Smaltiti i pranzi luculliani delle feste di Natale e Capodanno, è buona norma tornare a un regime di maggiore sobrietà. In alcuni casi, urge fare ammenda e penitenza dei trascorsi eccessi gastronomici.
Abbiamo iniziato l'anno con la scoperta di due filmati inediti e assolutamente sontuosi, che ci hanno dato prova - l'ennesima, e di certo non l'ultima in assoluto - di quella che reputiamo una suprema manifestazione dell'arte canora. E' dunque troppo giusto fare un poco di contrizione e mortificare, non già la carne, bensì le orecchie. E lo facciamo trattando, brevemente, di uno degli ultimi dischi di Simone Kermes, fra le più accreditate e impiegate divine del baroccò.
Il baroccò non esaurisce peraltro il repertorio della Kermes, che in quindici anni di carriera ha affrontato, prevalentemente nei teatri tedeschi, ruoli da soprano lirico di coloratura, in particolare nelle opere di Mozart, ma anche Lucia e Gilda. La scorsa estate, al festival di Ludwigsburg, la cantante ha proposto, accanto al Ratto dal Serraglio, addirittura il Trovatore, in un'esecuzione ovviamente supportata da strumenti cosiddetti originali e diretta da uno specialista in materia. Il che per inciso rende di fatto già compiuta la paventata (dal collega Duprez) barocchizzazione del Cigno di Busseto. In tempi di pre-filologia, solo Lilli Lehmann, Elisabeth Rethberg, Eleanor Steber, Maria Callas e poche altre seppero alternare Konstanze e Leonora senza destare la perplessità, se non l'ira del pubblico e di parte consistente della critica. L'operazione Kermes, avvenuta nel più profondo silenzio mediatico (strano che nessuno fra i nostri paladini del "modo novo" esecutivo si sia sentito in dovere di segnalare ed osannare lo storico avvenimento!), dimostra in maniera inequivocabile che i tempi sono cambiati. E non in meglio, con buona pace di chi, leibniziano tardivo, ritiene che nulla di male possa avvenire, quasi che la mera esistenza di un fenomeno fosse sufficiente a dimostrarne la bontà e la necessità.
L'album "La Diva" è dedicato al repertorio di Francesca Cuzzoni, una delle stelle della Londra handeliana, rinomata per la voce angelica, l'eccellenza del registro acuto, la perfezione del legato e l'espressività nel canto elegiaco. Meno eccezionale, a quanto risulta, nel canto di bravura, in cui comunque sfoggiava una notevole sicurezza. Per noi, poveri melomani ignari e retrogradi, il nome della Cuzzoni è legato ai ruoli, scritti per lei, di Cleopatra e Rodelinda e alle interpretazioni che di quei ruoli hanno dato primedonne del calibro di Joan Sutherland, Beverly Sills, Gianna Rolandi e Lella Cuberli. Ce ne scusiamo con i lettori!!!
Per inciso, "La Diva" omette, nella sua tracklist, proprio l'aria simbolo ed epitome dell'arte della Cuzzoni e della diva barocca in genere, la celeberrima Da tempeste il legno infranto. En passant ricordiamo che, in una produzione dell'opera proposta a Genova pochi anni fa, la medesima aria venne soppressa, per non meglio specificate esigenze legate alla regia. Va aggiunto che la protagonista femminile, nel caso in questione, avrebbe potuto interpolare, con maggior profitto, Vedrai carino o Il mio ben quando verrà.
