Fra le cantanti di origine tedesca della propria generazione Elisabeth Rethberg è, per certo, la più conosciuta anche ai non appassionati di cantanti a 78 giri vuoi per la lunga carriera nordamericana vuoi per la larga diffusione delle registrazioni effettuate in quella fase della carriera.
Preciso, però, che le americane non furono le sole registrazioni di Lisabeth Sadler e quelli Nord americani i soli palcoscenici della cantante.
Nata nel 1894 nel 1915, dopo studi musicali, venne audizionata da Fritz Reiner e scritturata per l'Opera di Dresda, allora il maggior teatro d'opera dell'impero prussiano e vi restò sino al 1922 pur presentandosi anche Vienna e Berlino. Nel 1922 approdò al Met con Aida, la "sua" opera. Al Met fu uno dei nomi di punta sino alla stagione 1941- '42 pur continuando a cantare nel paese d'origine dove, sempre a Dresda, fu protagonista della prima della Elena Egizia, a Vienna, al Festival di Salisburgo, a Londra (fra cui nel 1936 con Aida e Cavaliere della Rosa) e nei maggiori teatri nordamericani (soprattutto San Francisco e dalla stagione 1934 Chicago). In Italia si esibì alla Scala nel 1929 con Aida con la direzione di Toscanini, poi a Roma con la Campana sommersa di Respighi diretta da Serafin e nel 1934 a Firenze con Forza del destino, sempre diretta da Tullio Serafin e con Giovanni Martinelli ed Aureliano Pertile, che si alternavano nel ruolo di don Alvaro.
Per capire la Rethberg, nella valutazione dei contemporanei, basta leggere quanto, in Voci parallele, scrive Lauri -Volpi e la corrispondenza Strauss-Hofmannsthal, alla difficile ricerca della protagonista della Elena Egiziaca.
Entrambe le testimonianza sono preziose e per delineare gusto ed estetica del tempo e la perenne ricerca, da parte degli autori, di realizzare il difficile equilibrio fra miglior esecuzione e favore del pubblico.
Elisabeth Rethberg principiò la carriera come soprano lirico dedito al repertorio tedesco ed a quello italo-francese (eseguito sia in tedesco, che in lingua originale). Fu, quindi, Pamina, Contessa, donna Elvira, Margherita del Faust, protagonista della Sposa venduta, Agathe, Elsa, Eva persino Kostanze del Ratto dal Serraglio, Mimì, Butterfly e Nedda. Da sempre ebbe in repertorio Aida, ruolo allora ritenuto da soprano drammatico e che rappresentò, nei teatri nord americani, quasi un monopolio.
Dopo il debutto al Met aggiunse, progressivamente, partì più drammatiche come Selika di Africana e Rachel di Ebrea, donna Anna, Sieglinde, senza abbandonare i ruoli lirici, che le convenivano per temperamento e gusto.
Dopo il 1934 cantò sistematicamente oltre ad Aida le parti del cosiddetto Verdi pesante ossia Leonora di Forza del destino e Trovatore, Amelia del Ballo e Maria Boccanegra oltre a Cavalleria Rusticana. La scelta non fu un caso, ma il risultato di una necessità derivata dal ritiro dalle scene di Rosa Raisa, che era stata il soprano drammatico del Lyric di Chicago, e dalla progressiva riduzione di repertorio al Met di Rosa Ponselle.
Evitò sempre Norma e, forse conscia dei limiti di attrice, Manon e Tosca anche se più volte aveva cantato Iris.
Alcune registrazioni della Rethberg sono famosissime e paradigmatiche come le arie di Desdemona, di Amelia del Ballo, il terzo atto di Aida e gli assoli di Senta ed Elisabeth del Tannhauser per tacere dei due terzetti verdiani (Lombardi ed Attila), dove nessun soprano ha sfoggiato, congiunti, slancio verdiano ed eleganza di accento. Esecuzioni paradigmatiche quelle ed altre della cantante tedesca più ora che allora, tanto che le riserve dei contemporanei, alla luce delle esecuzioni di molte dive del dopo Callas e del gusto gerale, hanno perso molto senso. La dinamica di quelle esecuzioni non ha nulla, per varietà e finezza, da invidiare appunto alle dive del nostro recente passato.
