Nuova produzione del Simon Boccanegra verdiano al Teatro alla Scala, opera quanto mai cara e amata dal pubblico milanese, mai dimenticata nella storica edizione, più volte replicata, firmata dal duo Abbado – Strehler. Indimenticata dal pubblico ma evidentemente ignota a chi ha pensato di poter andare in scena in tutta serenità ieri sera davanti allo stesso pubblico con una produzione che nemmeno in un teatro della provincia tedesca avrebbe potuto passare indenne. Un serata di fatto mai decollata a causa della direzione e concertazione di Daniel Barenboim e dell’allestimento di Federico Tiezzi, in secondo luogo per le mende vocali del cast. Il maestro, duramente contestato al rientro in sala dopo la pausa tra primo e secondo atto, è stato, assieme al regista, il bersaglio della forte contestazione finale, che ha investito, anche se in misura assai minore F. Furlanetto e P. Domingo.
Continua la rivoluzione INculturale che dall’Unter den Linden si allarga sulle tavole del palcoscenico milanese. Una volta la Scala esportava produzioni straordinarie per qualità e successo di pubblica e critica come, appunto, il Simone del ’71-‘72. Oggi importa e cooproduce allestimenti come questo, privi di idee e contenuti musicali e registici quando non di trovate al limite del ridicolo ( si veda il trasporto della mummietta di Maria accompagnata da un ombrellino parasole o la navicella giocattolo della finestra d’acqua davanti a cui Amelia canta la sua cavatina mentre due coppie di ancelle agitano pashmine azzurre, parodia dei mari setosi di Pizzi ) affidandosi ad una bacchetta del tutto estranea a Verdi ed al canto italiano, incapace di rendere i colori, le suggestioni ambientali, l’esatta cifra drammaturgica del testo. L’opera era praticamente irriconoscibile ieri sera, grazie a questa bacchetta insensibile alla bellezza ed alla ricchezza di questa partitura, che consente persino agli “accompagnatori” di mestiere, come il Panizza della storica edizione del Met che vi abbiamo offerto più volte, di trovare momenti di gloria personale. E’stato un disastro in scia con la prestazione dell’Aida, ma stavolta senza gli svarioni e i fuori tempo marchiani ( nel palazzo del Abati a dire il vero qualche cric e crac si è sentito…) a far da alibi ad un’orchestra quasi sempre ferma, mortifera, senza tensione, o al più fracassona ed ordinaria. Abbiamo udito un Simone senza il senso ottocentesco della rievocazione storica, senza atmosfere, da quelli foschi del prologo a quelli della congiura, senza il pathos che segna in partitura la morte di Simone, senza canto amoroso, senza lo struggimento dolente ed austero che accompagnerebbe il canto dei due vegliardi, senza l’epica dei guizzi di Adorno, senza la concitazione e la magniloquenza della grandiosa scena del Consiglio. La noia è venuta dai tempi lenti se non lentissimi, mai ben sostenuti e che i cantanti hanno perlopiù subito, l’Harteros in primis, ma anche dall’inadeguatezza del cast, senescente o modesto. Inadeguatezza perfezionata da scelte insensate come quella di chiedere al soprano, al limite per tonnellaggio nella vocalità spinta di Amelia, di cantare in piano le frasi discendenti del finale,“ No, non morrai, l’amore vinca di morte il gelo”, quando deve scendere dal si bem al sol con note pergiunta scritte accentate e che non hanno senso se eseguite con i pianini di un soprano da Lucia; lo stacco del tempo della stretta del duetto Boccanegra Amelia, tanto lento da sfilacciare il canto e squassare il ritmo del passo; come il tempo larghissimo dell’aria di Fiesco, che deve essere retto da un cantante che non ha più alcuna qualità timbrica e di legato, anche qui con esiti imbarazzanti; per non parlare dell’evidente servile “coperchio” messo all’orchestra in quella che è l’infuocata introduzione al “Plebe, patrizi popolo” di Simone, dove nemmeno durante le intensisissime frasi “ e vo’ gridando pace e vò gridando amor “ su cui si inserisce il coro, abbiamo avuto il bene di udire una buca con cavata, intensità emotiva, canto. Il duetto finale dei due bassi, poi, un capodopera dell’universo verdiano che da solo varrebbe la serata, è passato via senza alcuna sottolineatura drammatica ed emotiva da parte della buca, ed i protagonista avrebbero avuto bisogno di essere aiutati e coadiuvati, perché entrambi inferiori al compiti; ma la tragedia di frasi come “ Gran Dio! Compiuto è alfin di quest’anima il desio” di Boccanegra, o il pianto di Fiesco nello straordinario passo“ Piango, perché mi parla in te del ciel… “ possono essere “cantati “ fino a farci piangere da maestri come Mitroupoulos, non certo dai Barenboim, che ieri sera pareva non conoscere nemmeno la trama dell’opera. Noi siamo solo poveri melomani ignoranti, e non musicisti, ma ieri abbiamo avuto la sensazione che mancasse proprio la conoscenza e la comprensione della partitura.
Di Tiezzi vi ho in parte già detto. Scenografie al più grigie, prismi variamente accatastati, qualche architettura minima e bruttina nel palazzo degli Abati, tendaggi minimi per Amelia, e costumi abbastanza tradizionali. Nessuna regia. La semplice e grandiosa prospettiva della marina di Strehler, con la nave in fondo e le luci studiate, se confrontata con la peschiera presso cui Tiezzi colloca Amelia, la barchetta giocattolo, il fondale vuoto e senza atmosfera, le agitatrici di pashmine, rendono bene il cambio dei tempi e lo stato dell’”arte” presente. Come già all’epoca del Don Carlo, ci si domanda se abbia senso o meno continuare a produrre allestimenti senza idee come questo o se non valga la pena, in riconosciuta carestia di denaro oltre che senso del teatro e fantasia, riproporre lo storico allestimento di Strehler, certamente superiore a questo anche se vecchio di trent’anni.
Ma veniamo al canto.
Simone era l’attesissimo Plácido Domingo in veste di baritono, anzi,diciamo meglio, in nuova corda di baritono. Dato che non si tratta di cimento occasionale, ma di un piano di produzioni, Berlino, New York, Milano, Londra etc ed avendo già annunciato anche il debutto in Rigoletto, dobbiamo per forza di cose considerare Domingo un baritono e come tale recensirlo.
Ha cantato, ad onta dell’età, con una sonorità variabile, ora buona ora insufficiente, come al già citato “Plebe patrizi popolo”, mancando in primo luogo del colore del baritono ( la sua voce era assai simile a quella del tenore…) oltre che dell’ampiezza e del volume necessari al grande canto nobile ed aulico nella zona del baritono. Il centro è vuoto, spesso aperto e privo di legato, con ovvie conseguenze sui cantabili oltrechè nei recitativi ( penso a certe frasi del prologo, davvero troppo aperte sgangherate o a quelle che aprono la scena degli Abati.. ). Ha cantato con solidità ma pochisimi colori, mai un vero fraseggio ed una vera dinamica nella voce, sempre sul mezzoforte. Il che ha reso un Simone monotono, noioso, poco sfaccettato, incapace di spiccare scenicamente e vocalmente per ergersi a protagonista della sera, oltre che a leader del cast.. Però è un cantante celeberrimo, amato, ed il pubblico lo copre di affetto, pur riconoscendone l’inadeguatezza al ruolo. La sua lezione, mentre è in arrivo in questo teatro la finale del suo Operalia, è sempre più quella del tutto per tutti, tutti per tutto, basta che faccia audience……..perchè ormai così va il mondo.
Però una sonora pizzicata non gli è stata sottratta, forse perché quando si eccede così tanto …..…
Fiesco era F. Furlanetto. Il peggiore in campo secondo opinione di tutti. Il personaggio dovrebbe essere austero, aulico, ieratico, dolente, ma è risultato becero, a tratti farneticante, come al recitativo di ingresso. Voce dura, tubata, ormai impossibilitata a legare, fraseggiare e smorzare, sgradevolissima. Il più riprovato del cast vocale.
Gabriele Adorno era F. Sartori. Voce già inadatta già a Jacopo Foscari, era del tutto fuori luogo anche qui. La parte richiede accento epico, eroico, capacità di squillare ma anche canto morbido e legato, fraseggio scolpito e nobile. Sartori è al più quadrato musicalmente, ma del tutto incolore ed insapore, limitato anche nella presenza scenica. La voce è poco sonora, quando canta sul passaggio, spessissimo in questa parte, o in alto, il suono si chiude e và indietro. E’sicuro, ma non può svettare. Per giunta non c’è fraseggio, mai un accento, mai una parola con una intenzione che spicchi, mai una frase, nemmeno un’incisiva dizione…del tutto anodino, insomma. E’ sopravvissuto sino all’aria, ma poi al terzetto con Simone ed Amelia gli è mancata la benzina per dare la giusta ampiezza al canto che il momento richiede. Incolore in scena, incolore anche nelle uscite, è scivolato via così…..senza infamia e senza lode.
Amelia era Anja Harteros, la migliore del cast e la più gradita ai loggionisti. Migliore nel senso che ha fondato la sua prova, che mi ha lasciata assai perplessa, su una certa sonorità, che di natura possiede, ed alcune belle intenzioni musicali, soprattutto al primo atto, ma sulla cui resa vocale ci sarebbe da discutere. Premesso che in seconda parte di serata è parsa decisamente meno tonica, con fissità della zona acuta molto insistenti, ha cantato senza alcuna magia l’entrata ( tra l’altro introdotta ed accompagnata orrendamente da Baremboim…), con bella linea di canto ed intenzioni nei due duetti con Gabriele e Simone, per arrabattasi nel monologo concitato della scena degli Abati, dove non ha avuto l’adeguato spessore tragico che il momento richiede. Meglio il secondo atto, poco convincente al terzetto, decisamente pigolante e senza peso nel finale. Che devo dirvi di diverso rispetto ad Alcina o a Tannhauser? Si tratta di voce lirica appena appena, con una bella punta, ma priva di appoggio e quindi di vero spessore. Gonfia il centro, ora scurisce in bocca, ora apre, ora da di naso; gli acuti o li spinge sul forte, dove suona sgraziata, oppure li flauta, ed allora tende a stonare perché non appoggia, altrimenti suona fissa; in basso non c’è nulla e si arrabatta anche male, fatto che in questa parte, che sotto ci và spesso e con forza, si sente. Canta, è bella da vedere, e può anche convincere bacchette o direttori di teatro che le voci non le sentono, ma non è gran cosa. Amelia è un soprano spinto per scrittura vocale, anche se di temperamento lirico, e perciò occorre che i lirici che l’affrontano abbiano almeno la solida e sonora colonna di suono della signora Freni. E qui siamo ben lontani dall’obbiettivo, per quanto in siffatto contorno abbia assai ben figurato.
