giovedì 11 marzo 2010

La fille du régiment in diretta da Barcelona

Radio Rai ha portato nelle nostre case, ieri sera, la Figlia del reggimento allestita dal Gran Teatre del Liceu. Si tratta della medesima produzione già vista a Vienna, Londra, New York e San Francisco, con la regia di Laurent Pelly che traspone la vicenda ai tempi della Belle Epoque. Cambiano le bacchette, cambiano le primedonne (prima la Dessay e la Damrau, ora Patrizia Ciofi), ma, con mirabile coerenza, il clima musicale resta comunque più legato ad Offenbach che al Bergamasco.

La direzione è affidata a Yves Abel, che tre anni fa diresse il titolo in Scala con il medesimo protagonista maschile. L'ouverture è fracassona, priva di finezza nell'enunciazione del tema del reggimento, il suono - specie quello degli archi - invariabilmente cupo e assai poco morbido. Una fotocopia del ricordo "live". Alla faccia delle presunte deformazioni operate dalla radio. Nel resto dell'opera abbiamo un'orchestra monocroma e impacciata, cori (soprattutto quello femminile nell'introduzione al primo atto) al limite dell'amatoriale e accompagnamenti alle arie tendenzialmente slentati, che offrono un ben povero servizio al canto. Perché, lo diciamo senza tema di smentite, il vero interesse di questa opera risiede nelle grandi pagine dedicate alla voce.
Marie è Patrizia Ciofi. La Ciofi gode fama, meritata, di cantante seria e di grande musicalità. Volendo però intendere in senso ampio la serietà richiesta a un professionista, in ogni settore, sarebbe dovere della signora Ciofi sospendere per un po', o concludere, la carriera. Le prove più recenti (Viaggio a Reims, Traviata, Tancredi) sono accomunate da una voce fioca e velata, in perenne difetto di appoggio, con il risultato che, al primo tentativo di mezzoforte, il soprano è costretto a spingere e di conseguenza a gridare. Gli acuti, soprattutto quelli aggiunti con generosità degna di miglior causa alla fine delle arie, sono sistematicamente tirati, a volte anche calanti (scena della lezione dove la signora senza fatica canta alla baroccara), nella zona del passaggio compaiono suoni fissi (canzone del reggimento) e in fascia centro-grave la voce semplicemente non c'è e la cantante, non potendo fare altrimenti, è costretta a parlare (scena con Sulpice). A ciò si aggiunga che, ove sia chiamata a cantare in assieme (duetto con Tonio, finale primo - in cui Marie deve "tirare" il concertato -, terzetto), la voce si fa ancora più larvale e di fatto svanisce nel nulla. Sappiamo che la Ciofi gode del favore e dell'affetto di ammiratori pronti a perdonarle qualunque menda vocale in nome di una non meglio specificata "espressività" insita nel canto della signora. A questi ammiratori, che sappiamo intenti a scorrere queste righe, chiediamo: vi sembra che la Marie querula e lagnosa, inevitabile portato del canto della Ciofi, abbia qualcosa che spartire con il personaggio brillante e patetico ideato da Donizetti? Poi si ha il coraggio di criticare June Anderson, che aveva acuti schiacciati, ma quanto a voce, presenza scenica, phisique du role e garbo musicale si assestava su tutt'altri livelli!!!
Svariati mondi vocali separano questa Marie dal suo Tonio, sebbene Juan Diego Flórez torni a questo personaggio (uno dei suoi più riusciti) con meno baldanza e più cautela rispetto al passato. La voce è sempre molto smilza, qua e là compaiono suoni nasali e il vibrato si fa più pronunciato nel corso della serata appena cerca di "dar volume" alla voce, ma l'interprete è giustamente molto misurato e supera con grazia gli ostacoli - non insormontabili - della parte. L'aspetto più interlocutorio è la gestione del legato, soprattutto quando si tratta di conciliare gli acuti (certo la zona più propizia al tenore peruviano) e i centri. Se gli acuti sono facili, come nell'aria del primo atto (bissata a furor di pubblico), la discesa al centro nelle frasi che separano i do si produce a prezzo di suoni aperti, mentre se il brano insiste in zona centrale, come nell'assolo del secondo atto, risulta problematica la scalata agli estremi del pentagramma. Certo, volendo fare i passatisti fino in fondo potremmo osservare che Kraus, anche in vecchiaia, dispensava nella sola aria del secondo atto una tale quantità di colori e nuances, quale il buon Flórez non ci regala nel corso dell'intera serata. Ma è anche vero che ogni cosa esiste in un contesto e anche rispetto a quello deve essere considerata e valutata. Con i magri tempi che corrono, quella di Flórez è una signora prestazione.
Pietro Spagnoli (Sulpice) è come al solito molto tenorile e in difetto di eleganza, ma la parte assai limitata lo espone poco, e quanto meno ci grazia dalle cadute di gusto che caratterizzavano la prova di Carlos Alvarez nella medesima regia.
Male, malissimo Victoria Livengood (subentrata all'ultimo minuto ad Ann Murray vedova Langridge, ed è la sua sola giustificazione), che scambia la Marchesa per un personaggio da avanspettacolo. Forse la dirigenza del Liceu avrebbe dovuto fare appello all'amore patrio della signora Caballé.
La parte della Duchessa, per il solito terreno di dive canore in fase "anta", è in questa produzione assegnata a un attore di prosa, Ángel Pavlovsky, specialista in parti "drag". Non sappiamo quale sia stato l'effetto della trovata in teatro. Per radio risultava assolutamente anodino, malgrado la recitazione caricata.
Chiudiamo, com'è nostro costume, con qualche ascolto. Per memoria e comparazione. Checché ne dicano i nostri censori, la memoria del passato (non solo dei pregi, ma anche dei difetti e dei limiti) è il solo elisir di lunga vita del teatro d'opera. Per questa ragione proponiamo, fra le altre, una Marie che fu una grande Lucia di Lammermoor ma anche Aida, Amelia del Ballo e persino Isotta e Carmen. Fu anche una celebrata interprete pucciniana e straussiana, il che dovrebbe fugare ogni dubbio sul peso vocale della signora. Possiamo discutere degli acuti, tendenzialmente fissi (anche facendo la tara all'anno di registrazione), ma la saldezza al centro e la qualità del legato, oltre alla sapiente gestione delle dinamiche, lasciano esterrefatti.
Dimenticavo: anche Jadlowker, con la sua voce naturalmente brunita che rimanda fin dall'attacco a personaggi di ben altro calibro, è raffinato e assolutamente sontuoso.



