sabato 24 ottobre 2009

Mese verdiano X - L'accento verdiano parte seconda: "Calpesta il mio cadavere, ma salva il Trovator"

Verdi ed i suoi librettisti ci misero del loro per dar sapore all’incontro tra donna Leonora ed il conte di Luna nelle sale del palazzo di Aljaferia. Pare, infatti, che nel dramma di Gutiérrez, il Conte non si scaldasse gran chè davanti alla “proposta indecente” della dama disperata, mentre nell’opera di Verdi …beh…si scalda eccome! Mai prima di allora una primadonna aveva offerto il proprio corpo in cambio della vita dell’amato in modo così dichiarato e plateale.

I piccanti accordi non finirono lì, perché, si sa, che una volta aperta la via, l’emulazione dilaga. Con maggiore o minor ipocrisia svariate altre primedonne faranno, poi, mercato di sé per l’amato, ma sarà sempre salva la regola che chi ha virtù trionfa e chi non ne ha perde. Barnaba resterà con un palmo di naso davanti al cadavere di Gioconda, mentre morirà l’opportunista Manon; Tosca verrà rincorsa da Scarpia, che riuscirà solo a rovesciarla su un canapè prima di finire accoltellato mentre Minnie, maestrina scaltra, barerà per vincere alle carte e non cedere allo sceriffo.
Leonora è ancora una donna idealizzata, astratta nel suo aplomb dal sapore stilnovista: si prometterà al cattivo ben sapendo che non cederà e che dovrà morire per sfuggire all’orrendo patto. Incarna purezza e candore, un mix psicologico perfetto perchè semplice, come quello dei protagonisti del favole. Anche il cattivo conte di Luna è uno stereotipo: lo agitano la gelosia per Manrico ed un profondo desiderio di vendetta…..oltre che di possedere la bella dama.
Come sempre in Verdi, soprattutto questo, alla fine della sua “galera”, tutto è estremo, verace, esplicito ed immediato, in breve, decisamente sopra le righe rispetto agli operisti precedenti ma incredibilmente cogente.
Leonora si para davanti al Conte all’improvviso, come un fantasma, proprio mentre il conte la pensa scomparsa chissà dove. All’iniziale sorpresa segue la supplica della donna disperata, che implora pietà con vero slancio. L’andante è con moto, perché Verdi dà rilievo drammaturgico al momento concitato, all’agitazione interore di Leonora, che sa che il tempo stringe per Manrico, ed alla risposta sdegnosa del conte, furente. Il canto del conte è continuamente accentato, perché il canto deve trasudare rabbia, anche se composta; quello di Leonora accentato ma, soprattutto, ricco di forcelle, ampie messe di voce, perché accorata ed estrema deve suonare la sua profferta al conte: “ Calpesta il mio cadavere ma salva il Trovator”. Poi la musica si arresta ed il patto si fa velocemente, in due battute. Per il conte la grazia non ha prezzo, e Leonora rilancia con la più alta delle poste; sbalordito il conte accetta, dunque Manrico vivrà. Una felicità un po’isterica percorre i due: “Vivrà!Contende il giubilo..”, allegro brillante, addirittura. Lei, morendo, potrà dire a Manrico che è salvo grazie al suo amore; il conte, incredulo e felice, potrà finalmente possedere Leonora, che in effetti alla fine avrà, ma….“ fredda, esanime spoglia!”.
Una sintesi incredibile di azione e successione rapida di stati d’animo, peculiari di tutto il Trovatore del resto. E sarà un grande successo anche a Parigi, ove Verdi aveva incontrato tanta resistenza nella critica e nel pubblico, tanto che vi sarà anche una versione in francese dell’opera. Il nuovo modo di fare teatro lirico iniziava a passare anche nella roccaforte del belcantismo d’élite.

Qui, come altrove, l’accento verdiano sta nel dar senso ad ogni sfumatura del testo, nel rispetto dei segni di espressione che costellano lo spartito ed indicano inequivocabilmente la via da seguire ma…nella misura. L’enfasi che Verdi richiede al canto non scade nell’eccesso o nell’esagerazione, anche quando a queste offre il fianco, come può accadere in questa celebre scena.