Paolo Albiani era Massimo Cavaletti, ex accademico della Scala, bello a vedersi ma non certo sentirsi. Ed ho condiviso questa opinione con tutti quelli con cui ho parlato.
Insomma, una serata mortifera e …..triste, perché davvero mala tempora currunt.
Gli ascolti
Verdi - Simon Boccanegra
Atto I
Come in quest'ora bruna - Leyla Gencer (1958), Ilva Ligabue (1965), Margaret Price (1980)
Cielo di stelle orbato...Vieni a mirar la cerula - Giovanni Martinelli & Elisabeth Rethberg (1935)
Favella il Doge ad Amelia Grimaldi? - Mario Zanasi & Maria Chiara (1970)
Ferma!...Plebe, patrizi, popolo - Tito Gobbi, Ilva Ligabue, Renato Cioni, Raphael Arié, Renato Cesari (1965)
Atto II
O Inferno!...Cielo pietoso - Giovanni Martinelli (1935), Richard Tucker (1950), Carlo Bergonzi (1960)
Figlia!...Sì afflitto, padre mio?...Perdon, perdono Amelia - Lawrence Tibbett, Elisabeth Rethberg & Giovanni Martinelli (1935), Mario Zanasi, Maria Chiara & Nicola Martinucci (1970), Piero Cappuccilli, Martina Arroyo & Carlo Cossutta (1974)
Continua la rivoluzione INculturale che dall’Unter den Linden si allarga sulle tavole del palcoscenico milanese. Una volta la Scala esportava produzioni straordinarie per qualità e successo di pubblica e critica come, appunto, il Simone del ’71-‘72. Oggi importa e cooproduce allestimenti come questo, privi di idee e contenuti musicali e registici quando non di trovate al limite del ridicolo ( si veda il trasporto della mummietta di Maria accompagnata da un ombrellino parasole o la navicella giocattolo della finestra d’acqua davanti a cui Amelia canta la sua cavatina mentre due coppie di ancelle agitano pashmine azzurre, parodia dei mari setosi di Pizzi ) affidandosi ad una bacchetta del tutto estranea a Verdi ed al canto italiano, incapace di rendere i colori, le suggestioni ambientali, l’esatta cifra drammaturgica del testo. L’opera era praticamente irriconoscibile ieri sera, grazie a questa bacchetta insensibile alla bellezza ed alla ricchezza di questa partitura, che consente persino agli “accompagnatori” di mestiere, come il Panizza della storica edizione del Met che vi abbiamo offerto più volte, di trovare momenti di gloria personale. E’stato un disastro in scia con la prestazione dell’Aida, ma stavolta senza gli svarioni e i fuori tempo marchiani ( nel palazzo del Abati a dire il vero qualche cric e crac si è sentito…) a far da alibi ad un’orchestra quasi sempre ferma, mortifera, senza tensione, o al più fracassona ed ordinaria. Abbiamo udito un Simone senza il senso ottocentesco della rievocazione storica, senza atmosfere, da quelli foschi del prologo a quelli della congiura, senza il pathos che segna in partitura la morte di Simone, senza canto amoroso, senza lo struggimento dolente ed austero che accompagnerebbe il canto dei due vegliardi, senza l’epica dei guizzi di Adorno, senza la concitazione e la magniloquenza della grandiosa scena del Consiglio. La noia è venuta dai tempi lenti se non lentissimi, mai ben sostenuti e che i cantanti hanno perlopiù subito, l’Harteros in primis, ma anche dall’inadeguatezza del cast, senescente o modesto. Inadeguatezza perfezionata da scelte insensate come quella di chiedere al soprano, al limite per tonnellaggio nella vocalità spinta di Amelia, di cantare in piano le frasi discendenti del finale,“ No, non morrai, l’amore vinca di morte il gelo”, quando deve scendere dal si bem al sol con note pergiunta scritte accentate e che non hanno senso se eseguite con i pianini di un soprano da Lucia; lo stacco del tempo della stretta del duetto Boccanegra Amelia, tanto lento da sfilacciare il canto e squassare il ritmo del passo; come il tempo larghissimo dell’aria di Fiesco, che deve essere retto da un cantante che non ha più alcuna qualità timbrica e di legato, anche qui con esiti imbarazzanti; per non parlare dell’evidente servile “coperchio” messo all’orchestra in quella che è l’infuocata introduzione al “Plebe, patrizi popolo” di Simone, dove nemmeno durante le intensisissime frasi “ e vo’ gridando pace e vò gridando amor “ su cui si inserisce il coro, abbiamo avuto il bene di udire una buca con cavata, intensità emotiva, canto. Il duetto finale dei due bassi, poi, un capodopera dell’universo verdiano che da solo varrebbe la serata, è passato via senza alcuna sottolineatura drammatica ed emotiva da parte della buca, ed i protagonista avrebbero avuto bisogno di essere aiutati e coadiuvati, perché entrambi inferiori al compiti; ma la tragedia di frasi come “ Gran Dio! Compiuto è alfin di quest’anima il desio” di Boccanegra, o il pianto di Fiesco nello straordinario passo“ Piango, perché mi parla in te del ciel… “ possono essere “cantati “ fino a farci piangere da maestri come Mitroupoulos, non certo dai Barenboim, che ieri sera pareva non conoscere nemmeno la trama dell’opera. Noi siamo solo poveri melomani ignoranti, e non musicisti, ma ieri abbiamo avuto la sensazione che mancasse proprio la conoscenza e la comprensione della partitura.
Di Tiezzi vi ho in parte già detto. Scenografie al più grigie, prismi variamente accatastati, qualche architettura minima e bruttina nel palazzo degli Abati, tendaggi minimi per Amelia, e costumi abbastanza tradizionali. Nessuna regia. La semplice e grandiosa prospettiva della marina di Strehler, con la nave in fondo e le luci studiate, se confrontata con la peschiera presso cui Tiezzi colloca Amelia, la barchetta giocattolo, il fondale vuoto e senza atmosfera, le agitatrici di pashmine, rendono bene il cambio dei tempi e lo stato dell’”arte” presente. Come già all’epoca del Don Carlo, ci si domanda se abbia senso o meno continuare a produrre allestimenti senza idee come questo o se non valga la pena, in riconosciuta carestia di denaro oltre che senso del teatro e fantasia, riproporre lo storico allestimento di Strehler, certamente superiore a questo anche se vecchio di trent’anni.
Ma veniamo al canto.
Simone era l’attesissimo Plácido Domingo in veste di baritono, anzi,diciamo meglio, in nuova corda di baritono. Dato che non si tratta di cimento occasionale, ma di un piano di produzioni, Berlino, New York, Milano, Londra etc ed avendo già annunciato anche il debutto in Rigoletto, dobbiamo per forza di cose considerare Domingo un baritono e come tale recensirlo.
Ha cantato, ad onta dell’età, con una sonorità variabile, ora buona ora insufficiente, come al già citato “Plebe patrizi popolo”, mancando in primo luogo del colore del baritono ( la sua voce era assai simile a quella del tenore…) oltre che dell’ampiezza e del volume necessari al grande canto nobile ed aulico nella zona del baritono. Il centro è vuoto, spesso aperto e privo di legato, con ovvie conseguenze sui cantabili oltrechè nei recitativi ( penso a certe frasi del prologo, davvero troppo aperte sgangherate o a quelle che aprono la scena degli Abati.. ). Ha cantato con solidità ma pochisimi colori, mai un vero fraseggio ed una vera dinamica nella voce, sempre sul mezzoforte. Il che ha reso un Simone monotono, noioso, poco sfaccettato, incapace di spiccare scenicamente e vocalmente per ergersi a protagonista della sera, oltre che a leader del cast.. Però è un cantante celeberrimo, amato, ed il pubblico lo copre di affetto, pur riconoscendone l’inadeguatezza al ruolo. La sua lezione, mentre è in arrivo in questo teatro la finale del suo Operalia, è sempre più quella del tutto per tutti, tutti per tutto, basta che faccia audience……..perchè ormai così va il mondo.
Però una sonora pizzicata non gli è stata sottratta, forse perché quando si eccede così tanto …..…
Fiesco era F. Furlanetto. Il peggiore in campo secondo opinione di tutti. Il personaggio dovrebbe essere austero, aulico, ieratico, dolente, ma è risultato becero, a tratti farneticante, come al recitativo di ingresso. Voce dura, tubata, ormai impossibilitata a legare, fraseggiare e smorzare, sgradevolissima. Il più riprovato del cast vocale.
Gabriele Adorno era F. Sartori. Voce già inadatta già a Jacopo Foscari, era del tutto fuori luogo anche qui. La parte richiede accento epico, eroico, capacità di squillare ma anche canto morbido e legato, fraseggio scolpito e nobile. Sartori è al più quadrato musicalmente, ma del tutto incolore ed insapore, limitato anche nella presenza scenica. La voce è poco sonora, quando canta sul passaggio, spessissimo in questa parte, o in alto, il suono si chiude e và indietro. E’sicuro, ma non può svettare. Per giunta non c’è fraseggio, mai un accento, mai una parola con una intenzione che spicchi, mai una frase, nemmeno un’incisiva dizione…del tutto anodino, insomma. E’ sopravvissuto sino all’aria, ma poi al terzetto con Simone ed Amelia gli è mancata la benzina per dare la giusta ampiezza al canto che il momento richiede. Incolore in scena, incolore anche nelle uscite, è scivolato via così…..senza infamia e senza lode.