Simone Kermes ha voce di soprano leggero, poco o nulla appoggiata, che evoca fin dalle prime note il timbro chioccio e sbiancato dei controtenori oggi à la page. Forse anche questo dichiarato omaggio alla Cuzzoni è, in realtà, un tributo all'arte dei castrati, che in tempi recenti ha conosciuto ben due cimenti discografici ("Sacrificium" dell'impennacchiata Cecilia Bartoli e "La dolce fiamma" di Philippe Jaroussky, sul quale vi ragguaglieremo prossimamente...)? Segnatamente nelle arie in stile concitato, il canto di sbalzo diviene il pretesto per lo sfoggio di un'assoluta disomogeneità dei registri vocali: artificiosamente pompato il grave (basti ascoltare l'attacco - un re - dell'aria tratta dallo Scipione), privo di sostegno il centro (i si ribattuti dell'ultimo assolo di Laodice nel Siroe), gridacchiato e non di rado stridulo l'acuto (emblematico a questo proposito il brano dal Tolomeo). Le agilità, poi, sono tutte in bocca e sfarfallate, in puro stile Bartoli. A ciò si aggiunga che in zona centrale (do-sol) compaiono spesso suoni al limite della stonatura, e spesso oltre quel limite (ad esempio nella sezione centrale di Piangerò la sorte mia). Non si capisce per quale ragione i suoni spezzati, i sospiri e i gémissement, che per ecumenico giudizio vengono riprovati nelle performance di Renée Fleming, debbano essere tollerati e anzi apprezzati in quelli delle "divine" del baroccò discografico. E sarà bello tacere delle estrose variazioni che la Kermes propone nei da capo, evocando i cimenti di Nella Anfuso. Chi abbia poi avuto la ventura di ammirare almeno uno dei video della signora, che Youtube propone in copia, ricorderà bene come la medesima si produca, specie nei passaggi di agilità (ma non solo), in una plausibile imitazione di una tarantolata, con nutrito contorno di smorfie e boccacce. A ulteriore conferma di una tecnica vocale discutibile, per non dire di peggio. E anche in questo la Kermes è lungi dall'essere un caso isolato, nel panorama del baroccò .
Quale interpretazione sarà mai possibile, con siffatte premesse? Ça va sans dire, quella legittimata e prescritta dalla new wave barocchista, improntata cioè a un'esasperazione naturalistica degli affetti previsti dalle singole arie. Insomma la Kermes singhiozza, sibila, digrigna i denti, strepita. Come e più ancora delle generosissime e deprecate veriste Albanese e Favero, ma con una voce molto meno importante, il che serve solo a rimarcare la velleità di una simile lettura e a renderla, non già un'interpretazione, ma la parodia e la maniera di un'interpretazione. Forse però il termine di paragone più acconcio alla prova della Kermes è da ricercarsi nelle performance temperamentose e assolutamente prive di freni di Dimitra Theodossiou, cui a questo punto consigliamo di ponderare la possibilità di "convertirsi" al repertorio handeliano. Difatti, se la Kermes canta il Giulio Cesare e la Rodelinda, la Theodossiou potrebbe, non senza ragioni, aspirare alle incantatrici Alcina e Melissa e, perché no? a Serse ed Ariodante!
Come di consueto chiudiamo con qualche ascolto di consolazione e di comparazione. Si comincia con un grande esperto di filologia "vera", quella fatta di studio delle prassi esecutive e più ancora di grande e vero amore per la musica e le sue primedonne. A lui, in questo nastro registrato ben prima che il barocco diventasse la parodia di se stesso (ma le pioniere, segnatamente in area britannica, erano già attive...), affidiamo il più eloquente commento alle prodezze di Simone Kermes e di tutte le sue sodali.
Gli ascolti
Haendel
Sosarme, Re di Media
Atto I
O diva Hecate...Dite pace, e fulminate - Michael Aspinall (1979)
Giulio Cesare in Egitto
Atto III
Da tempeste il legno infranto - Gianna Rolandi (1980)
Mozart
Don Giovanni
Atto II
Vedrai carino - Mafalda Favero (1941)
Abbiamo iniziato l'anno con la scoperta di due filmati inediti e assolutamente sontuosi, che ci hanno dato prova - l'ennesima, e di certo non l'ultima in assoluto - di quella che reputiamo una suprema manifestazione dell'arte canora. E' dunque troppo giusto fare un poco di contrizione e mortificare, non già la carne, bensì le orecchie. E lo facciamo trattando, brevemente, di uno degli ultimi dischi di Simone Kermes, fra le più accreditate e impiegate divine del baroccò.