Potremmo anche dire che Elisabeth Rethberg come altre cantanti (Arangi Lombardi, Lemnitz, Muller, Stignani) dimostra come il dopo Callas non ha scoperto assolutamente nulla, se mai ha maggiormente diffuso un gusto ed un repertorio.
Fra il 1933 ed il 1942 la voce di Elisabeth Rethberg, indiscussa diva, venne captata più volte dalle registrazioni radiofoniche, sopratutto, ma non solo, americane. La cantante dopo vent'anni di carriera aveva acquistatoin ampiezza, potenza e slancio e, forse, perso in morbidezza e duttilità negli acuti estremi, che talora suonano spinti. Ma dobbiamo anche fare i conti con la difficoltà di captare le intense vibrazioni della voce a quella quota.
Rimane sempre un esempio attuale di canto verdiano, dimostrando quello che dovrebbero essere oggi le esecuzioni verdiane.
In Aida (Londra 1936) al finale del secondo atto il timbro è puro, dolcissimo e nitido eppure questa Aida sovrasta in zona acuta tutti gli esecutori, Lauri-Volpi compreso. E allora le parole del tenore romano riferite alla collega assumono una giusta collocazione e un esatto ridimensionamento.
Lo stesso accade al finale del Trovatore dove nella frase "prima che d'altri vivere" la Rethberg esibisce il suono puro e trasfigurato di chi muore d'amore, prima ancora che di veleno, cui ci hanno abituato una Gencer, una Sutherland ed una Caballè, ma con un'ampiezza e una penetrazione, che chiariscono l'adagio riservato alle voci verdiane "voce, voce, voce". Prescrizione che non significa gridare a pieni polmoni senza rispetto delle indicazioni, ma disporre di quell'ampiezza, che consenta, senza intaccare la qualità del suono, di superare orditi orchestali spessi e partner di indiscussa possanza come Martinelli.
E di che vigore ed ampiezza fosse capace alla vigilia del ritiro (ottobre 1940 a San Francisco) la Rethberg è chiarito da aria e duetto del secondo atto del Ballo dove il soprano tedesco, pur non saldissima sul primo passaggio, coniuga l'indispensabile impeto verdiano con eleganza e dolcezza. Vedasi in confronto l'esplosione del la naturale di "t'amo" e le tenerezza della frase "Ahi, sul funereo letto".
Per puro spirito di polemica invito i nostri detrattori ad ascoltare che cosa combinino quanto a note basse ed acuti una Caballè o una Guleghina.
Ancora in Verdi la Rethberg, nell'inflazionato finale di Simone, dimostra come la signora Adorno debba essere un soprano drammatico perchè solo una cantante di questa categoria può reggere la frase in progressiva salita di "no non morrai" con arcate di fiato e continuo incremento di volume. Il tutto con un suono che non sembra risentire nè di sforzo nè della presenza di partners certamente dotati.
Qualcuno, innanzi a tutti questi esempi, potrà dileggiare la cantante con l'epiteto di compassata e gelida matrona. Faccia pure, ma offra in confronto colleghe capaci di altrettanta facilità di esecuzione, che si trasforma, anche per la qualità del timbro, sopratutto in Boccanegra in interpretazione.
Da Vienna anno 1933 con la bacchetta di Josep Krips (per la cronaca la Rethberg lavorò con le mggiori bacchette del suo tempo e riportò, persino, gli elogi di Toscanini) affronta Agathe nel Franco cacciatore ed anche qui si impone in confronto con le esecutrici di oggi.
L'aria "leise, leise" non presenta particolari difficoltà, tutta collocata sull'ottava centrale, richiede però, un controllo di fiato e respirazione assoluti in mancanza dei quali la linea musicale esce distrutta e con essa le caratteristiche di dolcezza e castità del personaggio.
L'aria e la scrittura vocale servirono da modello per gli assoli delle fanciulle angelica e/o redentrici del primo Wagner (Elsa ed Elisabeth). Anche qui invito a raffrontrare il legato delle Rethberg con quello di Anja Harteros nell'aria del terzo atto del recente Tannhauser scaligero, che penava a legare per evidenti difetti di sostegno e controllo del fiato.