Gli ascolti

Donizetti - La fille du régiment


Atto I

Chacun le sait, chacun le dit - Margarethe Siems (1911)

Quoi! Vous m'aimez? - Frieda Hempel & Hermann Jadlowker (1909)

Atto II

Rataplan - Marcella Sembrich (con Charles Gilibert & Marie van Cauteren - 1903)

Pour me rapprocher de Marie - John McCormack (1910)

14 commenti:

Andrea Dellabianca ha detto...

La Ciofi è una meraviglia di musicalità, eleganza e stile nel porgere la frase.
Rispetto ai difetti elencati nella Vostra recensione, non posso che trovarmi d'accordo.
Il punto è: quanto ciò che di favoloso c'è in quest'artista riesce ancora a controbilanciare le mende prettamente vocali? Io non la sento cantare dal vivo da parecchio tempo, quindi lascio ad altri la sentenza.

Giulia Grisi ha detto...

eh, caro Andrea,
ieri sera l'afonia era imbarazzante.
pareva una con la tracheite.....sassi in gola.....
non so dal vivo che potessero sentire in sala....
saluti

Domenico Donzelli ha detto...

per mia sfortuna ho sentito la sua afona e arronzata contessa di folleville. Taccio della Lucia milanese e permettimi se penso a meraviglia di musicalità, eleganze e stile, posso pensare alla senora de Lavilla al secolo dona Terista Berganza dal Lavapied de Madrid.
Se vuoi un soprano la prima che mi viene in mente nomasi Lella Cuberli, la quale davanti alla Ciofi aveva il volume della Flagstad!!!!!
ciao dd

pasquale ha detto...

belli ascolti,ascoltandoli,mi è venuto uno strano pensiero,se i cantanti del post (per una magia)li potessimo mandare a inizio 900 a registrare con i mezzi di allora,
e poi riascoltarli adesso ai nostri giorni cosa ascolteremo?
a volte mi viene anche da pensare sarà se questi artisti(ormai ridotti a polvere) nel momento che registravano,avessero avuto la minima idea che noi a distanza di un secolo stavamo qui ad ascoltarli e giudicarli.