Vi sono alcune leggendarie incisioni di questo duetto nel nostro ripostiglio di anticaglie.
Di una addirittura è conservato il video, del 1928. Il soprano Rosa Raisa, prima interprete di Turandot, donna elegante e bellissima, che, se non avesse calcato le tavole del palcoscenico, avrebbe fatto la diva del cinema muto, alle cui primedonne si ispira con tutta evidenza come attrice. Canta con una perfezione ed una purezza di emissione derivata dalla scuola assolutamente belcantista di Barbara Marchisio. E’ anche una interprete straordinaria, viva, misurata ed intensa, soprattutto…moderna. Con lei è il signor Giacomo Rimini, visivamente anche lui da cinema muto…ma da comica. Vocalmente, invece, bravissimo. La voce è piuttosto scura, soprattutto per me, che amo baritoni di colore chiaro, ma questo è affare di gusti. Canta sobriamente, con mordente ed un gusto che nei baritoni sparirà di lì ad un paio di decenni.

Pari suggestione per me hanno Frida Leider e Heinrich Schlunsnus ( 1925 ), che documentano un Verdi rappresentato in contesti diversi da quello italiano. Lei, la wagneriana della leggenda, ci ha lasciato delle incisioni di brani del Trovatore con cui possono competere forse un paio di signore dell’intero universo discografico ( il suo “D’amor sull’ali rosee” è eccezionale ). Esegue tutto, accenti, forcelle, coloratura della cabaletta inclusa, con una facilità disarmante, dando rilievo a tutto, ad ogni segno, ogni nota. Il suo conte di Luna le assomiglia alquanto, per qualità del mezzo vocale, bellezza di emissione, compostezza ed eleganza di accento. A voci ampie che cantano perfettamente, dominando ogni passo dello spartito con facilità, basta poco per accentare. Quella leggera enfasi di cui si parlava anche altrove basta ed avanza.

Terza proposta, il duo italianissimo Arangi Lombardi – Galeffi ( 1928 ) in un incisione che è documento perfetto della più italiana delle tradizioni verdiane. Forse meno perfetta vocalmente l’Arangi Lombardi rispetto alle altre due ( in basso la voce non suona perfettamente come già altre volte abbiamo rilevato, ma parliamo di una cantante assolutamente straordinaria ), strepitoso e perfetto Galeffi. Entrambi sono grandi fraseggiatori,composti ma intensi e vivi. E moderni. I tempi adottati per l’esecuzione, poi, sono a noi più familiari rispetto alla coppia precedente: è possibile che l’audio documenti i modi di Toscanini, perché i due furono gli esecutori da lui prescelti in più occasioni, anche per altre opere di Verdi. E’ inutile descrivere il loro modo di fraseggiare e dire come e perché costituiscano un modello di accento verdiano. Basta ascoltarli perché tutte le definizioni si chiariscano subito: loro passano da soli!


Gli ascolti

Verdi - Il trovatore

Atto IV

Udiste...Mira, d'acerbe lagrime...Vivrà, contende il giubilo

1920 - Rosa Ponselle & Riccardo Stracciari

1925 - Frida Leider & Heinrich Schlusnus

1928 - Giannina Arangi-Lombardi & Carlo Galeffi

1929 - Tina Poli-Randaccio & Giovanni Inghilleri



8 commenti:

scattare ha detto...