All'opposto di Agathe sta donna Anna, che oggi siamo costretti a sentire eseguita da voci idonee al più a Zerlina. Un tempo la dama sivigliana era appannaggio dei soprani drammatici, meglio se di agilità. Alla prima aria, chiamata in Germania Roche Arien sostenuta dal tempo scanditissimo di Bruno Walter ( Salisburgo 1937) la Rethberg sfoggia accento scandito nel recitativo senza nessuno scivolone in suoni aperti e parlati, ampiezza, scansione e vigore nel cantabile. Certo il tempo veloce e l'accompagnamento, comunque leggero, per quel che si può udire, sono indispensabile sostegno.
In fondo questa esecuzione aiuta a ripensare ad una cantante come la Rethberg, sistematicamente addotta come interprete fredda e compassata, fama cui le esecuzioni in studio possono anche far propendere.
Sopratutto per il gusto moderno i furori di donna Anna, piuttosto che lo slancio di Agathe nella seconda sezione dell'aria "Leise, leise" non richiedono un accento più scandito ed un impeto maggiore di quelli esibiti dalla Rethberg, pena il travisamento del personaggio e più ancora dell'epoca in cui i titoli nacquero.
Eppure l'esecuzione del Franco cacciatore smentisce le accuse verso la Rethberg.
Come il gusto attuale porta a considerare esemplare (insieme con quella di Giannina Arangi Lombardi, la voce parallela nel catalogo di Lauri Volpi) la Santuzza del soprano tedesco.
Fra l'altro la presenza della Rethberg in quel broadcast fu una sostituzione dell'ultima ora della prevista Rosa Ponselle. E questo ci rende edotti della bravura del direttore Gennaro Papi, che accompagna, con il cuore in mano e seconda tutte le intuizioni ed idee interpretative del soprano.
Basta ascoltare il tono sofferente e la prevalenza di piani ed anche pianissimi nel racconto di Santuzza (ovvio mai un suono aperto e di petto in basso) sopratutto quando Santuzza affronta lo spinoso argomento dell'onore, perso, che consente di dare il massimo rilievo alle frasi più brucianti del brano come " ah l'amai" oppure " me l'ha rapito" sino alla chiusa dove è preponderante il "lola e Turiddu s'amano" rispetto all' "io piango". Analogo comportamento al duetto con compare Alfio dove all'attacco isterico "il signore vi manda compare Alfio" segue la trenodia su tradimenti e perduto onore vero paradigma della psicologia della donna meridionale. Che poi l'idea sia del soprano, del concertatore (napoletano ed esperto dell'argomento) o di qualche geniale ripassatore di spartito questo è un problema o un dubbio che giro agli ascoltatori.
Come giro a lettori ed ascoltatori il divertimento di frau Lilibeth nei panni di Rosalinde, geniale a rifare il verso alla cantante d'opera.
Gli ascolti
Elisabeth Rethberg
Halévy - La Juive
Atto II - Il va venir (1936)
Mascagni - Cavalleria rusticana
Voi lo sapete o mamma (1937)
Oh, il Signore vi manda, compar Alfio (con Carlo Morelli - 1937)
Mozart - Don Giovanni
Atto I - Don Ottavio, son morta...Or sai chi l'onore (1937)
Strauss J. - Die Fledermaus
Atto II - Klange der Heimat (1927)
Verdi - Il trovatore
Atto IV - Che, non m'inganna...Prima che d'altri vivere (con Giovanni Martinelli, Kathryn Meisle, Richard Bonelli - 1936)
Verdi - Un ballo in maschera
Atto II - Ecco l'orrido campo...Ma dall'arido stelo divulsa...Teco io sto (con Jussi Bjorling - 1940)
Verdi - Aida
Atto II - Vieni, o guerriero vindice...Ma tu Re, tu signore possente...O Re, pei sacri Numi (con Giacomo Lauri-Volpi, Gertrud Wettergren, Alexander de Sved, Ezio Pinza - 1936)
Weber - Der Freischutz
Atto II - Wie nahte mir der Schlummer...Leise, leise (1933)
Atto III - Und ob die Wolke sie verhülle (1933)
Verdi - Un ballo in maschera
Atto II - Ecco l'orrido campo...Ma dall'arido stelo divulsa...Teco io sto - Montserrat Caballè & Luciano Pavarotti (1981)
Preciso, però, che le americane non furono le sole registrazioni di Lisabeth Sadler e quelli Nord americani i soli palcoscenici della cantante.