Amelia era Anja Harteros, la migliore del cast e la più gradita ai loggionisti. Migliore nel senso che ha fondato la sua prova, che mi ha lasciata assai perplessa, su una certa sonorità, che di natura possiede, ed alcune belle intenzioni musicali, soprattutto al primo atto, ma sulla cui resa vocale ci sarebbe da discutere. Premesso che in seconda parte di serata è parsa decisamente meno tonica, con fissità della zona acuta molto insistenti, ha cantato senza alcuna magia l’entrata ( tra l’altro introdotta ed accompagnata orrendamente da Baremboim…), con bella linea di canto ed intenzioni nei due duetti con Gabriele e Simone, per arrabattasi nel monologo concitato della scena degli Abati, dove non ha avuto l’adeguato spessore tragico che il momento richiede. Meglio il secondo atto, poco convincente al terzetto, decisamente pigolante e senza peso nel finale. Che devo dirvi di diverso rispetto ad Alcina o a Tannhauser? Si tratta di voce lirica appena appena, con una bella punta, ma priva di appoggio e quindi di vero spessore. Gonfia il centro, ora scurisce in bocca, ora apre, ora da di naso; gli acuti o li spinge sul forte, dove suona sgraziata, oppure li flauta, ed allora tende a stonare perché non appoggia, altrimenti suona fissa; in basso non c’è nulla e si arrabatta anche male, fatto che in questa parte, che sotto ci và spesso e con forza, si sente. Canta, è bella da vedere, e può anche convincere bacchette o direttori di teatro che le voci non le sentono, ma non è gran cosa. Amelia è un soprano spinto per scrittura vocale, anche se di temperamento lirico, e perciò occorre che i lirici che l’affrontano abbiano almeno la solida e sonora colonna di suono della signora Freni. E qui siamo ben lontani dall’obbiettivo, per quanto in siffatto contorno abbia assai ben figurato.
Paolo Albiani era Massimo Cavaletti, ex accademico della Scala, bello a vedersi ma non certo sentirsi. Ed ho condiviso questa opinione con tutti quelli con cui ho parlato.
Insomma, una serata mortifera e …..triste, perché davvero mala tempora currunt.
Gli ascolti
Verdi - Simon Boccanegra
Atto I
Come in quest'ora bruna - Leyla Gencer (1958), Ilva Ligabue (1965), Margaret Price (1980)
Cielo di stelle orbato...Vieni a mirar la cerula - Giovanni Martinelli & Elisabeth Rethberg (1935)
Favella il Doge ad Amelia Grimaldi? - Mario Zanasi & Maria Chiara (1970)
Ferma!...Plebe, patrizi, popolo - Tito Gobbi, Ilva Ligabue, Renato Cioni, Raphael Arié, Renato Cesari (1965)
Atto II
O Inferno!...Cielo pietoso - Giovanni Martinelli (1935), Richard Tucker (1950), Carlo Bergonzi (1960)
Figlia!...Sì afflitto, padre mio?...Perdon, perdono Amelia - Lawrence Tibbett, Elisabeth Rethberg & Giovanni Martinelli (1935), Mario Zanasi, Maria Chiara & Nicola Martinucci (1970), Piero Cappuccilli, Martina Arroyo & Carlo Cossutta (1974)
84 commenti:
serata tremendamente noiosa, mortifera ed insulsa: in primis per l'opera che, indipendentemente dalla squallida esecuzione di ieri, non mi è piaciuta proprio, in secundis per il cast canoro e non che come è stato giustamente notato risulterebbe inadatto per un teatro di provincia. su Bovingo & c. non ho molto da dire sia perchè è stato già detto e se ne dirà ancora di più sia perchè il sonno "ahimè" ha avuto la meglio...
Barenboim/barenbum/barenbuuuu che dir si voglia ha toccato il fondo del barile. non dico altro.
ovviamente anche ieri non sono mancate sane dimostrazioni di demenza senile da parte del pubblico che considera la libertà di espressione e l'opinione altrui cose di secondaria importanza che possono gravemente nuocere alla salute del teatro.
Cari signori e care megere/vestali, casa Verdi è in piazza Buonarroti!
Andatevi a leggere, se ne avete lo stomaco, la recensione su "La Repubblica" di oggi di Angelo Foletto. Ahimé, "che s'ha da ffà pe' magnà!".
Cara Giulia, può darsi che le stagioni firmate da Lissner siano all'insegna dell'incultura. Tuttavia, mi permetterai di dirti che una stagione in cui Schubert, Schumann e Wolf fossero sostituiti da Tosti e Tirindelli, nella quale "Da una casa di morti" fosse sostituita da "Crispino e la comare" o da "Siberia", mi suscita, come minimo, qualche ragionevole perplessità.
Saluti
Marco Ninci
Ero anch'io a teatro con degli amici iersera: ogni volta pensiamo di aver toccato il fondo, invece...
Una direzione pessima, svogliata, senza un'idea che sostanzi una lettura personale della partitura. Basti su tutto l'introduzione al prologo, che dovrebbe appunto calare lo spettatore tra "gli astri e la marina": un vuoto pneumatico, fatto d'inerzia e spigolosità, anni luce dalla sinuosità che il momento richiederebbe. I tempi sempre slentati e metronimici. Per non parlare del terzo atto, in cui i cantanti sono stati abbandonati senza pudore dalla bacchetta.
Tra i cantanti sarei forse più indulgente con Sartori che con l'Harteros. Certo, è troppo leggero per la parte e l'emissione era tutta indietro e mai sul fiato, per non parlare del fraseggio anonimo... Ma lei ha deliziato il pubblico, che le ha tributato una buona accoglienza, con un'infinità di suoni fissi, anche al centro, conseguenza di una voce che poco ha presente cosa sia l'appoggio. L'interprete che ne viene fuori rasenta l'affettazione. Ed è normale quando la concentrazione sembra dedicata giusto a mettere lì le note al posto giusto. In acuto era spesso acida, mentre in basso vuota e l'intonazione, sempre in basso, non certo sopraffina.
Furlanetto è sempre stato un pessimo basso. Ma qui ha sfiorato il ridicolo: un naso che ha declamato tutta la sera. E oltretutto fa rabbia un cantante che crede di dare peso interpretativo a un personaggio verdiano con colpi di glottide di una volgarità inaudita se non in altre sue intrpretazioni scaligere recenti (così il suo Filippo: "giàhhhh sphhhunthhhha il dhhhì").
Domingo invece è l'unico punto di interesse (per alcuni...) di una produzione più mediatica che musicale, incentrata a esaltare un mediocre tenore in corda baritonale. Il risultato è grottesco: voce senescente, tutta traballante al centro, vuota sotto, legnosa in alto (il suo "Figlia!", nel secondo atto, viene diretto dalla più ferrea delle "scuole del muggito", morbo endemico e croce per tanti baritoni dai '60 che, stando all'evidenza, pare abbia allargato lo spettro delle sue vittime...). Il portamento è greve, da far invidia al peggior Armiliato. In scena invece, complice la regia, in particolare nella scena del Consiglio, pare un pontefice evaso da un Ciarletti ante litteram. Andatura strascicata da compatimento, un frammento perduto dei "matti da slegare" del quartetto Bellocchio-Agosti-Rulli-Petraglia. Senza pathos e coerenza di situazione la rivelazione della paternità alla figlia, tale da richiamare l'incontro da due vecchi amici di leva alla rimpatriata annuale. Mi sarei aspettata una pacca sulla spalla in chiosa al duetto.
Taccio sull'allestimento, la cui unica urgenza è stata la volontà di staccare un assegno al responsabile di tale porcheria.
Senti caro MArco,
io non hoparlato di sostituzioni di questo tipo. Ho parlato di produzioni brutte, che snaturno l'autore, male eseguite e con cast inadeguati sia vocalmente che per bacchette.
Quanto agli autori che tu citi, mi chiedo tu quanto li conosci davvero? che conosci tu di Tosti, di Meyerbeer, di Tirindelli?
perchè mi pari uno di quegli idealisti tedescofili che tutto quanto è d'oltralpe e di lingua tedesca è nobile, tutto il resto invece musica deteriore.
Lo sai tu che il terzetto dei medici del Crispino è ritenuto il modello dei "4+4" del Falstaff di Verdi? non ti piacerebbe sentire almeno una volta questo modello che Verdi avrebbe avuto?
Quanto a schubert, come operista mi pare irrilevante nella storia dell'opera, non trovi? tra quella purga insopportabile del Fierrabras e l'Assedio di Corinto o l'Ebrea, preferisco questi ultimi sempre e comunque
Premetto che non ho (ancora) assistito. Secondo il Topone, intervistato qui:
http://latimesblogs.latimes.com/culturemonster/2010/04/placido-domingo-returns-to-the-stage-singing-verdi-at-la-scala-it-was-a-great-evening-he-says.html
c'erano uno o due contestatori, cui lui sportivamente concede il diritto ad avere la propria opinione!
Se questo è il programma di aculturizzazione di Lissner, ci sarebbe da preoccuparsi.
se viene fatta un'opera tradizionale abbiamo visto i risultati con i vari Don Giovanni, Tannhauser e Simone, se invece si mette un'opera diversa, magari anche con buoni risultati come il recente Janaceck o il vecchio Wozzeck il teatro si svuota...
mi sa tanto che qui c'è qualcosa che andrebbe rivisto...aaaaaaaa caro Lissner!
Io il Crispino e la comare ho avuto la buona sorte di vederlo sulla scena 5 o 6 volte, tra il 1983 e il 1986, in 2 applauditissimi cicli di rappresentazioni al Teatro Malibran di Venezia. Ebbene, affermo che c'è più genuina invenzione musicale nella Canzone della frìtola o nell'un tempo celeberrimo Terzetto dei dottori al II atto, che in tutto il mortifero catalogo di Leos Janacek. Quanto alla ricorrente diatriba che vuole Tosti musicista per sottosviluppati mentali al contrario di qualsiasi produzione liederistica, per quanto barbosa ogni oltre ogni capacità di sopportazione che sia, ebbene non cambierei l'emozione che mi diede Alfredo Kraus nel 1992, in concerto a Venezia, in L'alba separa dalla luce l'ombra o in Muori!, con l'intero catalogo di Schubert e Wolf messi assieme, cantati da chicchessia.
Dico tutto ciò senza il minimo spirito polemico; alla fin fine in musica è anche questione di gusti, e ognuno ha il sacrosanto diritto di annoiarsi come meglio crede.
Brunini ha pienamente ragione sul Crispino. C´ero anch´io a quelle rappresentazioni veneziane e al concerto di Kraus da lui ricordato. Quanto al Simone, io ho visto lo spettacolo a Berlino e confermo fino all´ultima virgola quanto scritto da Giulia Grisi. Aggiungo solo che due cantanti come Domingo e Furlanetto, che all´anagrafe ufficiale fanno 133 anni in due, dovrebbero esibirsi al massimo alla Casa Verdi e non alla Scala!
mah, che devo dirvi?
mi pare che anche a Berlino le critiche alla bacchetta siano state parecchie su fori e stampa, e che i fischi siano stati parecchi pure là.....
Quanto a Domingo mi pare che avesse un po'polemizzato col pubblico circa il fatto che la parte non era ancora stata ben preparata per il debutto e che il pubblico gli avesse ricordato che loro però pagavano il biglietto fior di euro per sentirlo...preparato.
