venerdì 16 ottobre 2009

Idomeneo alla Scala

Ripresa scaligera di Idomeneo, nell’allestimento di L.Bondy, sotto la direzione del maestro M.W.Chung. Applausi abbozzati a “Fuor del mar” e a “D’Oreste e d’Ajace” durante una recita fiacca e noiosa, sonori solo al finale, dove i signori artisti sono stati tutti ringraziati cordialmente ed i fan di alcuni interpreti hanno espresso il loro affetto personale per alcuni protagonisti. Ma che questo sia stato un successo non mi sento di dirvelo, perché questa produzione di Idomeneo non ha convinto quasi nessuno. Il punto è che sul palco non si canta e per giunta si dirige senza polso. E gli udenti ( presenti anche tra coloro che non contestano mai), che amano l’opera ed il canto e che di rappresentazioni di questo titolo ne hanno sentite più di una, tornano a casa delusi ed annoiati.

Potrei sintetizzarvi come sono andate le cose in due righe, dicendovi che dei protagonisti ha cantato un po’ la sola Carmela Remigio, con modi ed esiti non certo indiscutibili. E che il maestro Chung è stato corretto, garbato, preciso ma comunque ha mancato la cifra tragica dell’opera, dirigendo come si trattasse di un racconto salottiero, di affetti, sentimenti ed introspezione psicologica larmoyant. Tanto che l’opera, complice un cast inadeguato, non è decollata mai, salvo qualche bagliore nei momenti di grande effetto, i tuoni , la Voce divina, la presenza del coro.
Il signor Bondy, su ispirazione del teatro, pare, dopo il “trionfo” newyorkese (fischiatissima la recente Tosca, che ha preso il posto di quella zeffirelliana), ha ben pensato di ripulire la produzione da tutti gli obbrobri che originariamente la caratterizzavano, il mostro viscido, il cubo, i cadaveri nei sacchi trascinati via etc. In parecchi hanno gradito la cosa, posto che tolti gli obbrobri, in scena non è rimasto quasi niente! Una marina alla Fattori come fondale, una lingua di sabbia, la sporcizia sparsa qua e là nella seconda parte, i coristi alla cretese anni ‘40 ( e tra il coro della tragedia e popolo della rivoluzione c’è semplicemente l’abisso, anche in un linguaggio metaforico), i personaggi minimizzati negli abiti da ogni loro dimensione statuaria e classicheggiante. Tra l’altro è comparsa, ben visibile, la banda fuori scena, con tanto di monitor, sul lato destro del fondale, non so se per volontà o accidente…. Di bello il solo costume di Elettra, quello si! A mio avviso, tanti soldi gettati per nulla.

Ritornando al maestro, che tante buone cose ci ha fatto sentire nella sua carriera, ha diretto senza dir molto, preoccupato solo di essere rispettoso e…. tradizionale. Ma della meraviglia di questa partitura mozartiana ci ha reso poco. In primis, non abbiamo sentito la grandiosità dell’orchestrala di Idomeneo, ritenuto da tutti un unicum per Mozart. La sua rivisitazione della tragedia e del mito, inoltre, è parsa del tutto letteraria ed oleografica, completamente distaccata, quasi che Mozart e Varesco facessero finta alle prese con la potenza del dramma classico. I moti dell’animo dei protagonisti, i loro tormenti interiori, il confronto tra l’uomo fallace e fragile e la forza degli Dei sono resi in partitura a forti tinte, che qui non abbiamo colto se non occasionalmente. La varietà delle situazioni, delle atmosfere e degli stati d’animo, poi, hanno perfetta e compiuta resa nel canto come in orchestra, e qui sta il genio dell’inventiva mozartiana, ricca e sontuosa come non mai. Ma ieri sera di varietà ve ne è stata poca, invece, sia nell’accompagnamento delle arie che negli assiemi ( penso alla scena che precede il finale ). Di qui la freddezza del pubblico, che ha ben diversamente accolto le prove di Harding, e prima ancora di Muti.