Il baroccò non esaurisce peraltro il repertorio della Kermes, che in quindici anni di carriera ha affrontato, prevalentemente nei teatri tedeschi, ruoli da soprano lirico di coloratura, in particolare nelle opere di Mozart, ma anche Lucia e Gilda. La scorsa estate, al festival di Ludwigsburg, la cantante ha proposto, accanto al Ratto dal Serraglio, addirittura il Trovatore, in un'esecuzione ovviamente supportata da strumenti cosiddetti originali e diretta da uno specialista in materia. Il che per inciso rende di fatto già compiuta la paventata (dal collega Duprez) barocchizzazione del Cigno di Busseto. In tempi di pre-filologia, solo Lilli Lehmann, Elisabeth Rethberg, Eleanor Steber, Maria Callas e poche altre seppero alternare Konstanze e Leonora senza destare la perplessità, se non l'ira del pubblico e di parte consistente della critica. L'operazione Kermes, avvenuta nel più profondo silenzio mediatico (strano che nessuno fra i nostri paladini del "modo novo" esecutivo si sia sentito in dovere di segnalare ed osannare lo storico avvenimento!), dimostra in maniera inequivocabile che i tempi sono cambiati. E non in meglio, con buona pace di chi, leibniziano tardivo, ritiene che nulla di male possa avvenire, quasi che la mera esistenza di un fenomeno fosse sufficiente a dimostrarne la bontà e la necessità.
L'album "La Diva" è dedicato al repertorio di Francesca Cuzzoni, una delle stelle della Londra handeliana, rinomata per la voce angelica, l'eccellenza del registro acuto, la perfezione del legato e l'espressività nel canto elegiaco. Meno eccezionale, a quanto risulta, nel canto di bravura, in cui comunque sfoggiava una notevole sicurezza. Per noi, poveri melomani ignari e retrogradi, il nome della Cuzzoni è legato ai ruoli, scritti per lei, di Cleopatra e Rodelinda e alle interpretazioni che di quei ruoli hanno dato primedonne del calibro di Joan Sutherland, Beverly Sills, Gianna Rolandi e Lella Cuberli. Ce ne scusiamo con i lettori!!!
Per inciso, "La Diva" omette, nella sua tracklist, proprio l'aria simbolo ed epitome dell'arte della Cuzzoni e della diva barocca in genere, la celeberrima Da tempeste il legno infranto. En passant ricordiamo che, in una produzione dell'opera proposta a Genova pochi anni fa, la medesima aria venne soppressa, per non meglio specificate esigenze legate alla regia. Va aggiunto che la protagonista femminile, nel caso in questione, avrebbe potuto interpolare, con maggior profitto, Vedrai carino o Il mio ben quando verrà.
Simone Kermes ha voce di soprano leggero, poco o nulla appoggiata, che evoca fin dalle prime note il timbro chioccio e sbiancato dei controtenori oggi à la page. Forse anche questo dichiarato omaggio alla Cuzzoni è, in realtà, un tributo all'arte dei castrati, che in tempi recenti ha conosciuto ben due cimenti discografici ("Sacrificium" dell'impennacchiata Cecilia Bartoli e "La dolce fiamma" di Philippe Jaroussky, sul quale vi ragguaglieremo prossimamente...)? Segnatamente nelle arie in stile concitato, il canto di sbalzo diviene il pretesto per lo sfoggio di un'assoluta disomogeneità dei registri vocali: artificiosamente pompato il grave (basti ascoltare l'attacco - un re - dell'aria tratta dallo Scipione), privo di sostegno il centro (i si ribattuti dell'ultimo assolo di Laodice nel Siroe), gridacchiato e non di rado stridulo l'acuto (emblematico a questo proposito il brano dal Tolomeo). Le agilità, poi, sono tutte in bocca e sfarfallate, in puro stile Bartoli. A ciò si aggiunga che in zona centrale (do-sol) compaiono spesso suoni al limite della stonatura, e spesso oltre quel limite (ad esempio nella sezione centrale di Piangerò la sorte mia). Non si capisce per quale ragione i suoni spezzati, i sospiri e i gémissement, che per ecumenico giudizio vengono riprovati nelle performance di Renée Fleming, debbano essere tollerati e anzi apprezzati in quelli delle "divine" del baroccò discografico. E sarà bello tacere delle estrose variazioni che la Kermes propone nei da capo, evocando i cimenti di Nella Anfuso. Chi abbia poi avuto la ventura di ammirare almeno uno dei video della signora, che Youtube propone in copia, ricorderà bene come la medesima si produca, specie nei passaggi di agilità (ma non solo), in una plausibile imitazione di una tarantolata, con nutrito contorno di smorfie e boccacce. A ulteriore conferma di una tecnica vocale discutibile, per non dire di peggio. E anche in questo la Kermes è lungi dall'essere un caso isolato, nel panorama del baroccò .