Fischi o no, la qualità della prestazione è oggettivamente dimostrabile con confronti paralleli con i baritoni che hanno cantato questo ruolo, da Bruson a Mac Neil a Cappuccilli.....
Non è neanche questione di età: Furlanetto cantava già così nel 1979, nella famosa Sonnambula di Spoleto con la Aliberti e Bertolo (chi vuole può controllare, esiste una registrazione). Mi avessero detto allora che avrebbe fatto una simile carriera, mi sarei messo a sghignazzare. Misteri del mondo dell'opera!
Quanto a Domingo, non è mai stato un fulmine di guerra come tenore neanche ai suoi bei dì, checché ne dicano alla "Barcaccia", dove lo antepongono persino a Caruso... Figuriamoci adesso come (simil)baritono!
Tornando al Crispino, sono lieto che "Mozart" abbia condiviso con me il piacere di quelle indimenticabili recite, e gli faccio omaggio della registrazione (amatoriale) che ne feci allora... Qui sotto ci sono i 3 link per scaricarla, e conto che lo faranno altri amici del blog curiosi di conoscere la musica dei geniali fratelli Ricci.
http://rapidshare.com/files/369297306/Crispino_e_la_Comare__F._e_L._Ricci__Venezia_10.2.1983_-_Pagliuca__Pizzo__Filipovic_-_E._Muller_CD1-
http://rapidshare.com/files/369297308/Crispino_e_la_Comare__F._e_L._Ricci__Venezia_10.2.1983_-_Pagliuca__Pizzo__Filipovic_-_E._Muller_CD1-
http://rapidshare.com/files/369525899/Crispino_e_la_Comare__F._e_L._Ricci__Venezia_10.2.1983_-_Pagliuca__Pizzo__Filipovic_-_E._Muller_CD2.
Beh, spero che quelle del Sig.Brunini sui Fratelli Ricci e Janacek oppure su Schubert e Wolf paragonati a Tosti siano battute, dove la voglia di polemica sovrasta così tanto la conoscenza, l'intelletto e la sensibilità da rendere possibile qualunque sparata. Altrimenti...Certo è che questo blog mi incuriosisce molto, perché cose simili in oltre sessanta anni di vita le ho viste solo qui.Ah, dimenticavo,Schubert,Wolf e Janacek non sono soli, c'è anche chi riduce Karajan a un bambino isterico che gioca col potenziomentro...
saluti
Marco Ninci
E poi, Giacomo Zanella, Giovanni Cena, Lorenzo Stecchetti, Giovanni Prati vanno benissimo, possono essere studiati, ammirati, perfino letti; resta che Giacomo leopardi è un'altra cosa.
Marco Ninci
caro marco, sono serio e convinto nel ritenere il crispino un capolavoro. A tosti aggiungo anche arditi così il tuo orrore sarà totale al pensiero del bacio ritenuto superiore alla trota .ciao
Sottoscrivo in toto l'ultimo intervento di Donzelli.
soprattutto se il bacio in questione è cantato dalla Onegin!
semolino, la onegin mi risulta abbia inciso il bolero non il bacio.
semolino, la onegin mi risulta abbia inciso il bolero non il bacio.
semolino, la onegin mi risulta abbia inciso il bolero non il bacio.
Francamente credo che un po' ci facciate. Che il Crispino possa essere considerato molto bello è senz'altro convincente; l'ho sentito una volta alla radio e devo dire che era interessante e di un'importanza storica indiscutibile.Ma per il resto scherzate; un po' meno credo certi plauditores, che magari alcune cose su Schubert le credono davvero. E' anche un po' colpa di internet. Le persone magari sono in loggione, gridano, applaudono, fischiano in maniera un po' circense. Ma quando si tratta di mettere nero su bianco, in una dimensione assolutamente pubblica, le cose cambiano e certe sciocchezze colpiscono. Immagino che orrori si sarebbero letti se i Callassiani e i Tebaldiani all'epoca avessero potuto pubblicare, invece di strillare il loro entusiasmo o il loro odio dalla piccionaia. Per fortuna in quell'epoca benedetta ne scrissero Ettore Paratore, Beniamino Dal Fabbro e Fedele D'Amico. Questi tempi odierni saranno forse più democratici, ma la perdita qualitativa degli interventi è veramente secca.
Saluti
Marco Ninci
ve bene, ve bene ho capito, mi sono Sconfuso, ho scambiato leggero ed invisibile per il bacio allorchè è il Bolero.......però non c'era bisogno di ripetermelo 4 volte :-)
Marco, e tu, su questo blog, saresti l'eccezione? Illuso.
gabriele, ho approfittato della tua gentilezza, e ho scaricato quest'opera che non conoscevo. un grazie di cuore. luca:-)
Ma, caro Marco Ninci, forse ti sfugge che nessuno qui sostiene che i fratelli Ricci siano stati compositori più "grandi" di Schubert...e ci mancherebbe! Si dice solo che spesso si attribuisce ai lieder (di Schubert, di Wolf, di Schumann) un valore culturale ed intellettuale che già in partenza non si sognavano neppure di avere. E non credo sia una bestemmia riportare il lied al suo alveo naturale, ossia alla musica d'intrattenimento della buona borghesia tedesca, adatto alle voci e alle dita delle figlie di buona famiglia, nei salotti e nelle occasioni mondane. Che poi oggi una fraintesa idea di cultura li abbia tramutati in epitome della Cultura (la rieducazione scaligera ne prescrive l'assoluta preponderanza nei concerti di canto, proibiti all'opera: musica di serie B, evidentemente, per la mente e l'intelletto di un sovrintendente che, appena dopo aver accettato la sovrintendenza - e le sue ricche prebende - ha tenuto a sottolineare come lui disprezzi il belcanto e l'opera italiana) è questione che attiene più alle mode e agli interessi. Tosti non è certo un grande musicista, neppure paragonabile a Schubert, ovvio, ma le romanze da salotto del primo non si differenziano molto - per destinazione e finalità - dai lieder del secondo.
Ps: una stagione che presentasse Siberia o Crispino e la comare, srebbe FINALMENTE qualcosa di diverso, originale e salutare rispetto ai soliti programmi ricalcati da un teatro all'altro...
Marco, ti dirò, anche io quando ti leggo credo che un pò tu ci faccia.
Non ti offendere, è un po' per parafrasarti.
Sono anni che alla Scalà vanno in scena Schubert, Schumann & Co., se per una volta si cambia proponendo altri compositori, anche minori, anche (ORRORE) italiani, non vedo dove sia il problema sinceramente.
Lo so, Janacek, Schubert, Schumann sono IN, fanno tanto CULTURA ALTA, fanno tanto INTELLETTUALI col naso in su ed il cervello in preda a chissà quali onanismi e contorcimenti, fanno tanto FASHION e quando si esce dal Teatro si cammina a 20 cm da terra, parlando il tedesco magari...
Tutto molto bello, molto chic, certo, certo... però dopo anni di recital così, un bel Crispino e la Comare per scatenare il pubblico, grattargli l'orecchio e farlo magari sorridere e divertire ci starebbe bene no!
Invece abbiamo un Simone di rara bruttezza ed una "allegra" Casa di morti.
Anche io trovo Fierrabras di una inerzia assoluta, ma salverei solo la stupenda aria di Florinda al II atto.
Quanto al Simone, sto ascoltando la registrazione di New York:
ebbene, Domingo non sarà mai un baritono, al massimo un tenore cortissimo, e sto parlando di quest'ultima fase della sua carriera.
Voce in cui si sente il peso degli anni (traballa slegata, è querula, l'emissione è dosata con una prudenza da punta di piedi sui carboni ardenti), il fraseggio a parte l'ansia trasmette poco altro, sembra quasi un vecchio Otello che agita il bastone contro quei giovani che giocano a pallone.
Rispetto per l'artista che è stato, ed un capriccio se lo può anche permettere... ma così...
James Morris si salva per la classe ancora intatta del porgere, del fraseggio, in questo caso ricchissimo, ma anche per lui pesa non poco il fatto di essere in avanzato stato di declino (vibrato larghissimo, gravi svuotati, vocali aperte per aggrapparsi all'intonazione, durezza nel legato), ma il timbro è intatto ed il personaggio riesce a trasmetterlo.
La Pieczonka è glaciale, delicata e calante nell'intonazione come sempre, Giordani è un valido professionista attento alle frasi ed all'espressione, ma parecchio naso e gola e qualche acuto fibroso.
Levine è un grande Maestro e tanto di cappello alla sua bacchetta.
Marianne Brandt
Vero, Fierrabras è opera di inerzia assoluta: un susseguirsi di splendidi brani musicali, ma privi di un qualsiasi discorso teatrale. Musica affascinante, ma che non riesce mai a dare un'idea di opera lirica. Questo deriva essenzialmente da un fatto: Schubert, che adorava l'opera e sognava la carriera di operista, scrisse i suoi lavori teatrali senza mai ricevere una commissione. Li scriveva per sè, a tavolino: mancano, dunque, di quel passaggio fondamentale (nella gestazione e nella rifinitura della composizione) che è la destinazione pratica. Il passaggio sul palco, l'adattare la scrittura alla realtà degli interpreti disponibili, il confronto con la messinscena... Credo che se Schubert avesse potuto verificare nella pratica i suoi lavori teatrali, beh sarebbe riuscito (con alcune limature e accorgimenti) a donare vita teatrale a quelli che oggi restano solo sublimi pezzi di musica d'ascolto.
Detto questo, una stagione che includesse pure Fierrabras (oltre a Siberia e Crispino e la comare) sarebbe infinitamente più interessante del nuovo corso scaligero.
CArissimo,
noi apprezzeremmo la bellezza e ne parleremmo se ci fosse.
Quando la incontriamo, ne facciamo oggetto della critica.