Il palco, del resto, ha collaborato poco. Ciò che accade in scena è poco coinvolgente ed emozionante, perché la scelta del cast non è stata felice.
La signora Remigio abborda parti di soprano tragico mozartiano, di nuovo con esito ambiguo. Lascia Donna Anna, perché immagino troppo acuta, e veste ora i panni di Elettra. E’vero che gli acuti le mancano, di fatto, solo nell’ultima scena, ma il tonnellaggio vocale resta insufficiente. O meglio, si sforza di averlo nella scena iniziale come in quella finale a patto di cantare con una voce che non è la sua, di allargare i suoni e di esagerare nella concitazione, anche scenica. A tratti, complice Bondy, pareva più la Vitti di “La ragazza con la pistola”, che la rivisitazione neoclassica della figlia del re Agamennone, cui spetta maggiore compostezza anche d’accento. Ma si sa che quando si manca di peso vocale vero ( perché essere sonori non significa necessariamente avere una voce importante ) , e non si può dar senso in souplesse a ciò che si canta, si scade inevitabilmente nel gusto. Superata l’entrata “Estinto è Idomeneo?...Tutte nel cor vi sento”, dove è stata obbligata a rotolarsi e a contorcersi oltre ogni misura e senso dalla regia, la signora Remigio ha finalmente potuto cantare con la sua vera voce, che è quella dolce, piena e piuttosto lirica di Ilia. Non molto adatta al personaggio, dunque. In questo modo è arrivata sino al finale, “D’Oreste e d’Ajace”, dove ha di nuovo ripreso la cifra dell’entrata, questa volta con maggiore adeguatezza al testo e qualche eccesso. Ha scontato una zona acuta che non gira nelle salite picchettate, ma comunque ha funzionato ed ha ricevuto il solo applauso meritato della serata. Ma siamo stati di fronte ad una parte di Elettra, non ad un personaggio veramente completo. Comunque è stata la migliore in campo.

Per il resto mi pare degno di menzione solo l’aplomb scenico della signora Polverelli ( Idamante ), che ha cantato a tratti, con una voce che ci sarebbe anche ma che troppo spesso è fuor di posto. Il suono non è bello, anche a detta di tutti quelli con cui ho avuto modo di parlare, troppo spesso scomposto e acidulo. Quindi le questioni vocali sopravanzano ogni intento interpretativo, che di certo non le manca. Il signor Croft è stato inesistente. Tenore dalla voce né bella né brutta, canta falsettando quasi sempre, con dizione poco chiara, di forte accento anglosassone. Alla seconda frase dell’ingresso ha iniziato a “grattare” prima in basso e poi anche al centro. A metà di “Fuor del mar” la voce non c’era quasi più, tuttavia ha ricevuto qualche applauso, immagino perché il pubblico ha riconosciuto il pezzo notissimo. Gli è mancato il fraseggio, nei recitativi come nelle aria. Il sovrano tormento del personaggio, le nuances che caratterizzano la scrittura vocale sono volate via tra falsetti, suoni senza appoggio ed altre cattive maniere d’oltre Manica. Ma lo sapevamo già dalla trasmissione televisiva di questa estate da Aix en Provence, il fischiatissimo allestimento d Idomeneo firmato da O. Py.
Commentare la prova di Patrizia Ciofi mi pare tempo perso. Ha un gruppetto di fans che la accompagna e la sorregge, e così tira avanti. La musicalità non compensa la messe di suoni fissi, afonoidi e stonacchiati che compongono il suo canto. In un modo dove si canta davvero, la prima Cretese sarebbe il suo ruolo, così come la signora Remigio sarebbe Ilia.
Da spavento l’Arbace di T.Muzek: tanto valeva tagliare anche seconda aria.
Noi siamo certamente incontentabili e criticoni, ma quando il pubblico è così poco caloroso forse una ragione ci sarà. Tra un po' mi sa che ci dovremo mettere a ritirar fuori pure la serie B di Mozart per ricordarci come va cantato...


Gli ascolti

Mozart - Idomeneo


Atto I

Estinto è Idomeneo?...Tutte nel cor vi sento - Joan Sutherland (1979)

Atto III

Solitudini amiche...Zeffiretti lusinghieri - Margherita Rinaldi (1968), Mariella Devia (1997)

O smania! O furie! O disperata Elettra...D'Oreste, d'Ajace - Joan Sutherland (1979)

19 commenti:

Andrea Dellabianca ha detto...

Signori, per cortesia: criticare la musicalissima e raffinatissima Signora Ciofi mi pare davvero becero.