Quale interpretazione sarà mai possibile, con siffatte premesse? Ça va sans dire, quella legittimata e prescritta dalla new wave barocchista, improntata cioè a un'esasperazione naturalistica degli affetti previsti dalle singole arie. Insomma la Kermes singhiozza, sibila, digrigna i denti, strepita. Come e più ancora delle generosissime e deprecate veriste Albanese e Favero, ma con una voce molto meno importante, il che serve solo a rimarcare la velleità di una simile lettura e a renderla, non già un'interpretazione, ma la parodia e la maniera di un'interpretazione. Forse però il termine di paragone più acconcio alla prova della Kermes è da ricercarsi nelle performance temperamentose e assolutamente prive di freni di Dimitra Theodossiou, cui a questo punto consigliamo di ponderare la possibilità di "convertirsi" al repertorio handeliano. Difatti, se la Kermes canta il Giulio Cesare e la Rodelinda, la Theodossiou potrebbe, non senza ragioni, aspirare alle incantatrici Alcina e Melissa e, perché no? a Serse ed Ariodante!
Come di consueto chiudiamo con qualche ascolto di consolazione e di comparazione. Si comincia con un grande esperto di filologia "vera", quella fatta di studio delle prassi esecutive e più ancora di grande e vero amore per la musica e le sue primedonne. A lui, in questo nastro registrato ben prima che il barocco diventasse la parodia di se stesso (ma le pioniere, segnatamente in area britannica, erano già attive...), affidiamo il più eloquente commento alle prodezze di Simone Kermes e di tutte le sue sodali.
Gli ascolti
Haendel
Sosarme, Re di Media
Atto I
O diva Hecate...Dite pace, e fulminate - Michael Aspinall (1979)
Giulio Cesare in Egitto
Atto III
Da tempeste il legno infranto - Gianna Rolandi (1980)
Mozart
Don Giovanni
Atto II
Vedrai carino - Mafalda Favero (1941)
17 commenti:
C'è qualcosa nella traduzione italiana del titolo del disco che trova quasi "pericolosa"...
Effettivamente... Se avesse tralasciato l'articolo determinativo prima della parola "diva" e l'avesse usato, invece, prima del nome del soprano haendeliano sarebbe stato meglio.
caro Tamburini, quanto di più improprio coprire di caccole e effettacci naturalistici lo strato marmoreo della stilizzazione barocca... quella vera.
Non ho sentito il cd, nè tanto meno ho intenzione di acquistarlo... Basti questo per classificare la "cantante" in questione...
http://www.youtube.com/watch?v=7FoNNSuQGXk
(Tra parentesi: l'aria è meravigliosa... Peccato che ad eseguirla sia una pazza furiosa!).
Velluti, buon anno!
FAccia a modo, non si dice pazza furiosa...non sta bene.
di solito si indica la specie.... animale! fa più chic!
apresto
Il video segnalato da Velluti la dice tutta su questo personaggio. Ormai siano alla barzelletta (e taciamo di quel'infelici che strimpellano intorno a lei e del pubblico plaudente, testimone del pervertimento ormai senza ritorno del gusto). Il mio concittadino Carlo Goldoni, se avesse avuto la ventura sentire una simile ululatrice, sarebbe certo sbottato in un icastico "Ma dove l'aveu trovada, sta qua? Int'un gàtolo de la pescarìa?". Tralascio la traduzione...
Simone Kermes non è una cantante, non è "baroccà", non è un soprano, non è una specialista.
E' un calcio in gola.
Per mortificare carni e orecchie avrei preferito ingoiare un cilicio tutto d'un fiato.
Questo cd non è buono nemmeno come limetta per le unghie, ma almeno stimola altre funzioni fisiologiche meglio degli appositi confetti e si dimentica con uno schiocco di dita.
Marianne Brandt (che non ne può più di queste povere sventurate)
Un poco di rassegna stampa sulla Kermes, dal sito ufficiale della medesima:
„Simone Kermes – a great singer, she`s quite simply unique. If you try to imagine one of the ultra-pure-toned Mozart divas of yesteryear – Teresa Stich Randall, say, or Gundula Janowitz – performing the kind of violently florid music usually associated with Cecilia Bartoli, then you will have some idea of the effect she makes....
Tim Ashley, The Guardian, March 23, 2007
„she handled the furiously intricate figurations with astonishing accuracy and agility...“,offered a parting burst of electricity“ ..
Steve Smith, The New York Times, March 1, 2007
„ a galvanizing performance... uncommon ferocity and vocal agility..“
Opera News
...vibrant, visceral, and overwhelmingly exciting....the fearless, fashionable soprano...