Antonio Tamburini ha detto...

è una magia che la Nilsson fece in prima persona, registrando un brano su un cilindro Edison e facendolo ascoltare a tre critici ed esperti di vocalità, chiedendo loro di riconoscere l'interprete. Il primo fece il nome della Fremstad (mi pare), il secondo quello della Flagstad e solo il terzo riconobbe Birgit Nilsson.
E direi che sulle qualità vocali della Nilsson non ci sono dubbi legati alla tecnica di registrazione che tengano!
PS - pasquale, ma non eri stato ammonito, in altro loco, a non frequentare "cattive compagnie" come la nostra? ;)

pasquale ha detto...

ah ah ....sono grande e vaccinato

justsmile ha detto...

Cosa non è McCormack! Magnifico. Che artista!

Antonio ha detto...

Ritengo la Ciofi un'ottima artista; ho la registrazione video di una "Fille" di qualche anno fa a Genova (sempre con Florez) e mi era parsa molto brava. Certo il volume è scarsino. Ora non ho dubbi che ormai sia arrivata alla frutta.
Mi permetto però di dissentire per quanto riguarda la Anderson. Ma possibile che nessuno si sia mai accorto che nel passaggio stonava,(come del resto molto stonata era anche un'altra virtusa degli anni 80 e 90 sulla quale nessuno ha mai avuto niente da dire: la Serra), inoltre la Anderson se non era stonata, molte volte aveva dei suoni fissi imbarazzanti. Ma a voi, così competenti, piace la Anderson della sua prima incisione? Il Mosè o la Anderson del Maometto 2° con quella meraviglia di Ramey? Ma l'avete sentita nell'Otello di Pesaro o nel Ricciardo e Zoraide sempre di Pesaro? Ma vi andava bene? Per non parlare di una Sonnambula alla Scala nella quale certi suoni sembravano delle sirene: un mio amico definiva quei suoni l'antitesi della musica e secondo me aveva ragione. Dopo di che certo la Anderson aveva anche sensibilità nei recitativi (che fra l'altro per eserre un'americana pronunciava molto bene) e nella zona sovracuta faceva anche delle cose pregevoli, però... O sono solo io che non capisco niente? Qualcuno di voi mi può rispondere?
Saluti cordiali.

Antonio Tamburini ha detto...

Difatti, caro omonimo, citavo la Anderson proprio come esempio "negativo", con tutte le virgolette del caso: se si censurava lei, che era di grande e bella voce (benché con suoni schiacciati e occasionalmente stonati e soprattutto assai poco interprete, tanto da meritarsi l'epiteto di "noiosa" che le piovve addosso se non ricordo male proprio durante i Capuleti scaligeri), che cosa dovremmo fare con la Ciofi? Comunque adesso che "agli anta l'ora canta" ritengo che la Anderson abbia fatto tesoro dell'esperienza e abbia trovato non solo una maggiore correttezza di emissione (almeno sino al si naturale) ma soprattutto più consistenti risorse di fraseggiatrice. ti rimando per questo ai nostri post sul concerto di Aix, la Norma di Trieste e la Borgia di Liegi.

Che sulla Serra nessuno abbia a ridire... non direi proprio! anzi direi che oggi è una delle più massacrate dal "revisionismo" sugli anni Ottanta e primi Novanta, accusata di essere fissa, stonata, pigolante, lagnosa, ovviamente povera fraseggiatrice etc. Personalmente l'ho sempre trovata una cantante di voce piccola ma sempre a fuoco, impareggiabile nel repertorio di mezzo carattere ma soprattutto in quello comico (penso alla sua Figlia del reggimento, tanto per restare in tema), che ha voluto affrontare alcune parti più grandi di lei e ne è uscita con grande dignità, cosa che non si può dire di molte sue colleghe, di allora e di oggi. Poi certo se voglio sentire la perfezione del soprano di coloratura metto su Frieda Hempel o Selma Kurz, e non la Serra. Ma avrai già capito che questo è un blog... come dire... "passatista"! :)

Saluti

A.Tamburini

Antonio ha detto...