In queto boccanegra ci voleva il microscopio per trovarla
saluti
Ma caro Samacri, la bellezza della musica di Verdi non è in discussione! Ne è in discussione la sua esecuzione: e dato che non esiste, ripeto, la Musica in sé, se non nella mente di chi la scrive, essa necessita che qualcuno la interpreti. Dato che l'interpretazione è faccenda umana e non metafisica (come pure a qualcuno appare, sbrodolandosi addosso in -ismi di varia natura) è di per sè fallibile. Chi critica uno spettacolo, ne critica l'esito, quindi non la musica suonata o cantata, ma chi e come canta o suona quella stessa musica. Sgomberando dunque il campo da tirate retoriche buone per tutte le stagioni e che voglion dir tutto e il suo contrario (ma che spesso non significano niente), mi concentrerei sull'oggetto - mi sembra - della tua critica: ossia la "bellezza" della direzione di Barenboim. Premesso che non credo basti "rallentare" per risultare poetici ed evocativi o eleganti (comoda scappatoia di chi pensa che per profondità equivalga a lentezza), le rimostranze fatte a Barenboim toccano i suoi tempi solo come conseguenza di una lettura pesante, meccanica, slentata e morchiosa: ossia il classico Verdi alla tedesca che i tanti direttori di professata fede wagneriana o giù di lì (ovvero di estrazione sinfonica), ci impongono quando non hanno dimestichezza con il repertorio italiano dell'800, ossia con il melodramma. Molti grandi direttori wagneriani o di estrazione sinfonica sono stati grandi direttori verdiani: Barenboim non è tra questi, ergo, checché ne dicano i media allineati, la TV generalista, la stampa specializzata e ben remunerata, Barenboim è direttore INCOMPLETO (basti l'ascolto delle altre prove verdiane del maestro - assai deludenti - e la pessima Carmen inaugurale, affossata in primis dalla sua bacchetta). Nessun dramma, nessun problema...basta solo intendersi sul repertorio. Non è una pecca non essere direttore verdiano, o avvezzo al melodramma, salvo il caso in cui si dirige Verdi o il melodramma: basterebbe non dirigerlo (o non affidarglielo). Facile no? Certo se invece si DEVE applaudire perchè...i perchè sono noti...allora convien spegnere il cervello, dimenticare la realtà dei fatti e coccolarsi in eleganti elucubrazioni di metafisica musicale, crogiolandosi in tutti gli -ismi possibili e tutti gli armamentari fideistici e teologici per dimostrare come quello che è fango in realtà è cioccolato purissimo: peccato che poi all'assaggio si riveli per ciò che è veramente....anzi NO colpa delle papille gustative, facinorose bastian-contrario che rovinano la festa tanto glamour che il nulla ha preparato con così grande fatica....
certo Samacri scrivere che Katia Riciarelli è stata una grande Amelia anche ai suoi tempi migliori...
http://www.youtube.com/watch?v=StCL8FooWU4
in questo video del 1975 pur spogliata dei difetti che verranno dopo si vede che è gia al limite,non avendo sufficiente peso vocale verso il basso
l'utente nel suo commento giustamente ha scritto "mediocre"
Caro Samacri, dove la recensione sarebbe volgare?
Dove abbiamo berciato?
Dove siamo stati saccenti?
Nel Simon Boccanegra che hai visto e sentito (secondo cast a quanto pare visto che parli della Perez) mi fa molto piacere che hai trovato "arte e bellezza".
Ci vuoi rendere partecipi di queste virtù insite nello spettacolo?
Mi fa anche piacere che hai trovato "innovativa" (termine di cui oggi si fa un utilizzo spesso a sproposito come nelle pubblicità di elettrodomestici & Co. nelle reti private) la direzione di Barenboim, ma ho letto moltissime critiche negative su altri fori e le contestazioni, non solo milanesi, hanno parlato chiaramente!
Noi non apprezzeremmo le opere?
Veramente è proprio perchè amiamo l'opera che abbiamo aperto un Blog, non amiamo chi la deprezia, chi ne fa merce volgare, chi la usa per ostentare i propri capricci senili o giovanili o i propri ghiribizzi divistici, chi la offende con il malcanto e con la poca onestà intellettuale.
Se questo è essere bastian contrario, fieri di esserlo allora, e ti invito a leggere con più attenzione il Blog perchè abbiamo sempre riconosciuto il valore di un artista o di una produzione quando c'è stata la possibilità.
Fingere? Lo lasciamo agli altri che scrivono di bellezza e arte anche sulle testate giornalistiche, quando di arte e bellezza non ve n'è traccia, ma non abbiamo mai negato la bellezza della musica di Verdi e se scrivi questo vuol dire che sei poco informato o attento sul nostro conto o che poco hai compreso del Blog.
Saluti
Marianne Brandt
Cara Marianne, io non mi offendo certo per queste piccole scaramucce. Non c'è proprio alcun problema. Venendo al nostro argomento, quello che io credo è che non si faccia un buon servizio alla romanza da salotto italiana mettendola a confronto con la liederistica di Schubert e di Wolf. La prima è un genere meritevole di attenzione e certo interessante da ascoltare in alcuni, in molti concerti. La seconda, nelle sue espressioni più alte (ma perché ci si ostina a nominare sempre la "trota"?), è uno dei vertici della musica di tutti i tempi. In ogni genere di musica sono state scritte cose ugualmente belle del "Viaggio d'inverno" di Schubert o del "Ganymed" di Wolf, ma sicuramente nulla di più bello. Quindi non c'entra nulla la cultura, alta, bassa, di qualunque genere, il nasino all'insù, il tedesco, etc.; è in questione unicamente la necessità di portare il pubblico italiano verso questo ambito,la cui comprensione non è immediata per l'ascoltatore non di lingua tedesca. Col risultato magari di non dover leggere più commenti come quello del Sig. Brunini, il quale riferendosi a Schubert, afferma che ognuno è libero di annoiarsi come crede.
Saluti
Marco Ninci
Samacri non ho bisogno di mettere a punto l'audio dello stereo,(uno stereo din ottima qualita,anche se lo collego al computer) la stessa aria di Amelia cantata dalla Callas o dalla Cerquetti vedra subito la differenza...
serata insulsa, triste, mortifera
-opera irriconoscibile
-bacchetta insensibile alla bellezza della partitura
O_O
Cioè, caro Samacri questa è per te "volgarità"?
Allora se vedessi uno spettacolo di Bieito, o una puntata del Grande Fratello, come minimo stramazzaresti al suolo esanime!
Altro che sali per riprenderti!
Anche per me Barenboim è un grandissimo musicista e professionista, amo profondamente il suo Wagner ad esempio che trovo illuminante, ma in Verdi evidentemente non riesce a trovare la chiave interpretativa giusta e se già in "Aida" la sua direzione, sia a Milano che a Berlino, è stata oggetto di contestazione, sia da parte del pubblico che della critica, che si è ripetuta per il "Simone" qualcosa vorrà pur dire.
Barenboim grande in Wagner non lo è ugualmente in Verdi, tranne che per te (o pochi altri).
Se la Grisi ed il pubblico con lei si sono annoiati a morte, ha fatto bene a sottolinearlo.
Ho letto molto peggio in altri siti credimi e questo non toglie nulla alla professionalità di Barenboim.
Toni bassi e gergali non all'altezza del "Simone"???
Eh?
Abbiamo usato termini da caserma o da scaricatori di porto? Abbiamo forse detto che il "Simone" è un'opera pecoreccia? NO, non abbiamo parlato male dell'opera, ma della lettura che ne ha dato Barenboim.
Su cosa pensiamo dell'opera, "Simone" in questo caso e del nostro pensiero in generale ti consiglio di farti un giro più approfondito nel nostro Archivio.
Saluti
Marianne Brandt
Caro Marco, concordo con te sull'indiscussa qualità di Schubert, Schumann, Wolf etc., ci mancherebbe, ma sono anni che nei recital scaligeri sono apparsi più e più volte.
Io ho degli amici che se leggono un nome interessante nell'ambito dei recitals scaligeri affiancato ai "soliti Lieder" di Schubert, Schumann, Wolf & Co. esclamano "Ancora con Schumann, Schubert & Co. che noia (per non dire altro ^_^), ma sempre le stesse cose!" ed evitano accuratamente di andarci.
Magari saranno la minoranza però si aspettano qualcosa di più "appetitoso" ecco.
Marianne Brandt
Ma Samacri...mi spieghi perchè Barenboim non può essere criticato? Perchè lo dici tu? Per tua informazioni critiche al suo Verdi (insulso) sono apparse ovunque.
Ehm... vorrei farti notare che di commenti ce ne sono a iosa alla fine di ogni articolo, quindi a cantarsela e suonarsela sono in molti assieme a noi, sia in positivo che in negativo ^_^
In più la chat, soprattutto nelle serate delle dirette video-audio è particolarmente vivace.
Le acque mosse sono pane quotidiano sul "Corriere" e fa sempre piacere avere persone che ampliano il dibattito ed i punti di vista.
Marianne Brandt
comunque penso che Barenboim faccia bene il pianista piu che il direttore ho ascoltato l'ultimo cd della Netrebko " in the still of night" accompagnata da Barenboim al piano,questo repertorio e pane per i loro denti.
A scanso di equivoci l'Amelia di Katia Riciarelli e del "ballo in maschera",è ho postato e parlato di questa Amelia perche la Katia in questo ruolo l'ho ascoltata in teatro dal vivo,quindi posso dare un giudizio piu fedele sulla Katia a differenza dall Amelia di Simone Boccanegra che non l'ho mai vista dal vivo.(sic)però se per Samacri l'Amelia di Simone Boccanegra gli piaceva come la cantava Katia buon per lui..
Caro Samacri, vorrei farle notare alcune cose riguardo ai suoi commenti.
Innanzitutto credo che le sue parole nel criticare un presunto atteggiamento volgare siano altrettanto se non più volgari (c’è poi da verificare il significato che lei attribuisce a questo aggettivo) e alquanto arroganti: fa ai presenti commentatori compreso il sottoscritto autore di una affermazione che riconfermo pienamente (serata insulsa, triste, mortifera) delle accuse alquanto insensate. L’atteggiamento da bastian contrario di alcuni di noi non è altro che un marcato spirito critico ed attivo nei confronti del mondo della lirica attuale ed è ben lontano dall’essere un insulto all’arte. Anzi, credo che il vero senso di queste critiche non sia altro che un desiderio di conservare e magari riportare alla vecchia gloria la vera arte lirica del passato diffondendola e rendendo partecipe di tutto ciò chiunque ne voglia usufruire compreso lei, caro Samacri.
E poi fingere di apprezzare la bellezza????? Cosa vuol dire??? Vuole che ci omologhiamo alle sue idee? Vuole che mentiamo alla nostra coscienza e al nostro spirito e critico e gusto estetico?? Vorrei avere ulteriori chiarimenti…
Ma, siccome questo è un blog di lirica e musica parliamo di lirica e musica.
Sul fatto che Barenboim sia uno dei migliori direttori d’orchestra del mondo ho dei seri dubbi. Escludendo il suo tristano che è stato davvero molto bello, il buon vecchio B. non ha mai saputo mostrare una grande arte sia in ambito operistico (basti ricordare quella malefica -è volgare??-Aida e il presente Simone) che in ambito sinfonico (vorrei ricordare quel misero ciclo Beethoven.Schoenberg conclusosi con un imperatore che rasentava il servo della gleba, o anche quel noiosissimo e pasticciatissimo requiem recente con).