Andrea Dellabianca

p.s.
non faccio parte del "gruppetto di fans" di Miss Ciofi

scattare ha detto...

Sono

Giulia Grisi ha detto...

Caro Andrea,
l'afonia e le stonature sono dati di fatto.
La prima nota con ha iniziato la sua serata era già fissa e calante.
Abbiamo anche sopportato in silenzio, non un clap dopo le are, non un bu. Ma se sentire e scrivere ci fa beceri.....ok!

justsmile ha detto...

Sarei d'accordo su tutto quello che dice la nostra Grisi.
Io sono un ammiratore del M.o Chung e devo dire che con un cast così e con un'orchestra che si rifiuta di mettersi al lavoro e suonare come si deve. Lui ha fatto quel che poteva.
E' un gran Signore il Maestro Chung e forse sperava in un esito migliore mettendo la sua fiducia (e la sua fede) nella professionalità individuale degli orchestrali. Alla Scala non funziona così e lui, però, questa lo doveva sapere. A suo favore devo dire che non ha "coperto" i cantanti con sonorità eccessive e considerando il cast, in questo si è dimostrato generoso.
Veniamo al palcoscenico. L'allestimento già visto non ha mai brillato per fedeltà al testo. Ma cosa c'entra un Arbace che si uccide per poi far venire fuori dalle quinte un "Messaggero" per finire quello che Mozart e Valasco volevano continuato dallo stesso personaggio suicida?
Non c'è un momento di luce. Tutto sul grigio e le sue sfumature (?). Ad un certo punto gli occhi si stancano del non colore trasferendo la pigrizia dell'occhio in una pigrizia anche di ascolto. Mah... Anche questo fa diventare monocolore una partitura orchestrale.
Per quanto riguarda i cantanti ha ragione la Signora Grisi. Remigio sembrava una Musetta capitata per caso a Creta. Il personaggio grande è rimasto fuori come anche il peso vocale. L'aria finale è una sorte di "pazzia" non una "convenienza o inconvenienza teatrale". Peccato perchè se cantasse il suo repertorio sarebbe più interessante.
Polverelli ha anch'essa una voce monocolore con un'atteggiarsi per far vedere che è "maschio" che fa per pose molto curiose. Idamante è pieno di confusione poi dolore insieme all'amore, timore ecc. ecc. Niente di tutto ciò. Croft a volte abbaiava, a volte baritoneggiava, a volte ingolava, a volte... ma, diciamo la verità, cantava un pò come gli veniva. Ha perso un occasione per delineare un grande personaggio. Muzek/Arbace faceva, invece, un bel personaggio comico che centrava ben poco con quest'opera.
Arrivato alla Cioffi. Anch'io la sento afona, stonata e temo che nella prima ottava ci siano dei problemi seri da risolvere che, se non è attenta, si spalmeranno su tutta la gamma della voce. Non capisco tutto il furore attorno a questa cantante, quì, secondo, me sempre fuori ruolo.
Una Scala sempre in tono minore. Peccato. Quest'indifferenza lascia tristezza nel cuore. Dopo un'opera del genere, vorrei uscire dal teatro con ottimismo. Invece il pessimismo ha riempito la sala del Piermarini e si è fatto sentire nella reazione tiepida del pubblico.

Gilbert-Louis Duprez ha detto...

Sarà pur vero che Chung "ha fatto quel che poteva" (non ho ascoltato questo Idomeneo e non posso giudicarlo), ma un direttore del suo calibro non può e non deve limitarsi a questo, alla mera ed inoffensiva "correttezza". Ricordo una decina abbondante di anni fa una splendida Lady Makbet di Shostakovich, concertata dallo stesso Maestro Chung con la stessa orchestra della Scala (che, evidentemente, se adeguatamente stimolata "lavora e suona come si deve") e con una compagnia di canto non certo da pelle d'oca...eppure lo ricordo come uno dei migliori spettacoli visti nel teatro milanese! Un grande direttore puà avere cast penosi, orchestre svogliate e regie inconsistenti, ma se vuole, può imprimere allo spettacolo la propria visione (si prendano i cast spesso sballati dell'ultimo Karajan, risultati discutibili, certo, ma visione orchestrale assolutamente rilevante). Spiace constatare (a sentire le diverse impressioni) che, forse, ad essere svogliato e con poca voglia di fare, non fosse l'orchestra, ma Chung...

