco e che ti diffido dal proseguire oltre (previo ricorso all'autorità di competenza), ti informo che sono sono eterosessuale non fascista e senza alcun problema di pregiudizi o preconcetti rispetto alle preferenze (anche sessuali) altrui...
Il mio invito a mostrare credenziali è scaturito dall'arroganza del tuo commento, laddove mostri tu di sapere come stanno le cose, senza dirci perchè e come lo sai... Ripeto: se uno vuole dare lezioni dovrebbe pure mostrare i titoli. Io non ne do, e neppure attribuisco epiteti o scomuniche o ingiurie...se però sei interessato forniscimi una mail onde inviarti un curriculum circa la mia formazione. Per quel che può interessare.
Tornando all'argomento di merito, vedo che non hai ben letto la mia recensione: se noti ho riconosciuto tutti i meriti di Opera Rara per lo sforzo che fa e ha fatto, di consegnare incisioni attendibili e accurate di un repertorio a volte ingiustamente scomparso. Ogni tanto la ciambella, però, riesce senza buco... Tutto qui: nessun personale livore avverso la casa inglese, anzi...sono pure un suo fedele cliente! La registrazione, comunque è lì che parla: il canto di Bros, Solari e la Giannattasio è quello che è...poco importa se in prova era meglio (tu lo dici) o che la parte sia stata improvvisata (un'incisione in studio non dovrebbe permettersi questi scivoloni).. Che dire: spero nelle prossime uscite. Peccato, dato che la Parisina è opera splendida.
Ma tu come hai queste notizie? Partecipi alle registrazioni? Hai un qualche ruolo in esse? Comunicacelo, potrebbe essere l'occasione per approfondire certe tematiche...