Sappiamo bene, pur non prestando attività di giornalista o pubblicista che riempire i quotidiani nei mesi estivi non sia agevole. Si ricorre, talvolta, ad articoli cosiddetti di costume o di colore, il cui contenuto è modesto e limitato, dettato dall’esclusiva istanza di riempire le pagine del quotidiano. Questo è davvero un male, un cattivo servizio cui il buon giornalismo non dovrebbe mai prestarsi, massime se trattasi del maggior quotidiano italiano e massime in stagione estiva, perché l’estiva è quella in cui il pubblico, nel riposo delle vacanze è meglio disposto a leggere di argomenti, che nel periodo lavorativo non meriterebbero attenzione.
In quest’ottica, censurabile, quindi, credo di dover inquadrare il pezzo che troneggia a tutta pagina sul Corriere della Sera del passato 13 agosto, titolo “Cantanti modelle all’opera. Addio alla donna cannone”, firma Valerio Cappelli. Da questo pezzo parto per qualche riflessione, non da professionista, ma da loggionista, ormai di lungo corso.
In primis il pezzo difetta di fantasia in quanto analogo era stato proposto l’anno passato. Non ricordo se a medesima firma o ad altra. Non ho né tempo né voglia di effettuare la qualsivoglia minima ricerca in tal senso. Il contenuto è ovvio e scontato, come lo era quello del pezzo dell’anno passato e si riassume nell’assoluta ed irrinunciabile esigenza che le cantanti d’oggi siano gnocche. Su questo dogma l’autore arriva a dubitare della attuale possibilità di carriera per una Sutherland, una Caballé ed una Callas ante dieta, fra l’altro accomunate ad Alessandra Marc, rispetto alla quale tutte le sopracitate sono taglie 40-42 oltre che autentiche e grandissime cantanti d’opera.
E’ ovvio che le attuali gnocche siano anche bravissime e tutte giovanissime, under 40.
Della loro incapacità di essere, cantando, pari alle poco avvenenti sopra citate la prova è semplice, risiedendo in un confronto audio, che proponiamo.
Vorremmo, senza offendere le citate e pubblicizzate signore, rammentare che, chiacchierando con questo blog, una indiscussa “gnocca” come June Anderson (cui chiediamo scusa per il termine perché June Anderson è sempre stata una bella ed elegante signora) ha giudicato aspetto complementare alla carriera la bellezza. Chi ascoltasse una vera gnocca del passato, Gianna Pederzini, sentirebbe, benché privo dell’aspetto visivo, una grande cantante ed una sensuale ed erotica interprete. Certo chi vide la Carmen della Pederzini ricorda un paio di gambe splendide ed una esplicita simulazione del coito (senza ausilio della regia di de Ana o Bieito, ma semplice farina del sacco della Gianna nazionale), ma l’ascolto è di per sé completo. E potrei sostituire a Gianna Pederzini Grace Bumbry senza modificare una parola.
Non solo: teniamo a precisare che le gnocche sono under 40 e la loro carriera si arresterà under 40 perché le loro capacità tecniche sono tali da non consentire loro di oltrepassare quel limite e non certo per l’usura da superlavoro, che patì la Callas.
Ma quel che più interessa per riflettere è il comportamento di chi professionalmente (e dietro remunerazione) si presta a riflessioni ormai passatiste, coincidenti con gli interessi delle major del disco e dei maggiori teatri del mondo (Met, Covent Garden, Liceu, Real di Madrid, Bastille, Scala e un paio di festival estivi). Posizioni, che dimostrano, per utilizzare termini cellettiani, quanto la critica sia cioccolataia quando continua a cadere in petizioni di principio quali l’indispensabilità del soprano gnocca per esaudire le richieste del regista, quasi che il titolo sia del regista e non del musicista o, al più, del cantante.
Sono posizioni ancora più passatiste di quelle sostenute da chi, come noi, non ritenga un problema applaudire un soprano, che evochi non solo i fasti vocali di Lina Pagliughi, o una Violetta, più facilmente affetta da iperglicemia, che da etisia. Inoltre l’attacco al passato è assai pretestuoso, giacchè un minimo di attenzione (che bilanciasse canto ed esigenza di palcoscenico) venne sempre praticato, tanto è che non si ricordano Manon o Carmen donne cannone.
Sono, quelle proposte dal Corriere, le posizioni di chi non sa o non può capire il significato dei fischi al recente Lohengrin di Monaco (quello con Kaufmann, ahi loro, vestito!!!), a tutti gli spettacoli di rivoluzionaria regia prodotti a Bayreuth, sino al Moise salisburghese del signor Flimm (citato quale referto oracolare dal nostro Valerio Cappelli) e alla Zelmira pesarese.