Nata nel 1894 nel 1915, dopo studi musicali, venne audizionata da Fritz Reiner e scritturata per l'Opera di Dresda, allora il maggior teatro d'opera dell'impero prussiano e vi restò sino al 1922 pur presentandosi anche Vienna e Berlino. Nel 1922 approdò al Met con Aida, la "sua" opera. Al Met fu uno dei nomi di punta sino alla stagione 1941- '42 pur continuando a cantare nel paese d'origine dove, sempre a Dresda, fu protagonista della prima della Elena Egizia, a Vienna, al Festival di Salisburgo, a Londra (fra cui nel 1936 con Aida e Cavaliere della Rosa) e nei maggiori teatri nordamericani (soprattutto San Francisco e dalla stagione 1934 Chicago). In Italia si esibì alla Scala nel 1929 con Aida con la direzione di Toscanini, poi a Roma con la Campana sommersa di Respighi diretta da Serafin e nel 1934 a Firenze con Forza del destino, sempre diretta da Tullio Serafin e con Giovanni Martinelli ed Aureliano Pertile, che si alternavano nel ruolo di don Alvaro.
Per capire la Rethberg, nella valutazione dei contemporanei, basta leggere quanto, in Voci parallele, scrive Lauri -Volpi e la corrispondenza Strauss-Hofmannsthal, alla difficile ricerca della protagonista della Elena Egiziaca.
Entrambe le testimonianza sono preziose e per delineare gusto ed estetica del tempo e la perenne ricerca, da parte degli autori, di realizzare il difficile equilibrio fra miglior esecuzione e favore del pubblico.
Elisabeth Rethberg principiò la carriera come soprano lirico dedito al repertorio tedesco ed a quello italo-francese (eseguito sia in tedesco, che in lingua originale). Fu, quindi, Pamina, Contessa, donna Elvira, Margherita del Faust, protagonista della Sposa venduta, Agathe, Elsa, Eva persino Kostanze del Ratto dal Serraglio, Mimì, Butterfly e Nedda. Da sempre ebbe in repertorio Aida, ruolo allora ritenuto da soprano drammatico e che rappresentò, nei teatri nord americani, quasi un monopolio.
Dopo il debutto al Met aggiunse, progressivamente, partì più drammatiche come Selika di Africana e Rachel di Ebrea, donna Anna, Sieglinde, senza abbandonare i ruoli lirici, che le convenivano per temperamento e gusto.
Dopo il 1934 cantò sistematicamente oltre ad Aida le parti del cosiddetto Verdi pesante ossia Leonora di Forza del destino e Trovatore, Amelia del Ballo e Maria Boccanegra oltre a Cavalleria Rusticana. La scelta non fu un caso, ma il risultato di una necessità derivata dal ritiro dalle scene di Rosa Raisa, che era stata il soprano drammatico del Lyric di Chicago, e dalla progressiva riduzione di repertorio al Met di Rosa Ponselle.
Evitò sempre Norma e, forse conscia dei limiti di attrice, Manon e Tosca anche se più volte aveva cantato Iris.
Alcune registrazioni della Rethberg sono famosissime e paradigmatiche come le arie di Desdemona, di Amelia del Ballo, il terzo atto di Aida e gli assoli di Senta ed Elisabeth del Tannhauser per tacere dei due terzetti verdiani (Lombardi ed Attila), dove nessun soprano ha sfoggiato, congiunti, slancio verdiano ed eleganza di accento. Esecuzioni paradigmatiche quelle ed altre della cantante tedesca più ora che allora, tanto che le riserve dei contemporanei, alla luce delle esecuzioni di molte dive del dopo Callas e del gusto gerale, hanno perso molto senso. La dinamica di quelle esecuzioni non ha nulla, per varietà e finezza, da invidiare appunto alle dive del nostro recente passato.