Ps: non coprire i cantanti, alleggerire e facilitare, dovrebbe essere l'ABC di qualunque onesto concertatore (anche di un battisolfa), non un merito particolare, ma purtroppo spesso non è così: da un Chung ci si deve aspettare decisamente di più.

justsmile ha detto...

Sì, Duprez, è vero. Io sono un grande ammiratore del lavoro del M.o Chung ed è vero che si sentiva la poca voglia di tutti. Starà per diventare il nuovo "pocavoglista" dei direttori come Maazel? Spero di no, ma non si sa mai.
"l'ABC di qualunque onesto concertatore" non è così. Anche "grandi" direttori presenti e passati cari al pubblico scaligero non hanno mai fatto nulla per non coprire le voci.
Vogliono "sinfonizzare" la lirica (usando come scusa sempre il povero M.o Toscanini) facendoci sentire tre accenti del secondo oboe in contrasto con uno sforzato dei tromboni contro un pianissimo tremolo delle viole.
Almeno il M.o Chung ha eveitato tutto ciò in un teatro dove l'indifferenza continua a "regnare nel silenzio". Tanto di cappello!
Comunque il mio paragrafo ultimo quì sopra non difende nessuno. Ci sono quelli che difendono a spada tratta certi cantanti che non meriterebbero calcare le scene se non come comprimari (...e anche quello nella "provincia"). Una parola spesa per un direttore come M.o Chung non dovrebbe infiammare così tanto le anime.

scattare ha detto...

E vai justsmile! Hai ragione.
Oggi ci sono questi "ascoltatori" tra il pubblico che difendono pessimi cantanti dal mondo cattivo delle critiche di chi ha visto, assistito e sentito (in tutti i sensi) un "altra" verità lirica - ante 1970 per intenderci - dove una recita qualsiasi aveva qualcosa di buono. Oggi i grandissimi teatri, ieri templi della lirica internazionale (la parola "globale" non esisteva ancora sotto certi profili) non riescono riempire alcuna aspettativa. Ci si va. Ci si ritorna. Ci si rimane male. Beh, la speranza non muore mai! Speriamo bene nel futuro lirico/artistico.
Finchè c'è gente - anche poca - che capisce, c'è speranza!

Gilbert-Louis Duprez ha detto...

Caro Justsmile, anche io sono ammiratore di Chung (per quel che ha fatto) e mi spiacerebbe diventasse un nuovo Maazel o un nuovo Pretre. Dalla sua bacchetta mi sarei aspettato FINALMENTE un Mozart antifilologico, corposo, dai contrasti esasperati, una visione sinfonica di una delle partiture più sinfoniche del teatro mozartiano. E questo nonostante la poca voglia di un'orchestra che, ripeto, quando è stimolata adeguatamente si comporta in tutt'altro modo (e in questi ultimi anni ho l'impressione di un'orchestra avvilita dall'insipienza di certe scelte e umiliata dalla carenza dei vari direttori che si stanno avvicendando sul podio del Piermarini). Purtroppo Chung, pare, ha mancato il risultato: forse a causa di certi condizionamenti indotti dalle nuove mode pseudo filologiche (di cui il sovrintendente è, ovviamente, mentore e sostenitore: il "baroccò" di Lissner...). Peccato.

Circa l'ABC di cui parlavo: purtroppo hai ragione...molte superstar della bacchetta se ne infischiano...

silvio ha detto...

tengo particolarmente a questo titolo mozartiano quindi non può che addolorarmi il sapere come è stato trattato... anche per chi non ha sentito dal vivo le opere dei passati interpreti, vedi il sottoscritto, le registrazioni stanno lì e parlano chiaro: da Busch a Bhom, da Fricsay in poi.... non ci sono scuse per chi appiattisce una partitura come quella di Idomeneo e sceglie gente come la CIofi per cantarlo (ma quale sarebbe il suo ruolo? SPiegatemi, non riesco a coglierlo).
Duprez sà che le sorti d'Ilia e Idamante mi stanno a cuore....
torniamo sempre ai dischi, eppure abbiamo diritto al teatro.

Anonimo ha detto...