Sono le posizioni di chi non si domanda il perché dei risicati applausi rilevati durante le dirette pesaresi (Conte Ory, in primis) o delle esplosioni di fischi riservate ad esempio a Patricia Petibon e reagisce insultando il pubblico, tacciandolo di ignoranza.
E sempre dovrebbero interrogarsi sul significato della cronica e ormai drammatica impossibilità di rinvenire direttori, che, senza essere Klemperer o Krauss, sappiano governare l’orchestra e coordinarla con il palcoscenico. Paradigmatico l’esempio in negativo della Bohème a guida Dudamel nel giugno 2008. Si dimenticano poi l’ormai cronica incapacità dei direttori di essere concertatori, termine che, infatti, è da tempo omesso dalle locandine.
E poi ci si meraviglia dei fischi del pubblico anche all’indirizzo dei direttori d’orchestra.
Ed è il pubblico pagante e fischiante che lo dice, cari signori Cappelli, che la ricetta, la pozione magica (soprano gnocca, direttore di grande carriera sinfonica, allestimento prestigioso) da Voi costantemente reclamizzata come il salvataggio del teatro, ormai, non ha neppure l’effetto placebo.
Bisogna pensare e pubblicizzare qualche cosa d’altro.
Gli ascolti
Tosti - Aprile - Gianna Pederzini (1930)
Mozart - Così fan tutte
Atto I
Temerari!...Come scoglio - Eleanor Steber (1955), Miah Persson (2009)
Verdi - Un ballo in maschera
Atto III
Morrò, ma prima in grazia - Grace Bumbry (1984)
Bizet - Carmen
Atto IV
Mais moi, Carmen, je t'aime encore - Giovanni Martinelli & Geraldine Farrar (1915)
In quest’ottica, censurabile, quindi, credo di dover inquadrare il pezzo che troneggia a tutta pagina sul Corriere della Sera del passato 13 agosto, titolo “Cantanti modelle all’opera. Addio alla donna cannone”, firma Valerio Cappelli. Da questo pezzo parto per qualche riflessione, non da professionista, ma da loggionista, ormai di lungo corso.
In primis il pezzo difetta di fantasia in quanto analogo era stato proposto l’anno passato. Non ricordo se a medesima firma o ad altra. Non ho né tempo né voglia di effettuare la qualsivoglia minima ricerca in tal senso. Il contenuto è ovvio e scontato, come lo era quello del pezzo dell’anno passato e si riassume nell’assoluta ed irrinunciabile esigenza che le cantanti d’oggi siano gnocche. Su questo dogma l’autore arriva a dubitare della attuale possibilità di carriera per una Sutherland, una Caballé ed una Callas ante dieta, fra l’altro accomunate ad Alessandra Marc, rispetto alla quale tutte le sopracitate sono taglie 40-42 oltre che autentiche e grandissime cantanti d’opera.
E’ ovvio che le attuali gnocche siano anche bravissime e tutte giovanissime, under 40.
Della loro incapacità di essere, cantando, pari alle poco avvenenti sopra citate la prova è semplice, risiedendo in un confronto audio, che proponiamo.
Vorremmo, senza offendere le citate e pubblicizzate signore, rammentare che, chiacchierando con questo blog, una indiscussa “gnocca” come June Anderson (cui chiediamo scusa per il termine perché June Anderson è sempre stata una bella ed elegante signora) ha giudicato aspetto complementare alla carriera la bellezza. Chi ascoltasse una vera gnocca del passato, Gianna Pederzini, sentirebbe, benché privo dell’aspetto visivo, una grande cantante ed una sensuale ed erotica interprete. Certo chi vide la Carmen della Pederzini ricorda un paio di gambe splendide ed una esplicita simulazione del coito (senza ausilio della regia di de Ana o Bieito, ma semplice farina del sacco della Gianna nazionale), ma l’ascolto è di per sé completo. E potrei sostituire a Gianna Pederzini Grace Bumbry senza modificare una parola.
Non solo: teniamo a precisare che le gnocche sono under 40 e la loro carriera si arresterà under 40 perché le loro capacità tecniche sono tali da non consentire loro di oltrepassare quel limite e non certo per l’usura da superlavoro, che patì la Callas.