Sul fatto che non si possa toccare, le chiedo: alla Scala hanno contestato direttori di ben altro livello come un Muti (che io non amo), un Maazel o un Metha e lui non si può toccare. E poi non credo che conosca Verdi tanto meglio di noi, visti i risultati! d’altronde anche Domingo (Domingo!!!!!) ha ammesso a Berlino di non aver preparato la parte! Ahiahiahiahiahi….
Ma, concordando pienamente con la cara Marianne, ben venga gente diversa e originale che mette un po’ di sapore al minestrone…
Lasciamo perdere i commenti di gente come Samacri, che evidentemente va a teatro più per applaudire acriticamente i propri beniamini che per voler godere della musica di Verdi o altri... Condivido tutto quanto scritto dalla Grisi, aggiungendo un certo senso di imbarazzo per quanto riguarda la Harteros, nei confronti della quale non ho ben capito gli apprezzamenti del loggione. Capisco che - dopo aver speso tanti soldi per il biglietto - qualcosa bisogna pur salvare, ma lì davvero non c'è nulla... Non ho notato il volume, per via della fissità dell'emissione sembrava sempre sul limite del precipizio della stonatura, non ho sentito una tensione alla morbidezza, al canto sfumato, una vera e propria suola l'emissione, sempre sul chivalà, sempre sul filo del rasoio, allegramente dimentica delle infinite notazioni espressive che Verdi sparge a piene mani nel canto della Grimaldi (e per questo un buon soprano lirico come la Chiara non sfigura in questo ruolo...). Lasciamo perdere Domingo come baritono, il cui esito nella scena del palazzo degli Abati ha raggiunto il grottesco, e Barenboim, che con Verdi davvero non ha nulla da spartire. Insomma, che dire... Uno spettacolo non semplicemente noioso, non semplicemente mortifero, ma davvero indegno della tradizione scaligera, che ha non pochi punti di confronto legati al titolo in questione (su cui si può discutere, ma della cui sostanziale innovatività, nel bene e nel male, non c'è dubbio alcuno).
buongiorno signor Samacri,
con riferimento a questo simone scaligero gli apologeti si sono sfogati e presto raccoglieremo e commenteremo un florilegio, (od Ella preferisce alla greca antologia?) che andremo a commentare.
Andremo a commentarlo con quella che Ella definisce boria, retorica e passatismo.
Le assicuro che Ella non è il primo e non sarà l'ultimo a riempire le pagine di questo blog con opinioni assolutamente acritiche, figlie della vulgata e del sentito dire, quindi, superficiali.
E le spiego quanto sopra. Il melodramma è quello che è nel bene e nel male e per rappresentarlo valgono principi e regole coeve alla nascita dello stesso, prima fra tutte l'adeguatezza degli esecutori alla tecnica di canto, la loro aderenza allo stile (nel caso di Simone di fatto documentato).
Tralascio le esigenze del concertatore e direttore d'orchestra.
Quindi quelli del corriere della Grisi non sono affatto quelli che Ella assume siano. Cercano semplicemente di andare a teatro giudicando sulla base di elementari criteri, lasciando a parte la sintassi e pretendendo almeno il rispetto della morfologia ed della grammatica!!!
Senza questi supporti, come sognano e delirano i deliranti organizzatori dell'opera tutto è possibile, tutto è lecito, tutto è bello, tutto DEVE essere applaudito.
Questi poveretti mi ricordano quei cuochi (mi pare che la loro terra promessa si trovi in Spagna, che anche quanto a teatri......) che hanno inventato la cucina destrutturata, ovvero quella roba poltacea di indefinito colore (magari fecale), che sarebbe, appunto, un pasticcio alla bolognese destrutturato, servito in una flut, con tanto di cannuccia colorata.
Vede Lei e molti con Lei, rerum novarum cupidi, si appressano a pascersi di quella destruttrata pietanza, io e molti (quelli brutti e cattivi, che fischiano) continuano a preferire un ben strutturato pasticcio di lasagne alla bolognese o un fumante carrello di bollito misto.
Appunto de gustibus!
Comprendo che davanti al poltaceo contenuto della flut una bella fetta di biancostato di manzo sia terribilmente volgare.
Sono terribilmente volgare, mangio pietanze ben strutturate, esigo sui palcoscenici voci ben strutturate sulla base della tecnica di derivazione ottocentesca.
Buongiorno signore
suo domenico donzelli
suponente sta per supponente?
Sa, caro signore i supponenti retrogradi come me consultano ancora il novissimo Melzi e ne seguono la grafia.
Di nuovo saluti
domenico donzelli
Viva la "volgaVe" lasagna alla bolognese ^_^ sempre!!!
Scusate, ma dopo questa risposta di Donzelli, con tanto di ironico, ma perfetto paragone culinar-vocale, scatto in piè e gli attribuisco un applauso di 90 minuti.
Ben rappresenta l'attualità.
Grazie Donzelli.
"VolgaVissima" vostra
Marianne Brandt
non si pasce di cibo mortale, chi si pasce di cibo celeste, tanto per specificare i de gustibus (anche se Ferran Adrià ed io siamo ghiotti di lasagne e biancostato di manzo)!! comunque altra brama quaggiù mi guidò: desidero conoscere una volta per tutte i gusti musicali di questo blog... Sì eccellente è il vostro cuoco,che lo volli anch'io provar...
reputo, purtroppo, quasi fallito il tentativo di modificare l'ormai nota e disprezzata (anche su altri siti e blog, es. facebook) unilateralità di questo blog. d'altra parte è complicato traformare in dotte cetre le rustiche zampogne...
è stato un divertente viaggio nell' 800, ora torno nella dimensione atemporale dell'arte, anche perchè quella tomba comincia a portar sfiga! restate barbari nel lezzo immondo!! con simpatia samacri, l'insulso ;-)
Caro samacri,
Facebook è una tale cloaca che l'esservi disprezzati non è certo motivo di onta e vergogna. Anzi.
L'ottuso e volgarissimo Tamburini
Leggo divertito questa querelle assaporando una strutturatissima zuppa di spätzle e lenticchie, specialità sveva...molto più saporita e digeribile del Boccanegra berlin-scaligero, adeguatamente spernacchiato anche da noi come giustamente ricordava Giulia Grisi.
adieu! addio senza rancor
Mah... su Feisbuk ho letto anche cose in nostra difesa, anche su altri siti e Fori ha scritto gente che ha compreso cosa stiamo facendo... al contrario del Samacri che si cela dietro cetre e idromeli, che vive d'Arte e di Virtù, che a domanda fa il reticente, che sul nostro conto ha solo una infarinatura parziale e che dal suo Iperuranio avrebbe voluto cangiar noi, poveri zampognari, in strumenti degni d'Orfeo...
Però, se noi siamo una "VolgaVe" tomba ottocentesca, tu novello stilnovista, pensi di essere più contemporaneo solo perchè applaudi "l'arte"?
Ah, beata atemporale ingenuità...
Con altrettanta simpatia :)
Buona Ambrosia destrutturata
Sempre più "VolgaVe"
Marianne Brandt
Egregio signor gasamacri,
bella la traduzione del vate latino! una firma!
dell'altrui disprezzo fondato sulla pretesa unilateralità che io chiamo coerenza meno solo vanto!
Dei suoi insulti, perchè tale è la frase "restate barbari nel lezzo immondo" rispondo con il sopportare pazientemente le persone moleste e il perdonare le offese.
saluti
domenico donzelli
Ei già ci lascia.........
Atro evento prodigio funesto...
ah di noi che mai sarà...
Il Novissimo Melzi l'avevo da ragazzo. Chi sa dov'è finito? Mi sembra di ricordare che vi fosse un volume per i nomi comuni ed uno per i nomi propri. Voi vi ricordate qualcosa?
Marco Ninci
caro Marco,
il mio novissimo Melzi era quello di mio nonno 1900 circa, adesso lo conserva mia madre, a ricordo del padre.
Quel vetusto cimelio era in un solo volume.
Ci sono, fra l'altro anche illustrazioni come quelle delle strutture dei teatri e relative partzioni, che da bambino guardavo ad occhi sgranati.Parlava anche di piccionaia!!!!! Il destino
ciao dd
PS
Nella lotta Schumann-Tosti accusi gli altri(cioè noi) e sei loro (a noi) identico!!!!
Quando ero giovane e liceale andava di moda "fare l'autocritica".
Bello, qualche volta, ritornare giovani. Non credi?
ciao
Ci terrei a precisare che a me piacciono un sacco le lasagne (essendo di bologna peraltro), adoro Domingo come tenore anche se non ho sentito il suo baritonale simone e che infine ad onta di quanto di tecnicamente poco a posto già le si ravvisi, trovo meravigliosa la Amelia della Ricciarelli sia nel disco RCA che nel video di Tokyo al punto che la preferisco alla più corretta Freni che mi pare l'unico degno termine di paragone nella parte non avendo ancora ascoltato la Tebaldi del MET che mi hanno appena regalato. Le varie Te Kanawa, Nicolesco, Tomowa, De Los Angeles et similia manco le considero, la MIlanov non è al suo meglio e quanto infine alla Stella della edizione Cetra con Bergonzi dico che canta bene ma come sempre è interpretativamente troppo "lessa".
e allora stecca?
concluda avvocato!
E allora il paragone (peraltro divertente !) da te fatto "Questi poveretti mi ricordano quei cuochi (mi pare che la loro terra promessa si trovi in Spagna, che anche quanto a teatri......) che hanno inventato la cucina destrutturata, ovvero quella roba poltacea di indefinito colore (magari fecale), che sarebbe, appunto, un pasticcio alla bolognese destrutturato, servito in una flut, con tanto di cannuccia colorata.
Vede Lei e molti con Lei, rerum novarum cupidi, si appressano a pascersi di quella destruttrata pietanza, io e molti (quelli brutti e cattivi, che fischiano) continuano a preferire un ben strutturato pasticcio di lasagne alla bolognese o un fumante carrello di bollito misto.
Appunto de gustibus!"
nel mio caso non ci azzecca, giacchè appunto amo le lasagne, domingo e la...Katia nel simone !!!
buon appetito Stecca!,ma stia attento che non le rimanga sullo stomaco,specie la Katia.