Time Out New York, February 22-28, 2007
„Simone Kermes gleams and glitter, hitting the heights impressively cleany...she pleas forgiveness, floating cleanly across some awkward intervals, sliding expressively but never self-indulgently from note to note, caressing the phrases, and using her vibrato intelligently as an expressive tool. It`s a touching performance....“
Andrew McGregor, BBC Classical Reviews, 2007-06-21
......... capite perché siamo alla frutta!!!!!????
Ammesso che ci sia in giro qualche critica negativa (non dico stroncature) non sarebbe certo pubblicata sul sito dell'interessata!
Vale anche per i teatri. Qui ciò che LaScala pubblica delle recensioni alla Carmen della stampa estera:
http://www.teatroallascala.org/includes/doc/2009-2010/varie/estratti_stampa_estera.pdf
La "Carmen del millennio", appunto!
Visto come canta la signora, è già scandaloso che abbia trovato di che riempire la sua rassegna stampa!!! Sordità diffusa, assenza di cultura e amore per l'opera, oblio del passato o semplice (?) e interessata malafede? Non so quale sia, fra queste ipotesi, la più consolante, o la meno deprimente.........
Mi unisco a quanto espresso da Gabriele e dalla signora Brandt...
Ahinoi, Tamburini, ma non sà che i giornalisti si limitano a copiare, in qualche caso amplificando, in pochissimi omettendo qualche cosa, i comunicati stampa delle case discografiche e dei manager? Sono profumatamente pagati per questo, è un meccanismo notissimo e abusatissimo nell'ambito della musica pop. Il mercato ha bisogno che si chiacchieri di nuovi geni, almeno uno o due all'anno, altrimenti come cnvincere quattro sprovveduti a comperare i dischi e andare a teatro? Se i geni non ci sono, li inventiamo. Oramai il critico è una sottospecie di DJ: la gente deve ballare. Che ci siano dischi buoni o meno, li deve suonare, e anzi, metterli pure a tempo e non rovinare la mascherata.
Ci ho messo due giorni per riprendermi... Ma chi è sta scalmanata che confonde il barocco con la tarantella? Nel video di "Come nave in mezzo al mare" quell'occhiataccia iniziale e inaspettata mi ha fatto sobbalzare sulla sedia! Simone Kermes è una tortura per i timpani, uno zero che canta!
Suggeritemi una versione decente di Manca Sollecita di Leo: devo disintossicarmi!
Buonanno Velluti...il video che ha indicato è semplicemente raccapricciante (ma ne conosco molti altri - sempre della Kermes - in tutto e per tutto analoghi). Però c'è un però: quell'inutile bamboleggiare, quelle smorfie, quegli accenni di balletto, quella completa mancanza di appoggio e di uso del diaframma (basta guardare il vestito: immobile) ha un evidente faro d'ispirazione: Cecilia Bartoli. La Bartoli è la vera responsabile della trasformazione del barocco "baroccaro" (già di per sè censurabile) nel barocco baraccone: un circo, insomma, una "cosa" che con il canto lirico non c'entra più nulla... La Bartoli è stata l'apripista a questi scempi ed ora le discepoli e la maestra, fanno a gara a risultare più grottesche. Eppure a certo pubblico piace e a certi critici pure... Si legga quel che scrive Giudici ad ogni uscita della sua pupilla...al confronto la prosa di Pavolini è sobria e misurata...
concordo pienamente Duprez...
ecco i soliti articoli/commenti di quelli che credono di sapere tutto loro.... meno male che la stra grande maggiornaza degli appassionati non la pensono come quei cessi di chi ha scrito questo articolo e chi lo ha commentato favorevolmente!
"Caro" e "gentile" prreterosso, grazie per il tuo educatissimo commento così pieno di argomentazioni e ricco di spunti interesanti.
Spero che l'ascolto prolungato della Diva Kermes abbia aiutato te e la stra-grande maggioranza degli appassionati di cui parli a risolvere i gravi problemi al colon che vi affliggono e di cui parli nel tuo intervento.
In caso contrario usa il bifidus nello yogurt oppure le prugne, o ancora l'ascolto del Trovatore "Filologico" della tua eroina: ti assicuro che ti sentirai più leggero e in forma.
Saluti
Marianne Brandt
Certo che la coprofagia ormai non ha più confini.
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