Conosco bene, grazie a YouTube, i "video" della Vitaphone. Ce ne sono per tutti i gusti. Che meraviglia! E che aiuto nel capire la grandezza di quell'epoca e i cantanti che lo fecero grande.
Di questi ascolti si potrebbe discutere in termini filologici di gusti musicali ed interpretativi. Va bene così. Non voglio partecipare in questi discorsi perchè comunque c'è una sincerità, una naturalezza e una sfrenata passione nelle interpretazioni di ciascun cantante che vale molto di più di un semplice discorso "prezioso" su singhiozzi, fiati, corone, ecc., ecc.
Una cosa è certa, tutti i cantanti dimostrano di avere una padronanza della tecnica del canto. Il porgere dei suoni avviene in modo naturale che poi è segno di grande, anzi GRANDISSIMA, tecnica! Non ho avuto nemmeno per un attimo la sensazione che le cose si sono affidate a preghiere, al fato o al semplice "Come viene, viene." per avere un suono.
La generazione subito dopo questa ascoltata è riuscita a captare il messaggio tecnico/artistico dei loro antenati e si portarono avanti fino ai tempi degli anni 40 e 50 quando il lavoro musicale fatto dai grandi maestri e direttori d'orchestra ci fece godere ancora anni "d'oro" di cantanti e d'interpretazioni almeno per una decina d'anni. Forse qualche cosina in più...
Dopo il nulla.
Prese il sopravvento una strana aria di "pulizia" totale.
Ma nel fare un bucato, mischiare colori fa solo che pian pianino si perde brillantezza di colori e tutti i colori si mischiano l'uno all'altro con effetti disastrosi. Aggiungere candeggina a bucato colorato fa impallidire colori vivi e elimina persino i colori più scuri. Se, tornando a casa dalla tintoria, trovassi miei vestiti scoloriti e rovinati mi lamenterei o al massimo farei una bella causa. Se, aprendo la lavatrice, mi trovassi davanti a colori sbiaditi, mi arrabbierei.
Le voci, gli allestimenti e i teatri odierni, dopo queste pulizie più che primaverili, sono diventati lavanderie e tintorie che ci consegano una musica priva di colori e di tinte ombrate - a parte il solito grigio. Che rabbia! Una volta non era così!
Mah... a dire il vero, non mi piace l'andazzo.

Giulia Grisi ha detto...

Scattare,
tu hai il dono della chiarezza e della pregnanza. Sintesi perfetta.
.......
Lo faccio pubblicamente: quando ci racconti quacosa del Met che hai sentito tu?
tks!!!!!!!

g

silvio ha detto...

la metafora del bucato poi è davvero ficcante!
dai, non deludere la Signora Grisi...

scattare ha detto...

Lo farò... E solo che ci vuole del tempo e in questo periodo sono preso.
Per ora lasciate che mi sfoghi con i miei paragoni semplici da capire soprattutto ai giovani che vi leggono. Devono capire cosa manca oggi sperando sempre che ci sia un'enorme IMPLOSIONE nei teatri e nel mondo musicale per poi travolgere tutto con un bel tsunami che porta via il marcio.
Grazie della fiducia accordatami e a risentirci presto!

Giulia Grisi ha detto...

Ok Scattare.
Ricevuto
apresto
g

pasquale ha detto...

secondo te scattare chi dovrebberò essere quelli che dovrebberò ravvivare i colori della musica?
per esempio nella musica leggera
ci sono gli arrangiamenti che prendono un tema musicale e lo si adatta ai vari strumenti alla voce il ritmo,ma nell'opera,o nella musica sonfonica lo spartito è quello e sono già state date tutte le indicazioni,poi stà alla sensibilita del direttore,o del concertatore che queste indicazioni siano eseguite,non che si può stravolgere uno spartito oltre a un certo limite.Nel Trovatore la parte illustrata da G.G. dove Leonora si "vende" (brutta parola) al conte per salvare Manrico Verdi ha dato le indicazioni di come deve venire eseguito perche dal pubblico venga percepito quello lui voleva dire con la sua musica.Il gesto di Leonora,e anche la rabbia,e la gelosia del conte di vedere Leonora talmente innamorata da umiliarsi davanti a lui fino a chiederne la grazia,la quale grazia viene data solo quando lei si concede.E su questo dialogo drammattico Verdi ci ha costruito la sua musica basta seguire quello che lui ha scritto,e magicamente i colori si ravvivano,e questo vale su tutto.Gli orchestrali sono dei professori e chi li dirige,non è da meno,quindi basta tornare agli spartiti senza tentare arrangiamenti (forse è quello che intendi come lavanderia)e tutto torna come prima con i colori al loro posto.

silvio ha detto...

Credo che intendesse invece un bel ciclone sulle direzioni artistiche, compagnie di canto e maestri concertatori...
e in ogni caso, ho 24 anni e intendo anche paragoni più elevati rispetto a quello del bucato, che però mantiene una forza espressiva tale da farmelo preferire a molti altri (letti altrove più che presso il corriere della Grisi)

pasquale ha detto...

Silvio salvaguardando la parte musicale come ho fatto capire nel mio commento precedente,poi i vari direttori scenografi ecc possono anche provare degli allestimenti o scenografie e via dicendo anche originali che possono anche non piacere,e lasciare perplessi,in fin dei conti l'opera è anche qualcosa di vivo.Ma la parete musicale deve essere eseguita sempre nel modo migliore,come è stata scritta.