Ma per favore, stecca... La Katia nel Simone è finta, tutta costruita, tutta sul mp di una voce appoggiata sul nulla... I do del terzetto sono delle urla strazianti, i pp dei falsettini cigolanti e insulsi (il pp finale di Come in quest'ora bruna è vacillante e acido a Tokyo e abilmente occultato dall'orchestra nell'incisione RCA), i gravi inesistenti, l'accento perennemente mesto e piangente... Rimane il timbro... Bello quanto vuoi... Ma di Amelia Grimaldi non c'è assolutamente nulla... Se tu consideri interpretativamente "lessa" la Stella (che, però, a differenza della Katia nazionale canta DAVVERO), la Katia che è? Al vapore? Suvvia, stecca! Si dia a Cesare quel che è di Cesare:)
Caro Velluti, sono d'accordissimo con te: il punto di vista di Stecca - in ogni questione - è per me assurdo! Lui pare "Giudichi" secondo un principio di autorità, non attraverso l'ascolto singolo e circoscritto, ma filtrando detto ascolto attraverso le suggestioni derivanti da carriera, importanza (vera o presunta) e nome. In base a tali presupposti ritiene non si possa criticare la Caballè, proprio perchè è la Caballè, anche nelle (tante) prove imbarazzanti: arrivando a dire che lei scalcinata è migliore di cantanti molto più corrette ed efficaci (IN QUEL RUOLO, non in un giudizio che abbracci l'intera parabola artistica) solo perchè...è la Caballè! Non c'è nulla da fare: un discorso fideista e manicheo. E così per Domingo, per la Ricciarelli, per triadi e terzetti vari, per soprani "assoluti" etc... A riprova di ciò è la dichiarazione per cui altri cantanti "manco li considera"... Peraltro la Te Kanawa è più corretta della Freni (con quegli orrendi centri e bassi, sguaiati e gridati alla moda verista) e della Ricciarelli, checché ne scriva Giudici! Per non parlare della Stella (che proprio non capisco dove sia bollita)! E sono sicuro che Stecca troverà la Tebaldi "troppo matronale" (ci scommettiamo?). Insomma, per tornare a metafore gastronomiche, è come giudicare un vino solo dall'etichetta e dal prezzo...
Cari tutti,
ho avuto la malaventura di ascoltare il Simone radiofonico ier sera e confermo che questo allestimento è quanto di più burtto si sia mai udito, almeno per ciò che riguarda il Boccanegra. Domingo, già da tenore e giovane non convincente a mio avviso, davvero questa volta ha superato se stesso quanto a voce senescente e a noia nella bruttura diffusa di ogni cosa che si propone di fare. FUrlanetto è oramai lungi dall'esser presentabile. La Pérez m'è parsa a tratti più adatta, ma la voce non reggeva certo il ruolo e si tratta, come giustamente altri ha notato, di un merito che risalta soprattutto per l'altrui pochezza.
Da schubertiano convinto, non mi sento offeso quando da queste pagine vengono mosse critiche alle scelte del direttore artistico. ANche perchè qualunque aria o romanza da concerto, se affrontata da individui quale Keenlyside, diventano un insulto a qualunque ascoltatore degno di questo nome. Per questo dissento dall'amico Brunini, quanto al valore intrinseco che vien negato a Schubert, ma in definitiva non capisco dove risieda davvero il nocciolo della disputa, visto che DUprez da par suo a sgombrato il campo da ogni malinteso.
Da ultimo: Baremboim ha davvero sfasciato la partitura!
Oddiooooooo!!! adesso tirano in ballo anche la Ricciarelli!! Che non ha mai cantato in tutta la sua carriera, ma solo rigurgitato una purea informe di suoni slabrati, causa : carenza tecnica. Certo agli esordii con quel timbro e le doti naturali poteva anche pigliare allodole, ma si sentiva già fin da allora che non appena cercava di cantare di forza e a piena voce il suono si slabrava, lo si sente anche nella sua tanto decantata Contarini che è una lagna, affiancata da un Carreras tanto aperto che sembra stia subendo una visita dentisticAAAAAAAAA.
direi che è partito il coro donizettiano sulla Katia...
P.S: come mai visto che sono tanto sensibile al "nome" non ho mai mancato di formulare le mie personali critiche a soprani di comprovato lignaggio quali Gencer, Kabaiwanska, Olivero e la stessa Freni oppure a sottolineare la "pigrizia" di repertorio di un Kraus o la menor fantasia di un Bruson rispetto ad un Milnes ? Ognuno avrà le proprie perferenze spero e se io amo oltre a Caballé e Ricciarelli anche Cossotto, Cappuccili, Pavarotti, Scotto, Horne, Sutherland e meno altri sarà pure consentito o debbo essere tacciato di slogan o di facile e beone consumismo ?
Suvvia ragazzi anche al Berluska oggi gli tocca la "novità" del dissenso...capita eh
ineffetti mi sembra che la discussione su Amelia abbia preso toni più provocatori che altro. Difficile parlar bene della Ricciarelli ed escludere le altre, insigni...
Spezzo una lancia in favore di Stecca.
Se a lui piace la Katia nel "Simone" non ci vedo nulla di male ed è assolutamente libero di dirlo.
Stavolta non ha usato nemmeno toni perentori o assolutisti... per la prima volta ^_^.
Lasciatelo fare, su :-)
Liberissimi poi di dire che la Ricciarelli nel ruolo non piaccia come Stecca è libero di "incassare" e abbozzare :D
Marianne Brandt
PS Nessun coro Donizettiano Stecca, qui tutti sono capaci di ragionare con la propria testa e con il proprio gusto.
Caro Stecca, il dissenso è sempre accetto (e se avessi l'onestà intellettuale di ammetterlo te ne potresti ben avvedere leggendo i vari commenti contrari al pensiero di chi scrive), un po' meno l'insulto (coro donizettiano, scusami, ma proprio non va giù), ancor meno quando è fatto - come sei solito fare - a "reti unificate" (su tutti i fori possibili e immaginabili)... Potrei dirti che Genger, Olivero e Kabaiwanska non hanno mai avuto il rilievo mediatico che tu attribuisci loro, potrei scrivere che il discorso è ben altro, che il tuo rifiuto verso chi esula da una certa visione critica è poco coerente, ma, come disse Pio VII di fronte all'invito dell'ufficiale napoleonico a consegnare all'Imperatore i territori dello Stato Pontificio: "Non possiamo. Non dobbiamo. Non vogliamo."
Se per far la voce "fuori dal coro" (o il difensore delle cause perse) bisogna arrivare a sdoganare l'Amelia della Ricciarelli... beh! Viva i cori!
Ci provo.
Il timbro di matrice scura, i bassi coperti nel suono ed ai tempi ancora morbidi conferiscono sin dalle prome frasi di entrata in quella melodia lenta e cadenzata dell'incipit dell' aria una mirabile fusione con la musica di sfondo creando una sorta di magia evocativa che ci fa innamorare di quella giovane che diventerà nel corso dell'opera la protagonista della vicenda.
I fiati ancora lungi e l'accento giustamente malinconico nella situazione del personaggio ancora tutta da dipanarsi aggiungono un quid che valorizza il brano e quei piani diversi da quelli di una caballè o di una Gencer nella parte di Amelia paiono i più azzeccati per conferire giovinezza e avvenente fragilità all'eroina.
Anche gli acuti certamente non impeccabili perchè un pò troppo aperti e larghi qui come in Amelia si distinguono in positivo perchè creano una suadente dicotomia con i toni un pò cupi e foschi del dramma che si snoda nei successivi atti ed anche il ritmo verdiano qui è un pò diverso da quello di un Ernani o di una Aida e quella voce lirica e ancora benedetta nel timbro e nei colori regge benissimo anche i passi più scoperti.
La eloquenza del registro centrale e la dizione ancora coltivata e non farfugliata portano poi la resa finale del personaggio complessivo forse un pò sempre mono-tonico ma certo di non comune suggestione.
A ciò si aggiunga che nonostante la notevole differenza di direzione tra la edizione edizione in disco con Gavazzeni e quella live a Tokyo e nonostante la ulteriore differenza di due partner quali Milnes e cappuccilli la Ricciareli crea due Amelie assai riuscite in entrambi i casi come ripeto in poche altre Amelie è stato dato di rilevare in una parte, va aggiunto, che non a caso le grandi verdiane (a mio parere eh) del dopoguerra, Callas in primis, hanno snobbato dalla Price alla Cerquetti, dalla Scotto alla Tebaldi (che fece quella unica credo recita al Met), dalla stessa Gencer alla SCotto per finire alla Caballé (pessima la tardiva Orange).
HO almeno motivato a sufficienza per conquistarmi il diritto di dire qui che mi piace la Amelia della Katia ? Spero di si, un saluto
Aggiungo a corollario (ma mica tanto) la estrema nobiltà del fraseggio di "quella" Ricciarelli neppure lontana parente delle tristi prestazioni del finale degli anni ottanta...al cui confronto tante frigide o poco personali seppur più tecnicamente corrette a livello di mero solfeggio cantanti sfigurano alquanto
Oh, ebbravo Stecca!
Vedi che quando vuoi sai motivare in maniera tranquilla ciò che ti piace!
Ti ringrazio per l'intervento.
Sulla bellezza del timbro della Ricciarelli non discuto e nemmeno sulla sua eloquenza sempre puntata verso una fresca, un pò monotona, femminilità.
Non concordo sul fatto che gli acuti problematici possano essere un qualcosa di positivo solo perchè l'opera è cupa.
Mi sa troppo di giustificazione, ma se ti piacciono per me non c'è problema, solo che sono il chiaro sintomo di un sostegno della linea di canto più poggiata sulla "natura" baciata dagli angeli che su una tecnica solida.
Registro acuto che negli anni successivi si sfilaccerà fino a trasformarsi in urlo.
La Tebaldi, controllando l'archivio del Met e limitandomi a quello, ha interpretato Amelia per 11 recite distribuite negli anni '60, '61, '64, '65, quindi non è stato un rapporto fugace di una sera.
Riguardo le altre artiste da te citate, si sa che anche la sensibilità personale, e le richieste di ingaggio, influiscono sulla scelta e la frequentazione di un ruolo verso cui, magari, ci si sente poco attratti o non si viene presi in considerazione.
Marianne Brandt
P.S. noto che l'interesse verso il "Simone" scaligero è talmente "appassionante" che il discorso da Placidone si è spostato verso altri argomenti più gustosi...