Potremmo anche dire che Elisabeth Rethberg come altre cantanti (Arangi Lombardi, Lemnitz, Muller, Stignani) dimostra come il dopo Callas non ha scoperto assolutamente nulla, se mai ha maggiormente diffuso un gusto ed un repertorio.
Fra il 1933 ed il 1942 la voce di Elisabeth Rethberg, indiscussa diva, venne captata più volte dalle registrazioni radiofoniche, sopratutto, ma non solo, americane. La cantante dopo vent'anni di carriera aveva acquistatoin ampiezza, potenza e slancio e, forse, perso in morbidezza e duttilità negli acuti estremi, che talora suonano spinti. Ma dobbiamo anche fare i conti con la difficoltà di captare le intense vibrazioni della voce a quella quota.
Rimane sempre un esempio attuale di canto verdiano, dimostrando quello che dovrebbero essere oggi le esecuzioni verdiane.
In Aida (Londra 1936) al finale del secondo atto il timbro è puro, dolcissimo e nitido eppure questa Aida sovrasta in zona acuta tutti gli esecutori, Lauri-Volpi compreso. E allora le parole del tenore romano riferite alla collega assumono una giusta collocazione e un esatto ridimensionamento.
Lo stesso accade al finale del Trovatore dove nella frase "prima che d'altri vivere" la Rethberg esibisce il suono puro e trasfigurato di chi muore d'amore, prima ancora che di veleno, cui ci hanno abituato una Gencer, una Sutherland ed una Caballè, ma con un'ampiezza e una penetrazione, che chiariscono l'adagio riservato alle voci verdiane "voce, voce, voce". Prescrizione che non significa gridare a pieni polmoni senza rispetto delle indicazioni, ma disporre di quell'ampiezza, che consenta, senza intaccare la qualità del suono, di superare orditi orchestali spessi e partner di indiscussa possanza come Martinelli.
E di che vigore ed ampiezza fosse capace alla vigilia del ritiro (ottobre 1940 a San Francisco) la Rethberg è chiarito da aria e duetto del secondo atto del Ballo dove il soprano tedesco, pur non saldissima sul primo passaggio, coniuga l'indispensabile impeto verdiano con eleganza e dolcezza. Vedasi in confronto l'esplosione del la naturale di "t'amo" e le tenerezza della frase "Ahi, sul funereo letto".
Per puro spirito di polemica invito i nostri detrattori ad ascoltare che cosa combinino quanto a note basse ed acuti una Caballè o una Guleghina.
Ancora in Verdi la Rethberg, nell'inflazionato finale di Simone, dimostra come la signora Adorno debba essere un soprano drammatico perchè solo una cantante di questa categoria può reggere la frase in progressiva salita di "no non morrai" con arcate di fiato e continuo incremento di volume. Il tutto con un suono che non sembra risentire nè di sforzo nè della presenza di partners certamente dotati.
Qualcuno, innanzi a tutti questi esempi, potrà dileggiare la cantante con l'epiteto di compassata e gelida matrona. Faccia pure, ma offra in confronto colleghe capaci di altrettanta facilità di esecuzione, che si trasforma, anche per la qualità del timbro, sopratutto in Boccanegra in interpretazione.
Da Vienna anno 1933 con la bacchetta di Josep Krips (per la cronaca la Rethberg lavorò con le mggiori bacchette del suo tempo e riportò, persino, gli elogi di Toscanini) affronta Agathe nel Franco cacciatore ed anche qui si impone in confronto con le esecutrici di oggi.
L'aria "leise, leise" non presenta particolari difficoltà, tutta collocata sull'ottava centrale, richiede però, un controllo di fiato e respirazione assoluti in mancanza dei quali la linea musicale esce distrutta e con essa le caratteristiche di dolcezza e castità del personaggio.
L'aria e la scrittura vocale servirono da modello per gli assoli delle fanciulle angelica e/o redentrici del primo Wagner (Elsa ed Elisabeth). Anche qui invito a raffrontrare il legato delle Rethberg con quello di Anja Harteros nell'aria del terzo atto del recente Tannhauser scaligero, che penava a legare per evidenti difetti di sostegno e controllo del fiato.