Ma quel che più interessa per riflettere è il comportamento di chi professionalmente (e dietro remunerazione) si presta a riflessioni ormai passatiste, coincidenti con gli interessi delle major del disco e dei maggiori teatri del mondo (Met, Covent Garden, Liceu, Real di Madrid, Bastille, Scala e un paio di festival estivi). Posizioni, che dimostrano, per utilizzare termini cellettiani, quanto la critica sia cioccolataia quando continua a cadere in petizioni di principio quali l’indispensabilità del soprano gnocca per esaudire le richieste del regista, quasi che il titolo sia del regista e non del musicista o, al più, del cantante.
Sono posizioni ancora più passatiste di quelle sostenute da chi, come noi, non ritenga un problema applaudire un soprano, che evochi non solo i fasti vocali di Lina Pagliughi, o una Violetta, più facilmente affetta da iperglicemia, che da etisia. Inoltre l’attacco al passato è assai pretestuoso, giacchè un minimo di attenzione (che bilanciasse canto ed esigenza di palcoscenico) venne sempre praticato, tanto è che non si ricordano Manon o Carmen donne cannone.
Sono, quelle proposte dal Corriere, le posizioni di chi non sa o non può capire il significato dei fischi al recente Lohengrin di Monaco (quello con Kaufmann, ahi loro, vestito!!!), a tutti gli spettacoli di rivoluzionaria regia prodotti a Bayreuth, sino al Moise salisburghese del signor Flimm (citato quale referto oracolare dal nostro Valerio Cappelli) e alla Zelmira pesarese.
Sono le posizioni di chi non si domanda il perché dei risicati applausi rilevati durante le dirette pesaresi (Conte Ory, in primis) o delle esplosioni di fischi riservate ad esempio a Patricia Petibon e reagisce insultando il pubblico, tacciandolo di ignoranza.
E sempre dovrebbero interrogarsi sul significato della cronica e ormai drammatica impossibilità di rinvenire direttori, che, senza essere Klemperer o Krauss, sappiano governare l’orchestra e coordinarla con il palcoscenico. Paradigmatico l’esempio in negativo della Bohème a guida Dudamel nel giugno 2008. Si dimenticano poi l’ormai cronica incapacità dei direttori di essere concertatori, termine che, infatti, è da tempo omesso dalle locandine.
E poi ci si meraviglia dei fischi del pubblico anche all’indirizzo dei direttori d’orchestra.
Ed è il pubblico pagante e fischiante che lo dice, cari signori Cappelli, che la ricetta, la pozione magica (soprano gnocca, direttore di grande carriera sinfonica, allestimento prestigioso) da Voi costantemente reclamizzata come il salvataggio del teatro, ormai, non ha neppure l’effetto placebo.
Bisogna pensare e pubblicizzare qualche cosa d’altro.
Gli ascolti
Tosti - Aprile - Gianna Pederzini (1930)
Mozart - Così fan tutte
Atto I
Temerari!...Come scoglio - Eleanor Steber (1955), Miah Persson (2009)
Verdi - Un ballo in maschera
Atto III
Morrò, ma prima in grazia - Grace Bumbry (1984)
Bizet - Carmen
Atto IV
Mais moi, Carmen, je t'aime encore - Giovanni Martinelli & Geraldine Farrar (1915)
4 commenti:
Mi stupisce che si finisca a parlare sempre delle donne, quando la questione "bel faccino" ormai è fondamentale anche per gli uomini... O è perché il Don Carlos scaligero ha dimostrato il contrario? :P
Cappelli, come al solito, ha scoperto l´acqua calda.Probabilmente non ha mai sentito parlare di donne come Lina Cavalieri o Maria Jeritza, per cui gli uomini impazzivano.Altro che queste sciacquette prodotte in serie, tutte col maquillage da copertina di rotocalco.Personalmente,la piú completa incarnazione dell´erotismo in scena l´ho vista in Grace Bumbry e Shirley Verrett:voci di velluto in corpi e movenze da pantere!
Come ripeto, altro che queste di adesso...
Saluti
per me la voce di una Pagliughi era perfettamente in grado di far dimenticare ogni aspetto fisico... è vero che l'opera è teatro, ma il canto può abbattere montagne (se è canto). Questo è il vero problema.
cara elena
in effetti, attese le inclinazioni sessuali di molti melomani, sarebbe stato più appropriato un pezzo sui manzi dell'opera.
concordo pienamente quando ad erotismo con le opinioni di mozart. La Bumbry era sensuale persino nella scena del giudizio.
E tacciamo del fascino femminile che in concerto emavano le due signore di cui sopra ed anche Teresa Berganza alle prese con Zerlina e Carmen.
Posta un commento