Da questo si evince perfettamente il "valore artistico" dell'evento dominghiano...
capisco che la ricciarelli possa non piacere, anche perchè nella sua carriera è stata tracotante, ha osato troppo! però concordo pienamente con stecca e anche con Marianne Brandt quando scrive "natura baciata dagli angeli" (e ti pare poco????). della ricciarelli ammiro proprio il timbro angelico, etereo e allo stesso tempo sensuale e poi i pianissimi che il critico e musicologo Lorenzo Arruga definì "i momenti, i suoi momenti"!
ascoltate su youtube "al dolce guidami" dell'Anna Bolena" e ditemi se anche in quel caso risulterà indigesta!
saluti, Roberto
ecco in questa discussione,c'è proprio la varieta di giudizi sugli ascolti,e su una voce in questo caso di Katia.Per Stecca è una grande voce,almeno nei suoi anni migliori(è gia all'epoca si è presa qualche contestazione,tanto vero che ex marito Baudo si preso una denuncia perche ha messo le mani adosso al contestatore,a Stecca piace la Katia nazionale benissimo libero di piacergli,ha espresso bene il perchè quindi contento lui.
Io rimango dell'idea che la Katia se a inizio carriera insieme al dono della voce che ha avuto,avesse abbinato uno studio sulla tecnica in modo adeguato penso che la sua carriera avrebbe avuto un miglioramento crescente,invece è andata verso il declino proprio per carenza di tecnica,certo il timbro l'aveva bellissimo,anche la Tebaldi aveva un timbro celestiale,ma l'aveva abbinato a una tecnica di ferro,e nel corso degli anni si è visto,anche se anche lei negli anni 60 ha cominciato ad avere dei problemi,ma niente al confronto alla Katia.In tv la Katia che ha fatto la giurata dei ragazzi,quando l'hanno fatta cantare con un ragazzino,era completamente sfiatata,ci sono dei soprani a 64 anni che cantano ancora bene appoggiati,e questa la dice lunga,il degrado che avuto la Ricciarelli nel corso della carriera.
Riguardo a Domingo certo puo anche fare anche le note che richiede la partitura nella parte del Simone,anche perche la scrittura non richiede note particolarmente basse,ma il suo baricentro vocale e tenorile,non da baritono,e inutile che vada cercarsi qusti ruoli.Alla Scala si e salvato rispetto al direttore solo per il suo carisma,ma se vuole continuare su questa strada(addirittura c'è voce che qualcuno gli ha offerto di cantare Rigoletto)va a rischio di finire la carriera tra le pernacchie
Caro Donzelli, in riferimento al tuo simpatico commento sul Novissimo Melzi, io ho un'opinione diversa dai gestori del blog sulla concezione generale della musica; da qui discendono dissensi particolari. Ma la cosa si ferma qui. Non ho nessuna pretesa di non essere identico a voi come appassionato. Né penso in nessun modo di costituire un'eccezione a qualunque titolo. Ho le mie simpatie e antipatie, come tutti; quanto poi a costituire un Vangelo, questa convinzione la lascio a Berlusconi o a D'Alema, la cui arroganza mi è rimasta impressa dai tempi in cui studiavamo insieme all'Università di Pisa.
Ciao
Marco Ninci
io credo( anzi spero e mi auguro), che tutti coloro che danno addosso al Corriere della Grisi, ai suoi autori e a che come me apprezza e quasi sempre condivide le loro opinioni, finirà come Arrigo Boito nei riguardi di Giuseppe Verdi, prima, in gioventù.. dscapigliatura e disprezzo, tacciandolo da antiquato..la celebre frase per cui chiedo agli autori del blog di correggermi perchè non la ricordo esattamente..l'atare trasformato in lupanare ecc ecc..e poi devoto e fedele amico e collaboratore del Peppino Nazionale... si ne son certo, tra qualche anno.. verrete tutti a Canossa... il tempo ci darà ragione...
Venustamente, volgarmente,testardamente ed ottusamente, il vostro retrogrado Maometto II porge a tutti distinti saluti!!
Caro Maometto, il problema non sono le divergenze di idea, le discussioni, i ragionamenti differenti, e neppure gli attacchi (quando portati con cognizione di causa). Il problema non è far "venire a Canossa" chi la pensa, legittimamente, in modo diverso. Nei commenti ai pezzi, in chat, nelle discussioni, c'è spazio per tutti, per le idee e le contestazioni alle stesse: ne sono testimoni i tanti che pur non condividendo il nostro punto di vista, scrivono, discutono, s'incazzano pure (e ci si incazza pure noi magari), ma instaurano un dialogo, uno scambio, un confronto (pensa alle discussioni con Marco Ninci, o con Velluti in occasione di argomenti inerenti alla musica barocca). Nessuna esclusione, nessuna censura, nessuna bannatura. Il problema è, invece, chi, non ha neppure il coraggio di esporsi direttamente, di mettersi in gioco, di esporsi ad un contraddittorio: chi preferisce insultare da altri pulpiti, e che vorrebbe impedire al nostro spazio di esistere (liquidandoci come matti da rinchiudere o idioti). Il problema è chi si indigna (giustamente) per i casi come quello del critico del Messaggero che ha "osato" criticare l'Accademia di Santa Cecilia (15 anni fa), stracciandosi le vesti per la libertà violata, la censura etc...e poi si comporta nello stesso modo (anzi peggio), zittendo il dissenso, impedendo di esprimere opinioni contrarie e deridendo chi critica il loro pensiero o lo status quo! Questo è sgradevole e pure ridicolo.
A chi invece, pur non condividendo nulla di ciò che scriviamo, si espone e commenta e partecipa, va tutto il mio plauso e ringraziamento.
Scusi, Maometto,ma questa non è una guerra di religione, nessuno ha bisogno di andare a Canossa. Criticare non equivale a dare addosso. Non Le sembra di essere un po' esagitato? E poi, paragonarsi addirittura a Verdi, non Le sembra un poco da megalomani?
Saluti
Marco Ninci
Esimio signor Ninci... innanzitutto mi spieghi cosa io possa aver scritto di esagitato. in secondo luogo nessuno ha scritto di guerra di religione, ma suvvia, leggiamo bene i commenti nons olo qui, ma anche inmoltissimi altri post del blog... sembra che si stia sempre insultando la divinità di turno.. epoi nessuno si è paragonato a Verdi, io ho solo fatto un esempio. magari un po' esagerato. ma siccome la storia si ripete, spesso e volentieri.. il tempo, come al solito mi darà ragione. Maestro Duprez... mi pare che ci sia stato un fraintendimento. è ovvio che qui nessuno vuole per forza convincere chi la pensa diversamente a "convertirsi".. oddio.. uno c'è... ma lasciamolo stare...come da lei sopra scritto: " Il problema è chi si indigna (giustamente) per i casi come quello del critico del Messaggero che ha "osato" criticare l'Accademia di Santa Cecilia (15 anni fa), stracciandosi le vesti per la libertà violata, la censura etc...e poi si comporta nello stesso modo (anzi peggio), zittendo il dissenso, impedendo di esprimere opinioni contrarie e deridendo chi critica il loro pensiero o lo status quo! Questo è sgradevole e pure ridicolo.
" e io proprio a cotali comportamenti mi riferivo.
grazie per l'attenzione buona serata Maometto II
Ma infatti caro Maometto, la mia era solo una postilla rivolta a chi ci legge, ma preferisce non esporsi e attaccarci altrove...senza rischio di contraddittorio!
certo che la faccenda di quel critico del messaggero cioe Gasponi è inquietante.
Gasponi non ha fatto altro che riportare un giudizio del maestro Wolfgang Sawallisch,solo che il titolo e stato forzato,e Gasponi che era all'oscuro ha cercato di rimediare ma inutilmente,e davanti ai giudici il maestro Sawallisch ha ribadito il suo pensiero,ma non è stato preso in considerazione.Adesso c'è il giudizio in cassazzione,e penso che tutta la stampa dovrebbe mobilitarsi,perche se passa queesta sentenza,a questo punto basta che un recensore scrive che un direttore dirige male o che un tizio canta da fare pena o peggio,parte una querela,e il poveretto si trova in mutande.
Adesso scrivendo queste parole in modo ironico,anche a voi del blog vi possono arrivare una valanga di denunce (smillies:faccina molto ridente,insomma stò scherzando)
Sarò ugualmente scherzoso osservando che se si dovessero citare in giudizio per inadempimento contrattuale tutti i cantanti, direttori e registi che non siano all'altezza dei rispettivi compiti - e cachet! - i tribunali sarebbero ben più intasati di quanto già non siano.
Caro Maometto,definendo il Suo intervento come "esagitato", intendevo dire che mi pareva un intervento un po' troppo col petto in fuori, un po' troppo rivendicativo. Quell'usare come esempio Verdi e Boito, quel dire che il futuro Le darà ragione, via, non Le sembrano un poco messianici a sproposito? Mi viene in mente Mahler che affermava: "Il mio tempo verrà". Ma i nostri commenti, a differenza delle composizioni di Mahler, durano lo spazio di un mattino, sono scritti e vengono già dimenticati, insieme con le prese di posizione che li hanno originati. Com'è giusto che sia. Non Le sembra?
Saluti
Marco Ninci
Mah, caro Ninci, i commenti e le prese di posizione che li hanno generati, noi, anche se pluricentenari, non li dimentichiamo.
Perchè dovremmo dimenticarli poi?
Se tu li dimentichi nel tempo d'un mattino è un altro discorso.
Marianne Brandt
Ottantun commenti e di Domingo non si è quasi parlato. Mi pare che questo sia indicativo della qualità dello spettacolo scaligero...
Cara Marianne, non è che i nostri commenti dobbiamo dimenticarli, io o tu o qualsiasi altro di coloro che scrivono qui. E' chiaro che noi non li dimentichiamo. Il vero problema è che secondo me bisogna essere coscienti che essi sono dimenticabili di per se stessi, non hanno poi questa importanza così grande e si inseriscono fra migliaia di altri punti di vista. Quando leggo qualche commento così impettito come quello di Maometto, questo pensiero mi torna sempre alla mente. Forse può succedere di credere che i nostri pensieri siano fusi nel bronzo, ma studiare serve proprio a questo: a capire quanto poco valgano le nostre risposte e quanto poco cammino ci facciano fare.
Saluti
Marco Ninci
forse perchè di Domingo, oramai, è meglio tacere!
Va detto anche, a tal proposito, che a me non convinceva neppure come tenore ai tempi: voce morchiosa, emissione scorretta e passaggio di registro difficile... tant'è vero che si accorciò presto. E i risultati ora si sentono, con l'immancabile plauso di critici schierati che alla radio confrontano Bergonzi e Domingo, o il timbro chiaro di un Battistini con quello sgangherato di Domingo, per dimostrare che a fine ottocento si cantava più squillante...
per carità!
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