All'opposto di Agathe sta donna Anna, che oggi siamo costretti a sentire eseguita da voci idonee al più a Zerlina. Un tempo la dama sivigliana era appannaggio dei soprani drammatici, meglio se di agilità. Alla prima aria, chiamata in Germania Roche Arien sostenuta dal tempo scanditissimo di Bruno Walter ( Salisburgo 1937) la Rethberg sfoggia accento scandito nel recitativo senza nessuno scivolone in suoni aperti e parlati, ampiezza, scansione e vigore nel cantabile. Certo il tempo veloce e l'accompagnamento, comunque leggero, per quel che si può udire, sono indispensabile sostegno.
In fondo questa esecuzione aiuta a ripensare ad una cantante come la Rethberg, sistematicamente addotta come interprete fredda e compassata, fama cui le esecuzioni in studio possono anche far propendere.
Sopratutto per il gusto moderno i furori di donna Anna, piuttosto che lo slancio di Agathe nella seconda sezione dell'aria "Leise, leise" non richiedono un accento più scandito ed un impeto maggiore di quelli esibiti dalla Rethberg, pena il travisamento del personaggio e più ancora dell'epoca in cui i titoli nacquero.
Eppure l'esecuzione del Franco cacciatore smentisce le accuse verso la Rethberg.
Come il gusto attuale porta a considerare esemplare (insieme con quella di Giannina Arangi Lombardi, la voce parallela nel catalogo di Lauri Volpi) la Santuzza del soprano tedesco.
Fra l'altro la presenza della Rethberg in quel broadcast fu una sostituzione dell'ultima ora della prevista Rosa Ponselle. E questo ci rende edotti della bravura del direttore Gennaro Papi, che accompagna, con il cuore in mano e seconda tutte le intuizioni ed idee interpretative del soprano.
Basta ascoltare il tono sofferente e la prevalenza di piani ed anche pianissimi nel racconto di Santuzza (ovvio mai un suono aperto e di petto in basso) sopratutto quando Santuzza affronta lo spinoso argomento dell'onore, perso, che consente di dare il massimo rilievo alle frasi più brucianti del brano come " ah l'amai" oppure " me l'ha rapito" sino alla chiusa dove è preponderante il "lola e Turiddu s'amano" rispetto all' "io piango". Analogo comportamento al duetto con compare Alfio dove all'attacco isterico "il signore vi manda compare Alfio" segue la trenodia su tradimenti e perduto onore vero paradigma della psicologia della donna meridionale. Che poi l'idea sia del soprano, del concertatore (napoletano ed esperto dell'argomento) o di qualche geniale ripassatore di spartito questo è un problema o un dubbio che giro agli ascoltatori.
Come giro a lettori ed ascoltatori il divertimento di frau Lilibeth nei panni di Rosalinde, geniale a rifare il verso alla cantante d'opera.
Gli ascolti
Elisabeth Rethberg
Halévy - La Juive
Atto II - Il va venir (1936)
Mascagni - Cavalleria rusticana
Voi lo sapete o mamma (1937)
Oh, il Signore vi manda, compar Alfio (con Carlo Morelli - 1937)
Mozart - Don Giovanni
Atto I - Don Ottavio, son morta...Or sai chi l'onore (1937)
Strauss J. - Die Fledermaus
Atto II - Klange der Heimat (1927)
Verdi - Il trovatore
Atto IV - Che, non m'inganna...Prima che d'altri vivere (con Giovanni Martinelli, Kathryn Meisle, Richard Bonelli - 1936)
Verdi - Un ballo in maschera
Atto II - Ecco l'orrido campo...Ma dall'arido stelo divulsa...Teco io sto (con Jussi Bjorling - 1940)
Verdi - Aida
Atto II - Vieni, o guerriero vindice...Ma tu Re, tu signore possente...O Re, pei sacri Numi (con Giacomo Lauri-Volpi, Gertrud Wettergren, Alexander de Sved, Ezio Pinza - 1936)
Weber - Der Freischutz
Atto II - Wie nahte mir der Schlummer...Leise, leise (1933)
Atto III - Und ob die Wolke sie verhülle (1933)
Verdi - Un ballo in maschera
Atto II - Ecco l'orrido campo...Ma dall'arido stelo divulsa...Teco io sto - Montserrat Caballè & Luciano Pavarotti (1981)
8 commenti:
Grazie caro DOnzelli per questo splendido articolo!