A parte Patrizia Ciofi, che é un'ottima cantante e un'artista che rende sempre "vero" il personaggio che interpreta, non ci sarebbe da spendere parole per commentare la vostra recensione... Negatività, invidia, arroganza, acidità, presunzione? Cosa vi spinge a scrivere queste cose?

Antonio Tamburini ha detto...

Patrizia Ciofi è un'ottima cantante afona. Ma a quello ormai c'è rimedio (vedi lo Chénier di Madrid).

Negatività? Banalmente, non siamo disposti a tapparci le orecchie e a ripeterci che "va tutto bene" come un mantra, visto che le orecchie ci dicono l'esatto contrario. E che un poco di memoria ancora lo conserviamo.
Invidia? Invidiosi di un branco di svociati o latranti? Suvvia...
Arroganza? Acidità? Presunzione? Meno di quelle che dimostrano i nostri accusatori pubblici, che vengono qui quali novelle zie Principesse a farci la morale, non potendo replicare nel merito, o perché non sono in grado di farlo, o perché ci danno ragione, magari in privato.

Anonimo ha detto...

W la Ciofi (che la voce cel'ha eccome, forse le orecchie non le abbiamo tutti) e abbasso tutti quei cantanti tecnicamente più perfetti grazie ai quali il teatro d'opera sta morendo perché lo hanno fatto diventare uno spettacolo noioso e vecchio. Pochi credono fino in fondo alla potenzialità espressiva e alla "verità" di questa forma d'arte (Callas su tutti). Quelli che non ci credono la uccidono.
Ho assistito alla Amenaide di Patrizia Ciofi (indisposta) al Regio di Torino e posso assicurare che é riuscita nella ardua impresa di commuovere, alle prese con un personaggio che difficilmente può fare presa sul pubblico. La Barcellona (voce certo più opulenta) scompariva. Il pubblico (vivo e reattivo, tutti sordi) si é spellato le mani per la Ciofi... Viva chi fa vivere l'opera, chi ci crede, abbasso gli snob e chi la fa morire di vecchiaia.

Antonio Tamburini ha detto...

Caro paolo, un'Amenaide pur sgangherata come la Ricciarelli era una Voce, e bella per giunta. La Ciofi ha più dell'eco. Il teatro d'opera sta morendo perché il pubblico si è disabituato al canto e si accontenta ormai di sospiri e singhiozzi, convinto che non si possa e non si debba cantare che in tal modo. Per fortuna o forse dovrei dire purtroppo per quelli come te ci sono ancora i nastri di Lella Cuberli, Gianna Rolandi e mettiamoci anche Mariellissima a ricordarci che cosa sia Amenaide: uno dei vertici del Rossini serio, che mai ha mancato di far presa sul pubblico, quando ha avuto a disposizione interpreti all'altezza.
PS - Una cantante di poca voce come la Ciofi, che per tua stessa ammissione manca anche della quadratura tecnica INDISPENSABILE per cantare Rossini, che Amenaide potrà mai essere? Un'Amenaide da poco, appunto.

Anonimo ha detto...

Mai detto che la Ciofi ha poca voce come Amenaide; ho detto che la Barcellona ha una voce più opulenta e più italiana, sarebbe come ravvisare queste ultime caratteristiche nella voce della Tebaldi (o della Freni) a dispetto della Callas... eppure chi ha fatto VIVERE di più l'opera e le ha dato più verità, drammaticità e senso teatrale? L'avete sentita l'Amenaide "da poco" della Ciofi? Mille volte preferibile rispetto alla "Mariellissima" (per altro da me stimata) che, a dispetto del magistero tecnico, resta sempre distante dal personaggio (nel volto, negli occhi, nei movimenti, nel fuoco che NON arde nella voce, il teatro é fatto soprattutto di questo)... Resto della mia idea. Anche vocalmente la Ciofi ha sfoderato, in quell'occasione, una liricità e un calore commoventi. Ha raccolto un successo trionfale e critiche entusiastiche; é ovvio che si trattava di gente ignorante, e anche un po' sorda...

Giulia Grisi ha detto...

CAro PAolo,
mai sentita la Cuberli?
MAi sentita la TAkova di PEsaro?

MA di fronte a loro la Ciofi può andare a raccolgiere i fagiolini, credimi!
un'Amenaide gassossa, tutta aria e velleità....
ma povera Devia....le mancava la poesia, certo, ma la Ciofi può spazzarleil camerino....così magari mentre pulisce impara qualcosa!