Sul revisionismo nel confronti della Serra confesso che non so nulla, forse perchè da qualche anno mi stò interessando molto poco del mondo dell'opera e non compro neanche più le riviste specializzate, quindi non ho motivo di non credere a ciò che scrivi caro Tamburini. Se dicono o crivono ciò che dici mi sento di dire che era ora perchè secondo me questa cantante è stata troppo osannata negli anni ottanta. Dopo di che sono d'accordo nel riconoscere alla Serra brio e grande capacità comunicative nel genere comico-brillante (la sua Scala di seta a Pesaro ad esempio, in questo senso era un vero gioiello...). Però mi viene in mente un orrendo Frà diavolo alla Scala!! Boh! Forse non capisco.
Circa la Anderson andrò a sentirmi i post che a cui accenni. Certo per quanto riguarda per esempio Norma non posso non riandare a quella di Parma di qualche anno fa, dove certo l'emissione era più controllata ma comunque le falle e le durezze dell'intonazione (che portavano inevitabilmente ad una monotonia di accenti noiosissima) erano sempre evidentissime, soprattutto accanto ad una Barcellona ancora agli inizi ma che al confronto dell'esperta Anderson sembrava molto più agguerrita.
Per finire con voi del blog "passatisti" devo dire che forse è vero. Io, per esempio, sopporto poco i suoni dei vecchi dischi e mi risulta difficile comprendere la vera qualità di certi cantanti soprattutto di scuola tedesca che molto spesso voi proponete. Forse è un mio limite: infatti ho sempre trovato esecrabili i suoni fissi dei cantanti di quella scuola, anche quelli diciamo del dopoguerra (perfino Dieskau a volte mi sembra una sirena, con la voce vuota e senza appoggio nelle note alte). Sarà che non capisco niente
Ad ogni modo tornando ai passatisti forse è vero che magari siete un pò esagerati. Per esempio, e qui trasecolerete, io ho trovato interessante la Carmen della Emma Dante: alcune volte perfino bella (2° e ultimo atto), altre invece (tutto il 3° atto) decisamente brutta e perfino sgradevole. Ad ogni modo qualcosa da non buttare, su cui discutere. Se penso ad esempio a certe regie tedesche che vedo nei video (quelle di Zurigo poi sono orride) mi pare che in questo caso siamo su di un altro terreno culturale. Certo è stato un esperimento azzardato e non completamente riuscito, però interessante. E anche il cast (se si esclude Escamillo) non mi è sembrato da buttare.
Saluti cordiali e sempre maggior fortuna per il vostro blog.

Piccarda ha detto...

Gentili Signori,
come mai da un po' di tempo siete così severi con J.D. Florez?
C'è di meglio in giro? Tra i vivi, naturalmente , poiché "ai tapassati , cantar non cale".
DEh , rendetemi la speme, grazie!

Antonio Tamburini ha detto...

Certo che c'è! Anche se ai "florezidi" non fa piacere sentirselo ricordare.

E comunque non credo che Florez sarebbe contento di un'ammirazione figlia del "non c'è di meglio".

Antonio ha detto...

Caro Tamburini mi piacerebbe che ci indicassi che c'è di meglio oltre a Florez.

Antonio Tamburini ha detto...

Shalva Mukeria. E te lo dico avendo sentito entrambi - dal vivo - nei Puritani, nella Figlia del reggimento e nella Sonnambula. I Puritani, fra l'altro, Mukeria li ha cantati al fianco di una diva (attempata fin che vuoi, ma sempre temibile) quale Edita Gruberova e di una cantante fresca e (nel caso specifico) in gran forma come Jessica Pratt, allorché Florez, le poche volte che pratica il titolo, preferisce le meno ingombranti - vocalmente - Cantarero e Machaidze, perchè già la Mosuc risulta un po' troppo... "presente". Difatti la sua prossima partner in Madrid non sarà l'annunciata Netrebko, bensì la Gutiérrez.
Tralascio la Lucia, solo perché Florez non la canta (e Mukeria sì, e pure bene).

Certo dove la miseria è nerissima è nel Rossini serio. Lì davvero non saprei trovare un'alternativa. Basta a dimostrarlo il fatto che Florez, con voce da Giannetto o al massimo da Almaviva (modello anni '50), affronta i titoli scritti per Napoli.