La Rethberg è da sempre una delle mie favorite, ma non mi pare di peccare di prevenuta partigianeria se rifiuto di valutare seriamente le accuse di freddezza alla signora in questione. La distanza e la nobiltà nel suo accento erano pilastri solidissimi, e basta sentire con attenzione la sua donna Anna (dall'incisione a mio avviso migliore del capolavoro mozartiano), per farsene un'idea. Se si preferisce un Verdi più arroventato, si incorre nei rischi che sappiamo,a meno di non rifarsi alla Tebaldi e davvero a poco altro.
Quanto a Weber, solo Hilde COnetzni a mio avviso può rivaleggiare in perizia e morbidezza con la Rethberg... nel complesso,una cantante immensa che non stanca mai e che ha saputo amministrare il suo enorme dono di natura, e la sua esemplare perizia tecnica.
Sempre bravi!
Sì, la Rethberg. grande, anzi grandissima!
Fu "stregata" da Pinza e poi "salvata" da un comprimario del Met, George Chehanovsky.
Sono felice che l'amiate quanto la ami io.
carissimo scattare
continui a parlare di un'epoca del met che è mitica con una conoscenza se non diretta quasi. Non sapevo di questa storia della grande, ma poco sensuale fraulein Retheberg.
quanddo Ti verrà voglia di raccontare più diffusamente per chi come noi e per motivi geografici e per motivi anagrafici nulla sa?
ciao dd
Una voce che è una lama... Una perfezione assoluta, tanto da farla risultare glaciale, completamente chiusa sulla sua algida astrattezza... Ma tutto è tranne che inespressiva (ma oggi, si sa, si scambia l'esagitazione esorcistica per espressione!!!). La scena di Donna Anna è stupenda... Grazie per gli ascolti...
Caro Donzelli,
grazie del sempre presente invito per dialogare e raccontare con voi.
Io mi sento sempre in imbarazzo e a disagio con voi perchè siete così bravi nel dire e spiegare le cose ed io invece... racconto, racconto, e mi perdo raccontando e ricordando, e facendo ciò, faccio perdere il filo del discorso a chi mi segue.
Poi essendo un vecchio "romantico" gli occhi mi si reimpiono di lagrime e forse il discorso non riesco portare a termine. Inoltre faccio nomi e cognomi, cosa che sono riservate a una specie di "off the record". I racconti senza quelli non hanno vita.
E (aiaiaia)... non mi piace essere contestato (poveri "justsmile" e "amodomio" ne sanno qualcosa...) da chi NON sa e CREDE di sapere e da chi NON conosce e NON HA SENTITO! Le mie orecchie sono pulite ed ancora allenate (come d'altronde le vostre).
Se dico che Kaufmann è il peggiore Cavaradossi IN ASSOLUTO ch'io abbia mai sentito ( e ne ho sentite...) non mi piace sentire i miagolii dei suoi fedeli infedeli che, offesissimi, vogliono far battaglia. Sono troppo vecchio per battagliare contro l'ignoranza - nel vero senso latino della parola: non conoscere, non sapere; ignorare!
caro scattare,
lasciando perdere i miagolii di Kaufmann e dei suoi fidi, non avresti invece voglia di raccontarci i tuoi ricordi sui Cavaradossi che più ti hanno colpito (nel bene e nel male) nel corso della tua carriera di ascoltatore? ci piacerebbe veramente, ma veramente, tanto.
ciao
dd
Mi metti in imbarazzo... il primissimo dal vivo è stato Jan Peerce!
Ce ne sarebbero da raccontare.
Sì, immagino che la scelta sia vastissima e l'impegno non indifferente. Ti chiediamo solo di pensarci. Noi staremo qui a sperare ed aspettare, come Escamillo con la Carmencita.
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