Anonimo ha detto...

Non ci capiamo proprio sulle parole.... Alla Devia non manca la "poesia", manca la VERITA', tolta la quale l'arte lirica perde il suo senso, diventando una mera esibizione di suoni (ancorché perfetti).
Montale scriveva: "Cosa c'é di verosimile nell'arte di bellini? C'é semmai la verità". Ormai a questa verità ci credono in pochi e questo tipo di opere del belcanto (come vengono rappresentate oggi) sono sempre in bilico tra la noia e il ridicolo. Pochi sono gli interpreti che ci credono fino in fondo e sono quelli che faranno sopravvivere quest'aria.
Shicoff ha una voce bruttissima (adesso poi) ma da sempre un senso profondo al personaggio che interpreta; Florez é "la voce" di oggi ma ormai si é arenato su un noiosissimo e sempre uguale "ottimo" livello. La Ricciarelli (quando aveva senso che cantasse) impostava qualsiasi interpretazione su un generico tono lamentoso e un'espressione un po' corrucciata del viso... altro che grande Amenaide...Al contrario la sua partner storica Valentini era una che ci credeva. Sono riuscito a far capire cosa voglio dire?

Anonimo ha detto...

Errata corrige: sopra volevo scrivere "faranno sopravvivere quest'arte", non "quest'aria".

Antonio Tamburini ha detto...

Caro paolo, la "verità" di Amenaide, come quella di ogni personaggio belcantistico, ha come premessa irrinunciabile (a meno di non trasformare l'arte del canto in qualcosa d'altro) la perfetta esecuzione di quanto previsto dall'autore e in sovrappiù l'aggiunta abbondante e appropriata di variazioni, cadenze et consimilia. Tutto questo è preliminare all'interpretazione (se la cantante ne è capace). E se confronti l'Amenaide della Ciofi anche solo con quella della Devia, la differenza fra un'esecuzione corretta e una diciamo "snellita" dovrebbe esserti chiara. I voli pindarici sulla profondità e intensità di certe "sensibilissime" cantanti servono solo a giustificarne le mancanze tecniche. Per chi ci crede, ovvio.
Sulla Ricciarelli puntualizzo solo che parlavo delle dote di natura, non certo della cantante, che mai è stata all'altezza di Amenaide come mai lo è stata di alcun ruolo rossiniano. Sarebbe stata una discreta Berta peraltro!!!

Anonimo ha detto...

continui a parlare di tecnica, variazioni, cadenze e via dicendo... Ma chi l'ha detto che l'opera di Rossini deve reggersi solo sulla perfezione delle agilità o altro??
L'opera lirica prende senso solo attraverso il carisma di un interprete che vada a fondo dell'espressività del personaggio. E' ovvio che non si può prescindere dalla voce e dalla tecnica, ma, posto che stiamo parlando di grandi professsioniste/i, é molto più grave (a mio avviso) prescindere dal lato interpretativo, che non é solo "stare in scena" in un certo modo, ma é un "quid" che passa prima di tutto nella voce. La Devia (mi spiace un po' dirlo) potrà fare le note di Amenaide forse meglio di chiunque altra ma rende sempre un po' noioso ciò che interpreta.
Torno a dire che la Ciofi faceva di questo ruolo un personaggio VERO e non é necessario aggiungere altri aggettivi. Sul giornale della musica scrissero "Dell'Amenaide di Patrizia Ciofi è facile dire che è stata perfetta ma si ha difficoltà a definirne la sottile e penetrante espressività. [Un] meritatissimo trionfo".
Sull'Opera scrissero della sua Ilia scaligera "artista di rara intelligenza, ha impersonato una Ilia trepida e commossa, valendosi dei suoi mezzi vocali con perizia tecnica e musicalità di prim'ordine ricamando i suoi interventi solistici con accuratezza d'accenti e cesello di sfumature interpretative. Un'ottima prova".
La stroncatura che si legge nella vostra recensione é assolutamente esagerata e violenta nei modi (anche volendo mettere in evidenza qualche menda vocale che ci può essere stata).
La cosa che mi sta più a cuore essere riuscito a comunicarvi non centra con la Ciofi, ma riguarda il fatto che l'aspressività nell'arte lirica non dipende dalla perfezione tecnica... mai